C’erano una volta i comunisti

Gennaio è sempre stato un mese di stanca per la politica. Freddo e ripresa post vacanze natalizie. Per tutti i partiti tranne che per i pci. Il 21 gennaio si festeggiava la nascita del Partito Comunista d’Italia.

Dal dopoguerra tutti gli anni ed in particolare i decennali. Sezioni , centri zona e le federazioni. A Torino soprattutto .  Orgogliosamente con il 50 % la nostra Città aveva contribuito alla nascita del Partito Comunista, Sezione della terza internazionale il 21 gennaio 1921 a Livorno.
Ordine Nuovo di Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Umberto Terracini  e tanti altri. Torino con gli scioperi del 1917 e soprattutto del biennio Rosso, le Guardie Rosse a presidio delle fabbriche. Hanno fatto la rivoluzione in Russia.  Tutto il potere ai Soviet. La democrazia è  il fucile sulla spalla degli operai. Torino città rossa che votò per il 58 % socialista. Non solo questo:   Città di Piero Gobetti superbo intellettuale e martire ucciso dai fascisti, o la comunità ebraica di Carlo e Primo Levi.
Fortissimo lo scontro sociale. Nel dopoguerra il Partito Comunista d’Italia cambio’ diventando partito Comunista Italiano.  Tutta un’altra musica. La oramai famosa via italiana al socislismo. Nel ‘21 a Livorno i comunisti facevano la scissione per voler fare la rivoluzione. Palmiro Togliatti con la svolta di Salerno voleva fare la rivoluzione per via democratica. Dal dopoguerra le rivendicazioni delle proprie radici. Nel 1971 il primo personale ricordo. Teatro Alfieri. Per la prima volta vidi e sentii Pietro Comollo. Classe 1904. Tornitore e a 16 anni montava di guardia per difendere dagli assalti fascisti la sede dell Ordine Nuovo. Arrestato fece 4 anni di galera e poi commissario politico delle Brigate Garibaldi. Poi fino alla pensione responsabile della commissione quadri e Presidente della Comitato di Controllo Federale. Se qualche iscritto o attivista faceva qualcosa di irregolare finiva sotto le sue sgrinfie. Si mormorare che uno degli ultimi lavori fu nel 1973. Alle politiche del 1972 lo Psiup pur ottenendo oltre un milione di voti non elesse alcun parlamentare. Fecero il congresso di scioglimento e la maggioranza chiese ed ottenne l adesione al PCI. L ottenne, comunque non prima del vaglio di ogni singola posizione.  A Torino fu Pietro Comollo che svolse questo delicato lavoro.
Bisognava sempre essere allerta contro infiltrazioni di provocatori. Si usava ancora così. Meglio fasciare la testa prima di essere feriti. Ovviamente Pietro non era l’unico fondatore ancora in vita a Torino.
Operai artigiani che non avevano piegato la testa durante la dittatura fascista. ogni sezione situata nei quartieri popolari ne avevano di iscritti. Zona Nizza,  cresciuta intorno allo Stabilimento Lingotto. San Paolo con le famiglie storiche di mamma Pajetta o i Montagna tutti impegnati politicamente. Borgo Vittoria dove c’era la federazione provinciale. 5 piani in via Chiesa della salute 47. Poi la Barriera… Barriera di Milano dove noi giovani crescevamo  a Pane e Resistentza. Il 1981 fu l’ultimo decennale. Poi 8 anni dopo il il pci non esisteva più. Una grande famiglia. Nulla da obbiettare a tale proposito. Ma anche le dinastie finiscono come è persino finito l’impero di Roma dopo 12oo anni.
L’eternità, se esiste non è di questo mondo. Attualmente ed indubbiamente c’è tanta nostalgia per il Pci di Gramsci Togliatti Longo e  Berlinguer. C’è chi ” circoscrive ” questa nostalgia al solo Berlinguer. Tutto incredibilmente e meravigliosamente umano. Ma la nostalgia non è e non può essere una proposta politica. Chissà se il pianto di Achille Occhetto era liberatorio o angosciato? Probabilmente tutte e due e cose.
Da parte mia, per quel che vale,  non ho pianto ma mi sono sentito liberato e libero.
Quella esperienza, quella ideologia, finendo mi rendeva libero.  Non mi sentivo angosciato ed al tempo stesso non ho  rinnegato nulla. Chi continua a parlare di tradimento degli antichi ideali mi dava e mi dà solo fastidio. Soprattutto chi sostiene che non possiamo festeggiare questo anniversario perché lo avremmo abiurato.  È esattamente l’opposto. Non si sta parlando di errori. Si sta parlando di Storia. Proprio quella maiuscola. Importante, nella Storia è capirne il perché.
Storia che cambia. Il più delle volte i cambiamenti sono ineluttabili. Come il Pci.  Prima rivoluzionario e poi democratico e rivoluzionario. Anche se, meglio precisare, che la violenza rivoluzionaria è un ossimoro con il termine democrazia è con il sistema democratico. Comunque sei si fanno raffronti tra allora ed il presente,  quest’ultimo ne esce fuori a pezzi. La grandezza di quel passato contro le miserie  attuali. Se poi si raffronta  il ruolo politico e sociale di Torino, si entra nel più totale sconforto. Prima , la nostra Città era decisamente centrale. Ora sconsolatamente marginale. Ricordarsi , magari è propedeutico per un nuovo che stenta ad affacciarsi. 100 anni sono un secolo. Scuserete la (speriamo apparente) ovvietà. Si è detto che il 900 è il secolo breve per come è velocemente trascorso.
Vuol dire che ogni anno ne valeva 10.
E quando nasceva il pci, giganti del pensiero politico come Antonio Gramsci e Piero Gobetti si conoscevano e accrescevano la loro creatività intellettuale. Orbene se gli attuali politici recuperassero alcuni di quei valori non sarebbe male.
Ma per farlo dovrebbero leggere e qui la cosa è dura se non impossibile. Noi l’abbiamo fatto e siamo convinti che un possibile futuro passa anche attraverso la conoscenza di questo passato. Sicuramente glorioso.

Patrizo Tosetto

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