Dal Piemonte arriva un coro di no alla decisione del Governo di inserire il Piemonte tra le regioni in cui sono state individuate 8 aree potenzialmente idonee alla costruzione del sito del Deposito nucleare nazionale.
MPP PROPONE UNA PETIZIONE
Due sono nella Città Metropolitana di Torino, Caluso-Mazzè-Rondissone e Carmagnola, e sei in Provincia di Alessandria, Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento, Fubine Monferrato-Quargnento, Alessandria-Oviglio, Bosco Marengo-Frugarolo, Bosco Marengo-Novi Ligure, Castelnuovo Bormida-Sezzadio. Il tutto è avvenuto, come commenta il sindaco di Castelletto Monferrato, Gianluca Colletti “ a cielo sereno, con la pubblicazione dello studio sul sito, di notte, senza che sia stata mai fatta alcuna comunicazione alle parti”. E la sconfessione della decisione è arrivata dura dal presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio: “Trovo assurdo che una scelta di questa portata sia stata assunta senza un minimo confronto con la Regione e i sindaci dei territori. E’ inaccettabile che da Roma piovano di notte sulla testa dei cittadini piemontesi decisioni così importanti e delicate che riguardano le nostre vite”. A fargli eco a livello nazionale è il leader della Lega Matteo Salvini: “Il governo si conferma incapace, pericoloso ed arrogante, sul tema del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi in Piemonte e a nulla servono le ridicole spiegazioni delle ultime ore”. Dura è anche la reazione del capogruppo del Carroccio a Montecitorio, Riccardo Molinari: “Una decisione inopportuna nei tempi e nel metodo ce scavalca completamente Regioni, Province e Comuni, individua 67 aree idonee in 7 regioni italiane, senza minimamente coinvolgere gli enti locali, i territori e le popolazioni interessate. Teniamo conto che si tratta di un percorso decisionale fermo da diversi anni, inaccettabile che debba essere sbloccato proprio ora in una situazione di complessiva emergenza”. “I cittadini di Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia – dice il senatore e segretario nazionale di Cambiamo, Massimo Berutti – meritano che processi di questo genere siano il più concertati possibile”. Così il senatore totiano ha scritto al presidente della Commissione di inchiesta sui rifiuti di avviare un ciclo di audizioni per approfondire il tema. Il deputato azzurro Carlo Giacometto in una nota evidenzia che “Nei prossimi mesi, infatti, ci sarà tempo e modo per le Amministrazioni e per le popolazioni coinvolte – sia nell’area del chivassese, sia nell’area sud di Torino, sia nella provincia di Alessandria – per consultare i documenti resi pubblici da Sogin, dopo il nulla osta arrivato solo oggi da parte del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Ambiente, e per mettere a disposizione le proprie controdeduzioni.
Nel corso di quel dibattito pubblico, infatti, dovranno emergere tutti gli aspetti del progetto preliminare che ha individuato 67 siti potenzialmente idonei in Italia, le criticità e le eventuali opportunità, inclusi i doverosi benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere. Allo stesso tempo, si dovrà prevedere un preciso percorso di bonifica e di smantellamento della ventina di siti temporanei attualmente in attività, con tempi e modi preliminarmente definiti.
E, proprio a questo proposito, oggi sarebbe piuttosto urgente ampliare la platea dei beneficiari delle compensazioni nucleari per quelle comunità che si trovano proprio nei pressi dei depositi temporanei, rivedendo i criteri attualmente basati sui soli confini amministrativi comunali e non, come sarebbe molto più equo, con la distanza chilometrica dal sito.
E’ il caso, ad esempio, di tanti Comuni della Città metropolitana di Torino, che si trovano a poca distanza in linea d’aria dall’impianto Eurex di Saluggia (VC). Quelle comunità locali, paradossalmente, finora non hanno mai ricevuto alcun tipo di compensazione economica, pur essendo state per molti anni esposte ad un rischio anche maggiore, tuttora esistente, a causa della vicinanza di quel deposito temporaneo ai pozzi dell’Acquedotto del Monferrato che provvede alla zona.
E’ l’obiettivo di una mia proposta di legge e di numerosi miei emendamenti in tal senso, che ahimè finora non hanno trovato accoglimento dalla maggioranza giallorossa, ma che non smetterò di riproporre nei prossimi provvedimenti, a maggior ragione dopo la notizia odierna”. Dalla Città Metropolitana di Torino, poi, arriva la presa di posizione del sindaco di Carmagnola, Ivana Gaveglio: “Apprendiamo oggi dagli organi di stampa che Carmagnola è stata inserita, con autorizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Ambiente, tra le proposte di siti per deposito di scorie radioattive. Comunichiamo che la città di Carmagnola non è stata informata preventivamente e che l’avviso pubblicato indica una proposta di Carta Nazionale di 67 aree potenzialmente idonee sulla base di valutazioni che non condividiamo assolutamente. Siamo determinati a dimostrare la NON IDONEITA’ dell’area individuata e a proteggere il territorio carmagnolese ed i suoi abitanti e facciamo appello a tutte le forze politiche, alle associazioni di categoria e a tutti i Cittadini di affiancarci in questa battaglia.” Sul fronte del no c’è anche il sindaco di Fubine Monferrato e deputato Lino Pettazzi che rileva come “ In piena notte, nel bel mezzo di una crisi e di un’emergenza pandemica, il Governo diffonde una decisione (già presa) di tale portata senza la benché minima condivisione con le istituzioni locali. È una situazione che, se non fosse decisamente grave, sarebbe ridicola tanto è paradossale – commenta il deputato e sindaco di Fubine Monferrato – Per anni, il nostro territorio, pregevole sito Unesco, ha investito risorse via via sempre più imponenti per sviluppare e consolidare una vocazione turistica. Ora, anche se si tratta solamente di un’ipotesi, la decisione di considerare un pezzo di Monferrato come idoneo a ospitare i rifiuti radioattivi italiani smonta completamente quel progetto di investimento turistico. Ma non solo: la gravità di questa eventualità balza ancor più agli occhi se si pensa che, in tema ambientale, il Monferrato ha già pagato e continua a pagare un prezzo altissimo a causa del dramma dell’amianto. A questo territorio interessa chiudere quel capitolo con il completamento delle bonifiche e, ora, risollevarsi dall’emergenza in atto per essere protagonista di una rinascita e di un rilancio dei flussi turistici: una decisione in altro senso non farebbe altro che portare “flussi di scorie” dei quali, in questo momento di crisi, facciamo a meno. Ma, qualora fosse necessario, garantiamo di far conoscere la nostra contrarietà anche con le barricate”. Sulla decisione arriva anche forte preoccupazione per l’agricoltura dal parte di Cia Alessandria che sarebbe coinvolta per oltre 1000 ettari di terreno. Spiegano il presidente Cia Alessandria Gian Piero Ameglio e il
direttore Paolo Viarenghi: “Siamo perplessi sulle modalità di
realizzazione del progetto: le Organizzazioni agricole non sono state
coinvolte nella sua stesura e apprendiamo a cose fatte le prime
informazioni, che risultano essere ancora poco esaustive. Seguirà
nelle prossime settimane la fase di consultazione, in cui esprimeremo
la nostra forte preoccupazione sull’impatto che questo progetto avrà
sull’agricoltura del nostro territorio, ricca di terreni a vocazione
orticola e cerealicola nelle zone prese in esame. Le produzioni di
qualità non potranno essere ritenute tali, in futuro, se coltivate
accanto a scorie nucleari. Questo avrebbe conseguenze gravissime
sull’economia del nostro territorio”. Infine il Movimento Progetto Piemonte – MPP con il presidente Massimo Iaretti ed i Liberi Elettori Piemonte, con il segretario Emiliano Racca, parlano di “uno schiaffo in faccia all’autonomia del Piemonte, ai Piemontesi tutti” ed annunciano che formalizzeranno, insieme ad alcune liste civiche, la proposta di “un ordine del giorno da presentare affinchè sia approvato in tutti i consigli comunali, provinciali, nella Città Metropolitana di Torino e in Consiglio Regionale e l’idea di una petizione al Parlamento ai sensi dell’articolo 50 della Costituzione perché venga ripensato l’intero studio e rivisto con un confronto democratico e non verticistico e centralizzato con le popolazioni e le istituzioni del territorio”.
Marco Gindari
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE