IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Sono ormai da alcuni giorni tornato in uno dei miei luoghi di villeggiatura preferiti da sempre . Quando con la mia famiglia andavo in vacanza a Bordighera,la mia tendenza – più che spostarmi nella vicina Costa Azzurra come facevano tanti-era di andare ad Alassio dove colsi per la prima volta, ragazzino, cos’era la gioia dell’estate
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Mio zio mi invitò al mitico Grand Hotel dove era solito scendere in compagnia della “segretaria” perché anche in vacanza non poteva staccare dal suo lavoro d’avvocato. Così mi diceva mio zio per giustificare ai miei occhi quella presenza ed ebbi inizialmente un’idea non bella di Alassio dove si doveva lavorare anche in vacanza, come a volte faceva mio Padre, ma in modo molto serio. Poi capii, vedendo la segretaria in un bikini ridottissimo, che lo zio non lesinava sui piaceri della vita, malgrado fosse sposato.
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Da allora identificai Alassio con la gioia dell’ estate e la trasgressione.Una città favorevole ai piaceri, avrebbe detto Gozzano, espressa dalla gioia fantasmagorica e scintillante dei colori della pittura di Mario Berrino, il demiurgo delle estati e del turismo alassini. Le vicende forse non casuali della vita mi hanno portato a vedere in Alassio quest’anno un elemento di svolta della mia vita, con un ritorno alla pratica della fede cristiana che spero che Dio mi dia la forza di mantenere con coerenza. Un grande sacerdote alassino pieno di umanità e di comprensione cristiana mi ha aperto l’anima. Una scelta meditata e sofferta, nata nei mesi della pandemia, anche attraverso la rilettura del grande libro del Manzoni e la riflessione su alcuni dei miei più grandi amici della mia vita, da Giovanni Ramella a Valdo Fusi, per non parlare del cardinale Ravasi con cui intrattengo da anni un rapporto molto importante. Anche il torinese -alassino Roberto Baldassarre nella sofferenza della malattia e nel suo coerente e mite coraggio cristiano mi ha stimolato delle utili riflessioni. In effetti Alassio ha una grande tradizione religiosa, è la città il cui santo patrono è sant’Ambrogio che viene festeggiato con una solenne processione, così come viene altrettanto solennemente festeggiata Sant’anna in luglio. Ricordo la grande emozione che ebbi Quando nel 2007 dopo la Messa Solenne celebrata dal Vescovo di Albenga il sindaco Melgrati mi insignì dell’Alassino d’oro, lo stesso anno in cui Mario Berrino volle la mia firma sul Muretto di Alassio. Da un po’ di tempo penso ad Alassio non più allo stesso modo di prima. Ho ripreso in mano alcuni libri dell’alassino Sergio Quinzio, il primo biblista laico italiano, che conobbi in passato. Era stato ad Alassio allievo dell’ istituto salesiano dove avevo passato una vacanza estiva, quando avevo superato l’esame di ammissione alla scuola media nell’istituto salesiano “San Giovanni Evangelista“ di Torino. Era un credente e un intellettuale di grande caratura morale e culturale, un’anima lunga, di quelle che lasciano il segno, un profeta nei tempi bui di grandi affanni e di confusione. Avevamo un amico in comune, Guido Ceronetti. Ambedue, Quinzio e Ceronetti, non si lasciarono sedurre dal ‘68, ma seppero andare controcorrente. Due esempi per me fondamentali, come quelli di Aldo Garosci e di Franco Venturi. Una volta Quinzio mi disse che il nichilismo lo abbiamo ormai alle nostre spalle perché di fronte abbiamo solo il nulla. Il tema del nichilismo e del relativismo mi ha sempre lasciato perplesso. In essi non c’è nulla di laico. Le posizioni di Vattimo non mi hanno mai convinto. Il suo pensiero debole era e si è dimostrato molto labile. Solo Maurizio Ferraris rappresenta un qualcosa di importante, ma ha seguito la sua strada andando oltre Vattimo. Nella babele odierna bisogna costruire qualcosa di solido, non ci si può trastullare nei piaceri della quotidianità, oggi insidiata da una situazione drammatica. Riandare alla fede dei Padri ,come diceva Bobbio,è un’opzione che ho ritenuto necessaria . La dimensione religiosa è parte integrante della vita che non può ridursi ad essere vissuta nella banalità quotidiana. Tornare al Vangelo significa tornare alla vita, trovando una ragion d’essere al dolore e dando un senso anche alla morte. Nei mesi passati abbiamo rischiato la morte e solo chi è superficiale non l’ha capito e non ha neppure colto il valore della vita. Quest’estate ho ripreso a leggere Quinzio, sicuramente l’intellettuale alassino più significativo in assoluto ricordato da una lapide sul palazzo del Comune. Mi ritornano anche alla mente le tante discussioni passate con il mio vecchio amico Giovanni Fornero ,il filosofo erede di Nicola Abbagnano. Noi parlavamo di religione,di fede,di laicità e di laicismo. Abbiamo passato ore a discuterne con passione . Negli anni ciascuno di noi ha maturato scelte diverse. Fornero ha appena pubblicato un poderoso libro sulla “ Indisponibilità e disponibilità della vita: una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell’eutanasia volontaria“ in cui il filosofo torinese che ha studiato a fondo anche la bioetica cattolica e laica, prende aperta posizione, dopo anni in cui si era limitato ad analizzare con grande intelligenza critica tesi diverse. Una scelta di coraggio senza dubbio, molto illuminante, ma di fronte a cui sono perplesso perché ritengo non da oggi che la vita non sia solo nella disponibilità dell’uomo, ma sia un dono di Dio. Un’idea che aveva anche Bobbio che non a caso era contrario all’aborto. La durezza dei tempi che siamo condannati a vivere deve portarci a vedere la vita in modo diverso. Gli anni delle amenità e dei piaceri purtroppo sono finiti. Almeno per chi appartiene alla mia generazione che ha avuto il privilegio di vivere nella pace e nel benessere fin dalla nascita.
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