Rivolta sociale e classe dirigente

IL COMMENTO  di Giorgio Merlo / Le misure concrete del Governo, che restano al centro di molte polemiche perchè oggetto di inspiegabili e misteriosi ritardi, non cancellano i potenziali rischi di contestazione e di “rivolta” sociale che qua e là cominciano a manifestarsi.

Sono troppe le categorie professionali a rischio e, purtroppo, sono troppi i potenziali cittadini che vedono il proprio lavoro a fortissimo rischio. Per non parlare di migliaia e migliaia di piccole e medie aziende che andranno sicuramente incontro ad una situazione che innescherà un meccanismo di crisi, disoccupazione, fallimenti e via discorrendo. Le rassicurazioni da talk show non sono più sufficienti.

Piaccia o non piaccia è così. Del resto, lo diciamo da tempo. La cosiddetta ‘fase 2’ sarà molto, molto più difficile da affrontare e da gestire che non la ‘fase 1’ dove era semplicemente ridotta all’invito diretto e senza appelli a “stare a casa”. Ora si tratta di di far ripartire “il sistema Italia”. E le chiacchiere, purtroppo, stanno a zero, come si suol dire. Ecco perchè adesso stiamo arrivando al bivio. E cioè, o si è in grado di governare questa unica e del tutto inedita fase storica rilanciando lo sviluppo economico e aiutando, al contempo, chi è maggiormente in difficoltà, oppure si corre dritti verso il baratro. Non si risolve il drammatico problema che abbiamo di fronte fingendo che, tutto sommato, chi grida alla crisi e soffia sulla potenziale rivolta sociale non fa altro che un’operazione politica e di speculazione politica. Il tema vero, accanto al progetto politico, economico e sociale da individuare accanto ai sussidi, sempre più necessari ed indispensabili nei confronti di chi non riesce a sopravvivere, resta quello di avere, in questa fase politica e storica, una classe dirigente autorevole e capace che sia in grado di
reggere l’urto. Certo, tutti sanno che non c’è ad oggi una maggioranza politica alternativa a questo governo. Come tutti sanno che non si può andare al voto anticipato nelle condizioni attuali. Ma tutto ciò non è sufficiente per dare tranquillità e garantire quella “pace sociale” che era e resta necessaria non solo per la stabilità del nostro sistema politico ma anche, e soprattutto, per il nostro equilibrio economico e sociale. E l’autorevolezza della classe dirigente politica, in situazioni complesse e difficili come quella che stiamo attualmente vivendo, è l’elemento decisivo. Classe dirigente autorevole e preparata, però. Perchè l’autorevolezza è tale se è accompagnata da preparazione, competenza, conoscenza e scelte conseguenti . Un solo esempio, per essere ancora più chiari. In questi giorni abbiamo ricordato i 50 anni dello Statuto dei Lavoratori. Una conquista politica e un atto legislativo che possiamo tranquillamente definire “storici”. I protagonisti di quella straordinaria conquista politica furono molteplici. Ma chi, poi, tradusse concretamente quella intuizione e quella domanda sociale fu la politica. E la classe dirigente del tempo. Un nome su tutti, il “ministro dei lavoratori” Carlo Donat-cattin. Quella era una classe dirigente preparata, competente e autorevole. E oggi, al netto di una diversa e per certi aspetti drammatica fase storica, è indispensabile avere una classe dirigente politica – di governo o non è poco rilevante – che sia all’altezza della situazione. Se, invece, dovessero prevalere, ancora una volta, i caposaldi che hanno fatto la fortuna politica ed elettorale dei 5 stelle – e cioè, improvvisazione, pressapochismo, inesperienza e incompetenza per marcare la discontinuità verso il tanto odiato passato – c’è poco da essere ottimisti. Su questo versante si gioca la vera partita politica, sociale, economica e civile del nostro paese. Saranno solo i fatti, le scelte e i comportamenti concreti a dirci se abbiamo, oggi, una vera classe dirigente politica in grado di guidare il paese o solo dei semplici occupanti di posti di potere.

(foto: il Torinese)

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