Di Pier Franco Quaglieni / La scomparsa durante le festività pasquali di Luciano Pellicani ha fatto sì che il silenzio sia calato sulla sua opera e il ricordo della sua figura sia stato minimo. Eppure il prof. Pellicani è stato un importante punto di riferimento per il pensiero socialista non succubo dell’egemonia comunista
La tentazione a uniformarsi ai comunisti fu la maledizione del socialismo italiano che dovette attendere l’invasione dell’ Ungheria del 1956 per iniziare timidamente a rompere l’alleanza con il PCI che continuò nelle amministrazioni locali e regionali ,malgrado l’unificazione socialista di dieci anni dopo.
Una subordinazione culturale continuò dopo la fine del partito unificato perché le anime demartiniane e manciniane del partito erano intimamente filocomuniste. Solo con Craxi ci fu la svolta, il cui ispiratore coerente e lucidissimo fu Luciano Pellicani, che approfondì la tesi di un socialismo riformista, autonomista, distinto e distante dal PCI. Pellicani non volle diventare la mosca cocchiera del nuovo corso socialista e non divenne neppure deputato. Bobbio mi disse della sua indipendenza di studioso e come come direttore di “Mondo Operaio”. Il suo apporto alla storia del socialismo italiano è confrontabile a quello Ugo Guido Mondolfo. Pellicani non esitò a delineare un socialismo affrancato dal marxismo che neppure Giuseppe Saragat ebbe a pieno il coraggio di concepire nel 1947 con la “scissione” di Palazzo Barberini , continuando a riconoscere in Marx un riferimento come fece anche Carlo Rosselli. Se fu Craxi a dare una sterzata decisa al Partito, fu Pellicani l’intellettuale “”non organico”a dare sostanza storica e culturale a quella scelta ,riprendendo e rielaborando le impostazioni del socialismo, considerato non scientifico ed utopistico dai marxisti, in primis quello di Proudhon. Pellicani seppe andare molto oltre, dedicando un libro a Hitler e Lenin considerati i due volti del totalitarismo, una tesi ancora oggi non totalmente accolta dalla sinistra .Nel libro I cattivi maestri della sinistra analizzò criticamente alcuni “mostri sacri” considerati come delle icone intoccabili : Gramsci, Togliatti, Lukacs, Sartre, Marcuse, andando totalmente controcorrente rispetto ad una cultura predominante ed incapace di assumere le distanze volte a ridimensionare miti del tutto ingiustificati. Egli non esitò ad affermare che il marxismo non era una teoria economico – politica mal applicata ,ma che era una teoria totalmente sbagliata. A queste conclusioni i comunisti italiani non giunsero mai neppure dopo il crollo del Muro di Berlino, continuando a distinguere il socialismo realizzato da quello teorizzato da Marx e Lenin. Dopo le polemiche aspre su di lui, calò il silenzio su questo intellettuale libero che continuò ad esercitare il suo ruolo di studioso senza paraocchi ideologici dopo la caduta di Craxi. Se il Partito Democratico avesse voluto e saputo dare ascolto a Pellicani invece che a tanti piccoli intellettuali di cartapesta ,oggi non sarebbe nella situazione in cui si trova. Lo stesso Renzi fu incapace di fare i conti con quel socialismo liberale, libertario e democratico espresso da Pellicani. Molto stimato da Giovanni Sartori, Pellicani resta uno studioso da cui bisognerà ripartire per verificare il significato di un nuovo socialismo nel futuro della storia politica non solo italiana.
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