E’ collegato a un progetto di filiera alimentare: già coinvolti gli agricoltori della valle
E’ una data da ricordare per la Valle di Susa. Mercoledì 30 ottobre apre ufficialmente il Mulino Valsusa, nell’antico mulino ad acqua del 1884 di Bruzolo, rimasto attivo fino ai primi anni Ottanta e oggetto di un importante progetto di restauro. E’ il primo mulino della valle che viene recuperato non solo per fini didattici ma soprattutto la sua messa in funzione è collegata a un progetto importante di filiera alimentare principalmente valsusina. Qui, infatti, vengono, e verranno, lavorati grani antichi, tradizionali e moderni: molti arriveranno dalla stessa Valle di Susa. Massimiliano Spigolon, l’uomo che ha deciso di far tornare in vita il mulino, ha già stretto importanti collaborazioni con gli agricoltori del territorio. Oggi oltre una decina hanno aderito e così i metri quadri di terreni che sono stati seminati con antiche varietà sono 120mila. Quando fu lanciato il progetto, un anno fa, erano appena seimila e si può già dire che l’iniziativa abbia fatto centro nell’obiettivo di riattivare una parte di agricoltura che era andata persa e con essa un patrimonio di semi di qualità. Bassa e Alta valle insieme: qui, sfidando il clima, hanno dedicato importanti spazi alla semina. Tutti i contadini che hanno aderito al disciplinare hanno la certezza che il Mulino Valsusa non li lascerà soli, anzi li aiuterà nel raccolto. Per questo, Spigolon ha acquistato dal Giappone una speciale trebbiatrice parcellare in grado di lavorare piccoli terreni: può essere utilizzata anche in montagna. E’ dunque ideale per questi territori. Poi, le farine macinate a Bruzolo finiranno in panifici, pastifici, pasticcerie, pizzerie e ristoranti della Valle.
Il Mulino ha battezzato tutto il progetto “Per un futuro più buono” pensando alla salvaguardia e alla valorizzazione della biodiversità: lo scopo è ripopolare i terreni della Valle e diffondere varietà di cereali. Per ora, venderà due farine. I nomi scelti sono particolari: la Facondia e la Prosperosa. «Sono nomi italiani in disuso che così cerchiamo di recuperare, esattamente come i grani», spiega Spigolon. Entrambe le linee sono state declinate in varianti (con più o meno crusca). Sono frutto di una lavorazione che unisce tradizione e tecnologia, ovvero le macine in pietra naturale (per produrre farine di notevole pregio) e strumenti tecnologici per un miglior controllo e automatizzazione dell’attività.
Queste sono le prime farine in commercio, ma ovviamente l’obiettivo è crearne molte di più. Per questo, sono già partiti vari test con i grani antichi, castagne, antichi mais piemontesi per ottenere farine pregiate. Parallelamente, in queste settimane Mulino Valsusa butta un occhio anche ai campi e alla semina che sarà strategica per il prossimo anno.
Il progetto di riattivazione delle filiere del Mulino è stata portata avanti senza contributi pubblici e associazioni di categoria. Moltissime sono le collaborazioni che sono nate e che nasceranno, con soggetti pubblici e privati del territorio. «Vogliamo essere quel progetto che alla Valle di Susa mancava, in grado di generare entusiasmo e ravvivare le collaborazioni, capaci di sviluppare filiere corte e produzioni agricole locali – conclude Spigolon – Abbiamo incontrato e condiviso il progetto con moltissime persone che coinvolgono tutta la filiera, in grado di dare il proprio contributo intellettuale e pratico».
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