Il Torino Film Festival annuncia alcune anticipazioni sulla sezione TFFdoc, che quest’anno prevede una selezione di film documentari dedicata al concetto di “desiderio”.
Partendo dall’etimologia del verbo “desiderare”, che in latino letteralmente significa “fissare attentamente le stelle”, è nello spazio tra “DE” e “SIDERÀRE”, tra il guardare le stelle e l’assenza di stelle dal cielo che si sta guardando, che il focus 2019 di TFFdoc trova la sua ragion d’essere.
Il cielo è, idealmente, lo schermo su cui saranno proiettati i film di TFFdoc/desiderio che inizierà con un assassinio: quello che De Sade fa del desiderio nel film di Albert Serra, LIBERTÈ. La realizzazione del desiderio elimina quello spazio tra prefisso e suffisso che permette alla libertà di esistere. In quello spazio, su quello schermo, agiranno durante il Torino Film Festival la determinazione capace di travolgere i generi di INDIANARA diretto da Aude Chevalier-Beaumel e Marcelo Barbosa; gli sguardi curiosi, surreali e insolenti di DELPHINE ET CAROLE, INSOUMUSES diretto da Callisto McNulty; i canti d’amore degli uomini di LONELY RIVERS diretto da Mauro Herce e dell’asino Yoda negli HOLY DAYS diretto da Narimane Mari; la tensione verso un’Europa che non è mai esistita in HEIMAT IST EIN RAUM AUS ZEIT diretto da Thomas Heise; il desiderio infinito di fidarsi dell’Altro che pervade MI SONO INNAMORATO DI PIPPA BACCA diretto da Simone Manetti.
DELPHINE ET CAROLE, INSOUMUSES di Callisto McNulty (Francia, 2019, 68’)
Delphine Seyrig e Carole Roussopoulos si incontrano nel 1974 a Parigi.
Carole aveva comprato la seconda videocamera arrivata in Francia nel 1969 (la prima se l’è accaparrata Godard), è impegnata politicamente documentando le lotte politiche del nascente Front Homosexuel d’Action Revolutionnaire o del Black Panther Party. Delphine è l’icona di Baci rubati (François Truffaut), di Pelle d’Asino (Jacques Démy) e di Jeanne Dielman (Chantal Akerman). Insieme, videocamera in mano, ingaggeranno battaglie radicali con insolenza, gioia, intransigenza e infinita ironia.
HEIMAT IST EIN RAUM AUS ZEIT di Thomas Heise (Germania/Austria, 2019, 218‘)
La storia di una famiglia attraversa il Novecento e si spinge all’inizio del XXI secolo. Una storia fatta di parole e silenzi, di primi amori e felicità perdute, di padri e madri, di figli e fratelli, di ferite e gioie, in un paesaggio, quello della Germania, sempre in transizione, da Est a Ovest, attraversato da desideri di mondi possibili mai realizzati.
HOLY DAYS di Narimane Mari (Algeria/Francia, 2019, 40’)
Michel, Saadi, Bilio, l’asino Yoda, delle scimmie, Julia. La natura gioca con la morte e un cinema originario si fa gesto d’amore capace di arrestarla. La regista di Les Haricots rouges (TFF2013) e di Le Fort des fous (TFF2017) cerca le origini del cinema e del desiderio.
INDIANARA di Aude Chevalier-Beaumel e Marcelo Barbosa (Brasile, 2019, 84’)
Indianara definisce se stessa una “puttana parlamentare, atea, anarchica e vegana”. Nata come Sergio Siqueira, decide molto presto di diventare donna e inventa il suo nome in omaggio alle origini indigene di sua madre e a Nara, un’amica transgender che la sostiene. Rivoluzionaria inclassificabile, fondatrice e animatrice di Casa Nem, un centro di accoglienza e sostegno per transgender a Rio de Janeiro, consigliera comunale insieme Marielle Franco, Indianara continua la sua lotta contro pregiudizi e il machismo nel Brasile di Bolsonaro.
LIBERTÈ di Albert Serra (Francia/Spagna/Portogallo, 2019, 132’)
1774, un gruppo di nobili libertini francesi in fuga dall’oscurantista Luigi XVI si ritrova in una radura tra Potsdam e Berlino e cerca l’aiuto e la protezione del Duca di Walchen (Helmut Berger), grande seduttore e libero pensatore, nel tentativo di venire accettati alla corte di Federico II di Prussia. Il loro scopo è quello di trovare un terreno fertile al libertinismo illuminista e un luogo dove il desiderio non sia costretto a seguire nessun’altra regola se non quella del piacere. Premio Speciale della Giuria di Un Certain Regard al Festival di Cannes. Albert Serra torna al Torino Film Festival dove vinse il Premio per il Miglior Film nel 2006 con il suo esordio al lungometraggio Honor de cavalleria.
LONELY RIVERS di Mauro Herce (Spagna, 2019, 28’)
Alcuni uomini di età differenti si ritrovano in una stanza. Non sappiamo chi siano, né dove siano, né perché siano lì. Cantano. “Oh, my love, my darling / I’ve hungered for your touch / A long, lonely time / And time goes by so slowly / And time can do so much…”
Mauro Herce aveva presentato in concorso a TFFdoc nel 2015 Dead Slow Ahead.
MI SONO INNAMORATO DI PIPPA BACCA di Simone Manetti (Italia, 2019, 76’)
Due donne, due artiste in abito da sposa. Un viaggio fino a Gerusalemme attraverso i paesi sconvolti dalle guerre. 6000 km da percorrere in autostop, per celebrare il matrimonio tra i popoli e dimostrare che dando fiducia al prossimo si riceve solo bene. Questo era l’intento di Pippa Bacca e Silvia Moro quando, l’8 marzo del 2008, sono partite da Milano con l’obiettivo di mettere in scena una performance nel segno della pace. Una performance artistica interrotta tragicamente dalla scomparsa di una delle due spose.
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