Di Pier Franco Quaglieni
La politica, la cultura e la storia
In un lucido articolo il grande Dino Cofrancesco, che si rivela sempre di più un pensatore politico di rango e una delle coscienze critiche più alte oggi esistenti in Italia, ha evocato il pensiero di Vincenzo Cuoco per spiegare la vittoria di Trump e di Salvini. Cuoco aveva partecipato alla Rivoluzione partenopea del 1799 nel Regno di Napoli e dall’esilio milanese, dove fu in amichevole contatto con il Manzoni, scrisse una esemplare riflessione critica sulla vicenda napoletana,evidenziando i limiti del giacobinismo di stampo illuministico di chi non seppe cogliere i bisogni del popolo e pretese astrattamente di imporre una Repubblica di stampo francese in una realtà sociale profondamente diversa . Quei conati rivoluzionari generarono per reazione il Sanfedismo : le plebi meridionali non si schierarono dalla parte delle élites rivoluzionarie, ma andarono in soccorso del cardinale Ruffo di Calabria che stava reprimendo la rivoluzione voluta per emancipare dall’alto quelle stesse plebi. Certo Trump e Salvini sono degli incolti e forse non sanno neppure che Cuoco sia esistito, ma inconsciamente hanno percepito le verità insite nella sua opera.
In sintesi, la concretezza dell’agire politico che deve bandire le astrazioni ideologiche, riallacciandosi alla grande lezione del Machiavelli secondo cui gli uomini dimenticano prima la morte del padre che la perdita del patrimonio, come ricorda Cofrancesco . Se noi vediamo in questa luce l’immigrazione incontrollata e le periferie urbane degradate rispetto ai richiami evangelici del Papa o a quelli ateizzanti di Gino Strada o di Roberto Saviano ci accorgiamo che certe nobili idee si rivelano delle utopie incapaci di cogliere il disagio reale dei cittadini. Si tratta di una cosa che il ministro Minniti , corazzato di cultura storicista, aveva capito e cercato di interpretare concretamente. Il popolo si muove per bisogni ed interessi e non per ideali, scriveva Cuoco agli albori dell’Ottocento, facendo tesoro degli errori dei rivoluzionari napoletani che forse non avevano letto a sufficienza gli stessi illuministi napoletani in particolare il grande Antonio Genovesi studiato splendidamente dal sommo Franco Venturi.
Sembra paradossale e quasi inverosimile che chi coglie i fermenti della pancia della gente, si rifaccia a Cuoco. Eppure e’ così . Certo però non basta cogliere quei fermenti che portano voti , ma un vero politico, un vero statista sa anche indicare la strada per superare le criticità, senza limitarsi a lusingare le masse che vanno comunque politicamente indirizzate, se non educate. La politica è anche questo, a partire da Mazzini per giungere a Gramsci. I grossolani agitatori di piazza come le anime belle che sognano senza indagare la “verità effettuale “, per dirla col Machiavelli, sono destinate presto o tardi al fallimento. Ovviamente senza esagerare nel volerle educare perché altrimenti appare sempre in agguato un regime illiberale , se non autoritario o perfino totalitario. E’ un pericolo che Cofrancesco sente in modo particolare ed ha sicuramente ragione di diffidare dalle vulgate del politicamente corretto .
In ogni caso qualche lettura non guasta mai anche per i politici perché la cultura non è, come diceva Mussolini, un che di superfluo, ma di essenziale per chi voglia tentare di essere uno statista e non solo un politicante o un mestierante della politica, come diceva Pannunzio. Lo stesso Mussolini, in verità , era tutto fuorché un incolto. E’ anche per questo, in fondo, che Salvini non può essergli paragonato.
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