Il 4 aprile scorso, due cittadini di origine rumena entravano presso un albergo di via Gioberti e chiedevano all’addetto alla reception delle monetine. Al diniego, l’addetto alla reception si trovava costretto a lasciare la sua postazione per raggiungere uno dei due malviventi che si addentrava nell’atrio, incurante delle richieste di abbandonare l’Hotel. Nel frattempo il secondo soggetto, fermo al desk, con un gesto fulmineo si impossessava di un telefonino del valore di 1000 € circa (Samsung S9 Black) poggiato all’interno della reception e lo nascondeva nella tasca dei jeans. Subito dopo, i due si allontanavano, dileguandosi. I poliziotti del Comm.to San Secondo intervenivano immediatamente ed estrapolavano le immagini di sorveglianza dell’hotel per poterle visionare. Alcuni giorni fa, gli stessi agenti, impegnati in servizio di Volante, notavano in corso Ferrucci uno degli autori del reato, fermandolo. Si tratta di un cittadino rumeno di 27 anni, residente presso il campo nomadi di via Germagnano, con precedenti di polizia per reati contro il patrimonio. L’uomo, che ha ammesso di essere entrato, unitamente ad un complice, nell’albergo ove si è consumato il furto quel giorno, è stato denunciato per furto con destrezza in concorso.
Il Rinascimento e la pittura russa sono i protagonisti assoluti di tre grandi concerti diretti dal maestro James Conlon, con protagonista l’Orchestra Nazionale della Rai di Torino, prima al Teatro delMaggio Musicale Fiorentino, nell’ambito dell’omonimo Festival,mercoledì 15 maggio, poi giovedì 16 maggio, alle 20.30, con replica venerdì 17 maggio alle 20, all‘Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino.Brano di apertura del concerto è il Trittico Botticelliano per piccola orchestra di Ottorino Respighi, composto nel 1927 su commissione della ricca patronessa Elizabeth Sprague Coolidge. Ispirata a tre famose tele del Botticelli esposte agli Uffizi di Firenze, La Primavera, L’adorazione dei Magi e La nascita di Venere, la pagina, di intima natura, è stata considerata dal musicologo Massimo Mila un “cesello di grazia quattrocentesca nella linearità chiara e nervosa di un’orchestra ridotta all’essenziale“. Il soggetto e lo spirito di ciascuno dei dipinti del Botticelli sono riprodotti in musica, evocati con antichi motivi, ritmi di danza, atmosfere delicate e la partitura è affidata ad un organico strumentale di proporzioni contenute.Il boemo Bohuslav Martinu è l’autore del secondo brano ispirato agli Affreschi di Piero della Francesca, composto nel 1953, nato dalla profonda suggestione provata dal compositore di fronte alla vista degli affreschi contenuti nella Basilica di San Francesco ad Arezzo e che fanno parte del ciclo ispirato alla Leggenda della Vera Croce.A chiudere la serata sono i “Quadri di un’esposizione“, composti da Modest Musorgskij nel 1874, per l‘orchestrazione di Maurice Ravel. Fu l’occasione di una visita alla mostra postuma di disegni dell’amico architetto Victor Hartmann a fornire a Musorgskij lo spunto per comporre una suite di pezzi pianistici di grande fantasia,in cui egli descrive dieci quadri in cui si celano altrettanti stati d’animo. Maurice Ravel, su cui la musica russa esercitò una potente attrattiva, rimase talmente conquistato dal fascino dei Quadri da realizzarne una versione orchestrale di straordinaria bellezza. I “Quadri di un’esposizione“ si presentano come un percorso ideale in cui pagine descrittive si alternano a brevi episodi musicali che indicano lo spostamento del visitatore da una sala all’altra. L’autore utilizza spunti iconografici per creare con forza
Mara Martellotta
Alberto Cirio racconta la Torino che vorrebbe e difende il Regina Margherita: “non è solo con la quadratura dei conti che puoi darti la patente di buon amministratore”
Il candidato Presidente della coalizione del centro destra spiega la sua ricetta per costruire una Torino più europea: difendere tutte le eccellenze, promuovere il territorio, creare una lobby Piemonte e nuove infrastrutture
Lei che conosce bene il territorio, da ex assessore al turismo ed ex vice presidente dell’Ente turismo Bra, Alba, Langhe e Roero, come vede la Torino del futuro?
Torino è una città dalle mille ricchezze. Il turismo è diventato sempre più motivazionale che di destinazione: oggi le persone si chiedono “che tipo di vacanza voglio fare?” e in base a questa domanda scelgono una destinazione. Torino offre di tutto: da una vacanza da città d’arte, da città europea, culturale, dei grandi eventi sportivi, ma per far questo serve un governo regionale che investa realmente nella: ad esempio la tassa di soggiorno dei turisti deve essere messa a sistema con i fondi che la Regione deve tornare a investire per promuovere tutto il territorio. Se pensiamo alle distanze che un turista percorre per venire da noi e la distanza che c’è tra Torino e, per esempio, il Lago Maggiore, ecco che ci rendiamo conto che vi è una maggiore offerta di luoghi di vario genere a distanze percorribili, questo può raddoppiare il turismo su tutto il territorio. Torino è una grande città di studi e non grazie all’intervento pubblico, ma grazie alle eccellenze presenti: attrarre studenti da fuori è una via che crea business e aprire al mondo dei leader di domani, perché chi va a studiare in una città poi se la porterà nel cuore ovunque andrà e sarà un soggetto con cui far rete a beneficio di Torino. Bisogna quindi investire sui servizi per gli studenti, molti dei quali poi sfruttabili da tutti i cittadini. Ci sono tanti settori da sviluppare per la Torino del futuro, il concetto di Torino capitale a me piace tantissimo.
A proposito di Università e scuola: come favorire il collegamento con il mondo del lavoro?
Innanzitutto bisognerebbe aiutare le famiglie ad aprire la mente e abbandonare la vecchia concezione della liceizzazione della scuola: gli Istituti tecnici e professionali che abbiamo oggi sono davvero molto validi nella preparazione dei giovani. Bisogna pensare di scegliere percorsi formativi in linea con la domanda del mondo del lavoro e non solo alla propensione del ragazzo/a: abbiamo dieci mila studenti con studi specialistici divisi fra 30% azienda e 70 % scuola, in Germania la proporzione è ribaltata. In Piemonte abbiamo gettato il seme con un progetto che coinvolge gli ITS, ma dobbiamo accelerare perché il mondo oggi è un’altra cosa, sta vivendo una rivoluzione digitale e dobbiamo cavalcarla. Personalmente credo che nell’università si debbano creare dei corsi in europrogettazione, che costituiscono un primo anello per accedere ai fondi europei e gli spagnoli lo sanno bene: sono tra i primi percettori dei fondi comunitari. Il Piemonte ha tutte le condizioni per poterlo fare, bisogna far dialogare queste realtà, creare un interscambio.
Se come dice lei, il Piemonte ha bisogno dei fondi europei, allora ha bisogno anche dell’Unione Europea, non solo economicamente ma anche politicamente. Non crede che questo si ponga in contrasto con il sovranismo e l’euroscetticismo della sua appartenenza politica?
Da parlamentare europeo posso dire di non essere euroscettico, posizione ormai abbandonata da tutti dopo la Brexit che ha fatto scoppiare la bolla antieuropeista, ma eurocritico. Sono convinto che se gli inglesi tornassero alle urne sceglierebbero di restare nell’Unione. Noi ci abbiamo messo del nostro nel contare poco al suo interno è vero, ma l’UE non ha certo avuto una mano leggera. La figura di Juncker è significativa: se lo vedo non mi viene certo voglia di abbracciarlo, infatti l’UE lo sa e sta puntando anche a cambiare la sua immagine, perché sono le persone che fanno l’Unione Europea. Al suo interno noi dobbiamo contare in due modi, il primo è far valere le nostre esigenze e adesso non è così, basti pensare che la Regione paga un ufficio a Bruxelles dove c’è un funzionario solo che, poveretto, deve far tutto e a un mese dalle elezioni Chiamparino dice “dobbiamo aprirlo anche all’Università”, ma non è l’ufficio il problema, è che a Bruxelles mancano le persone. Il secondo modo, invece, è quello di costruire una “lobby Piemonte”con stakeholder pubblici e privati, in grado di far valere gli interessi del territorio in Europa con una strategia condivisa. Chiamparino dice di fare i progetti qui e portarli su: questo è un errore, i progetti bisogna crearli lì. Noi abbiamo la Conferenza Stato-Regioni, dove se i piemontesi lo vorranno mi siederò a rappresentarli ma, lo dico in anteprima, in quel caso mi siederò con pari distanza alla Conferenza con la Baviera, perché se faccio europrogettazione lo faccio con i paesi con cui abbiamo affinità, non solo con le altre regioni d’Italia. Abbandonare una mentalità provinciale non può che far bene alle industrie, che infatti sono molto favorevoli.
Un tema centrale per il territorio, specie in questo momento, è la sanità. La sua posizione è in linea con quella dal celebre chirurgo pediatrico P. Abbruzzese candidato in una delle liste che appoggia la sua corsa, che di recente ha duellato a distanza con Salizzoni sul Regina Margherita: una sanità su misura, con al centro la persona. È una visione che si pone in antitesi a quella della città della salute voluta da Chiamparino?
È una visione che può essere sintetizzata così: io per comprare la Play-Station a mio figlio non faccio debiti, ma per curarlo o operarlo se si ammala sì. Se i conti tornano molto bene, perché hanno la loro importanza, ma la sanità salva la vita alle persone. Oggi in media un cittadino piemontese ha speso 640 euro di sanità privata, questo vuol dire che le persone che quei soldi non li hanno, non si sono fatti curare o stanno aspettando 120 giorni per una cataratta, o peggio. Inoltre togliere prospettive a chi lavora all’interno degli ospedali li porta ad abbandonare il proprio posto, come è successo al primario dell’Oftalmico che è andato in Lombardia. Mia madre, che si fa curare da lui, è andata fino in Lombardia e a fine anno, la spesa per curare mia madre in Lombardia lo Stato la toglie dalle casse del Piemonte. Chi è costretto ad andare operarsi lontano dal territorio (la cosìddetta mobilità passiva), non ci va gratis, lo paga la regione di residenza, ovvero il Piemonte. Credo che il Presidente della Regione debba fornire delle linee guida ai tecnici. Quando Abbruzzese ha detto che i bambini non sono piccoli adulti, non ha espresso un parere come potrei fare io da politico che sa ben poco di questo, ma sta parlando come medico che ha dedicato la vita ai bambini e sa che vanno curati con strumenti, tecniche e sensibilità diverse, a misura di bambino: queste non possono e non devono essere cancellate.
Si riferisce al Regina Margherita?
Sì, anche. Gli ospedali specialistici son presenti in tutta Europa e la loro efficienza e importanza è dimostrata, credo possano esserci anche qui. Per come la penso, non è solo con la quadratura dei conti che puoi darti la patente di buon amministratore della sanità.
Torino è una città che più di altre soffre la questione ambientale, non a caso è stata battezzata come la più inquinata d’Europa. Cosa pensa in relazione a questo tema? Quali soluzioni suggerisce?
Bisogna cambiare mentalità, ma questo non può avvenire senza le infrastrutture: non si può dire ai cittadini di non prendere l’auto se i mezzi non sono adeguati alle esigenze. Un po’ come per i blocchi sul traffico: abbiamo inserito nel nostro programma delle deroghe su di essi perché non si può chiedere a una persona (magari di una certà e con una punto di quindici anni), che la sua auto da un giorno all’altro è fuorilegge, che quindi deve comprarne una nuova da 20 mila euro, con agevolazioni a 15mila. È una follia. Sevono le infrastrutture, basti pensare all’alta velocità: per andare a Roma prima andavamo tutti in aereo, ora prendiamo il treno, perché c’è, perché è puntuale, veloce e comodo. Quando si prendono le decisioni negli uffici di piazza Castello bisogna ricordare che poi vengono vissute dalle persone che vivono la città e il territorio tutti i giorni. Se da Moncalieri devo venire a Torino, è scomodissimo oggi farlo con i mezzi pubblici, sono praticamente costretto a prendere l’auto: se si chiede ai cittadini di usare i mezzi, bisogna che questi non solo vi siano, ma siano anche efficienti.
Basta fare qualche esempio: il polo universitario (Palazzo Nuovo, Campus Einaudi) non è raggiunto da una linea metro e per attraversare Torino da Barriera di Milano a Mirafiori, con qualsiasi linea ci va un’ora e venti minuti ad andare e poi a tornare, per un totale di almeno 2 ore e quaranta di viaggio. Ci si impiega meno ad andare a Milano. Una mobilità che appesantisce la qualità della vita.
Infatti è una assurdità per tutti, dagli anziani, alle famiglie, come per gli sportivi, che magari hanno bisogno di far entrare e uscire dalla città il pulmino della squadra: non gli si può chiedere di andare con i mezzi, di non usarlo o di prenderne uno nuovo che non si possono permettere e in cambio non offrire un servizio poco pratico e consono alle esigenze dei cittadini. Sono tutti temi che io e la mia squadra, se i piemontesi vorrano, affronteremo.
Ha già formato la squadra che, in caso di elezione, porterà sugli scranni di Palazzo Lascaris?
No, ma una cosa è certa: vogliamo persone competenti che vivano il territorio e dunque siano consapevoli delle problematiche e delle esigenze che ci sono. Per sapere cosa serve a un territorio bisogna viverlo, dal centro alla periferia, è l’unico modo.
Sabato 18 maggio a Torino, al Teatro Nuovo, in C.so Massimo D’Azeglio 17, si terrà “Apriti Tango:la magia di un ballo nel racconto della sua storia“: uno spettacolo a sostegno degli “Asili Notturni Umberto I”
Creare eventi con finalità solidali, per supportare progetti di Associazioni che si occupano di alleviare le sofferenze socio-sanitarie in ogni dove, è l’obiettivo che anima, fin dal 2000, Grazia Fontanarosa, ideatrice e promotrice di questi straordinari appuntamenti, che ci spiega con chiarezza ed entusiasmo la profonda motivazione alla base della sua scelta: «Il Tango è cultura, il Tango è avventura, e questo evento in favore degli Asili Notturni Umberto I di Torino ha come matrice l’aggregazione, la solidarietà e la condivisione, dove protagonista è il Tango e la sua storia, che è anche la storia di un popolo. In esso pulsa il ritmo della vita, e chi si avvicina a questa danza non può che restarne affascinato. Il Tango, come la vita, coinvolge, travolge e avvolge come un abbraccio colmo di emozioni, ed è un’opportunità per condividere una passione che accomuna una moltitudine di persone, impegnandosi, divertendosi e finalizzando quest’esperienza, il più delle volte, per sostenere progetti solidali».“Apriti Tango: la magia di un ballo nel racconto della sua storia” esprime l’entusiasmo e la passione per questa danza; ingredienti che hanno trasformato, ciò che era iniziato come un gioco, in un evento unico nel suo genere, dove ballerini e spettatori vengono ugualmente rapiti e coinvolti.Questa rappresentazione, è diventata sia occasione per divulgare una passione che non conosce confini, sia cassa di risonanza per mettere l’accento su problematiche sociali, sostenendo, di volta in volta, progetti solidali diversi. La Compagnia Apriti Tango è composta da più di 80 appassionati tangueros: circa 20 tra attori e comparse, 7 coppie di ballerini professionisti, e da un considerevole gruppo di collaboratori. La compagnia di Apriti Tango si rinnova ad ogni edizione, e ogni volta è un ricominciare ed uno sperimentare ricreando una nuova alchimia sempre più forte e vitale. Ciò che distingue questo gruppo è la voglia di aggregazione finalizzata a divulgare la passione per il Tango e, nello stesso tempo, mettersi a disposizione, a titolo completamente gratuito, di chi “ha bisogno” ed ha il diritto di avere un futuro migliore, … spesso solo un futuro. La forza e la determinazione nel portare a termine l’obiettivo iniziale è supportata da motivazioni esclusivamente umanitarie, e in questa occasione il ricavato sarà devoluto agli «Asili Notturni Umberto I », che ha sede in via Ormea 119, a Torino, e che si occupa di dare asilo ai senzatetto, e assistenza alle persone in difficoltà offrendo un letto e un pasto caldo a persone bisognose e in condizione di fragilità, italiane e straniere, oltre a visite specialistiche gratuite grazie a medici oculisti e dentisti volontari; ed ancora un centro di prevenzione e cura del disagio psichico. È possibile prenotare e acquistare il biglietto online inviando una mail a: aprititango.proasilinotturni@gmail.com o inviando un messaggio WathsApp al numero:3891194558 – Posto unico € 15,00 – www.locuratanguera.it
Per saperne di più: www.asilinotturni.org
INCENTIVI AI MEDICI IN PICCOLI COMUNI E AREE MONTANE
UNCEM: RISULTATO MOLTO POSITIVO OTTENUTO DALLA DETERMINAZIONE DEI COMUNI
Il cielo di piazza Castello
Un insolito scorcio di piazza Castello, con il cielo come fondale al grattacielo littorio, al tricolore e alla torre di Palazzo Madama. La foto è di Luisa Scolari
Libere come Rita
Torino e le sue donne
Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce
Con la locuzione “sesso debole” si indica il genere femminile. Una differenza di genere quella insita nell’espressione “sesso debole” che presuppone la condizione subalterna della donna bisognosa della protezione del cosiddetto “sesso forte”, uno stereotipo che ne ha sancito l’esclusione sociale e culturale per secoli. Ma le donne hanno saputo via via conquistare importanti diritti, e farsi spazio in una società da sempre prepotentemente maschilista. A questa “categoria” appartengono figure di rilievo come Giovanna D’arco, Elisabetta I d’Inghilterra, Emmeline Pankhurst, colei che ha combattuto la battaglia più dura in occidente per i diritti delle donne, Amelia Earhart, pioniera del volo e Valentina Tereskova, prima donna a viaggiare nello spazio. Anche Marie Curie, vincitrice del premio Nobel nel 1911 oltre che prima donna a insegnare alla Sorbona a Parigi, cade sotto tale definizione, così come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack. Rientrano nell’elenco anche Coco Chanel, l’orfana rivoluzionaria che ha stravolto il concetto di stile ed eleganza e Rosa Parks, figura-simbolo del movimento per i diritti civili, o ancora Patty Smith, indimenticabile cantante rock. Il repertorio è decisamente lungo e fitto di nomi di quel “sesso debole” che “non si è addomesticato”, per dirla alla Alda Merini. Donne che non si sono mai arrese, proprio come hanno fatto alcune iconiche figure cinematografiche quali Sarah Connor o Ellen Ripley o, se pensiamo alle più piccole, Mulan. Coloro i quali sono soliti utilizzare tale perifrasi per intendere il “gentil sesso” sono invitati a cercare nel dizionario l’etimologia della parola “donna”: “domna”, forma sincopata dal latino “domina” = signora, padrona. Non c’è altro da aggiungere. (ac)
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4. Libere come Rita
Una delle donne che forse più di tutte ha contribuito a cambiare il mondo con ciò che ha detto e ciò che ha fatto è proprio la nostra gloria nazionale, Rita Levi Montalcini, l’unica donna italiana ad aver vinto un premio Nobel scientifico. Una figura a cui dovremmo guardare più spesso, soprattutto nei momenti di difficoltà, quando ci sembra di aver perso la bussola: è una scienziata che soprattutto i giovani dovrebbero aver ben presente, in modo da poter scegliere a quale insegnamento aggrapparsi per perseguire la propria strada e i propri sogni. Non a caso sono stati numerosi i progetti del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) rivolti ai ragazzi, visti logicamente come l’unica possibile risorsa su cui investire per il futuro. Rita insegna che “nella vita non bisogna mai rassegnarsi né arrendersi alla mediocrità, occorre uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva; è necessario coltivare il coraggio di ribellarsi”. Contro questo periodo di immobilismo generale, Rita ci rincuora dicendo: “Qualunque decisione tu abbia preso per il tuo futuro, sei autorizzato, e direi incoraggiato, a sottoporla ad un continuo esame, pronto a cambiarla, se non risponde più ai tuoi desideri”. Rita Levi Montalcini nasce a Torino nel 1909, da Adamo Levi, ingegnere elettronico e da Adele Montalcini, pittrice. Rita è sorella di Anna e di Gino, che diventerà negli anni Trenta un noto scultore e architetto, e sorella gemella di Paola, anche lei pittrice come la madre. Rita appartiene a una famiglia ebrea sefardita, molto colta, e i genitori instillano ben presto nei figli l’apprezzamento per la ricerca intellettuale. Trascorre l’infanzia e l’adolescenza in un ambiente sereno, ma dominato da una concezione vittoriana nel rapporto con i genitori, basato sulla netta distinzione dei ruoli femminili e maschili; centrale è la figura del padre, inizialmente convinto che la carriera professionale desiderata dalla figlia avrebbe interferito con i doveri di moglie e di madre. Rita riesce però a convincere il padre e si laurea nel 1936 in Medicina presso l’Università di Torino. Fin dal primo anno di Università lavora come internista nell’istituto di Giuseppe Levi, dove conosce Salvatore Luria e Renato Dulbecco. Ciascuno dei tre giovani, che diventeranno presto amici, vincerà il premio Nobel. Mentre si sta specializzando in Psichiatria e Neurologia, nel 1938, vengono emanate le leggi razziali e lei, di origine ebrea, è costretta a emigrare in Belgio. A Liegi continua a lavorare con Giuseppe Levi; quando la Germania nazista invade il Belgio, Rita scappa a Bruxelles per poi riuscire a tornare finalmente a Torino, dove continua a fare ricerca allestendo un piccolo laboratorio casalingo. Proprio in casa inizia a studiare il sistema nervoso degli embrioni di pollo. La guerra non è ancora finita e Rita trova rifugio nelle campagne torinesi, si sposta poi a Firenze, dove prende contatto con le forze partigiane e dove opera come medico al servizio degli alleati. Una volta finita la guerra torna nuovamente nella città natale e continua la sua attività di ricerca. Nel 1947 accetta l’invito del neuroembriologo Viktor Hamburger e si reca negli Stati Uniti presso la Washington University di Saint Louis. Qui, nel 1954, insieme al suo collaboratore Stanley Coen, scopre il Nerve Grovth Factor (NGF), una proteina coinvolta nello sviluppo del sistema nervoso. E’ proprio grazie a questa scoperta che nel 1986 i due ricercatori otterranno il premio Nobel e sempre grazie a questa scoperta sono nate le discipline che vanno sotto il nome di Neuroscienze e che hanno come oggetto di studio il cervello umano. Nonostante la sua attività scientifica si sviluppi prevalentemente negli Stati Uniti, Rita non dimentica l’Italia. Tra il 1961 e il 1962 crea a Roma un centro di ricerca sul Fattore di Crescita del Tessuto Nervoso, NGF, e nel 1969 fonda e dirige l’istituto di Biologia Cellulare presso il CNR. Dal 1979 si trasferisce definitivamente in Italia. Nel 2002 fonda l’EBRI (European Brain Research Institute) sempre a Roma. Nel 1998 fonda la sezione Italiana della Green Cross International, riconosciuta dall’ONU e presieduta da Gorbaciov. Dal 2001 riveste la carica di senatore a vita. Rita levi Montalcini muore il 30 dicembre 2012, all’età di 103 anni, nella sua abitazione romana nel viale di Villa Massimo, nei pressi di Villa Torlonia. Il 31 dicembre viene allestita la camera ardente presso il Senato e il giorno seguente la salma viene trasferita a Torino, dove è accolta da una breve cerimonia privata con rito ebraico.
Il 2 gennaio si svolgono i funerali in forma pubblica. Dopo la cremazione, le sue ceneri vengono sepolte nella tomba di famiglia nel Campo Israelitico del Cimitero Monumentale di Torino. Rita ha sempre affermato di essere e di sentirsi una donna libera e da donna libera ha vissuto. Ha deciso di rinunciare a un marito ed una famiglia per dedicarsi completamente alla scienza. Riguardo all’esperienza di donna nell’ambito scientifico, Rita descrive i rapporti con gli altri colleghi, collaboratori e studiosi, come incontri amichevoli e paritari, sostenendo sempre che “le donne costituiscono al pari degli uomini un immenso serbatoio di potenzialità, sebbene ancora lontane dal raggiungimento di una piena parità sociale.” Nella prima metà degli anni Settanta, Rita partecipa all’attività del Movimento di Liberazione Femminile per la regolamentazione dell’aborto. Da sempre paladina e promotrice del libero pensiero, ha dichiarato in più di un’occasione che tale visione di vita era da imputare a suo padre, il quale diceva sempre a lei e a sua sorella che dovevano essere entrambe libere pensatrici, “e noi siamo diventate libere pensatrici prima ancora di sapere che cosa volesse dire pensare”. Non è possibile provare a riassumere degnamente centotre anni di vita illuminata in così poco spazio, e allora, per concludere questa rapida presentazione di una delle donne più grandi di sempre, mi piace ricordare una sua riflessione, a me molto cara, e che credo possa essere emblematica per il messaggio che la figura della scienziata rappresenta: “Rifiutate di accedere a una carriera solo perché vi assicura una pensione. La migliore pensione è il possesso di un cervello in piena attività che vi permetta di continuare a pensare usque ad finem, “fino alla fine”.
Alessia Cagnotto
Torino sarà sempre più città dell’innovazione. Lo prevede il protocollo d’intesa siglato da Compagnia di San Paolo, Fondazione Crt e Innovation Center, nell’intento di favorire lo sviluppo di un ecosistema internazionale in grado di attrarre nuove start up e nuovi investimenti. Il settore è quello delle start up e dei fondi Tech, in particolare negli ambiti dell’intelligenza artificiale e della blockchain. I preparativi per la creazione dell’hub si avranno presso le Officine Grandi Riparazioni (Ogr), lo storico edificio delle riparazioni dei treni che la Fondazione Crt ha ristrutturato come centro di eccellenza per la cultura e l’innovazione. Gli investimenti saranno promossi dalle Fondazioni e Neva Finventure di Intesa Sanpaolo Innovation Center. E’ già avviato lo studio di fattibilità per la definizione del piano da realizzare, con inizio nel primo semestre 2019.
Vacanze rovinate dal falso affittacamere online
I Carabinieri della Stazione di San Germano Vercellese hanno denunciato a piede libero G.I., 32enne e R.R., 53enne, entrambi gravati da vicende penali e residenti in provincia di Trieste, perché ritenuti responsabili di concorso in truffa aggravata.
È stata la denuncia sporta alla fine di marzo da un 45enne di Tronzano a dare il via agli accertamenti dei militari, che hanno presto rilevato nei fatti esposti il classico canovaccio della truffa del falso affittacamere, che ancora una volta ha colpito una vittima della provincia di Vercelli. I due truffatori avevano pubblicato un annuncio attraverso il sito “Subito.it”, offrendo ai vacanzieri appassionati della riviera ligure la disponibilità di un bell’appartamento per le vacanze estive ad Andora (SV), a pochi passi dal mare e ad un prezzo vantaggioso. Il 45enne, alla ricerca di una meta estiva, sbirciando il web aveva trovato estremamente interessante quella proposta e valutato che la casa, distribuita su due piani in una palazzina molto gradevole, poteva fare proprio al caso suo ed accogliere comodamente la sua famiglia per un periodo di relax. Anche un fitto scambio di contatti, domande e risposte via WhatsApp, avevano fornito una descrizione della casa perfettamente rispondente alle esigenze del 45enne: peraltro in pieno centro e vicinissima al mare, inoltre era ancora libera ma…perché c’è sempre un ma…. bisognava affrettarsi a versare una caparra per bloccare altri potenziali clienti. Così, convinto della bontà dell’offerta, il 45enne aveva richiesto ed ottenuto un nome ed un numero di telefono di riferimento per fare un sopralluogo in un fine settimana di marzo ed avere direttamente visione dell’alloggio accompagnato dall’offerente, ma anche le coordinate bancarie per versare una caparra di 450 euro ed assicurarsi l’affare. Fatto il versamento e trasmessa la ricevuta, in una bella domenica di marzo il 45enne si è messo in auto, raggiungendo il luogo dove avrebbe voluto trovare l’agognato riposo estivo. Purtroppo quella mattina ad attenderlo c’era solo un’amara sorpresa. Al numero di telefono comunicato non rispondeva nessuno, ma al campanello della casa qualcuno ha risposto, una simpatica signora, proprietaria dell’appartamento, che ha subito compreso quel che era successo. La donna ha riferito che la sua casa non era mai stata resa disponibile all’affitto per l’estate, ma anche che in una ulteriore occasione qualcun’altro aveva suonato al suo citofono e raccontato la medesima disavventura, un’altra vittima, forse degli stessi malfattori. Al tronzanese non restava altro che formulare la denuncia ai Carabinieri che, immediatamente, si sono messi al lavoro e con certosina passione sono riusciti a risalire ai due truffatori, identificandoli e deferendoli alla Procura della Repubblica di Vercelli.
Un tecnico che stava facendo manutenzione è morto per l’esplosione di una macchina del caffè ed è rimasto ferito il figlio che lavorava con lui. L’incidente è avvenuto in una trattoria di Rivara Canavese. La vittima e il ferito sono dipendenti di una ditta specializzata nella manutenzione delle macchine del caffè. Sul posto i carabinieri e il 118, che ha trasportato il ferito con l’elicottero al Cto.
(foto archivio – il Torinese)