Su “La Stampa” del 20 giugno scorso è stato pubblicato un servizio contente un commovente duello tra Vincenzo Bonami e Vittorio Sgarbi inerente una mostra del pittore Luciano Ventrone, ennesima e noiosa polemica che ricorda gli insulti che si scambiavano prima delle elezioni alcune forze politiche per poi, alla fine, spartirsi il potere tra di loro. Devo ammettere di condividere, in alcune parti, la tesi di Vincenzo Bonami. A nulla serve una eccezionale ed invidiabile perizia tecnica se poi il risultato è proprio il “nulla”.Nel mentre posso comprendere la tesi di Vittorio Sgarbi, che tuttavia nella sua risposta ha rigirato totalmente la frittata, a difesa della atemporalità del valore della tecnica esecutiva nelle arti visive la cui assenza, nella maggior parte dei “geni” contemporanei sostenuti da Bonami, ha prodotto ugualmente il “nulla”. Cosa emerge quindi da queste considerazioni? Emerge che questi due critici che, all’apparenza, sembrano rappresentare i poli estremi di un segmento entro i quali purtroppo sta buona parte dell’arte contemporanea, hanno sostenuto e sostengono il “nulla”. L’arte non sta né in un asino impagliato né in un pezzo d’anguria dipinto così bene da sembrare vero.
Roberto Demarchi
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