di Pier Franco Quaglieni
La scuola al minimo sindacale – Badoglio? No grazie – Lidia Palomba: stile, cultura, amore per la musica – Cravero ed è subito Carru’
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La scuola al minimo sindacale
La ministra Fedeli, assistente sociale e sindacalista, rischia di passare alla storia per essere la peggiore ministra dell’istruzione italiana. Eppure certi ministri Dc cui si deve il disastro del cedimento al ’68 sembravano imbattibili ,come su altro versante lo fu Luigi Berlinguer. Dopo aver proposto un liceo quadriennale, adesso ho avanzato l’idea balzana della scuola media di di due anni. Per lei i programmi di studio sono un optional che si può togliere e mettere da una valigia quando si va in vacanza . I programmi invece sono incomprimibili, se si vogliono svolgere con serietà e adeguato approfondimento secondo i tempi necessari per apprendere ed assimilare . Un anno in più o in meno cambia radicalmente ( in peggio) la scuola. Possibile che la signora Fedeli sia così digiuna di studi da non capire queste elementari verità ? Da sindacalista vuole dare anche agli studenti il minimo sindacale ? Possibile che non non sia in grado di cogliere l’ignoranza immane che già oggi regna tra i giovani ? Possibile che non colga le fatiche sovrumane a cui sono sottoposti i docenti ? Le ore di scuola sottratte ai giovani sarebbe un furto a cui non ci sarebbe più rimedio.
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Badoglio? No grazie
L’8 settembre è una data ingloriosa della storia italiana.Quella del maresciallo Pietro Badoglio,nuovo Capo del Governo dopo il 25 luglio 1943,fu una fuga ingloriosa che trascinò dietro la stessa famiglia reale. Non si capisce perché Grazzano ,il paese del maresciallo, continui a onorarlo chiamandosi Grazzano Badoglio. Nel mese di novembre ricorderemo il centenario della disfatta di Caporetto durante la Grande Guerra. Il maggiore responsabile di quella pagina nefasta fu il generale Badoglio che consentì l’avanzata nemica senza sparare un colpo. Eppure passò indenne dalla commissione d’inchiesta e divenne vice del generalissimo Armando Diaz, succeduto a Cadorna a cui venne attribuita la sconfitta. Badoglio era massone ed è certo che tutta la sua carriera sia stata sorretta da questa appartenenza. Sarebbe ora, nel centenario di Caporetto, di cancellare il nome di Badoglio da quello del paese che gli ha dato i natali.Al massimo,gli dedichino la bocciofila dove amava giocare a bocce.
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Lidia Palomba: stile, cultura, amore per la musica
Nel 2008 venne intitolata, su proposta di chi scrive, una via torinese al musicologo Massimo Mila. Una scelta che sostenni con forza anche per l’amicizia che mi legava al defunto. Ci vollero anni perché la proposta venisse accolta. Se ci fosse stato Castellani invece di Chiamparino, sarebbe stato fatto con rapidità. Fui io a fare la laudatio di Mila prima dell’intitolazione. Ed ebbi persino i complimenti di Novelli che si stupì del mio discorso-si espresse proprio così- forse pensando di trovarsi di fronte ad un buzzurro fazioso. Io non condividevo il pensiero politico di Mila, ma, parlando per conto della Città, feci doverosamente un discorso istituzionale che non doveva stupire. Avrebbe dovuto stupire semmai un discorso diverso. Tanti anni dopo ho pensato a Lidia Palomba per molti decenni una presenza costante nella vita musicale di Torino. Paolo Gallarati scrisse di lei:<<Bionda, alta, elegante, donna di squisita e nobile cortesia, aveva stile , cultura e amore per la musica>>. Docente al Conservatorio come Mila, teneva trasmissioni radiofoniche di successo, scriveva sulla “Gazzetta del Popolo”, era una conferenziera molto seguita. Mila subì un periodo di carcere durante il fascismo e questo fece la differenza incolmabile. Era stato allievo di Monti al “d’Azeglio”, aveva scritto sull’”Unità”, queste erano le altre differenze. Dopo la chiusura della “Gazzetta del Pololo”, “La Stampa” non le consentì di continuare a scrivere come fece con tanti altri, a cominciare dal direttore Torre divenuto direttore di “Stampa sera”. Ma Lidia come storica della musica e musicologa, allieva di Andrea della Corte, era almeno al livello di Mila ,se non superiore. Mila fu anche incaricato all’Università ma al concorso per professore ordinario venne bocciato. Lui trasse vanto da quella bocciatura subita dopo anni di insegnamento. Era anche una donna coraggiosa che non si lasciò mai sedurre dal conformismo. E questo la penalizzò molto. La ricordo amica generosa, leale, aperta. I suoi capodanni erano mitici nella bella casa di Corso Galileo Ferraris, le sue serate estive nell’accogliente villa di Piossasco restano indimenticabili. Andrebbe ricordata come grande torinese benemerita della musica. Più di Mila, a suo tempo troppo celebrato come studioso, anche se oggi totalmente dimenticato.
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Cravero ed è subito Carru’
Il comm. Giuseppe Cravero e la sua splendida famiglia si identificano nel “Vascello d’oro” e la trattoria carruccese si identifica in Carrù, la cittadina dove nacque Luigi Einaudi, come ricorda una lapide molto spartana posta sulla casa nativa. Carrù è la porta delle Langhe e il suo monumento ai buoi che si staglia su un magnifico paesaggio sta a testimoniare la nobiltà contadina di quella terra fondata sul lavoro. Il Bove di Carducci non è retorico ,anche se il Bue grasso di Carrù è destinato più che ad essere premiato a finire sulle nostre mense natalizie. A settembre “Il Vascello” organizza ogni venerdì e sabato un menu speciale con parmigiana di melanzane, risotto, fritto misto, che si affianca a quello tradizionale in cui trionfano i salumi di produzione propria, tanti antipasti assortiti(l’insalata russa va assaggiata), tajarin, gnocchi, agnolotti fatti a mano, bollito misto, finanziera, bassuà, fonduta e tanto altro. E’ il trionfo della cucina piemontese e nel locale si viene accolti spesso con il dialetto piemontese caro a Benedetto Croce. E’ la vecchia trattoria piemontese -venne fondata nel 1887- che è rimasta sè stessa ed oggi è quasi introvabile. Quando in un’occasione particolare parlai al presidente Ciampi che aveva una madre cuneese, di quella trattoria, il Presidente conferì motu proprio la Commenda al merito della Repubblica a Cravero, che per festeggiare offrì una cena sontuosa. Io ancor prima di conoscere Cravero e di diventarne amico, andavo, di ritorno da Bordighera, al “Vascello” con il filosofo Oscar Navarro e il latinista Ciaffi, cuochi dilettanti molto severi nei loro giudizi. Una volta si unì anche il pittore Guido Seborga. A me piace in particolare l’eleganza e lo stile del giovane figlio di Cravero, che sa tener alto il nome di famiglia. Un ragazzo d’oro ,si sarebbe detto al tempo in cui la trattoria venne fondata.
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L’eliporto” Aldo Cavallo”
Ho letto la notizia dell’aeroporto di Villanova di Albenga ridotto a fare da base ad un elicottero. Ben misera fine. Mi ricordo quando a Torino c’era l’eliporto per Milano in piazza d’Armi .Quante cose avveniristiche c’erano a Torino, peccato averle perse.
Etienne N.
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L’aeroporto di Albenga ha fatto una fine miserrima. Peggio di così non si poteva. Alcuni ingauni , per dirla con il nome antico della loro terra, sono corti di vista e non capirono l’importanza di uno scalo come quello di cui godono in quanto la piana di Albenga è l’unica in Liguria a consentirlo. Venerano incredibilmente le fionde a cui hanno incredibilmente dedicato due monumenti. Sembrano siano rimasti all’era della fionda… Il volo, per molti di loro, è ancora solo quello di Icaro.Torino all’epoca del Sindaco Amedeo Peyron ,il grande sindaco del centenario del 1961,sapeva guardare lontano invece. Peyron fu l’unico sindaco degno del secondo ‘900 insieme a Castellani. Realizzò l’eliporto di cui parla la lettrice, dedicandolo al tenente pilota Aldo Cavallo,caduto in volo. Era un giovane esemplare ,figlio del commendator Felice Cavallo ,uno stimato artigiano tappezziere torinese che ebbe la vita segnata dalla tragica morte del figlio. L’eliporto non ebbe successo anche perché la Fiat aveva il suo eliporto per gli aperitivi dell’Avvocato in Sardegna e ritorno immediato a Torino. Dovette chiudere per mancanza di utenti. Con il treno ci si metteva tanto tempo per raggiungere Milano e anche l’autostrada a due corsie era insufficiente. L’elicottero poteva essere una soluzione specie se visto anche come collegamento con Venezia. Durante il Ventennio c’era una linea di idrovolanti con scalo sul Po nei pressi del Castello Medievale che collegava Torino con Trieste. Durò fino da metà degli Anni 20 alla II Guerra Mondiale. Oggi è tutto cambiato e il Frecciarossa ha bruciato i tempi. Una delle poche cose di cui l’Italia si possa vantare, anche se il TGV francese, cara Etienne ,come Lei ben sa, venne con decenni di anticipo.
pfq