Occorre evitare che i delitti contro gli animali “siano percepiti come fatti “normali” e perfino tollerabili in una società che deve affrontare tanti altri problemi”. Lo scrive l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, in una lettera ai militanti animalisti che hanno partecipato oggi, a Roma, all’inaugurazione di una statua commemorativa di Angelo, il cane seviziato ed ucciso a Sangineto (Cosenza) il 25 giugno scorso. L’ex ministro ribadisce che “deve andare effettivamente in carcere” chi maltratta o uccide gli animali e promette di battersi, in ogni sede, finché “questo obiettivo non sarà raggiunto”.
Il delitto compiuto contro Angelo, scrive la parlamentare, “è giustamente diventato un segno visibile a tutti, la vera pietra dello scandalo che denuncia l’inadeguatezza del sistema. Inadeguatezza, innanzitutto, di una giustizia lenta a muoversi, o, peggio ancora, insensibile, quando si tratta di punire l’uccisione di un animale perpetrata con crudeltà. La statua che inauguriamo non ricorda solo Angelo, ma anche Moro, il cane massacrato da due pastori che il Tribunale di Brescia ha assolto, anche Pilù, la cagnetta seviziata a Pescia, e tutti gli animali che si sono fiduciosamente affidati ad una mano assassina”.
L’altra inadeguatezza, “smascherata” dai fatti di Sangineto, è quella della politica. “Di una politica – spiega l’on. Brambilla – che non capisce, o fa finta di non capire, che gli animali vanno tutelati come esseri senzienti e che quindi dev’essere severamente punito, deve andare effettivamente in carcere e restarci per tutto il tempo necessario, chi maltratta e uccide, con crudeltà e senza necessità, i nostri fratelli più piccoli e senza voce”.
“Per mandare in galera chi ha torturato e ucciso Angelo a Sangineto, Pilù a Pescia, Moro a Breno – continua la lettera – occorrerebbe che un Parlamento, paralizzato prima dall’attesa e poi dalle conseguenze del referendum, finalmente discutesse ed approvasse, per esempio, le modifiche al codice penale che ho proposto nel progetto di legge AC 3005, datato 1 aprile 2015. Da quando è stato stampato e annunciato, quel progetto ha attirato solo la polvere, tra le altre carte della commissione Giustizia. Ed io non posso né metterlo all’ordine del giorno né tantomeno approvarlo da sola”. Resta l’impegno a portare avanti comunque questa battaglia, “fino al raggiungimento dell’obiettivo”.
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