Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti
“Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti. Cronaca postuma di un’utopia assassinata e delle guerre fratricide”. Così s’intitola il bel libro scritto da Bruno Maran, fotoreporter di Stampa Alternativa che ha firmato importanti reportage dalle zone più “calde” del pianeta, e pubblicato da Infinito Edizioni con prefazione di Riccardo Noury e un’importante introduzione dello scrittore Luca Leone. La Jugoslavia – che dopo la prima guerra mondiale si chiamava Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi Regno di Jugoslavia – è stata un’originalissima esperienza socialista e federale per oltre quarant’anni, dal 1945 al 1991. Il Paese, composto da sei repubbliche e due province autonome – nell’ordine: Croazia, Slovenia, Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia, Kosovo, Vojvodina -, dopo esser passato attraverso una tremenda guerra di liberazione dagli invasori nazi-fascisti, che provocò molti lutti e sparse rancori mai sopiti, venne così delineato da Josip Broz Tito e da Edvard Kardelj, il teorico e costituzionalista sloveno. La “terra degli slavi del sud” si basava sulla politica della Fratellanza e Unità (Bratsvo i Jedinstvo) fra i diversi popoli jugoslavi, garantendo a ciascuno, comprese le minoranze nazionali, dignità, autonomia decisionale e rappresentatività istituzionale. Tito era infatti riuscito a bilanciare le rappresentanze etniche e a placare antichi odi in un equilibrio che appariva stabile, grazie probabilmente anche al “cemento” dell’ideologia socialista rinnovata in chiave antistalinista e per alcuni versi filo-occidentale. L’originalità del progetto jugoslavo iniziò il suo declino nei primi anni ottanta, con la morte del maresciallo Tito.
Nel 1991 scoppiò la guerra, che portò nell’Europa della fine del XX secolo i crimini contro l’umanità, lo stupro etnico, il genocidio, l’urbicidio, la fuga di milioni di profughi, per concludersi con una pace ingessata, cui è seguita una guerra “umanitaria”. Questa è la storia di quel Paese, anno per anno, giorno per giorno. Un lavoro paziente, di ricerca, con il quale Maran ha realizzato un libro per alcuni versi fondamentale per chi vuol conoscere questa parte della storia europea contemporanea, dove – secondo i più – è iniziato ed è finito nel sangue il “secolo breve”. Un libro di storia, dunque. Da leggere, come meritano i libri, con calma. “Questo libro ci aiuta a comprendere il presente facendoci conoscere settant’anni e più di passato e ci consente di immaginare, o quanto meno, di auspicare, un futuro possibile”, ha scritto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Un futuro che, per quanto mi riguarda, deve comprendere, perché sia tale, due concetti fondamentali: giustizia e diritti”. Temi ricorrenti, spesso violati, a volte dimenticati che si accompagnano al bisogno di ricostruire storie e vicende partendo dai fatti. “La lettura del lavoro di Maran dimostra come gli eventi tragici verificatisi nei Balcani non affondino le loro ragioni in un atavismo tribale, bensì in “semplici” e fin troppo evidenti scontri tra gruppi di potere interni allo spazio jugoslavo e sostenuti da potenti alleati stranieri”, sottolinea Luca Leone, autore dei più importanti libri sulla Bosnia. Che aggiunge come “a restare stritolati, sfregiati, dilaniati, alla fine sono sempre i popoli, la giustizia e la verità”. Soprattutto in questi paesi dove la storia è passata come un vento impetuoso nel corso dei secoli, tanto da far dire a Winston Churchillche “gli spazi balcanici contengono più storia di quanta ne possano consumare”.
Marco Travaglini
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