Marzo 2016- Pagina 17

COME AVVIARE LA PROPRIA ATTIVITÀ IN ALBANIA

tiranese23IL TIRANESE, IL LINK DEL TORINESE SUI BALCANI
 
Ecco l’iter da seguire per avviare un’attività economica nel Paese delle Aquile
tirana-4

Con la legge 9901 del 14.4.2008, la legislazione albanese per i commercianti e le imprese riconosce alcune tipologie di società commerciali, aventi personalità giuridica, regolarmente registrate presso il CNR “Centro Nazionale di Registrazione (Q.K.R.)” e iscritte nel registro delle imprese.Le indicazioni obbligatorie per legge da fornire al momento del deposito della domanda di registrazione

sono:

ragione sociale, forma costitutiva ,data di iscrizione,dati dei soci,sede legale,oggetto dell’attività Per tutte le tipologie societarie le aliquote applicabili – imposta valore aggiunto (T.V.SH.), IRPEF e IRES – sono nella misura del 10% del reddito FLAT CORPORATED TAX.La documentazione richiesta dal Registro Nazionale delle Imprese (QKR-CNR):

albania. L’Atto costitutivo e lo statuto autenticati davanti al notaio. Con indicato il nome della società, la sede legale, lo scopo sociale, il capitale iniziale, la durata della società (in Albania può essere illimitato) ed il nome/i del socio/i degli amministratori oppure i direttori2. Il modulo compilato (CNR – QKR) è depositato dal rappresentante legale della società (o da persona autorizzata con procura) In caso di registrazione di una filiale (branch)o di un ufficio di rappresentanza, il Centro Nazionale della Registrazione (CNR-QKR), oltre alla documentazione richiede:

 . modulo compilato e depositato dal rappresentante della filiale/rappresentante dell’ufficio o della società madre o dalla persona autorizzata con procura

. atto costitutivo e statuto della società madre (ed eventuali modifiche)3. attestato rilasciato, non più di 90 giorni prima, dalla Camera di Commercio competente nel Paese d’origine ove la società madre sia registrata

Quest’ultimo documento deve indicare che:

(a) la società madre è registrata regolarmente al RegistroCommerciale(b) la società madre non è soggetta a procedure di scioglimento o fallimento(c) la composizione degli organi di amministrazione e gestione della società madre

. copia dell’ atto decisionale del consiglio di amministrazione della società madre in merito alla costituzione dellabranch o dell’ufficio di rappresentanza in Albania, e che nomini un rappresentante legale della filiale o dell’ufficio5. bilancio annuale e relative dichiarazioni finanziarie dell’ultimo anno della società madre

Braco Dimitrijević: “Il Louvre è il mio studio, la strada è il mio museo”

gam goria4L’arte -tra ironia e genialità- usata come sciabola per combattere il potere, l’eccessivo culto della personalità e la becera comunicazione di massa. Non è un caso che l’allestimento inizi con la scritta murale “Non ci sono errori nella storia. L’intera storia è un errore”

“Il Louvre è il mio studio, la strada è il mio museo”. E’ una delle affermazioni di Braco Dimitijević, pioniere dell’Arte Concettuale e uno dei massimi artisti a livello internazionale. La personale che la GAM di Torino gli dedica, dal 16 marzo al 24 luglio, a cura di Danilo Heccher, racconta questo ed altro, ripercorrendo le fasi principali della sua carriera, attraverso un’ottantina di opere: grandi installazioni, disegni, acquerelli e fotografie. L’artista bosniaco -che da anni vive e lavora a Parigi ed ha esposto nelle gallerie e nei musei più prestigiosi del mondo (7 volte alla Biennale di Venezia)- in questi giorni è a Torino per l’inaugurazione della mostra, appuntamento prestigiosissimo messo a segno dalla GAM.

L’arte -tra ironia e genialità- usata come sciabola per combattere il potere, l’eccessivo cultodella personalità e la becera comunicazione di massa. Non è un caso che l’allestimento inizi con la scritta murale “Non ci sono errori nella storia. L’intera storia è un errore”. C’è questo alla base dell’opera di Braco Dimitijević, nato a Sarajevo nel 1948, terza generazione di una famiglia di artisti. Suo padre era il pittore Vojo, famoso negli anni 30 e le cui opere furono bruciate dai nazisti: autodafé che segnò Braco, indicandogli il lato effimero della notorietà.gam goria 3

Cresciuto in una famiglia intellettuale e liberale, nella Jugoslavia postbellica (in cui Tito, con il suo no a Stalin, aprì la prima breccia nel blocco comunista), a soli 10 anni allestisce la sua prima mostra, presentando 40 oli su tela. Sono i primi passi dell’enfant prodige che spicca il volo: laurea a Zagabria, poi alla Saint Martin’s   School of Art di Londra. Sempre più sospettoso verso l’autorità e scettico nei confronti delle apparenze. Avverte che la pittura non riesce ad esprimere a fondo la complessità del suo pensiero, così negli anni 60 inizia gli interventi nello spazio urbano. E’ l’arte fuori dal museo, colpo di genio e sua precisa cifra stilistica.

Nel 63 “Flag of the world” è la prima opera all’aperto, in cui sostituisce la bandiera nazionale della sua barca con uno straccio per spazzoloni: presa di posizione politica e gesto simbolico con cui priva un vessillo ufficiale della sua funzione e lo rimpiazza con un oggetto di uso privato.

Nel 69, mette un cartone di latte sulla strada, aspetta che una macchina lo investa, poi ferma il conducente e gli chiede di firmare la macchia spiaccicata sull’asfalto che -solo allora- diventa un’opera d’arte. E’ la performance “Painting of Kresimir Kikla”(dal nome del guidatore). Ne seguiranno altre, in cui trasforma un gesto involontario in testimonianza artistica; mettendo a fuoco il rapporto tra casualità e creatività , e dissacrando l’idea stessa di artista.

gam goriaTra fine anni 60 e inizio 70 è la volta dei “Casual Passers-by” (Passanti casuali): gigantografie e sculture di persone sconosciute che l’artista colloca in sedi prestigiose, facciate di palazzi o al centro delle piazze, stravolgendo così l’idea dei cartelloni pubblicitari come strumenti di informazione pubblica. Di più. Dimitijević pensa ai tanti geni (El Greco, Kafka ed altri) incompresi dai loro contemporanei ed ipotizza che anche ai giorni nostri possano esserci persone di talentuosa creatività, ma non in sintonia con il tempo in cui vivono. Allora dà più visibilità alla gente comune, inserendola nelle sue installazioni: perché il presupposto è che chiunque potrebbe essere un genio nell’ombra.

Dalla metà degli anni 70 sviluppa “Tryptychos Post Historicus”: 500 installazioni nei vari musei del pianeta (dalla Tate Gallery al Guggenheim di New York, dal Louvre al Centre Pompidou), che incorporano al loro interno altre opere avute in prestito dalle collezioni museali. Lui le racconta così «Sono dei trittici che rappresentano il Cosmo in piccolo e la diversa trinità dei valori coesistenti: la prima parte è rappresentata da un quadro storico, la seconda da un oggetto del quotidiano, la terza dalla frutta, che esiste senza convenzioni culturali perché appartiene alla natura ed ègam goria2 indipendente dall’uomo». La consacrazione di Dimitijević è negli anni 80-90, quando si afferma al grande pubblico realizzando installazioni con ritratti di personaggi e intellettuali famosi, animali vivi ed elementi organici (come frutta e verdura). Emblematica la mostra allo zoo di Parigi, nel 1998, in cui installò opere d’arte nelle gabbie di leoni, coccodrilli, gorilla, pantere,ecc. per dimostrare la relazione cosmica tra l’essere vivente (in generale) e l’arte. E mentre gli uomini spesso distruggono; gli animali, invece, rispettarono tele e sculture. Un confronto tra 2 modelli culturali: quello occidentale e quello animale, che vive   in armonia con la natura. E   Braco Dimitrijević commentò: «Dopotutto, se qualcuno guarda la terra dalla luna, non vi è alcuna distanza tra il Louvre e lo zoo».

Alla GAM – tra le tante opere significative dell’artista- si possono ammirare anche le installazioni “Heralds of Post History”, grandi fotografie in bianco e nero su mucchi di noci di cocco, da cui spuntano dei tromboni (1997); “Balkan Walzer”, stampe ai sali d’argento, picconi e peperoncini rossi (2004); le immagini del 2007 intitolate “Crossed” (Sbarrato); e le incredibili barche di legno piene zeppe di scarpe su cui troneggiano le gigantesche stampe bifronte di “Veleggiando verso la post storia” (2009).

Laura Goria

How to: “Braco   Dimitrijević” dal 16 marzo al 24 luglio   2016.

GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino). Via Magenta 31, Torino.

Tel. 011 4429518 gamtorino.it

Sicurezza, il Controllo del vicinato conquista il Piemonte

vicinato iarMostra di San Giuseppe, un anno dopo: “Dal Monferrato Sicuro alla Sezione Piemonte”
 

Quando nel marzo dello scorso anno venne presentato il sistema di Controllo del Vicinato, in occasione di un convegno alla Mostra di San Giuseppe tre erano i comuni dove stava incominciando ad organizzarsi: Casorzo, il primo in assoluto, Ponzano Monferrato e San Mauro Torinese. A dodici mesi esatti la situazione è profondamente cambiata e tocca ora diversi centri della Provincia di Alessandria, Asti, Cuneo (soprattutto nel Roero) ma anche nella Città Metropolitana di Torino e di Vercelli. E tra questi c’è anche un capoluogo di provincia come Asti, dove l’amministrazione ha creduto di appoggiarlo e di contribuire a diffonderlo nell’ambito di un sistema di sicurezza urbana partecipata, che – naturalmente – non prescinde dalla forze dell’ordine anzi, e che nulla ha a che vedere con iniziative come le cosiddette ronde. “Dal Monferrato Sicuro alla Sezione Piemonte” è il titolo del convegno che si terrà mercoledì 16 marzo, alle ore 20.30, nella Sala Convegni della Mostra regionale di San Giuseppe a Casale Monferrato, al quale sono stati invitati oltre ai cittadini e gli amministratori del Casalese, anche gruppi di volontari ed amministrazioni che ne condividono le finalità di tutto il Piemonte. Nella serata verrà formalizzata la richiesta di costituire una Sezione per il Piemonte (la terza in Italia, dopo quelle di Veneto ed Alto Milanese). Interverrà il vice presidente dell’Associazione Controllo del Vicinato, Leonardo Campanale.

L’asilo di Malesco e il “rastrellamento” del giugno 1944

Dopo l’armistizio dell’8 settembre, la nascita della Repubblica fascista di Salò, l’occupazione nazista e all’avvio della lotta partigiana, le cantine di quelle scuole diventarono protagoniste, loro malgrado, di indicibili atrocità
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L’asilo infantile di Malesco, in Valle Vigezzo, a ridosso del confine con la Svizzera , venne inaugurato nel 1853, ventisei anni dopo la “scuola per bambine”, ed entrambe le istituzioni educative trovarono alloggio per tutto l’800 nell’edificio dell’ex ospedale Trabucchi, nel centro storico del paese. Agli inizi del ‘900, praticamente agli albori del “secolo breve”, in ragione degli spazi angusti in cui erano costretti i piccoli frequentatori dell’asilo e delle scuole femminili, l’Amministrazione comunale maleschese progettò l’idea di costruire una nuova scuola, considerato l’aumento della popolazione scolastica. Così, con una delibera del 1907, venne scelta Piazza Brié che, al tempo, era stata pensata già larga ( 105 metri per 45 ), contornata da un bel viale a doppia fila, utilizzata sul finire del secolo ( nel 1896) per festeggiamenti dell’acqua potabile che, in paese, veniva distribuita alle otto fontane pubbliche, alle scuole e all’asilo. Un vanto per gli amministratori del più popoloso centro vigezzino, a quel tempo guidati dal sindaco Bartolomeo Trabucchi. L’edificio doveva comprendere al piano rialzato i locali dell’asilo, al primo piano tre  spaziose aule per le scuole femminili e al secondo, sulla destra della scala,  un piccolo appartamento privato per le suore, e dall’altro lato un’altra aula. L’edificio subì, nel tempo, ulteriori sistemazioni e aggiustamenti ma già negli anni ’30, come si può malesco3desumere da testimonianze e foto d’epoca, le classi erano miste e gli insegnanti laici.In quel luogo – una scuola – attraversato, abitato e frequentato dai ragazzi in crescita si dovrebbe sperimentare lo stare insieme anche tra persone che non sono legate da un comune affetto, come nel caso della famiglia. La scuola è il luogo che fornisce contenuti di conoscenza, dove si sta con gli altri ,condividendo regole comuni. Ovunque, e – ovviamente – anche in quell’edificio di piazza Brié, a Malesco, quasi agli estremi dell’Italia di “mezzanotte”. Soprattutto in un asilo come quello che rappresentava il primo livello di un cammino dove, nel tempo, i bambini avrebbero incontrato le maestre che avrebbero spiegato loro i numeri, gli anni della storia, i luoghi della geografia. Si sarebbe scritto, più avanti, con il pennino e con l’inchiostro che stava nel calamaio, su ogni banco. C’era, e lo si coglieva nei paesi di montagna come nelle città,  una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita che permetteva di imparare. L’istruzione era ( lo è ancora)  utile perché non discriminava e dava importanza a tutti, a partire dai più poveri. Come ha scritto Erri De Luca, “la scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, però fra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori”. Ovunque,appunto. Anche a Malesco. Ma così non fu ,in tempo di guerra. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, la nascita della Repubblica fascista di Salò, l’occupazione nazista e all’avvio della lotta partigiana, le cantine di quelle scuole diventarono protagoniste, loro malgrado, di indicibili atrocità. Lì, nazisti tedeschi e fascisti italiani, rinchiusero e seviziarono i partigiani fatti prigionieri durante il rastrellamento del giugno 1944. L’impervia Val Grande (oggi parco nazionale e area wilderness più grande d’Italia) e le zone circostanti ospitavano diverse formazioni partigiane come la “Valdossola”, la “Giovane Italia” e la “Battisti” contro cui, in quell’inizio d’estate, si scatenò l’attacco di diverse migliaia di nazifascisti, con l’appoggio di artiglieria e di aerei. Tedeschi e fascisti attaccarono in quasi cinquemila, bene armati ed equipaggiati; i partigiani che si difesero erano dieci volte di meno, male armati, peggio equipaggiati e privi di viveri. Per le formazioni partigiane e per la popolazione civile furono venti terribili giorni di spietata caccia all’uomo, fucilazioni, incendi e malesco2saccheggi. Le operazioni in montagna dell’operazione “Köeln” – organizzata dal comando SS di Milano – terminarono il 22 giugno con l’eccidio dell’Alpe Casarolo ,in alta Val Grande, dove morirono nove partigiani e due alpigiani. Poi in Val Grande le armi tacquero, ma continuarono le fucilazioni dei partigiani catturati nei paesi ai piedi dei monti. Numerose vittime rimasero senza un nome e così anche molti dispersi, come nel caso di tanti giovani lombardi saliti in montagna per sfuggire ai bandi della Repubblica Sociale Italiana e non ancora censiti sui ruolini delle formazioni partigiane. Le vittime del rastrellamento- compresi molti alpigiani in zona per la monticazione estiva – furono circa trecento, la metà delle quali vennero uccise dopo la cattura. Nelle cantine dell’asilo di Malesco, trasformato in prigione,transitarono decine e decine di partigiani, picchiati e torturati in interminabili “sedute” d’interrogatorio dai loro aguzzini. Molti di loro vennero poi tradotti nei luoghi di fucilazione, a Fondotoce di Verbania, Beura, Baveno. E nella frazione maleschese di Finero dove, nel piccolo cimitero, in quindici vennero messi al muro e fucilati il 23 giugno del 1944. Oggi, a memoria di quella tragica vicenda, è stata posta una lapide sul muro della scuola e al centro della piazza ( che ha cambiato il nome in “XV Martiri”) dove, dalla fontana, l’acqua esce da quindici zampilli, tanti quanti i partigiani che persero la vita nel camposanto lungo la strada che scende per la Valle Cannobina.

Marco Travaglini

MILITARY ERASMUS A TORINO

 

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Organizzato dal Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito e dalla Struttura Universitaria Interdipartimentale di Scienze Strategiche (SUISS) dell’Università

Si svolge fino a venerdì 18 marzo, a Palazzo Arsenale la quarta edizione del progetto formativo di respiro internazionale Military Erasmus, organizzato dal Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito e dalla Struttura Universitaria Interdipartimentale di Scienze Strategiche (SUISS) dell’Università di Torino. Si tratta di una interessante proposta didattica offerta a 42 studenti universitari militari e civili provenienti da nove differenti Paesi dell’Unione Europea: Italia, Bulgaria, Cipro, Croazia, Finlandia, Francia, Grecia, Polonia e Romania. Il curriculum standard del modulo formativo è stato studiato e sviluppato da un gruppo di esperti dell’European Security & Defence College di Bruxelles, sotto egida dell’European External Action Service (EEAS), che fa capo all’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza.  Il modulo, erogato interamente in lingua inglese, è organizzato e diretto dal Centro Studi Post Conflict Operations, prevede forme di partecipazione interattive da parte degli studenti ed è la prosecuzione di una fase di apprendimento a distanza della durata di tre settimane sul tema della politica di sicurezza della UE. Il superamento dell’esame finale consente il conseguimento di un diploma a firma dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. Il Comandante per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito gen. Claudio Berto e il Vicerettore per la Didattica dell’Università di Torino prof.ssa Lorenza Operti hanno presenziato l’apertura dei lavori e augurato a tutti gli ospiti un proficuo lavoro da parte delle due Istituzioni. Il Military Erasmus si colloca in seno al percorso universitario di Scienze Strategiche i cui principali fattori di successo risiedono nella internazionalizzazione degli studi, nel carattere fortemente innovativo della preparazione e nella spiccata multidisciplinarità dell’offerta didattica.

Italia Abroad, “2016: Opportunità tra occidente ed oriente”

con reg lascarisDal marketing strategico all’analisi dei mercati  il tutto eseguito da un pool di professionisti. Dopo uno studio della società viene formulata un’offerta che possa creare una connessione con enti pubblici o aziende private con il supporto legale e finanziario

Italia Abroad è un’associazione che si occupa di promuovere l’Italia e i suoi protagonisti all’estero attraverso uno studio trasversale che va dal marketing strategico all’analisi dei mercati  il tutto eseguito da un pool di professionisti. Dopo uno studio della società viene formulata un’offerta che possa creare una connessione con enti pubblici o aziende private con il supporto legale e finanziario. A contorno di questa specifica analisi l’ associazione mostra l’Italia in tutti suoi aspetti da quello culturale a quello turistico gastronomico ,  per poter far conoscere tutte le migliori opportunità del nostro paese nel mondo. Il 16 Marzo  l’associazione organizza dalle ore 14.30 alle ore 18.30, presso la Sala Viglione del Consiglio Regionale del Piemonte, un convegno denominato “2016: Opportunità tra occidente ed oriente” che affronterà vari temi tra cui le possibilità culturali, di investimento e strategiche per l’Italia da esportazione.  Al seminario ci saranno due importanti relatori, ex-parlamentari della Repubblica, che ora si occupano di internazionalizzazione di imprese e di Cooperazione Internazionale. Se volete partecipare affrettatevi a inviare la vostra adesione.

Francesca Ramondo

ABROAD

Relatori del convegno saranno due esperti di relazioni internazionali:l’On. Nicola Manca e l’On. Famiano Crucianelli, mentre dal mondo delle imprese il Dott. Gianni Bientinesi, direttore Business Intelligence di Leroy Merlin Italia, analizzerà il “sistema paese” e le performance delle imprese italiane all’estero. Il seminario continuerà con interventi più tecnici, a partire da un’analisi Paese, con focus su alcuni paesi dell’Africa, il Marocco e sulla Cina, che verranno presentati ed analizzati dalla Dott.ssa Maria Cristina Zuddas e dal Dott. Stefano Maggi. Dopo aver elencato le opportunità, le possibilità di crescita e di sviluppo l’Avv. Stefano Ponza e il Dott. Marco Bodo analizzeranno e illustreranno le caratteristiche, spesso non valutate attentamente dalle medie e piccole imprese italiane degli aspetti della vendita internazionale, il primo da un punto di vista della contrattualistica ed il secondo invece da un punto di vista più fiscale.

La casa d’artista diventa museo

LABAR2LABAR3LABAR1L’esaltante esperienza di Gutenberg, Schongauer, Durer, il clima umanistico delle botteghe di Colmar e Norimberga presso Wolgemut e Koberger vengono rievocati anche attraverso utensili e materiali di lavoro tramandati da secoli, apparentemente solo funzionali, in realtà pregni di vita perché recuperati dopo avventurose e appassionate ricerche in mercati antiquari
 

A metà del cammino che collega l’antico marchesato del Monferrato alla capitale Sabauda, sulle alture di Villadeati, sorge la secentesca dimora che Labar, pittore, scultore, incisore, ha trasformato in prestigioso museo di antichi torchi da stampa distribuiti in tre distinte sale tematiche per le tecniche di calcografia, litografia, xilografia cui va riconosciuto un piano paritetico e non sostitutivo delle altre discipline artistiche.

E’ visitabile, su richiesta, la collezione di esemplari datati tra il 1700 e il 1800 tra cui il torchio litografico Nebiolo di Torino, il tipografico Amos Dell’Orto di Milano, il calcografico Karl Krause di Lipsia immersi in una fascinosa atmosfera alchemica che recupera gli antichi strumenti riannodando le fila spezzate tra passato e presente. L’esaltante esperienza di Gutenberg, Schongauer, Durer, il clima umanistico delle botteghe di Colmar e Norimberga presso Wolgemut e Koberger vengono rievocati anche attraverso utensili e materiali di lavoro tramandati da secoli, apparentemente solo funzionali, in realtà pregni di vita perché recuperati dopo avventurose e appassionate ricerche in mercati antiquari.

Rulli inchiostratori, rotelle, sgorbie, bulini, berceaux che potrebbero essere stati tra le mani di famosi incisori; rari esempi di artigianato, a volte piccole opere d’arte dall’originale fattura, si allineano ordinatamente su lunghi banconi di legno segnati dal tempo e dalla fatica.Sui ripiani vasi di gomma arabica, boccette di acido nitrico, colori naturali pestati in antichi mortai, caratteri mobili fusi nel piombo, matrici biffate, lastre di rame a segni minuti, alcune a tratteggio incrociato in omaggio a Durer, matrici in legno di testa per dare risultati affini alle incisioni su rame come nel 1700 insegnò Bewich.

Particolare importanza viene data alla carta, su cui sarà stampato tutto l’immaginario dell’artista, scelta tra le migliori che siano capaci di reggere l’impressione a stampa, infatti l’aspetto definitivo sarà determinato dal tipo di carta usato che influirà sullo stato di conservazione che dovrà essere nitido e fresco. L’ambiente è a tal scopo protetto dalla troppa luce, dall’umidità e dalla polvere che danneggerebbero le opere rendendole fragili e grigiastre.

Arte, scienza, tecnica si intrecciano in un unico sapere rinchiuso nelle severe stanze museali di Labar che, durante le visite, si mette generosamente all’opera dando esempi concreti di lavoro sugli antichi torchi non solo facenti parte di una collezione ma perfettamente funzionanti e curati come creature viventi nelle mani di un incisore che produce autonomamente le proprie opere.

Giuliana Romano Bussola

 

"Muore un terrone? ne sono felice": denunciato dalla procura

computer webDiffamazione aggravata con finalità di odio razziale

Un 40enne di Settimo Torinese ha scritto su un falso profilo Facebook parole ingiuriose sulla morte di un 17enne, Stefano Pulvirenti, avvenuta in un incidente stradale nel Siracusano.”Sono felice, un terrone in meno da mantenere: quando vedo queste immagini e so che nella bara c’è un terrone ignorante, godo tantissimo”, questo lo stile delle frasi scritte sul social. All’uomo è stato sequestrato il computer dopo essere stato  identificato dal Nucleo investigativo telematico e denunciato dalla Procura della Repubblica siracusana per diffamazione aggravata con finalità di odio razziale

 

Domiciliari e obbligo di firma per attivisti no tav

tav 222Il 17 settembre una trentina attivisti no Tav circondarono una pattuglia dei carabinieri

I fatti risalgono allo scorso 17 settembre, quando una trentina attivisti no Tav circondarono una pattuglia della Compagnia dei carabinieri di Susa e una vettura della Stazione di Condove.  Per quegli episodi due attivisti No Tav sono stati messi agli arresti domiciliari, mentre per altri quattro è scattato l’obbligo di firma. I destinatari delle misure cautelari avevano oltraggiato e minacciato i militari, oltre ad essersi rifiutati di farsi identificare e ad avere bloccato il traffico sulla statale 25.

(Foto: archivio il Torinese)

 

FASSINO: UNA SOLUZIONE GIUSTA PER I LAVORATORI PRECOCI

fassino 33Si tratta di lavoratori che pur avendo lavorato per più di 40 anni- con relativi versamenti contributivi – debbono attendere di maturare il diritto alla pensione al raggiungimento dell’età anagrafica massima prevista dalla Legge Fornero

 

ll sindaco di Torino, Piero Fassino, ha ricevuto una delegazione di “lavoratori precoci” che manifestavano di fronte al Palazzo Civico.

Si tratta di lavoratori che pur avendo lavorato per più di 40 anni- con relativi versamenti contributivi – debbono attendere di maturare il diritto alla pensione al raggiungimento dell’età anagrafica massima prevista dalla Legge Fornero.

Il Sindaco ha dichiarato il sostegno al Disegno di Legge – predisposto dal Presidente della Commissione Lavoro On. Cesare Damiano – che prevede il diritto alla pensione, indipendentemente dall’età, per chi abbia superato i 40 anni di attività lavorativa.

 
(Foto: il Torinese)