I partiti contemporanei, tutti i partiti, ormai ridotti a soggetti “post identitari”, “post politici” e forse anche post democratici. Una moda? Un fatto strutturale o un epilogo definitivo ed irreversibile?
Ilvio Diamanti, come sempre, ci regala commenti politici che non possono essere sottovalutati o sorvolati. In uno degli ultimi articoli su Repubblica parla dei partiti contemporanei, tutti i partiti, ormai ridotti a soggetti “post identitari”, “post politici” e forse anche post democratici. Una moda? Un fatto strutturale o un epilogo definitivo ed irreversibile? Certo, sono domande che, per chi continua a credere nei partiti come strumenti democratici che concorrono “a determinare la politica nazionale”, non puo’ non farsi. E sono domande che richiedono anche risposte precise e atteggiamenti conseguenti. Soprattutto nell’attuale fase politica italiana dove, purtroppo, si riducono sempre piu’ le storiche distinzioni che hanno contribuito a caratterizzare per molti anni il dibattito politico nel nostro paese. E cioe’ la storica differenza tra la destra e la sinistra, tra il centro destra e il centro sinistra. Ora, non credo che la deriva personalistica, verticistica e culturalmente indifferente che sta dominando l’orizzonte politico nel nostro paese, debba diventare un esito scolpito nella pietra e per giunta immodificabile. Chi pensa che il partito, tutti i partiti, continuano ad essere comunita’ di persone di uomini e donne e che sono utili nella misura in cui perseguono la partecipazione popolare, il radicamento territoriale e promuovono decisioni pubbliche, non puo’ che contrastare una deriva oligarchica e verticistica dei partiti stessi. Se, invece, per motivi di convinzione o di convenienza, ci si rassegna ad appaltare il tutto al “salvatore della patria” di turno, allora la sostanziale cancellazione dei partiti e la loro trasformazione in semplici cartelli elettorali e’ una buona e salutare notizia. Personalmente arrivo da una scuola dove mi hanno insegnato che per misurare il tasso di democrazia in un paese e’ sufficiente verificare sempre il tasso di democrazia presente nei partiti. Mai definizione piu’ attuale e pertinente. Ecco perche’ la “battaglia” – storica definizione delle lotte nei partiti della prima repubblica – all’interno dei partiti per riaffermare con forza e convinzione i principi democratici non puo’ essere un fatto virtuale o di pura testimonianza. Ne’, tantomeno, un fatto di pura retroguardia. Certo, nessuno pensa di remare contro i mulini a vento. Ma attorno al ruolo, alla funzione e alla stessa “mission” dei partiti si gioca una partita che non e’ soltanto un affare per gli addetti ai lavori. No, salvaguardare e rafforzare il profilo democratico e partecipativo dei partiti italiani significa anche, e soprattutto, salvaguardare e rafforzare la democrazia nel nostro paese.
Giorgio Merlo
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE