SUL GRANDE SCHERMO- Pagina 3

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

 

A cura di Elio Rabbione

 

A beautiful day – Drammatico. Regia di Lynne Ramsay, con Joaquin Phoenix e Judith Roberts. Un uomo nella cui mente trovano posto ricordi dolorosi, un passato di guerra, una infanzia di abusi, un figlio che si prende cura della madre anziana. Anche un sicario che entra nella vicenda sporca e infelice della figlioletta di un senatore, portata via per essere fatta sprofondare nel buio della prostituzione minorile. Con il viso dolente e con la robusta interpretazione di Phoenix premiato a Cannes quale migliore attore. Il film s’è anche aggiudicato il Palmarès per la migliore sceneggiatura. Durata 95 minuti. (Ambrosio sala 1, Uci)

 

L’amore secondo Isabelle – Commedia drammatica. Regia di Claire Denis, con Juliette Binoche, Gérard Depardieu, Valeria Bruni Tedeschi, Josiane Balasko e Xavier Beauvois. Il panorama è quello di Parigi, con i suoi rumori e i tetti e i monumenti e i caffè affollati, sotto le luci sempre accese della Tour Eiffel. Isabelle è una pittrice divorziata, cinquantenne, con una figlia di dieci anni. Al momento non ha una persona accanto e aspetta che la sua vita venga riempita da un amore. C’è un banchiere, un tipo eccentrico, che prima le lascia sperare chissà che ma poi le confessa che lui la moglie non la lascerà mai. Forse l’incontro definitivo potrebbe forse essere un attore. Forse, un uomo conosciuto per caso, lontano dall’ambiente delle sue solite frequentazioni. Cosa fa, Isabelle, quando non è innamorato? Niente, dice lei, ma in realtà soffre, si illude, spera e dubita, desidera e piange. Durata 94 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

Arrivano i prof – Commedia. Regia di Ivan Silvestrini, con Claudio Bisio, Maurizio Nichetti e Lino Guanciale. Il liceo si può gloriare di essere il peggiore liceo della nazione: ecco che allora il preside accetta la proposta del provveditore e assume i peggiori insegnanti, nella sfida che dove i migliori hanno fallito, siano i peggiori a ottenere dei risultati. Arrivano sette insegnanti, uno peggio dell’altro, con i loro metodi precisi ma sgangherati, con il loro modo di insegnare bel oltre le righe. Ma per i ragazzi cambierà qualcosa. Durata 100 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Avengers: Infinity War – Fantasy. Regia di Anthony e Joe Russo, con Chris Evans, Robert Downing jr, Zoe Saldana e Chris Pratt. Contro gli eroi (buoni) di Marvel nell’ultimo episodio della saga c’è Thanos (cattivissimo), che grazie al potere delle Gemme dell’Infinito vuole impadronirsi e distruggere circa la metà di questa nostra povera terra. Ecco che allora gli Avangers sentono la necessità di riunirsi e di chiedere pure l’aiuto dei Guardiani della Galassia, insomma tutti insieme appassionatamente per far fuori il fellone. Per la gioia di grandi e bambini ci sono proprio tutti nell’affollato pentolone, Capitan America e Spiderman, la Vedova Nera e Thor, Iron Man e Black Panter. Durata 149 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2,   Reposi, The Space anche 3D, Uci 3D)

 

La casa sul mare – Drammatico. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darrousin, Anaïs Demoustier e Jacques Boudet. Una casa affacciata sul mare, poco fuori Marsiglia, due fratelli con la sorella vi si ritrovano all’indomani dell’ictus che ha colpito il padre anziano. Uno è un ex sindacalista, aspirante scrittore, con una fidanzata al seguito che ha la metà dei suoi anni, l’altro è rimasto ad abitare nella casa per far andare avanti la trattoria di famiglia, lei è un attrice, trasferita a Parigi per inseguire la sua carriera e lasciarsi alle spalle la perdita della figlia. Altre persone circolano attorno a loro, tutti a fare i conti, un bilancio tra ideali ed emozioni, tra aspirazioni e nostalgie, con un passato più o meno recente, a guardare il piccolo paese che ormai si è svuotato, lasciando le vecchie case agli speculatori, a parlare di politica, tra Macron e Le Pen, a guardare ai figli, anch’essi confusi. Un piccolo gruppo di giovanissimi profughi, senza genitori, obbligherà con il loro arrivo quelle scelte che tutti quanti gli abitanti della “villa” (questo il titolo originale del film), dovranno affrontare. Un film che per buona parte segue un filo di ricordi e di eventuali costruzioni, che comincia inspiegabilmente a sfilacciarsi con un doppio suicidio, che nel finale s’inventa il ritrovamento dei ragazzini venuti dal mare per cogliere senza necessità un racconto dell’oggi che viviamo. Senz’altro ci si aspettava di più. Durata 107 minuti. (Eliseo Rosso)

 

Cosa dirà la gente – Drammatico. Regia di Iram Haq, con Maria Mozhdah. La sedicenne Nisha vive una doppia vita. A casa, in famiglia, è la perfetta figlia pachistana, ma quando esce con gli amici è una normale adolescente norvegese. Quando però il padre sorprende Nisha in intimità con il suo ragazzo, i due mondi della ragazza entrano violentemente in collisione: i suoi stessi genitori la rapiscono per portarla in casa di alcuni parenti in Pachistan. Lì, in un paese in cui non è mai stata prima, Nisha è costretta ad adattarsi alla cultura di suo padre e di sua madre. Durata 106 minuti. (Romano sala 1)

 

Dopo la guerra – Drammatico. Regia di Annarita Zambrano, con Giuseppe Battiston e Barbora Bobulova. Presentato lo scorso anno a Cannes alla vetrina di Un certain regard, il film si riallaccia all’uccisione del giuslavorista Marco Biagi nella Bologna del 2002. Qui dell’omicidio di un professore universitario è accusato l’ex militante Marco, fuggito in Francia con la figlia grazie alla”dottrina Mitterand” e di cui lo stato italiano chiede l’estradizione. Intanto in Italia la madre, la sorella e il cognato sono al centro di sospetti e finiscono al centro dell’attenzione mediatica. Durata 95 minuti. (F.lli Marx sala Chico)

 

Doppio amore – Thriller erotico. Regia di François Ozon, con Marine Vatch, Jérémie Renier e Jacqueline Bisset. Giovane e fragile, Chloé nutre in corpo un dolore che non passa, affronta una terapia nella speranza di una guarigione. Frequenta uno psicoterapeuta che ad un certo punto decide di interrompere le sedute dal momento che si sente attratto da lei. L’amore corrisposto spinge la ragazza a tentare una coabitazione: senonché un giorno scopre che il compagno le sta nascondendo l’esistenza di un gemello monozigote, Louis, che svolge la stessa professione in un altro quartiere parigino. È incuriosita, vuole sapere, decide di prendere un appuntamento con lui. Durata 110 minuti. (Romano sala 2)

 

Escobar – Il fascino del male – Drammatico. Regia di Fernando Leon de Aranoa, con Penelope Cruz e Javier Bardem. Tratto dal libro che Virginia Vallejo, volto un tempo noto della tivù colombiana

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e oggi donna sotto protezione negli Stati Uniti, ha scritto intorno alla sua relazione con il gran capo della droga tra il 1981 e il 1987, è il resoconto di quegli anni, da un lato l’amante gentile e affascinante, dall’altro il mandante delle uccisioni di magistrati e poliziotti, di politici e di avversari, al fine di una scalata sempre più completa. Durata 105 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Ideal, Lux sala 3, The Space, Uci)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale anche in V.O.)

 

Eva – Drammatico. Regia di Benoît Jacquot, con Isabelle Huppert e Gaspard Ulliel. Bertrand è un giovane e promettente scrittore, ma il suo successo nasconde un terribile segreto. Quando incontra Eva, prostituta d’alto bordo con un passato altrettanto misterioso, decide di sedurla a ogni costo e usare la sua storia come ispirazione letterari, anche mettendo a rischio il fidanzamento con l’ingenua Caroline. Ma Eva non si lascia manipolare facilmente e trasvina presto Bertrand in una spirale di menzogne, violenza e tradimento. Durata 102 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Game Night: indovina chi muore stasera? – Commedia drammatica. Regia di John Francis Daley e Jonathan Goldstein, con Rachel McAdams e Jason Bateman. Ogni settimana Annie e Max amano inventare giochi di vario genere per divertire se stessi e gli amici. Il fratello di Max inventa un inaspettato gioco con un rapito, che è il padrone di casa, chi dovrebbe trovarlo e liberarlo: è una finzione o non piuttosto una ingombrante realtà? Durata 100 minuti. (Ideal, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Insyriated – Drammatico. Regia di Philippe Van Leeuw, con Hiam Abbass. Damasco è sotto assedio. In attesa della fine del conflitto esterno, una donna, madre di tre figli, si trincera con i vicini nell’unico appartamento risparmiato dalle bombe. La tensione cresce, il pericolo incombe, la casa inesorabilmente si trasforma in prigione. Durata 85 minuti. (Classico)

 

Io sono tempesta – Commedia. Regia di Daniele Luchetti, con Marco Giallini e Elio Germano. Numa Tempesta è un riccone di oggi, con tanti quattrini e un jet privato, gli alberghi di sua proprietà come casa, un giro di prostitute che gli dimostra piacere e affetti, se volete anche abbastanza facile da individuare, un imprenditore fatto di spregiudicatezza e di mancanza assoluta di morale, che un bel giorno è condannato per questioni fiscali a svolgere un periodo di redenzione lungo un anno ai servizi sociali. S’imbatte in una variopinta umanità, fatta di poveracci e senzatetto, quello che per lui ha più peso è un giovane padre finito sul lastrico, due figli a carico. Tra i due, e con molti altri, scatteranno sentimenti nuovi e Tempesta saprà agguantare quella presa di coscienza che gli era sempre mancata. Durata 97 minuti. (Greenwich sala 1, The Space)

 

L’isola dei cani – Animazione. Regia di Wes Anderson. In un Giappone di epoca futura, il sindaco di una città denominata Megasaki ha ordinato di rinchiudere in un isola deserta e adibita a discarica ogni cane esistente, causa un mistorioso virus che li colpirebbe tutti. Il motivo vero è poter fare affari alla faccia dei simpatici amici dell’uomo. Dovranno intervenire un bambino e la giovane giornalista in erba Tracy a svelare le reali mire del primo cittadino e di tutto quanto il governo. Orso d’argento a Berlino per la miglior regia. Durata 101 minuti. (Massaua, Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, The Space, Uci)

 

Loro 1 – Commedia. Regia si Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Anna Bonaiuto, Riccardo Scamarcio, Fabrizio Bentivoglio e Kasia Smutniak. “Loro” sono quelli che in forma di gran baraccone con reminiscenze felliniane gravitano nell’universo berlusconiano, vero? tutto falso? opportunamente e malvagiamente esagerato?, uomini e donne in cerca di affermazione, non importa come, importa il quando, subito!, il ragazzo del sud (leggi Tarantini) che recluta ragazze e droga, gli affari poco puliti, gli amici e i nemici, il potere a ogni costo, la politica e i contratti con gli Italiani, le ville e le feste, la volgarità, il rapporto con Veronica: questo e molto altro nel primo capitolo di una vicenda che tutti abbiamo attraversato e che stiamo ancora attraversando. Durata 106 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 1, Reposi, Romano sala 3, The Space, Uci)

 

La mélodie – Drammatico. Regia di Rachid Hami, con Kad Merad, Jean-Luc Vincent e Samir Guesmi. Simon è un famoso musicista ormai disilluso, arriva in una scuola alle porte di Parigi per dare lezioni di violino. I suoi metodi d’insegnamento piuttosto rigidi non facilitano i rapporti con gli allievi problematici. Tra di loro c’è Arnold, un timido studente affascinato dal violino che scopre di avere una forte predisposizione per lo strumento. Grazie al talento di Arnold, Simon riscopre a poco a poco le gioie della musica. Riuscirà a ritrovare l’energia necessaria per superare gli ostacoli e mantenere la promessa di portare i bambini a suonare alla Filarmonica di Parigi?Durata 102 minuti. (Nazionale sala 2, Uci)

 

Molly’s game – Drammatico. Regia di Aaron Sorkin, con Jessica Chastain, Kevin Costner e Idris Elba. Da una storia vera. Dove Molly è una eccellente sciatrice avviata verso i successi olimpici se una brutta e irrimediabile caduta non ponesse termine ad una promettente carriera. La vita richiede di cambiare registro e sfide. Ecco allora Molly ingegnarsi a divenire apprezzata organizzatrice di serate attorno ai tavoli del poker, con clientela di riguardo, dagli attori – leggi Di Caprio, Damon, Ben Affleck e altri qui ben camuffati – ai politici agli sportivi, tavoli attorno ai quali finiscono anche la droga e tipi russi poco raccomandabili, per cui l’FBI tiene le antenne ben alzate. Regia numero uno di uno dei maggiori sceneggiatori di Hollywood premio Oscar per The Social Network. Durata 140 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 2, The Space)

 

Nella tana dei lupi – Azione. Regia di Christian Gudegast, con Gerard Butler e Pablo Schreiber. Il solido poliziotto con i suoi bravi problemi con cui convivere, l’alcol, i metodi non proprio ortodossi, una moglie che ha deciso di lasciarlo, una rapina finita male che è costata la vita di parecchi suoi uomini. Dall’altra parte una banda di delinquenti, un curriculum di tutto rispetto, dall’addestramento paramilitare alla permanenza nelle patrie galere, il progetto studiato in ogni più piccolo particolare a svuotare la Federal Reserve Bank di Los Angeles ritenuta inespugnabile. Durata 140 minuti. (The Space, Uci)

 

Rampage – Furia animale – Fantasy. Regia di Brad Peyton, con Dwaune Johnson e Naomie Harris. Il primatologo Davis Okoye ha instaurato un forte rapporto con un intelligente gorilla albino di nome George che, per un esperimento genetico, si tramuta in un pericoloso e feroce animale, impossibile a governare. Con lui hanno subito la stessa mutazione un lupo e un coccodrillo, seminando vittime e distruzione in tutto il nord America: spetterà a Davis e a un ingegnere genetico trovare un antidoto. Durata 107 minuti. (The Space, Uci)

 

Ready Player One – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg e Mark Rylance. Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, uscito sette anni fa. Nel 2045 la terra è un luogo di guerre e povertà, l’unica felice evasione è il mondo virtuale di Oasis, legato ai fantasiosi anni Ottanta e ricco di scenari iperrealistici in cui è facile accedere. Lo scomparso James Halliday ha deciso di lasciare a chi lo ritroverà il prezioso Easter Egg: sarà il giovane Wade, da sempre alla ricerca di notizie sulla vita e l’attività del miliardario, si metterà attraverso l’avatar Parzival alla ricerca dell’oggetto e lo ritroverà, dovendo pure fare i conti con i potenti nemici di una multinazionale, concorrenti senza alcuno scrupolo. Durata 140 minuti. (Uci)

 

I segreti di Wind River – Thriller. Regia di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Julia Jones. Tra le distese di neve del Wyoming viene inviata una giovane agente federale, non certo preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Blu)

 

The Happy Prince – Drammatico. Regia di Rupert Everett, con Rupert Everett, Colin Morgan, Colin Firth e Tom Wilkinson. Oscar Wilde al centro della società londinese di fine Ottocento, pieno di successo, tutti corrono a vedere le sue commedie a teatro e leggono i suoi libri: poi, improvviso, il tracollo, il processo per ammissione di omosessualità e la condanna a due anni di lavori forzati, l’esilio parigino, il tentativo di recuperare il rapporto con la moglie, la volontà di avvicinarsi nuovamente al giovane Douglas, la morte. Everett racconta nella sua opera prima l’ultimo periodo della vita dello scrittore, lasciando libero sfogo ai ricordi. Durata 105 minuti. (Greenwich sala 1, Reposi)

 

Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Greenwich sala 3)

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

L’amore secondo Isabelle – Commedia drammatica. Regia di Claire Denis, con Juliette Binoche, Gérard Depardieu, Valeria Bruni Tedeschi, Josiane Balasko e Xavier Beauvois. Il panorama è quello di Parigi, con i suoi rumori e i tetti e i monumenti e i caffè affollati, sotto le luci sempre accese della Tour Eiffel. Isabelle è una pittrice divorziata, cinquantenne, con una figlia di dieci anni. Al momento non ha una persona accanto e aspetta che la sua vita venga riempita da un amore. C’è un banchiere, un tipo eccentrico, che prima le lascia sperare chissà che ma poi le confessa che lui la moglie non la lascerà mai. Forse l’incontro definitivo potrebbe forse essere un attore. Forse, un uomo conosciuto per caso, lontano dall’ambiente delle sue solite frequentazioni. Cosa fa, Isabelle, quando non è innamorato? Niente, dice lei, ma in realtà soffre, si illude, spera e dubita, desidera e piange. Durata 94 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Rosso)

 

Avengers: Infinity War – Fantasy. Regia di Anthony e Joe Russo, con Chris Evans, Robert Downing jr, Zoe Saldana e Chris Pratt. Contro gli eroi (buoni) di Marvel nell’ultimo episodio della saga c’è Thanos (cattivissimo), che grazie al potere delle Gemme dell’Infinito vuole impadronirsi e distruggere circa la metà di questa nostra povera terra. Ecco che allora gli Avangers sentono la necessità di riunirsi e di chiedere pure l’aiuto dei Guardiani della Galassia, insomma tutti insieme appassionatamente per far fuori il fellone. Per la gioia di grandi e bambini ci sono proprio tutti nell’affollato pentolone, Capitan America e Spiderman, la Vedova Nera e Thor, Iron Man e Black Panter. Durata 149 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche 3D, Uci anche V.O. e 3D)

 

La casa sul mare – Drammatico. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darrousin, Anaïs Demoustier e Jacques Boudet. Una casa affacciata sul mare, poco fuori Marsiglia, due fratelli con la sorella vi si ritrovano all’indomani dell’ictus che ha colpito il padre ormai anziano. Uno è un ex sindacalista, aspirante scrittore, con una fidanzata al seguito che ha la metà dei suoi anni, l’altro è rimasto ad abitare nella casa per far andare avanti la trattoria di famiglia, lei è un attrice, trasferita a Parigi per inseguire la sua carriera e lasciarsi alle spalle la perdita della figlia. Altre persone circolano attorno a loro, tutti a fare i conti, un bilancio tra ideali ed emozioni, tra aspirazioni e nostalgie, con un passato più o meno recente, a guardare il piccolo paese che ormai si è svuotato, lasciando le vecchie case agli speculatori, a parlare di politica, tra Macron e Le Pen, a guardare ai figli, anch’essi confusi. Un piccolo gruppo di giovanissimi profughi, senza genitori, obbligherà con il loro arrivo quelle scelte che tutti quanti gli abitanti della “villa” (questo il titolo originale del film), dovranno affrontare. Durata 107 minuti. (Nazionale sala 1)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

 

Doppio amore – Thriller erotico. Regia di François Ozon, con Marine Vatch, Jérémie Renier e Jacqueline Bisset. Giovane e fragile, Chloé nutre in corpo un dolore che non passa, affronta una terapia nella speranza di una guarigione. Frequenta uno psicoterapeuta che ad un certo punto decide di interrompere le sedute dal momento che si sente attratto da lei. L’amore corrisposto spinge la ragazza a tentare una coabitazione: senonché un giorno scopre che il compagno le sta nascondendo l’esistenza di un gemello monozigote, Louis, che svolge la stessa professione in un altro quartiere parigino. È incuriosita, vuole sapere, decide di prendere un appuntamento con lui. Durata 110 minuti. (Romano sala 1)

 

Escobar – Il fascino del male – Drammatico. Regia di Fernando Leon de Aranoa, con Penelope Cruz e Javier Bardem. Tratto dal libro che Virginia Vallejo, volto un tempo noto della tivù colombiana

e oggi donna sotto protezione negli Stati Uniti, ha scritto intorno alla sua relazione con il gran capo della droga tra il 1981 e il 1987, è il resoconto di quegli anni, da un lato l’amante gentile e affascinante, dall’altro il mandante delle uccisioni di magistrati e poliziotti, di politici e di avversari, al fine di una scalata sempre più completa. Durata 105 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Ideal, Lux sala 3, The Space, Uci)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale in V.O., F.lli Marx sala Chico)

 

Insyriated – Drammatico. Regia di Philippe Van Leeuw, con Hiam Abbass. Damasco è sotto assedio. In attesa della fine del conflitto esterno, una donna, madre di tre figli, si trincera con i vicini nell’unico appartamento risparmiato dalle bombe. La tensione cresce, il pericolo incombe, la casa inesorabilmente si trasforma in prigione. Durata 85 minuti. (Classico)

 

Interruption – Drammatico. Regia di Yorgos Zois, con Alexandros Vardaxoglou e Sofia Kokkali. Una tragedia greca, l’Orestea, e una sua rilettura moderna in un teatro di Atene, il pubblico prende posto in sala, lo spettacolo inizia… fino a che un gruppo di giovani vestito di nero, il nuovo Coro, sale sul palcoscenico e invita alcuni fra il pubblico a fare la stessa cosa, a partecipare al dramma, assegnando i ruoli e indicando lo svolgersi della tragedia di Eschilo. Forse la realtà con il procedere delle parole si è sostituita al racconto e ai sentimenti di un tempo. Durata 109 minuti. (Classico V.O.)

 

Io sono tempesta – Commedia. Regia di Daniele Luchetti, con Marco Giallini e Elio Germano. Numa Tempesta è un riccone di oggi, con tanti quattrini e un jet privato, gli alberghi di sua proprietà come casa, un giro di prostitute che gli dimostra piacere e affetti, se volete anche abbastanza facile da individuare, un imprenditore fatto di spregiudicatezza e di mancanza assoluta di morale, che un bel giorno è condannato per questioni fiscali a svolgere un periodo di redenzione lungo un anno ai servizi sociali. S’imbatte in una variopinta umanità, fatta di poveracci e senzatetto, quello che per lui ha più peso è un giovane padre finito sul lastrico, due figli a carico. Tra i due, e con molti altri, scatteranno sentimenti nuovi e Tempesta saprà agguantare quella presa di coscienza che gli era sempre mancata. Durata 97 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Greenwich sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Loro 1 – Commedia. Regia si Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Anna Bonaiuto, Riccardo Scamarcio, Fabrizio Bentivoglio e Kasia Smutniak. “Loro” sono quelli che in forma di gran

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baraccone con reminiscenze felliniane gravitano nell’universo berlusconiano, vero? tutto falso? opportunamente e malvagiamente esagerato?, uomini e donne in cerca di affermazione, non importa come, importa il quando, subito!, il ragazzo del sud (leggi Tarantini) che recluta ragazze e droga, gli affari poco puliti, gli amici e i nemici, il potere a ogni costo, la politica e i contratti con gli Italiani, le ville e le feste, la volgarità, il rapporto con Veronica: questo e molto altro nel primo capitolo di una vicenda che tutti abbiamo attraversato e che stiamo ancora attraversando. Durata 106 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho e Chico, Ideal, Lux sala 1, Reposi, Romano sala 1, The Space, Uci)

 

La mélodie – Drammatico. Regia di Rachid Hami, con Kad Merad, Jean-Luc Vincent e Samir Guesmi. Simon è un famoso musicista ormai disilluso, arriva in una scuola alle porte di Parigi per dare lezioni di violino. I suoi metodi d’insegnamento piuttosto rigidi non facilitano i rapporti con gli allievi problematici. Tra di loro c’è Arnold, un timido studente affascinato dal violino che scopre di avere una forte predisposizione per lo strumento. Grazie al talento di Arnold, Simon riscopre a poco a poco le gioie della musica. Riuscirà a ritrovare l’energia necessaria per superare gli ostacoli e mantenere la promessa di portare i bambini a suonare alla Filarmonica di Parigi?Durata 102 minuti. (Nazionale sala 2, Uci)

 

Molly’s game – Drammatico. Regia di Aaron Sorkin, con Jessica Chastain, Kevin Costner e Idris Elba. Da una storia vera. Dove Molly è una eccellente sciatrice avviata verso i successi olimpici se una brutta e irrimediabile caduta non ponesse termine ad una promettente carriera. La vita richiede di cambiare registro e sfide. Ecco allora Molly ingegnarsi a divenire apprezzata organizzatrice di serate attorno ai tavoli del poker, con clientela di riguardo, dagli attori – leggi Di Caprio, Damon, Ben Affleck e altri qui ben camuffati – ai politici agli sportivi, tavoli attorno ai quali finiscono anche la droga e tipi russi poco raccomandabili, per cui l’FBI tiene le antenne ben alzate. Regia numero uno di uno dei maggiori sceneggiatori di Hollywood premio Oscar per The Social Network. Durata 140 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 1, The Space, Uci)

 

Nella tana dei lupi – Azione. Regia di Christian Gudegast, con Gerard Butler e Pablo Schreiber. Il solido poliziotto con i suoi bravi problemi con cui convivere, l’alcol, i metodi non proprio ortodossi, una moglie che ha deciso di lasciarlo, una rapina finita male che è costata la vita di parecchi suoi uomini. Dall’altra parte una banda di delinquenti, un curriculum di tutto rispetto, dall’addestramento paramilitare alla permanenza nelle patrie galere, il progetto studiato in ogni più piccolo particolare a svuotare la Federal Reserve Bank di Los Angeles ritenuta inespugnabile. Durata 140 minuti. (The Space, Uci)

 

Rampage – Furia animale – Fantasy. Regia di Brad Peyton, con Dwaune Johnson e Naomie Harris. Il primatologo Davis Okoye ha instaurato un forte rapporto con un intelligente gorilla albino di nome George che, per un esperimento genetico, si tramuta in un pericoloso e feroce animale, impossibile a governare. Con lui hanno subito la stessa mutazione un lupo e un coccodrillo, seminando vittime e distruzione in tutto il nord America: spetterà a Davis e a un ingegnere genetico trovare un antidoto. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Ready Player One – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg e Mark Rylance. Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, uscito sette anni fa. Nel 2045 la terra è un luogo di guerre e povertà, l’unica felice evasione è il mondo virtuale di Oasis, legato ai fantasiosi anni Ottanta e ricco di scenari iperrealistici in cui è facile accedere. Lo scomparso James Halliday ha deciso di lasciare a chi lo ritroverà il prezioso Easter Egg: sarà il giovane Wade, da sempre alla ricerca di notizie sulla vita e l’attività del miliardario, si metterà attraverso l’avatar Parzival alla ricerca dell’oggetto e lo ritroverà, dovendo pure fare i conti con i potenti nemici di una multinazionale, concorrenti senza alcuno scrupolo. Durata 140 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

I segreti di Wind River – Thriller. Regia di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Julia Jones. Tra le distese di neve del Wyoming viene inviata una giovane agente federale, non certo preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Blu, Ideal, Uci)

 

The Happy Prince – Drammatico. Regia di Rupert Everett, con Rupert Everett, Colin Morgan, Colin Firth e Tom Wilkinson. Oscar Wilde al centro della società londinese di fine Ottocento, pieno di successo, tutti corrono a vedere le sue commedie a teatro e leggono i suoi libri: poi, improvviso, il tracollo, il processo per ammissione di omosessualità e la condanna a due anni di lavori forzati, l’esilio parigino, il tentativo di recuperare il rapporto con la moglie, la volontà di avvicinarsi nuovamente al giovane Douglas, la morte. Everett racconta nella sua opera prima l’ultimo periodo della vita dello scrittore, lasciando libero sfogo ai ricordi. Durata 105 minuti. (Greenwich sala 2, Reposi)

 

The silent man – Drammatico. Regia di Peter Landesman, con Liam Neeson e Diane Lane. La storia dell’informatore del caso Watergate, della Gola Profonda che trasmise le notizie ai giornalisti di “Tutti gli uomini del Presidente”, una storia che è stata taciuta per oltre trent’anni e che nel 2005 è venuta alla luce per definitiva ammissione dell’interessato, Mark Felt, all’epoca dei fatti vice direttore dell’FBI. Un film che vuole rinfrescare la memoria di molti e magari cercare qualche legame con il mondo politico di oggi. Durata 103 minuti. (Romano sala 3)

 

Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Il tuttofare – Commedia. Regia di Valerio Attanasio, con Sergio Castellitto e Guglielmo Poggi. La storia di Toti Bellastella, di professione avvocato, opportunista e facile all’angheria, che tra serietà (poca) e cialtronaggine (moltissima) sa destreggiarsi perfettamente nella vita, e quella del giovane praticante Antonio Bonocore, di fresca laurea, un giorno accolto nello studio dell’avvocato. Accoglienza e potere, un apprendistato che s’allarga ai ruoli di portaborse, autista e cuoco: sino all’imposizione di diventare pure lo sposo dell’amante argentina dell’avvocato, alla ricerca di una cittadinanza. Durata 96 minuti.

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A quiet place – Un posto tranquillo – Thriller. Regia di John Krasinski, con Emily Blunt e John Krasinski. In un futuro non troppo lontano: i terrestri sono stati decimati da una popolazione aliena pronta ad attaccare qualsiasi cosa produca rumore. Un padre e una madre con i loro due figli vivono in una fattoria isolata, circondati da forze misteriose, per difendersi hanno imparato ad usare esclusivamente il linguaggio dei segni. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Bob & Marys – Criminali a domicilio – Commedia. Regia di Francesco Prisco, con Laura Morante e Rocco Papaleo. Lui lavora in un’autoscuola, lei è casalinga, una coppia senza problemi se non fosse che la loro casa, ai limiti di un quartiere di degrado, non fosse presa di mira da una banda di delinquenti che la eleggono a magazzino per nascondere certa merce che scotta. La realtà è quella di Napoli, la storia ha autentiche radici nel passato ma il regista sceglie di inquadrarla con il cuore più che leggero. Durata 110 minuti. (Ambrosio sala 1 (lunedì 16), Uci)

 

La casa sul mare – Drammatico. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darrousin, Anaïs Demoustier e Jacques Boudet. Una casa affacciata sul mare, poco fuori Marsiglia, due fratelli con la sorella vi si ritrovano all’indomani dell’ictus che ha colpito il padre ormai anziano. Uno è un ex sindacalista, aspirante scrittore, con una fidanzata al seguito che ha la metà dei suoi anni, l’altro è rimasto ad abitare nella casa per far andare avanti la trattoria di famiglia, lei è un attrice, trasferita a Parigi per inseguire la sua carriera e lasciarsi alle spalle la perdita della figlia. Altre persone circolano attorno a loro, tutti a fare i conti, un bilancio tra ideali ed emozioni, tra aspirazioni e nostalgie, con un passato più o meno recente, a guardare il piccolo paese che ormai si è svuotato, lasciando le vecchie case agli speculatori, a parlare di politica, tra Macron e Le Pen, a guardare ai figli, anch’essi confusi. Un piccolo gruppo di giovanissimi profughi, senza genitori, obbligherà con il loro arrivo quelle scelte che tutti quanti gli abitanti della “villa” (questo il titolo originale del film), dovranno affrontare. Durata 107 minuti. (Nazionale sala 1)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

 

Contromano – Commedia. Regia di e con Antonio Albanese. Il signor Mario, milanese doc e proprietario di un negozio di maglieria, ordinatissimo come ordinata è la sua vita, vede i suoi principi e le abitudini sconvolte dall’arrivo, chiaramente davanti alla “sua” vetrina, di un giovane senegalese che si mettere a vendere calzini a prezzi stracciati alle signore di passaggio. Che fare? Aiutarli sì ma a casa loro, è la parola d’ordine. E allora ecco che il signor Mario rapisce Oba, legandolo e mettendoselo in macchina, con l’intenzione di riportarlo in Africa. Ma i bastoni in mezzo alle ruote del progetto arrivano in tempi più che brevi, uno per tutti la presenza della sorella (?) di Oba. E allora, umanità o idee di ferro? Durata 102 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Film geometrico e algido quanto perfetto, forse scontroso, eccezionale prova interpretativa per la Manville e per Day-Lewis, forse il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln”, convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Oscar per i migliori costumi. Durata 130 minuti. (Romano sala 1)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale in V.O., F.lli Marx sala Groucho e Harpo)

 

Hostiles – Ostili – Western. Regia di Scott Cooper, con Christian Bale, Rosamund Pike e Wes Studi. Nel 1892, due anni dopo il massacro di Wounded Knee, non ancora consolidata la pace tra indiani e visi pallidi, al capitano Joseph Blocker viene affidato l’incarico non facile di riportare nelle terre del Montana il vecchio capo Cheyenne Yellow Hawk, proprio il responsabile delle morti di molti soldati del capitano. Durante il lungo percorso molti fatti verranno a mutare i rapporti tra i due uomini, non ultimo la presenza di una donna cui gli indiani hanno distrutto l’intera famiglia. Paesaggi, personaggi che sanno d’antico, un genere che ha avuto vita gloriosa e che oggi, più che raramente, vede qualche debole accenno. Bale è un macigno, un trionfo di espressioni indurite, capace di conservare un’unica speranza nella scena finale, pieno di crudeltà e di piccoli affetti; il film è un vero capolavoro, nello spessore del racconto, nella cadenza che il regista sa imprimergli, nel vecchio quanto superbo impianto, nella rivisitazione di una intera Storia. Gli appassionati non se lo lascino sfuggire. Durata 127 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Insyriated – Drammatico. Regia di Philippe Van Leeuw, con Hiam Abbass. Damasco è sotto assedio. In attesa della fine del conflitto esterno, una donna, madre di tre figli, si trincera con i vicini nell’unico appartamento risparmiato dalle bombe. La tensione cresce, il pericolo incombe, la casa inesorabilmente si trasforma in prigione. Durata 85 minuti. (Classico, anche V.O.)

 

Io c’è – Commedia. Regia di Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo, Margherita Buy e Giuseppe Battiston. Ti cade tra capo e collo un palazzo nel centro di Roma, ne fai un piccolo hotel e ti accorgi pure di quanto sia pesante la mannaia delle tasse. Perché allora non seguire l’esempio delle suorine del palazzo di fronte che con l’ospitalità a poveri e bisognosi vari si sono ritagliate un bell’angolo esentasse? Leo, anche coautore della sceneggiatura, studia allora di farne un centro religioso e volendo esagerare creare una nuova religione, lo Ionismo, un egocentrismo alle stelle, una piena responsabilità slacciata da ogni cosa o Ente che sappia di celestiale: risultato, un considerevole gruppo di adepti. Potrà funzionare? Durata 100 minuti. (Reposi)

 

Io sono tempesta – Commedia. Regia di Daniele Luchetti, con Marco Giallini e Elio Germano. Numa Tempesta è un riccone di oggi, con tanti quattrini e un jet privato, gli alberghi di sua proprietà come casa, un giro di prostitute che gli dimostra piacere e affetti, se volete anche abbastanza facile da individuare, un imprenditore fatto di spregiudicatezza e di mancanza assoluta di morale, che un bel giorno è condannato per questioni fiscali a svolgere un periodo di redenzione lungo un anno ai servizi sociali. S’imbatte in una variopinta umanità, fatta di poveracci e senzatetto, quello che per lui ha più peso è un giovane padre finito sul lastrico, due figli a carico. Tra i due, e con molti altri, scatteranno sentimenti nuovi e Tempesta saprà agguantare quella presa di coscienza che gli era sempre mancata. Durata 97 minuti. (Massaua, Due Giardini sala NirvanaLux sala 2,Reposi, The Space, Uci)

 

Metti la nonna in freezer – Commedia. Regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, con Fabio Di Luigi, Miriam Leone, Barbara Bouchet e Eros Pagni. Un giovane e incorruttibile finanziere e una bella restauratrice, con un paio di aiutanti al seguito, che vive grazie alla pensione della nonna visto che lo Stato tarda a riconoscerle i quattrini che le deve per tutto il lavoro che ha svolto. E se la vegliarda passa a miglior vita? Spetterà alla ragazza ingegnarsi per la sopravvivenza, l’elettrodomestico del titolo fa al caso suo, le amiche un piccolo aiuto non lo negano e la pensione della nonna si potrà continuare a percepire. Durata 100 minuti. (Uci)

 

Il mistero di Donald C. – Drammatico. Regia di James Marsh, con Colin Firth e Rachel Weisz. Nel 1968 il Sunday Times lanciò una sfida, con un premio di 5000 sterline, un viaggio in solitaria senza interruzioni attorno al mondo. Vi accorse tra gli altri anche Donald Crowhurst, velista dilettante, imprenditore pieno di debiti, senza alcuna preparazione, pronto a mettersi in mare con un trimarano quantomai imperfetto, un misterioso individuo destinato alla sconfitta, deciso a scommettere con il mondo, sempre alla ricerca di miti da esaltare e di vittime da condannare, ma prima di tutto con se stesso, capace di abbandonare moglie e figli, che messo alle strette non trovò di meglio che truccare i dati della navigazione, le posizioni. Dal regista della “Teoria del tutto”, ovvero la personalità e la battaglia e gli studi di Stephen Hawking, di recente scomparso, Oscar meritatissimo per l’interprete Eddie Redmayne. Durata 112 minuti. (Romano sala 3)

 

Nella tana dei lupi – Azione. Regia di Christian Gudegast, con Gerard Butler e Pablo Schreiber. Il solido poliziotto con i suoi bravi problemi con cui convivere, l’alcol, i metodi non proprio ortodossi, una moglie che ha deciso di lasciarlo, una rapina finita male che è costata la vita di parecchi suoi uomini. Dall’altra parte una banda di delinquenti, un curriculum di tutto rispetto, dall’addestramento paramilitare alla permanenza nelle patrie galere, il progetto studiato in ogni più piccolo particolare a svuotare la Federal Reserve Bank di Los Angeles ritenuta inespugnabile. Durata 140 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un uomo che fa affari con il mondo della politica, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti raccontata senza nulla nascondere, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Una cinematografia a molti sconosciuta, che merita con questo esempio d’essere tenuta d’occhio, un ritmo sostenuto nelle indagini che combattono contro le mazzette di quattrini che circolano a mo’ di ricompensa da una e dall’altra parte. Durezza e debolezze sulla faccia del protagonista. Durata 106 minuti. (Classico)

 

Il prigioniero coreano – Drammatico. Regia di Kim Ki-Duk. Un pescatore di nome Nam abita in un villaggio della Corea del Nord e ogni giorno raggiunge per il suo lavoro la linea d’acqua di confine. Un giorno la rete appena buttata si aggroviglia all’elica dell’imbarcazione, il motore resta bloccato e l’uomo viene trascinato all’interno del territorio della Corea meridionale. Catturato, dovrà affrontare sevizie e interrogatori, resistendo ad una confessione strappata con la forza o alla spinta a diventare una spia; tornato finalmente in patria, dovrà sostenere le medesime violenze. Durata 114 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Quanto basta – Commedia. Regia di Francesco Falaschi, con Vinicio Marchioni, Valeria Solarino e Luigi Fedele. La vicenda di Arturo, chef pieno di talento ma pronto a mettersi nei guai, una esistenza (finora) messa ai margini da molti. È anche finito dentro per rissa e   deve scontare una pena ai servizi sociali tenendo un corso di cucina presso un centro di ragazzi autistici. Incontrerà Anna, che lavora nella struttura, e il giovane Guido, affetto dalla sindrome di Asperger, innamorato della cucina. La vita di tutti i giorni, la collaborazione e la frequentazione di un talent da parte del ragazzo sapranno avvicinarli e stabilire una vera amicizia. Durata 92 minuti. (Ideal, Uci)

 

Rampage – Furia animale – Fantasy. Regia di Brad Peyton, con Dwaune Johnson e Naomie Harris. Il primatologo Davis Okoye ha instaurato un forte rapporto con un intelligente gorilla albino di nome George che, per un esperimento genetico, si tramuta in un pericoloso e feroce animale, impossibile a governare. Con lui hanno subito la stessa mutazione un lupo e un coccodrillo, seminando vittime e distruzione in tutto il nord America: spetterà a Davis e a un ingegnere genetico trovare un antidoto. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Ready Player One – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg e Mark Rylance. Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, uscito sette anni fa. Nel 2045 la terra è un luogo di guerre e povertà, l’unica felice evasione è il mondo virtuale di Oasis, legato ai fantasiosi anni Ottanta e ricco di scenari iperrealistici in cui è facile accedere. Lo scomparso James Halliday ha deciso di lasciare a chi lo ritroverà il prezioso Easter Egg: sarà il giovane Wade, da sempre alla ricerca di notizie sulla vita e l’attività del miliardario, si metterà attraverso l’avatar Parzival alla ricerca dell’oggetto e lo ritroverà, dovendo pure fare i conti con i potenti nemici di una multinazionale, concorrenti senza alcuno scrupolo. Durata 140 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

 

I segreti di Wind River – Thriller. Regia di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Julia Jones. Tra le distese di neve del Wyoming viene inviata una giovane agente federale, non certo preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Grande, Ideal, Massimo sala 2 anche in V.O., Uci)

 

Succede – Commedia. Regia di Francesca Mazzoleni, con Margherita Morchio, Matteo Oscar Giuggioli, Brando Pacitto, Francesca Inaudi e Matilde Passera. Il mondo (stra)aperto di Internet, il mondo dei consigli suggerimenti confidenze gusti che circola senza limiti, il romanzo bestseller della diciannovenne Sofia Viscardi, maître à penser dell’etere, tutto quel che sentimenti ed emozioni della giovane protagonista Margherita, la città di Milano con i suoi nuovi grattacieli ha fare da contenitore, la musica e i primi baci, le cuffie perennemente appiccicate alle orecchie. La regista classe 1989, l’autrice classe 1998, il mondo dei giovani e giovanissimi: sarà (tutta) vera gloria? Durata 94 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

The Happy Prince – Drammatico. Regia di Rupert Everett, con Rupert Everett, Colin Morgan, Colin Firth e Tom Wilkinson. Oscar Wilde al centro della società londinese di fine Ottocento, pieno di successo, tutti corrono a vedere le sue commedie a teatro e leggono i suoi libri: poi, improvviso, il tracollo, il processo per ammissione di omosessualità e la condanna a due anni di lavori forzati, l’esilio parigino, il tentativo di recuperare il rapporto con la moglie, la volontà di avvicinarsi nuovamente al giovane Douglas, la morte. Everett racconta nella sua opera prima l’ultimo periodo della vita dello scrittore, lasciando libero sfogo ai ricordi. Durata 105 minuti. (Centrale V.O., Greenwich sala 2, Reposi)

 

The silent man – Drammatico. Regia di Peter Landesman, con Liam Neeson e Diane Lane. La storia dell’informatore del caso Watergate, della Gola Profonda che trasmise le notizie ai giornalisti di “Tutti gli uomini del Presidente”, una storia che è stata taciuta per oltre trent’anni e che nel 2005 è venuta alla luce per definitiva ammissione dell’interessato, Mark Felt, all’epoca dei fatti vice direttore dell’FBI. Un film che vuole rinfrescare la memoria di molti e magari cercare qualche legame con il mondo politico di oggi. Durata 103 minuti. (Eliseo Rosso, Romano sala 2The Space, Uci)

 

Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Eliseo Blu, F.lli Marx sala Chico, Lux sala 1, Uci)

 

L’ultimo viaggio – Drammatico. Regia di Nick Baker-Monteys, con Jürgen Prochnow e Petra Schmidt-Schaller. Ultranovantenne, da poco vedovo, Eduard, di origini tedesche, rimette in ordine i propri ricordi e rivisita il proprio passato, mettendosi su un treno per Kiev e andare là a ricercare la donna che fu il suo primo amore, quello più grande e mai confessato, mai dimenticato. Alle calcagna la nipote Adele, una ragazza abituata a vivere alla giornata e certo non interessata alle storie del passato. Non si tratta soltanto della storia personale, anche la Storia reclama una rivisitazione: vi sono delle radici, vive, che vanno comprese e conservate, c’è una tragedia chiusa nel passato e ancora ben viva nel tempo presente. Sarà per la ragazza una lezione difficilmente dimenticabile, di sentimenti e di memoria. Durata 107 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

 

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A quiet place – Un posto tranquillo – Thriller. Regia di John Krasinski, con Emily Blunt e John Krasinski. In un futuro non troppo lontano: i terrestri sono stati decimati da una popolazione aliena pronta ad attaccare qualsiasi cosa produca rumore. Un padre e una madre con i loro due figli vivono in una fattoria isolata, circondati da forze misteriose, per difendersi hanno imparato ad usare esclusivamente il linguaggio dei segni. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Bob & Marys – Criminali a domicilio – Commedia. Regia di Francesco Prisco, con Laura Morante e Rocco Papaleo. Lui lavora in un’autoscuola, lei è casalinga, una coppia senza problemi se non fosse che la loro casa, ai limiti di un quartiere di degrado, non fosse presa di mira da una banda di delinquenti che la eleggono a magazzino per nascondere certa merce che scotta. La realtà è quella di Napoli, la storia ha autentiche radici nel passato ma il regista sceglie di inquadrarla con il cuore più che leggero. Durata 110 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, The Space, Uci)

 

Charley Thomson – Drammatico. Regia di Andrew Haigh, con Charley Plummer, Cloë Sevigny e Steve Buscemi. Tratto dal romanzo “La ballata di Charley Thompson” dello scrittore e cantante Willy Vlautin, è la storia di un quindicenne americano, abbandonato dalla madre e dalla vita già tormentata, non potendo neppure contare sulla figura del padre, un uomo che ama mettersi nei guai e perciò costretto a rapide fughe dalle cittadine del nord in cui ha appena trovato un lavoro. In un momento di sosta e di pace prolungate, Charley trova una sua piccola occupazione presso l’alcolizzato Del, si occuperà di un cavallo piuttosto male in arnese, quasi non più adatto alle corse di un tempo. Un giorno il ragazzo scopre che che l’animale sta per essere mandato al macello. Dal regista di “45 anni” con una premiatissima Charlotte Rampling, il giovane protagonista, bravissimo e premiato a Venezia con il premio Mastroianni, lo abbiamo visto come Paul Getty jr nel recente film di Ridley Scott. Durata 122 minuti. (Nazionale sala 1)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

 

Chiamami col tuo nome – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer e Amira Casar. Nei dintorni di Crema, il 1983: come ogni anno il padre del diciassettenne Elio, professore universitario, ospita nella propria casa un borsista per l’intera estate. L’arrivo del disinvolto Oliver non lascia insensibile il ragazzo, che scopre il sesso con una coetanea ma che poco a poco ricambiato approfondisce la propria relazione con l’ospite. Un’educazione sentimentale, i libri e la musica, Eraclito e Heidegger, Bach e Busoni, l’ambiente pieno di libertà della sinistra, i discorsi insperati di un padre, il tempo scandito dalle cene e dalle discussioni su Craxi e Grillo, il vecchio factotum che di nome fa virgilianamente Anchise, passeggiate e discussioni, corse in bicicletta, ritrovamenti di statue in fondo al lago, nuotate in piccoli spazi d’acqua, felici intimità, in una delicatezza cinematografica (la macchina da presa pronta ad allontanarsi velocemente da qualsiasi eccessivo imbarazzo) che assorbe nei temi (“Io ballo da sola”) e nei luoghi (i paesini, i casali, la calura di “Novecento”) il passato di Bertolucci o guarda al “Teorema” pasoliniano. L’ultima opera di un regista (“Io sono l’amore”, “A bigger splash”) che con la critica di casa nostra non ha mai avuto rapporti troppo cordiali, osannato all’estero. La sceneggiatura firmata da James Ivory e tratta dal romanzo di André Aciman ha conquistato meritatamente l’Oscar. Durata130 minuti. (Eliseo rosso)

 

Contromano – Commedia. Regia di e con Antonio Albanese. Il signor Mario, milanese doc e proprietario di un negozio di maglieria, ordinatissimo come ordinata è la sua vita, vede i suoi principi e le abitudini sconvolte dall’arrivo, chiaramente davanti alla “sua” vetrina, di un giovane senegalese che si mettere a vendere calzini a prezzi stracciati alle signore di passaggio. Che fare? Aiutarli sì ma a casa loro, è la parola d’ordine. E allora ecco che il signor Mario rapisce Oba, legandolo e mettendoselo in macchina, con l’intenzione di riportarlo in Africa. Ma i bastoni in mezzo alle ruote del progetto arrivano in tempi più che brevi, uno per tutti la presenza della sorella (?) di Oba. E allora, umanità o idee di ferro? Durata 102 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Film geometrico e algido quanto perfetto, forse scontroso, eccezionale prova interpretativa per la Manville e per Day-Lewis, forse il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln”, convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Oscar per i migliori costumi. Durata 130 minuti.

(Romano sala 1)

 

La forma dell’acqua – The shape of water – Fantasy. Regia di Guillermo del Toro, con Sally Hawkins, Doug Jones, Octavia Spencer, Michael Stulhbarg e Michael Shannon. Leone d’oro a Venezia, tredici candidature agli Oscar, arriva l’attesissima storia del mostro richiuso in una gabbia di vetro all’interno di un laboratorio governativo ad alta sicurezza (siamo negli States, in piena guerra fredda, il 1962) e del suo incontro con una giovane donna delle pulizie, Elisa, orfana e muta, dei tentativi di questa di salvarlo dalla cupidigia dei cattivi. Avrà l’aiuto degli amici (il disegnatore gay, lo scienziato russo pieno di ideali, la collega di colore), cancellando la solitudine e alimentando i sogni, in un’atmosfera che si culla sulle musiche di Alexandre Desplat, contaminate da quelle dei grandi del jazz degli anni Sessanta. Durata 123 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, Eliseo Rosso, Reposi, Uci)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale in V.O., F.lli Marx sala Chico)

 

Hostiles – Ostili – Western. Regia di Scott Cooper, con Christian Bale, Rosamund Pike e Wes Studi. Nel 1892, due anni dopo il massacro di Wounded Knee, non ancora consolidata la pace tra indiani e visi pallidi, al capitano Joseph Blocker viene affidato l’incarico non facile di riportare nelle terre del Montana il vecchio capo Cheyenne Yellow Hawk, proprio il responsabile delle morti di molti soldati del capitano. Durante il lungo percorso molti fatti verranno a mutare i rapporti tra i due uomini, non ultimo la presenza di una donna cui gli indiani hanno distrutto l’intera famiglia. Paesaggi, personaggi che sanno d’antico, un genere che ha avuto vita gloriosa e che oggi, più che raramente, vede qualche debole accenno. Bale è un macigno, un trionfo di espressioni indurite, capace di conservare un’unica speranza nella scena finale, pieno di crudeltà e di piccoli affetti; il film è un vero capolavoro, nello spessore del racconto, nella cadenza che il regista sa imprimergli, nel vecchio quanto superbo impianto, nella rivisitazione di una intera Storia. Gli appassionati non se lo lascino sfuggire. Durata 127 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Insyriated – Drammatico. Regia di Philippe Van Leeuw, con Hiam Abbass. Damasco è sotto assedio. In attesa della fine del conflitto esterno, una donna, madre di tre figli, si trincera con i vicini nell’unico appartamento risparmiato dalle bombe. La tensione cresce, il pericolo incombe, la casa inesorabilmente si trasforma in prigione. Durata 85 minuti. (Classico)

 

Io c’è – Commedia. Regia di Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo, Margherita Buy e Giuseppe Battiston. Ti cade tra capo e collo un palazzo nel centro di Roma, ne fai un piccolo hotel e ti accorgi pure di quanto sia pesante la mannaia delle tasse. Perché allora non seguire l’esempio delle suorine del palazzo di fronte che con l’ospitalità a poveri e bisognosi vari si sono ritagliate un bell’angolo esentasse? Leo, anche coautore della sceneggiatura, studia allora di farne un centro religioso e volendo esagerare creare una nuova religione, lo Ionismo, un egocentrismo alle stelle, una piena responsabilità slacciata da ogni cosa o Ente che sappia di celestiale: risultato, un considerevole gruppo di adepti. Potrà funzionare? Durata 100 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Lady Bird – Drammatico. Regia di Greta Gerwig, con Saoirse Ronan, Lucas Hedges, Timothée Chalamet e Laurie Metcalf. Una storia che pesca nell’autobiografia, l’autrice, come il personaggio femminile del film, è nata a Sacramento, in California, e sin da giovane smaniosa di raggiungere la costa orientale per studiare e dedicarsi al cinema. Anche Christine sogna di iscriversi ad una università nella parte opposta degli States, sottrarsi alla madre autoritaria, alla figura del padre senza lavoro, a quel piccolo mondo che la circonda. S’inventa storie, fa fronte alle prime prove d’amore, dal risultato negativo, fa di tutto per mettersi in buona luce agli occhi dei compagni di scuola che sembrano valere più di lei, ricavandone delusioni, s’appiccica quel nome del titolo: quale sarà il suo futuro? Un ritratto femminile già visto altre volte, che cerca continuamente sfide interpretative e di regia: ma un film che non lascerà un grande ricordo di sé, a bocca asciutta nella notte degli Oscar. Durata 94 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Metti la nonna in freezer – Commedia. Regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, con Fabio Di Luigi, Miriam Leone, Barbara Bouchet e Eros Pagni. Un giovane e incorruttibile finanziere e una bella restauratrice, con un paio di aiutanti al seguito, che vive grazie alla pensione della nonna visto che lo Stato tarda a riconoscerle i quattrini che le deve per tutto il lavoro che ha svolto. E se la vegliarda passa a miglior vita? Spetterà alla ragazza ingegnarsi per la sopravvivenza, l’elettrodomestico del titolo fa al caso suo, le amiche un piccolo aiuto non lo negano e la pensione della nonna si potrà continuare a percepire. Durata 100 minuti. (The Space, Uci)

 

Il mistero di Donald C. – Drammatico. Regia di James Marsh, con Colin Firth e Rachel Weisz. Nel 1968 il Sunday Times lanciò una sfida, con un premio di 5000 sterline, un viaggio in solitaria senza interruzioni attorno al mondo. Vi accorse tra gli altri anche Donald Crowhurst, velista dilettante, imprenditore pieno di debiti, senza alcuna preparazione, pronto a mettersi in mare con un trimarano quantomai imperfetto, un misterioso individuo destinato alla sconfitta, deciso a scommettere con il mondo, sempre alla ricerca di miti da esaltare e di vittime da condannare, ma prima di tutto con se stesso, capace di abbandonare moglie e figli, che messo alle strette non trovò di meglio che truccare i dati della navigazione, le posizioni. Dal regista della “Teoria del tutto”, ovvero la personalità e la battaglia e gli studi di Stephen Hawking, di recente scomparso, Oscar meritatissimo per l’interprete Eddie Redmayne. Durata 112 minuti. (Romano sala 2, Uci)

 

Nella tana dei lupi – Azione. Regia di Christian Gudegast, con Gerard Butler e Pablo Schreiber. Il solido poliziotto con i suoi bravi problemi con cui convivere, l’alcol, i metodi non proprio ortodossi, una moglie che ha deciso di lasciarlo, una rapina finita male che è costata la vita di parecchi suoi uomini. Dall’altra parte una banda di delinquenti, un curriculum di tutto rispetto, dall’addestramento paramilitare alla permanenza nelle patrie galere, il progetto studiato in ogni più piccolo particolare a svuotare la Federal Reserve Bank di Los Angeles ritenuta inespugnabile. Durata 140 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un uomo che fa affari con il mondo della politica, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti raccontata senza nulla nascondere, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Una cinematografia a molti sconosciuta, che merita con questo esempio d’essere tenuta d’occhio, un ritmo sostenuto nelle indagini che combattono contro le mazzette di quattrini che circolano a mo’ di ricompensa da una e dall’altra parte. Durezza e debolezze sulla faccia del protagonista. Durata 106 minuti. (Classico)

 

Oltre la notte – Drammatico. Regia di Fatih Akin, con Diane Kruger e Johannes Krisch. Katia vive dentro una famiglia felice, un figlio e un marito che dopo un periodo di prigione per spaccio ne è uscito e oggi lavora in una piccola agenzia di viaggi. Ma è una felicità destinata a morire: un attentato, che ha i suoi fautori in una coppia di estremisti legata al gruppo di destra greco “Alba dorata”, distrugge la vita dei suoi cari. Katia grazie al sostegno di amici e famigliari affronta la perdita e riesce ad andare avanti, ma quelle morti, con la ricerca ossessiva degli assassini, riaprono ferite e sollevano dubbi. Eccellenti le prime due parti del racconto, mal raccontata e poco accettabile l’ultima in terra di Grecia, se la protagonista decide di mettere fine ai suoi giorni insieme ai due giovani che gli hanno portato via la famiglia. Davvero una bella prova della Kruger, Palmarès per la migliore interpretazione femminile a Cannes lo scorso anno, e Golden Globe come miglior film straniero. Durata 101 minuti. (Nazionale sala 2)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito e sul re che lo tollera, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è visto per il ruolo assegnare un Globe, ha meritatamente conquistato poche sere fa l’Oscar, un’interpretazione che colpisce per la concretezza, per gli scatti d’ira e per quel tanto di cocciutaggine e lungimiranza britannica che in quell’occasione s’impose. Uno sguardo al trucco dell’interprete: un secondo Oscar al film, premio agli artefici e alle tante ore di perfezione ogni giorno di lavorazione cui l’attore s’è sottoposto. Durata 125 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Quanto basta – Commedia. Regia di Francesco Falaschi, con Vinicio Marchioni, Valeria Solarino e Luigi Fedele. La vicenda di Arturo, chef pieno di talento ma pronto a mettersi nei guai, una esistenza (finora) messa ai margini da molti. È anche finito dentro per rissa e   deve scontare una pena ai servizi sociali tenendo un corso di cucina presso un centro di ragazzi autistici. Incontrerà Anna, che lavora nella struttura, e il giovane Guido, affetto dalla sindrome di Asperger, innamorato della cucina. La vita di tutti i giorni, la collaborazione e la frequentazione di un talent da parte del ragazzo sapranno avvicinarli e stabilire una vera amicizia. Durata 92 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Ready Player One – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg e Mark Rylance. Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, uscito sette anni fa. Nel 2045 la terra è un luogo di guerre e povertà, l’unica felice evasione è il mondo virtuale di Oasis, legato ai fantasiosi anni Ottanta e ricco di scenari iperrealistici in cui è facile accedere. Lo scomparso James Halliday ha deciso di lasciare a chi lo ritroverà il prezioso Easter Egg: sarà il giovane Wade, da sempre alla ricerca di notizie sulla vita e l’attività del miliardario, si metterà attraverso l’avatar Parzival alla ricerca dell’oggetto e lo ritroverà, dovendo pure fare i conti con i potenti nemici di una multinazionale, concorrenti senza alcuno scrupolo. Durata 140 minuti. (Centrale V.O., Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

 

Ricomincio da noi – Commedia. Regia di Richard Loncraine, con Imelda Stauton, Celia Imrie e Timothy Spall. Il film che con risate, un po’ di autentica commozione e grande successo aveva aperto l’ultimo TFF. Scoperto che il marito la tradisce da anni con la sua migliore amica (mai fidarsi!), la protagonista scopre, attraverso l’eccentricità della sorella, quei tanti amici che la circondano, il suo modo spensierato di affrontare e condurre la vita, di avere voglia di buttarsi alle spalle tutto quanto, magari iniziando con il frequentare una sala da ballo. La attendono ancora altre prove ma un non più giovane innamorato la farà decidere la nuova strada da intraprendere. Nessuno scossone ma una bella botta di vita comunque, per lo spettatore e per la terna d’attori che sono tra il meglio del cinema e del teatro inglesi, da ammirare. Durata 110 minuti. (Romano sala 3)

 

I segreti di Wind River – Thriller. Regia di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Julia Jones. Tra le distese di neve del Wyoming viene inviata una giovane agente federale, non certo preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Grande, Ideal, Massimo sala 1 anche in V.O., Uci)

 

Succede – Commedia. Regia di Francesca Mazzoleni, con Margherita Morchio, Matteo Oscar Giuggioli, Brando Pacitto, Francesca Inaudi e Matilde Passera. Il mondo (stra)aperto di Internet, il mondo dei consigli suggerimenti confidenze gusti che circola senza limiti, il romanzo bestseller della diciannovenne Sofia Viscardi, maître à penser dell’etere, tutto quel che sentimenti ed emozioni della giovane protagonista Margherita, la città di Milano con i suoi nuovi grattacieli ha fare da contenitore, la musica e i primi baci, le cuffie perennemente appiccicate alle orecchie. La regista classe 1989, l’autrice classe 1998, il mondo dei giovani e giovanissimi: sarà (tutta) vera gloria? Durata 94 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

La terra buona – Commedia drammatica. Regia di Emanuele Caruso, con Fabrizio Ferracane, Giulio Brogi, Lorenzo Pedrotti e Viola Sartoretto. Tre storie che s’intrecciano per confluire insieme in un angolo di serenità. La giovane Gea, malata terminale, all’insaputa della famiglia si rifugia con un amico, forse innamorato di lei, in una valle piemontese al confine con il territorio svizzero. Là, in una borgata antica, fatta di case di pietra, dimenticata, vivono un vecchio frate eremita che ha raccolto negli anni una ricchissima biblioteca e un medico, in cerca di medicamenti alternativi, senza risposte certe, e per questo cacciato dalla civiltà che lo ha giudicato e condannato. Un’altra scommessa vincente per l’autore che tre anni fa con “E fu sera e fu mattina” divenne un caso cinematografico, ovvero budget ridotto all’osso e grande successo per i cinefili doc: anche adesso, con un amichevole passaparola, il film, accompagnato con amore dal suo autore, si sta dimostrando, anche se imperfetto, un invidiabile successo. Durata 110 minuti. (Reposi)

 

Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Blu, F.lli Marx sala Groucho, The Space, Uci)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Oscar strameritati per la protagonista e per il poliziotto mammone e fuori di testa di Rockwell. Durata 132 minuti. (Greenwich sala 2)

 

L’ultimo viaggio – Drammatico. Regia di Nick Baker-Monteys, con Jürgen Prochnow e Petra Schmidt-Schaller. Ultranovantenne, da poco vedovo, Eduard, di origini tedesche, rimette in ordine i propri ricordi e rivisita il proprio passato, mettendosi su un treno per Kiev e andare là a ricercare la donna che fu il suo primo amore, quello più grande e mai confessato, mai dimenticato. Alle calcagna la nipote Adele, una ragazza abituata a vivere alla giornata e certo non interessata alle storie del passato. Non si tratta soltanto della storia personale, anche la Storia reclama una rivisitazione: vi sono delle radici, vive, che vanno comprese e conservate, c’è una tragedia chiusa nel passato e ancora ben viva nel tempo presente. Sarà per la ragazza una lezione difficilmente dimenticabile, di sentimenti e di memoria. Durata 107 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Una festa esagerata – Commedia. Regia di Vincenzo Salemme, con Vincenzo Salemme, Tosca D’Aquino, Massimiliano Gallo e Iaia Forte. Gennaro Parascandolo deve preparare la grande festa per i diciott’anni della figlia, ma il decesso del signor Scamardella che abitava al piano di sotto spinge Gennaro a rinunciarvi. Chiaramente la moglie e la iretta interessata non sono assolutamente d’accordo: in più a scompigliare le idee del nostro s’aggiunge la figlia del defunto, che nei confronti di Gennaro coltiva delle più o meno strane idee. Durata 95 minuti. (Uci)

 

Un sogno chiamato Florida – Drammatico. Regia di Sean Baker, con Willem Dafoe e Bria Vinaite. Un motel di periferia, a Orlando, Florida, dove abitano certi poveri d’America, un mondo ben diverso dal lusso e dal divertimento di Disneyland. Ci abita pure la piccola e divertita Moone, figlia di una madre single perdigiorno, senza un lavoro e con un passato problematico, nella loro vita la presenza protettiva e affettuosa del manager del motel. Durata 111 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

 

 

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

 

Chiamami col tuo nome – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer e Amira Casar. Nei dintorni di Crema, il 1983: come ogni anno il padre del diciassettenne Elio, professore universitario, ospita nella propria casa un borsista per l’intera estate. L’arrivo del disinvolto Oliver non lascia insensibile il ragazzo, che scopre il sesso con una coetanea ma che poco a poco ricambiato approfondisce la propria relazione con l’ospite. Un’educazione sentimentale, i libri e la musica, Eraclito e Heidegger, Bach e Busoni, l’ambiente pieno di libertà della sinistra, i discorsi insperati di un padre, il tempo scandito dalle cene e dalle discussioni su Craxi e Grillo, il vecchio factotum che di nome fa virgilianamente Anchise, passeggiate e discussioni, corse in bicicletta, ritrovamenti di statue in fondo al lago, nuotate in piccoli spazi d’acqua, felici intimità, in una delicatezza cinematografica (la macchina da presa pronta ad allontanarsi velocemente da qualsiasi eccessivo imbarazzo) che assorbe nei temi (“Io ballo da sola”) e nei luoghi (i paesini, i casali, la calura di “Novecento”) il passato di Bertolucci o guarda al “Teorema” pasoliniano. L’ultima opera di un regista (“Io sono l’amore”, “A bigger splash”) che con la critica di casa nostra non ha mai avuto rapporti troppo cordiali, osannato all’estero. La sceneggiatura firmata da James Ivory e tratta dal romanzo di André Aciman ha conquistato meritatamente l’Oscar. Durata130 minuti. (Eliseo blu)

 

Contromano – Commedia. Regia di e con Antonio Albanese. Il signor Mario, milanese doc e proprietario di un negozio di maglieria, ordinatissimo come ordinata è la sua vita, vede i suoi principi e le abitudini sconvolte dall’arrivo, chiaramente davanti alla “sua” vetrina, di un giovane senegalese che si mettere a vendere calzini a prezzi stracciati alle signore di passaggio. Che fare? Aiutarli sì ma a casa loro, è la parola d’ordine. E allora ecco che il signor Mario rapisce Oba, legandolo e mettendoselo in macchina, con l’intenzione di riportarlo in Africa. Ma i bastoni in mezzo alle ruote del progetto arrivano in tempi più che brevi, uno per tutti la presenza della sorella (?) di Oba. E allora, umanità o idee di ferro? Durata 102 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Film geometrico e algido quanto perfetto, forse scontroso, eccezionale prova interpretativa per la Manville e per Day-Lewis, forse il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln”, convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Oscar per i migliori costumi. Durata 130 minuti. (Massimo sala 3, Romano sala 2)

 

La forma dell’acqua – The shape of water – Fantasy. Regia di Guillermo del Toro, con Sally Hawkins, Doug Jones, Octavia Spencer, Michael Stulhbarg e Michael Shannon. Leone d’oro a Venezia, tredici candidature agli Oscar, arriva l’attesissima storia del mostro richiuso in una gabbia di vetro all’interno di un laboratorio governativo ad alta sicurezza (siamo negli States, in piena guerra fredda, il 1962) e del suo incontro con una giovane donna delle pulizie, Elisa, orfana e muta, dei tentativi di questa di salvarlo dalla cupidigia dei cattivi. Avrà l’aiuto degli amici (il disegnatore gay, lo scienziato russo pieno di ideali, la collega di colore), cancellando la solitudine e alimentando i sogni, in un’atmosfera che si culla sulle musiche di Alexandre Desplat, contaminate da quelle dei grandi del jazz degli anni Sessanta. Durata 123 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, Eliseo Rosso, Reposi, Uci)

 

Foxtrot – La danza del destino – Drammatico. Regia di Samuel Maoz, con Lior Ashkenazi e Sarah Adler. Dall’autore di “Lebanon”, la guerra di Beirut visto dall’interno di un carro armato, un nuovo racconto sul conflitto che da decenni stringe Israele, dall’esterno e internamente. Tre generazioni, vite sconvolte, giovani e vecchi, un padre e un figlio soldato, una madre scampata ai campi di concentramento, un appartamento di Tel Aviv, un posto di frontiera, una tragedia comune. Durata 108 minuti. (Massimo 2 anche in V.O.)

 

Il giustiziere della notte – Drammatico. Regia di Eli Roth, con Bruce Willis. Nel 1974 il medesimo titolo esplose con l’interpretazione di Charles Bronson, oggi, riadattato e attualizzato, lasciati i grattacieli di New York per essere ambientato a Chicago, chiuso nel vortice dei fatti successi nelle scuole americane e nel dibattito circa lo sfrontato acquisto/uso delle armi da parte dei cittadini degli States, vede il duro a morire Willis, medico chirurgo, combattere contro chi gli ha ucciso la moglie e violentato la figlia. Durata 92 minuti. (Uci)

 

Hostiles – Ostili – Western. Regia di Scott Cooper, con Christian Bale, Rosamund Pike e Wes Studi. Nel 1892, due anni dopo il massacro di Wounded Knee, non ancora consolidata la pace tra indiani e visi pallidi, al capitano Joseph Blocker viene affidato l’incarico non facile di riportare nelle terre del Montana il vecchio capo Cheyenne Yellow Hawk, proprio il responsabile delle morti di molti soldati del capitano. Durante il lungo percorso molti fatti verranno a mutare i rapporti tra i due uomini, non ultimo la presenza di una donna cui gli indiani hanno distrutto l’intera famiglia. Paesaggi, personaggi che sanno d’antico, un genere che ha avuto vita gloriosa e che oggi, più che raramente, vede qualche debole accenno: gli appassionati non se lo lascino sfuggire. Durata 127 minuti. (Ideal, Lux sala 1, The Space, Uci)

 

Insyriated – Drammatico. Regia di Philippe Van Leeuw, con Hiam Abbass. Damasco è sotto assedio. In attesa della fine del conflitto esterno, una donna, madre di tre figli, si trincera con i vicini nell’unico appartamento risparmiato dalle bombe. La tensione cresce, il pericolo incombe, la casa inesorabilmente si trasforma in prigione. Durata 85 minuti. (Classico)

 

Io c’è – Commedia. Regia di Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo, Margherita Buy e Giuseppe Battiston. Ti cade tra capo e collo un palazzo nel centro di Roma, ne fai un piccolo hotel e ti accorgi pure di quanto sia pesante la mannaia delle tasse. Perché allora non seguire l’esempio delle suorine del palazzo di fronte che con l’ospitalità a poveri e bisognosi vari si sono ritagliate un bell’angolo esentasse? Leo, anche coautore della sceneggiatura, studia allora di farne un centro religioso e volendo esagerare creare una nuova religione, lo Ionismo, un egocentrismo alle stelle, una piena responsabilità slacciata da ogni cosa o Ente che sappia di celestiale: risultato, un considerevole gruppo di adepti. Potrà funzionare? Durata 100 minuti. (Massaua, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Lady Bird – Drammatico. Regia di Greta Gerwig, con Saoirse Ronan, Lucas Hedges, Timothée Chalamet e Laurie Metcalf. Una storia che pesca nell’autobiografia, l’autrice, come il personaggio femminile del film, è nata a Sacramento, in California, e sin da giovane smaniosa di raggiungere la costa orientale per studiare e dedicarsi al cinema. Anche Christine sogna di iscriversi ad una università nella parte opposta degli States, sottrarsi alla madre autoritaria, alla figura del padre senza lavoro, a quel piccolo mondo che la circonda. S’inventa storie, fa fronte alle prime prove d’amore, dal risultato negativo, fa di tutto per mettersi in buona luce agli occhi dei compagni di scuola che sembrano valere più di lei, ricavandone delusioni, s’appiccica quel nome del titolo: quale sarà il suo futuro? Un ritratto femminile già visto altre volte, che cerca continuamente sfide interpretative e di regia: ma un film che non lascerà un grande ricordo di sé, a bocca asciutta nella notte degli Oscar. Durata 94 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Maria Maddalena – Drammatico. Regia di Garth Davis, con Rooney Mara, Joaquin Phoenix e Chiwetel Ejiofor. Una visione nuova nei confronti di una Maddalena vista come la peccatrice e la prostituta, figura alimentata per secoli. Il regista australiano (che tuttavia ha scoperto gli ambienti adatti in Sicilia) vede questa donna come un esempio di femminismo ante litteram, colei che sfugge ai compiti di moglie e madre che la società del tempo inevitabilmente le impone, colei che stabilisce di seguire il Maestro e di abbracciarne in modo completo la dottrina: quella che tra i tanti discepoli è scelta dal Maestro ad assistere alla sua Resurrezione. Guardando anche alle figure di Giuda e di Pietro, messi di fronte ad un messaggio che sconvolgerà il mondo ma incapaci di assumerne l’esatta interpretazione. Durata 120 minuti. (Ambrosio sala 3, Ideal, Reposi, Uci)

 

Metti la nonna in freezer – Commedia. Regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, con Fabio Di Luigi, Miriam Leone, Barbara Bouchet e Eros Pagni. Un giovane e incorruttibile finanziere e una bella restauratrice, con un paio di aiutanti al seguito, che vive grazie alla pensione della nonna visto che lo Stato tarda a riconoscerle i quattrini che le deve per tutto il lavoro che ha svolto. E se la vegliarda passa a miglior vita? Spetterà alla ragazza ingegnarsi per la sopravvivenza, l’elettrodomestico del titolo fa al caso suo, le amiche un piccolo aiuto non lo negano e la pensione della nonna si potrà continuare a percepire. Durata 100 minuti. (Greenwich sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un uomo che fa affari con il mondo della politica, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti raccontata senza nulla nascondere, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Una cinematografia a molti sconosciuta, che merita con questo esempio d’essere tenuta d’occhio, un ritmo sostenuto nelle indagini che combattono contro le mazzette di quattrini che circolano a mo’ di ricompensa da una e dall’altra parte. Durezza e debolezze sulla faccia del protagonista. Durata 106 minuti. (Classico)

 

Oltre la notte – Drammatico. Regia di Fatih Akin, con Diane Kruger e Johannes Krisch. Katia vive dentro una famiglia felice, un figlio e un marito che dopo un periodo di prigione per spaccio ne è uscito e oggi lavora in una piccola agenzia di viaggi. Ma è una felicità destinata a morire: un attentato, che ha i suoi fautori in una coppia di estremisti legata al gruppo di destra greco “Alba dorata”, distrugge la vita dei suoi cari. Katia grazie al sostegno di amici e famigliari affronta la perdita e riesce ad andare avanti, ma quelle morti, con la ricerca ossessiva degli assassini, riaprono ferite e sollevano dubbi. Eccellenti le prime due parti del racconto, mal raccontata e poco accettabile l’ultima in terra di Grecia, se la protagonista decide di mettere fine ai suoi giorni insieme ai due giovani che gli hanno portato via la famiglia. Davvero una bella prova della Kruger, Palmarès per la migliore interpretazione femminile a Cannes lo scorso anno, e Golden Globe come miglior film straniero. Durata 101 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Nazionale sala 1)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito e sul re che lo tollera, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è visto per il ruolo assegnare un Globe, ha meritatamente conquistato poche sere fa l’Oscar, un’interpretazione che colpisce per la concretezza, per gli scatti d’ira e per quel tanto di cocciutaggine e lungimiranza britannica che in quell’occasione s’impose. Uno sguardo al trucco dell’interprete: un secondo Oscar al film, premio agli artefici e alle tante ore di perfezione ogni giorno di lavorazione cui l’attore s’è sottoposto. Durata 125 minuti. (Greenwich sala 2)

 

Ready Player One – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg e Mark Rylance. Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, uscito sette anni fa. Nel 2045 la terra è un luogo di guerre e povertà, l’unica felice evasione è il mondo virtuale di Oasis, legato ai fantasiosi anni Ottanta e ricco di scenari iperrealistici in cui è facile accedere. Lo scomparso James Halliday ha deciso di lasciare a chi lo ritroverà il prezioso Easter Egg: sarà il giovane Wade, da sempre alla ricerca di notizie sulla vita e l’attività del miliardario, si metterà attraverso l’avatar Parzival alla ricerca dell’oggetto e lo ritroverà, dovendo pure fare i conti con i potenti nemici di una multinazionale, concorrenti senza alcuno scrupolo. Durata 140 minuti. (Centrale V.O., Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

 

Ricomincio da noi – Commedia. Regia di Richard Loncraine, con Imelda Stauton, Celia Imrie e Timothy Spall. Il film che con risate, un po’ di autentica commozione e grande successo aveva aperto l’ultimo TFF. Scoperto che il marito la tradisce da anni con la sua migliore amica (mai fidarsi!), la protagonista scopre, attraverso l’eccentricità della sorella, quei tanti amici che la circondano, il suo modo spensierato di affrontare e condurre la vita, di avere voglia di buttarsi alle spalle tutto quanto, magari iniziando con il frequentare una sala da ballo. La attendono ancora altre prove ma un non più giovane innamorato la farà decidere la nuova strada da intraprendere. Nessuno scossone ma una bella botta di vita comunque, per lo spettatore e per la terna d’attori che sono tra il meglio del cinema e del teatro inglesi, da ammirare. Durata 110 minuti. (Romano sala 1)

 

La terra buona – Commedia drammatica. Regia di Emanuele Caruso, con Fabrizio Ferracane, Giulio Brogi, Lorenzo Pedrotti e Viola Sartoretto. Tre storie che s’intrecciano per confluire insieme in un angolo di serenità. La giovane Gea, malata terminale, all’insaputa della famiglia si rifugia con un amico, forse innamorato di lei, in una valle piemontese al confine con il territorio svizzero. Là, in una borgata antica, fatta di case di pietra, dimenticata, vivono un vecchio frate eremita che ha raccolto negli anni una ricchissima biblioteca e un medico, in cerca di medicamenti alternativi, senza risposte certe, e per questo cacciato dalla civiltà che lo ha giudicato e condannato. Un’altra scommessa vincente per l’autore che tre anni fa con “E fu sera e fu mattina” divenne un caso cinematografico, ovvero budget ridotto all’osso e grande successo per i cinefili doc: anche adesso, con un amichevole passaparola, il film, accompagnato con amore dal suo autore, si sta dimostrando, anche se imperfetto, un invidiabile successo. Durata 110 minuti. (Reposi)

 

Tomb Raider – Avventura. Regia di Roar Uthaug, con Alicia Vikander e Dominic West. Dopo l’avventura firmata da Angiolina Jolie, ecco nuovamente Lara Croft. La quale decide di partire, dopo l’insperato ritrovamento di un quaderno d’appunti, per una sconosciuta isola del mar del Giappone alla ricerca di suo padre dato per scomparso. Durata 115 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, The Space, Uci)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Oscar strameritati per la protagonista e per il poliziotto mammone e fuori di testa di Rockwell. Durata 132 minuti. (Greenwich sala 1)

 

L’ultimo viaggio – Drammatico. Regia di Nick Baker-Monteys, con Jürgen Prochnow e Petra Schmidt-Schaller. Ultranovantenne, da poco vedovo, Eduard, di origini tedesche, rimette in ordine i propri ricordi e rivisita il proprio passato, mettendosi su un treno per Kiev e andare là a ricercare la donna che fu il suo primo amore, quello più grande e mai confessato, mai dimenticato. Alle calcagna la nipote Adele, una ragazza abituata a vivere alla giornata e certo non interessata alle storie del passato. Non si tratta soltanto della storia personale, anche la Storia reclama una rivisitazione: vi sono delle radici, vive, che vanno comprese e conservate, c’è una tragedia chiusa nel passato e ancora ben viva nel tempo presente. Sarà per la ragazza una lezione difficilmente dimenticabile, di sentimenti e di memoria. Durata 107 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Una festa esagerata – Commedia. Regia di Vincenzo Salemme, con Vincenzo Salemme, Tosca D’Aquino, Massimiliano Gallo e Iaia Forte. Gennaro Parascandolo deve preparare la grande festa per i diciott’anni della figlia, ma il decesso del signor Scamardella che abitava al piano di sotto spinge Gennaro a rinunciarvi. Chiaramente la moglie e la iretta interessata non sono assolutamente d’accordo: in più a scompigliare le idee del nostro s’aggiunge la figlia del defunto, che nei confronti di Gennaro coltiva delle più o meno strane idee. Durata 95 minuti. (Reposi, Uci)

 

Un sogno chiamato Florida – Drammatico. Regia di Sean Baker, con Willem Dafoe e Bria Vinaite. Un motel di periferia, a Orlando, Florida, dove abitano certi poveri d’America, un mondo ben diverso dal lusso e dal divertimento di Disneyland. Ci abita pure la piccola e divertita Moone, figlia di una madre single perdigiorno, senza un lavoro e con un passato problematico, nella loro vita la presenza protettiva e affettuosa del manager del motel. Durata 111 minuti. (Ambrosio sala 2)

 

 

 

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A casa tutti bene – Commedia. regia di Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi, Massimo Ghini, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino e Gianmarco Tognazzi. Una ricorrenza da festeggiare, le nozze d’oro dei nonni, una permanenza forzata, il traghetto bloccato e l’isola di Ischia a fare da sfondo: gli antichi ristoratori, i tre figli che hanno preso strade diverse, le mogli attuali e quelle di un tempo, il cugino solo e poveraccio con debiti e un figlio in arrivo, i rancori, le confessioni e le urla, il ritratto di una famiglia italiana in perfetto stile Muccino, figliuol prodigo tornato a casa dopo i (quasi totali) successi d’oltreoceano. Ma Muccino rimane Muccino, con le tante tessere di una storia, con il suo nervoso montaggio, con una sceneggiatura che non brilla, con certi attori presi nel vortice del dramma ad ogni costo, con altri che continuano a ripetere i loro soliti personaggi. Però un palmarès alle prove di Massimo Ghini e Valeria Solarino, all’invasione altissima del mai così bravo Gianmarco Tognazzi. Durata 105 minuti. (Massaua, Lux sala 2, The Space, Uci)

 

Anche senza di te – Commedia. Regia di Francesco Bonelli, con Nicolas Vaporidis, Andrea Branciamore e Myriam Catania. La storia di Sara, insegnante elementare precaria e prossima all’altare con il medico in carriera Andrea. Ma con il momento (troppo) fatidico arrivano gli attacchi di panico, incontenibili. Nei pressi c’è il collega (chiaramente, di lei) Nicola e con lui il sogno di una scuola gestita in un modo diverso, ad esempio con il linguaggio autentico delle emozioni: un metodo che potrebbe tornare comodo anche alla scombussolata protagonista. Durata 107 minuti. (Uci)

 

Black Panther – Fantasy. Regia di Ryan Coogler, con Chadwick Boseman, Lupita Nyong’o, Martin Freeman e Angela Bassett. Il protagonista è il nuovo re di Wakanda dopo la morte del padre: ma se sulla sua strada trova dei nemici pronti a detronizzarlo, lui sarà pronta a unirsi alla CIA e alle forze speciali del proprio paese. Durata 135 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Belle & Sebastien – Amici per sempre – Avventura. Regia di Clovis Cornillac, con Félix Bossuet e Tchéky Karyo. Terzo capitolo della saga, Sebastien ha 12 anni e Belle gli ha regalato tre splendidi cuccioli. Senonché la tranquillità familiare è scalfitta dall’intenzione di Pierre, il padre del ragazzo, di trasferirsi in Canada e dall’arrivo di un presunto proprietario di Belle che vorrebbe portarsela via. Sebastien farà di tutto per non dover abbandonare la sua amica a quattro zampe. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Benvenuti a casa mia – Commedia. Regia di Philippe de Chauveron, con Christian Clavier, Nanou Garcia e Ary Abittan. Come se dicessimo: dal dire al fare. C’è uno scrittore, un intellettuale decisamente aperto, punto di riferimento della scena letteraria, sposato ad una ereditiera lontanissima dalla realtà che la circonda. È il fortunato autore di un libro, “Benvenuti a casa mia”, in cui auspica che ogni suo lettore, soprattutto i ricchi e benestanti, accettino di aprire le loro abitazioni a chi ne ha davvero bisogno. Ma se il suo avversario lo sfida a mettere in pratica, lui per primo, quanto il libro consiglia, se quella sera stessa qualcuno busserà alla sua porta, che cosa potrà succedere? Durata 92 minuti. (Greenwich sala 1, The Space, Uci)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

 

Chiamami col tuo nome – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer e Amira Casar. Nei dintorni di Crema, il 1983: come ogni anno il padre del diciassettenne Elio, professore universitario, ospita nella propria casa un borsista per l’intera estate. L’arrivo del disinvolto Oliver non lascia insensibile il ragazzo, che scopre il sesso con una coetanea ma che poco a poco ricambiato approfondisce la propria relazione con l’ospite. Un’educazione sentimentale, i libri e la musica, Eraclito e Heidegger, Bach e Busoni, l’ambiente pieno di libertà della sinistra, i discorsi insperati di un padre, il tempo scandito dalle cene e dalle discussioni su Craxi e Grillo, il vecchio factotum che di nome fa virgilianamente Anchise, passeggiate e discussioni, corse in bicicletta, ritrovamenti di statue in fondo al lago, nuotate in piccoli spazi d’acqua, felici intimità, in una delicatezza cinematografica (la macchina da presa pronta ad allontanarsi velocemente da qualsiasi eccessivo imbarazzo) che assorbe nei temi (“Io ballo da sola”) e nei luoghi (i paesini, i casali, la calura di “Novecento”) il passato di Bertolucci o guarda al “Teorema” pasoliniano. L’ultima opera di un regista (“Io sono l’amore”, “A bigger splash”) che con la critica di casa nostra non ha mai avuto rapporti troppo cordiali, osannato all’estero. La sceneggiatura firmata da James Ivory e tratta dal romanzo di André Aciman ha conquistato meritatamente l’Oscar. Durata130 minuti. (Eliseo blu)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Film geometrico e algido quanto perfetto, forse scontroso, eccezionale prova interpretativa per la Manville e per Day-Lewis, forse il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln”, convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Oscar per i migliori costumi. Durata 130 minuti. (Centrale in V.O., Due Giardini sala Nirvana, Reposi, Romano sala 2)

 

La forma dell’acqua – The shape of water – Fantasy. Regia di Guillermo del Toro, con Sally Hawkins, Doug Jones, Octavia Spencer, Michael Stulhbarg e Michael Shannon. Leone d’oro a Venezia, tredici candidature agli Oscar, arriva l’attesissima storia del mostro richiuso in una gabbia di vetro all’interno di un laboratorio governativo ad alta sicurezza (siamo negli States, in piena guerra fredda, il 1962) e del suo incontro con una giovane donna delle pulizie, Elisa, orfana e muta, dei tentativi di questa di salvarlo dalla cupidigia dei cattivi. Avrà l’aiuto degli amici (il disegnatore gay, lo scienziato russo pieno di ideali, la collega di colore), cancellando la solitudine e alimentando i sogni, in un’atmosfera che si culla sulle musiche di Alexandre Desplat, contaminate da quelle dei grandi del jazz degli anni Sessanta. Durata 123 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, Eliseo Grande, Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, The Space, Uci)

 

Il giustiziere della notte – Drammatico. Regia di Eli Roth, con Bruce Willis. Nel 1974 il medesimo titolo esplose con l’interpretazione di Charles Bronson, oggi, riadattato e attualizzato, lasciati i grattacieli di New York per essere ambientato a Chicago, chiuso nel vortice dei fatti successi nelle scuole americane e nel dibattito circa lo sfrontato acquisto/uso delle armi da parte dei cittadini degli States, vede il duro a morire Willis, medico chirurgo, combattere contro chi gli ha ucciso la moglie e violentato la figlia. Durata 92 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Lady Bird – Drammatico. Regia di Greta Gerwig, con Saoirse Ronan, Lucas Hedges, Timothée Chalamet e Laurie Metcalf. Una storia che pesca nell’autobiografia, l’autrice, come il personaggio femminile del film, è nata a Sacramento, in California, e sin da giovane smaniosa di raggiungere la costa orientale per studiare e dedicarsi al cinema. Anche Christine sogna di iscriversi ad una università nella parte opposta degli States, sottrarsi alla madre autoritaria, alla figura del padre senza lavoro, a quel piccolo mondo che la circonda. S’inventa storie, fa fronte alle prime prove d’amore, dal risultato negativo, fa di tutto per mettersi in buona luce agli occhi dei compagni di scuola che sembrano valere più di lei, ricavandone delusioni, s’appiccica quel nome del titolo: quale sarà il suo futuro? Un ritratto femminile già visto altre volte, che cerca continuamente sfide interpretative e di regia: ma un film che non lascerà un grande ricordo di sé, a bocca asciutta nella notte degli Oscar. Durata 94 minuti. (Eliseo Rosso, Nazionale sala 2, Uci)

 

Maria Maddalena – Drammatico. Regia di Garth Davis, con Rooney Mara, Joaquin Phoenix e Chiwetel Ejiofor. Una visione nuova nei confronti di una Maddalena vista come la peccatrice e la prostituta, figura alimentata per secoli. Il regista australiano (che tuttavia ha scoperto gli ambienti adatti in Sicilia) vede questa donna come un esempio di femminismo ante litteram, colei che sfugge ai compiti di moglie e madre che la società del tempo inevitabilmente le impone, colei che stabilisce di seguire il Maestro e di abbracciarne in modo completo la dottrina: quella che tra i tanti discepoli è scelta dal Maestro ad assistere alla sua Resurrezione. Guardando anche alle figure di Giuda e di Pietro, messi di fronte ad un messaggio che sconvolgerà il mondo ma incapaci di assumerne l’esatta interpretazione. Durata 120 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Metti la nonna in freezer – Commedia. Regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, con Fabio Di Luigi, Miriam Leone, Barbara Bouchet e Eros Pagni. Un giovane e incorruttibile finanziere e una bella restauratrice, con un paio di aiutanti al seguito, che vive grazie alla pensione della nonna visto che lo Stato tarda a riconoscerle i quattrini che le deve per tutto il lavoro che ha svolto. E se la vegliarda passa a miglior vita? Spetterà alla ragazza ingegnarsi per la sopravvivenza, l’elettrodomestico del titolo fa al caso suo, le amiche un piccolo aiuto non lo negano e la pensione della nonna si potrà continuare a percepire. Durata 100 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un uomo che fa affari con il mondo della politica, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti raccontata senza nulla nascondere, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Una cinematografia a molti sconosciuta, che merita con questo esempio d’essere tenuta d’occhio, un ritmo sostenuto nelle indagini che combattono contro le mazzette di quattrini che circolano a mo’ di ricompensa da una e dall’altra parte. Durezza e debolezze sulla faccia del protagonista. Durata 106 minuti. (Classico)

 

Oltre la notte – Drammatico. Regia di Fatih Akin, con Diane Kruger e Johannes Krisch. Katia vive dentro una famiglia felice, un figlio e un marito che dopo un periodo di prigione per spaccio ne è uscito e oggi lavora in una piccola agenzia di viaggi. Ma è una felicità destinata a morire: un attentato, che ha i suoi fautori in una coppia di estremisti legata al gruppo di destra greco “Alba dorata”, distrugge la vita dei suoi cari. Katia grazie al sostegno di amici e famigliari affronta il funerale e riesce ad andare avanti, ma quelle morti, con la ricerca ossessiva degli assassini, riaprono ferite e sollevano dubbi. Palmarès per la migliore interpretazione femminile a Cannes lo scorso anno e Golden Globe come miglior film straniero. Durata 101 minuti. (F.lli Marz sala Groucho, Nazionale sala 1, Uci)

 

Nome di donna – Drammatico. Regia di Marco Tullio Giordana, con Cristina Capotondi, Valerio Binasco, Adriana Asti e Bebo Storti. Nina, madre di una bambina, trova lavoro in una elegante residenza per anziani, nel territorio di Cremona, dove il direttore, spalleggiato da un sacerdote fuori da ogni regola di accoglienza, fa il buono e cattivo tempo. Sulle dipendenti soprattutto, che ha molestato e che molesta, che continuano ad accettare. Nina rompe gli schemi ormai affermati, denuncia, cerca disperatamente ma inutilmente l’appoggio delle colleghe. Un tema quanto mai attuale, pronto a far discutere. Come è consuetudine per le storie raccontate da Giordana, da “Maledetti vi amerò” alla “Meglio gioventù”. Durata 98 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Uci)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito e sul re che lo tollera, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è visto per il ruolo assegnare un Globe, ha meritatamente conquistato poche sere fa l’Oscar, un’interpretazione che colpisce per la concretezza, per gli scatti d’ira e per quel tanto di cocciutaggine e lungimiranza britannica che in quell’occasione s’impose. Uno sguardo al trucco dell’interprete: un secondo Oscar al film, premio agli artefici e alle tante ore di perfezione ogni giorno di lavorazione cui l’attore s’è sottoposto. Durata 125 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Pertini – Il combattente – Documentario. Regia di Graziano Diana e Giancarlo De Cataldo. Interviste (da Napolitano a Bonino, da Scalfari a Dino Zoff), cinegiornali, articoli, documenti, fumetti, canzoni per tratteggiare la figura del Presidente più amato dagli Italiani. Durata 76 minuti. (Centrale)

 

Puoi baciare lo sposo – Commedia. Regia di Alessandro Genovesi, con Diego Abatantuono, Monica Guerritore, Salvatore Esposito e Cristiano Caccamo. Si sono fidanzati a Berlino (“dove è facile fare i gay…”) Antonio e Paolo e sperano che la loro unione venga benedetta dal padre di Antonio, sindaco di Civita di Bagnoregio e uomo fautore di ogni accoglienza. Ma il “suocero”, colpito nell’ambito familiare, non gradisce. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Quello che non so di lei – Drammatico. Regia di Roman Polanski, con Emmanuelle Seigner, Eva Green e Vincent Perez. Delphine ha conosciuto l’importante successo editoriale dando alle stampe un romanzo che racconta il suicidio della madre. Ora deve combattere contro una crisi creativa che la blocca davanti al foglio bianco. L’incontro con Leila che poco a poco, in tante differenti occasioni, si insinua nella sua vita e quasi se ne appropria, la metterà di fronte ad un mondo di ambiguità, dove anche l’aspetto morboso (basta ripercorrere la filmografia di Polanski per ritrovarne ampi esempi) trova eccellente spazio. Tratto dal romanzo “D’après une histoire vraie” di Delphine Vigan, con uno sguardo anche alla lotta incrociata di “Eva contro Eva”. Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

Red Sparrow – Azione. Regia di Francis Lawrence, con Jennifer Lawrence, Joel Edgerton, Charlotte Rampling, Jeremy Irons e Matthias Schoenaerts. Con tutta probabilità il primo capitolo di una adrenalinica trilogia, dal momento che lo scrittore Jason Matthews, un ex agente della Cia che ha parecchie cose da raccontare dovute a una più che trentennale lotta sul campo, ha anche pubblicato, oltre a questo primo romanzo, “Il palazzo degli inganni” e “The Kremlin’s Candidate”. Con il visino, la carica erotica e l’escalation senza freni della bella Jennifer già pluripremiata e oscarizzata nonostante i suoi “soli” ventisette anni, la ballerina del Bolshoi Dominika, in una guerra fredda che sembra affatto terminata, dovrà vedersela con un intrepido agente della Cia sotto copertura al di là della Cortina, ma si sa che in questi incontri/scontri possono farsi strada crocevia amorosi. Dirige il regista di “Hunher Games”, intriganti i panorami che si inseguono tra Atene e Mosca, tra Helsinki e Washington. Durata 139 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Ricomincio da noi – Commedia. Regia di Richard Loncraine, con Imelda Stauton, Celia Imrie e Timothy Spall. Il film che con risate, un po’ di autentica commozione e grande successo aveva aperto l’ultimo TFF. Scoperto che il marito la tradisce da anni con la sua migliore amica (mai fidarsi!), la protagonista scopre, attraverso l’eccentricità della sorella, quei tanti amici che la circondano, il suo modo spensierato di affrontare e condurre la vita, di avere voglia di buttarsi alle spalle tutto quanto, magari iniziando con il frequentare una sala da ballo. La attendono ancora altre prove ma un non più giovane innamorato la farà decidere la nuova strada da intraprendere. Nessuno scossone ma una bella botta di vita comunque, per lo spettatore e per la terna d’attori che sono tra il meglio del cinema e del teatro inglesi, da ammirare. Durata 110 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Romano sala 1)

 

La terra buona – Commedia drammatica. Regia di Emanuele Caruso, con Fabrizio Ferracane, Giulio Brogi, Lorenzo Pedrotti e Viola Sartoretto. Tre storie che s’intrecciano per confluire insieme in un angolo di serenità. La giovane Gea, malata terminale, all’insaputa della famiglia si rifugia con un amico, forse innamorato di lei, in una valle piemontese al confine con il territorio svizzero. Là, in una borgata antica, fatta di case di pietra, dimenticata, vivono un vecchio frate eremita che ha raccolto negli anni una ricchissima biblioteca e un medico, in cerca di medicamenti alternativi, senza risposte certe, e per questo cacciato dalla civiltà che lo ha giudicato e condannato. Un’altra scommessa per l’autore che tre anni fa con “E fu sera e fu mattina” divenne un caso cinematografico, ovvero budget ridotto all’osso e grande successo per i cinefili doc. Durata 110 minuti. (Reposi)

 

The lodgers – Non infrangere le regole. – Horror. Regia di Brian O’Malley, con Charlotte Vega, Bill Milner, Eugene Simon e David Bradley. Nell’Irlanda del 1920, i gemelli Edward e Rachel debbono combattere, per una punizione per le colpe dei loro antenati, contro le presenze sinistre che popolano la loro casa. Debbono andare a letto entro la mezzanotte, non debbono mai fare entrare estranei in casa e debbono stare sempre insieme, senza mai separarsi. Ognuna di queste regole va rispettata. Se il ragazzo è pronto ad accettare ogni norma, la sorella cerca di sfuggire per sottrarsi ad una crudele prigionia. Durata 92 minuti. (Uci)

 

The Post – Drammatico. Regia di Steven Spielberg, con Meryl Streep e Tom Hanks. Ancora l’America descritta da Spielberg con gran senso dello spettacolo. L’argomento è ormai noto, il New York Times aveva tra le mani nel 1971 un bel pacco di documenti comprovanti con estremo imbarazzo la cattiva politica di ben cinque presidenti per quel che riguardava il coinvolgimento degli States nella sporca guerra nel sud-est asiatico. Il governo proibì che fossero dati alle stampe. Se ne fece carico il direttore del Washington Post (Tom Hanks), sfidando comandi dall’alto e un non improbabile carcere: ma a nulla sarebbe valsa quella voce pure autorevole, se la voce ancora più forte non fosse venuta dall’editrice Katharine Graham, all’improvviso ritrovatasi a doversi porre in prima linea in un mondo esclusivamente maschile, buona amica di qualche rappresentante dello staff presidenziale (in primo luogo del segretario alla difesa McNamara) e pur tuttavia decisa a far conoscere a tutti quel mai chiarito pezzo di storia. L’autore del “Soldato Ryan” e di “Lincoln” si avvale di una sceneggiatura che porta la firma prestigiosa di Josh Singer (“Il caso Spotlight”), della fotografia di Janusz Kaminski (“Schindler’s list”), dei costumi di Ann Roth. Durata 118 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 1)

 

Tomb Raider – Avventura. Regia di Roar Uthaug, con Alicia Vikander e Dominic West. Dopo l’avventura firmata da Angiolina Jolie, ecco nuovamente Lara Croft. La quale decide di partire, dopo l’insperato ritrovamento di un quaderno d’appunti, per una sconosciuta isola del mar del Giappone alla ricerca di suo padre dato per scomparso. Durata 115 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Oscar strameritati per la protagonista e per il poliziotto mammone e fuori di testa di Rockwell. Durata 132 minuti. (Ambrosio sala 3, Lux sala 3, Uci)

 

Un amore sopra le righe – Drammatico. Regia di Nicolas Bedos, con Nicolas Bedos e Doria Tillier. Dagli anni Settanta ad oggi, la storia di un uomo e una donna, che s’incontrano, si amano e si lasciano, si ritrovano e tornano ad amarsi e si tradiscono, routine e delusioni e passioni lunghe circa cinquant’anni. Sarah, una giovane studentessa di famiglia ebraica, incontra Victor, un ragazzo che vive tra insicurezze e smanie di scrittore, farà con lui due figli, sempre tra alti e bassi. Durata 120 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Uci)

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A casa tutti bene – Commedia. regia di Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi, Massimo Ghini, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino e Gianmarco Tognazzi. Una ricorrenza da festeggiare, le nozze d’oro dei nonni, una permanenza forzata, il traghetto bloccato e l’isola di Ischia a fare da sfondo: gli antichi ristoratori, i tre figli che hanno preso strade diverse, le mogli attuali e quelle di un tempo, il cugino solo e poveraccio con debiti e un figlio in arrivo, i rancori, le confessioni e le urla, il ritratto di una famiglia italiana in perfetto stile Muccino, figliuol prodigo tornato a casa dopo i (quasi totali) successi d’oltreoceano. Ma Muccino rimane Muccino, con le tante tessere di una storia, con il suo nervoso montaggio, con una sceneggiatura che non brilla, con certi attori presi nel vortice del dramma ad ogni costo, con altri che continuano a ripetere i loro soliti personaggi. Però un palmarès alle prove di Massimo Ghini e Valeria Solarino, all’invasione altissima del mai così bravo Gianmarco Tognazzi. Durata 105 minuti. (Massaua, Eliseo Blu, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Anche senza di te – Commedia. Regia di Francesco Bonelli, con Nicolas Vaporidis, Andrea Branciamore e Myriam Catania. La storia di Sara, insegnante elementare precaria e prossima all’altare con il medico in carriera Andrea. Ma con il momento (troppo) fatidico arrivano gli attacchi di panico, incontenibili. Nei pressi c’è il collega (chiaramente, di lei) Nicola e con lui il sogno di una scuola gestita in un modo diverso, ad esempio con il linguaggio autentico delle emozioni: un metodo che potrebbe tornare comodo anche alla scombussolata protagonista. Durata 107 minuti. (Greenwich sala 3, Uci)

 

Black Panther – Fantasy. Regia di Ryan Coogler, con Chadwick Boseman, Lupita Nyong’o, Martin Freeman e Angela Bassett. Il protagonista è il nuovo re di Wakanda dopo la morte del padre: ma se sulla sua strada trova dei nemici pronti a detronizzarlo, lui sarà pronta a unirsi alla CIA e alle forze speciali del proprio paese. Durata 135 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Belle & Sebastien – Amici per sempre – Avventura. Regia di Clovis Cornillac, con Félix Bossuet e Tchéky Karyo. Terzo capitolo della saga, Sebastien ha 12 anni e Belle gli ha regalato tre splendidi cuccioli. Senonché la tranquillità familiare è scalfitta dall’intenzione di Pierre, il padre del ragazzo, di trasferirsi in Canada e dall’arrivo di un presunto proprietario di Belle che vorrebbe portarsela via. Sebastien farà di tutto per non dover abbandonare la sua amica a quattro zampe. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Benvenuti a casa mia – Commedia. Regia di Philippe de Chauveron, con Christian Clavier, Nanou Garcia e Ary Abittan. Come se dicessimo: dal dire al fare. C’è uno scrittore, un intellettuale decisamente aperto, punto di riferimento della scena letteraria, sposato ad una ereditiera lontanissima dalla realtà che la circonda. È il fortunato autore di un libro, “Benvenuti a casa mia”, in cui auspica che ogni suo lettore, soprattutto i ricchi e benestanti, accettino di aprire le loro abitazioni a chi ne ha davvero bisogno. Ma se il suo avversario lo sfida a mettere in pratica, lui per primo, quanto il libro consiglia, se quella sera stessa qualcuno busserà alla sua porta, che cosa potrà succedere? Durata 92 minuti. Lux sala 1, The Space, Uci)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

 

Chiamami col tuo nome – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer e Amira Casar. Nei dintorni di Crema, il 1983: come ogni anno il padre del diciassettenne Elio, professore universitario, ospita nella propria casa un borsista per l’intera estate. L’arrivo del disinvolto Oliver non lascia insensibile il ragazzo, che scopre il sesso con una coetanea ma che poco a poco ricambiato approfondisce la propria relazione con l’ospite. Un’educazione sentimentale, i libri e la musica, Eraclito e Heidegger, Bach e Busoni, l’ambiente pieno di libertà della sinistra, i discorsi insperati di un padre, il tempo scandito dalle cene e dalle discussioni su Craxi e Grillo, il vecchio factotum che di nome fa virgilianamente Anchise, passeggiate e discussioni, corse in bicicletta, ritrovamenti di statue in fondo al lago, nuotate in piccoli spazi d’acqua, felici intimità, in una delicatezza cinematografica (la macchina da presa pronta ad allontanarsi velocemente da qualsiasi eccessivo imbarazzo) che assorbe nei temi (“Io ballo da sola”) e nei luoghi (i paesini, i casali, la calura di “Novecento”) il passato di Bertolucci o guarda al “Teorema” pasoliniano. L’ultima opera di un regista (“Io sono l’amore”, “A bigger splash”) che con la critica di casa nostra non ha mai avuto rapporti troppo cordiali, osannato all’estero. La sceneggiatura firmata da James Ivory e tratta dal romanzo di André Aciman ha conquistato meritatamente l’Oscar. Durata130 minuti. (Eliseo blu)

 

Cinquanta sfumature di rosso – Drammatico. Regia di James Foley, con Dakota Johnson e Jamie Dornan. Si cambia colore (ed è la terza e ultima volta), impaginazione dello stesso regista di “Cinquanta sfumature di nero”. L’ultimo dei romanzi di E.L. James in versione “oggi sposi”, con cerimonia nuziale, bella casa e viaggio di nozze in Europa, con qualche addolcimento per quel che riguarda la “padronanza” del bel tenebroso Christian verso la bella Anastasia, comunque – gli appassionati non disperino – nei dintorni del “bondage soft”. Uscendo un po’ di più dalla camera da letto e imboccando la via del thrilling, rapimenti e inseguimenti in auto si ricollegano ad un passato di gente che non molla, dall’ex datore di lavoro dell’ormai sposina fresca fresca alla Elena della sempre appetitosa e combattiva Kim Basinger, ancora una volta pronta a riconquistarsi il ragazzone che lei stessa ha avviato alle pratiche amorose tutte frustini in bella vista. Durata 104 minuti. (The Space, Uci)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Film geometrico e algido quanto perfetto, forse scontroso, eccezionale prova interpretativa per la Manville e per Day-Lewis, forse il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln”, convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Oscar per i migliori costumi. Durata 130 minuti. (Centrale in V.O., Due Giardini sala Nirvana, Reposi, Romano sala 2)

 

La forma dell’acqua – The shape of water – Fantasy. Regia di Guillermo del Toro, con Sally Hawkins, Doug Jones, Octavia Spencer, Michael Stulhbarg e Michael Shannon. Leone d’oro a Venezia, tredici candidature agli Oscar, arriva l’attesissima storia del mostro richiuso in una gabbia di vetro all’interno di un laboratorio governativo ad alta sicurezza (siamo negli States, in piena guerra fredda, il 1962) e del suo incontro con una giovane donna delle pulizie, Elisa, orfana e muta, dei tentativi di questa di salvarlo dalla cupidigia dei cattivi. Avrà l’aiuto degli amici (il disegnatore gay, lo scienziato russo pieno di ideali, la collega di colore), cancellando la solitudine e alimentando i sogni, in un’atmosfera che si culla sulle musiche di Alexandre Desplat, contaminate da quelle dei grandi del jazz degli anni Sessanta. Durata 123 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Eliseo Grande, Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, The Space, Uci)

 

Il giustiziere della notte – Drammatico. Regia di Eli Roth, con Bruce Willis. Nel 1974 il medesimo titolo esplose con l’interpretazione di Charles Bronson, oggi, riadattato e attualizzato, lasciati i grattacieli di New York per essere ambientato a Chicago, chiuso nel vortice dei fatti successi nelle scuole americane e nel dibattito circa lo sfrontato acquisto/uso delle armi da parte dei cittadini degli States, vede il duro a morire Willis, medico chirurgo, combattere contro chi gli ha ucciso la moglie e violentato la figlia. Durata 92 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Lady Bird – Drammatico. Regia di Greta Gerwig, con Saoirse Ronan, Lucas Hedges, Timothée Chalamet e Laurie Metcalf. Una storia che pesca nell’autobiografia, l’autrice, come il personaggio femminile del film, è nata a Sacramento, in California, e sin da giovane smaniosa di raggiungere la costa orientale per studiare e dedicarsi al cinema. Anche Christine sogna di iscriversi ad una università nella parte opposta degli States, sottrarsi alla madre autoritaria, alla figura del padre senza lavoro, a quel piccolo mondo che la circonda. S’inventa storie, fa fronte alle prime prove d’amore, dal risultato negativo, fa di tutto per mettersi in buona luce agli occhi dei compagni di scuola che sembrano valere più di lei, ricavandone delusioni, s’appiccica quel nome del titolo: quale sarà il suo futuro? Un ritratto femminile già visto altre volte, che cerca continuamente sfide interpretative e di regia: ma un film che non lascerà un grande ricordo di sé, a bocca asciutta nella notte degli Oscar. Durata 94 minuti. (Eliseo Rosso, Nazionale sala 2, Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un politico, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Durata 106 minuti. (Classico)

 

Nome di donna – Drammatico. Tegia di Marco Tullio Giordana, con Cristina Capotondi, Valerio Binasco, Adriana Asti e Bebo Storti. Nina, madre di una bambina, trova lavoro in una elegante residenza per anziani, nel territorio di Cremona, dove il direttore, spalleggiato da un sacerdote fuori da ogni regola di accoglienza, fa il buono e cattivo tempo. Sulle dipendenti soprattutto, che ha molestato e che molesta, che continuano ad accettare. Nina rompe gli schemi ormai affermati, denuncia, cerca disperatamente ma inutilmente l’appoggio delle colleghe. Un tema quanto mai attuale, pronto a far discutere. Come è consuetudine per le storie raccontate da Giordana, da “Maledetti vi amerò” alla “Meglio gioventù”. Durata 98 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Nazionale sala 1, Uci)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito e sul re che lo tollera, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è visto per il ruolo assegnare un Globe, ha meritatamente conquistato poche sere fa l’Oscar, un’interpretazione che colpisce per la concretezza, per gli scatti d’ira e per quel tanto di cocciutaggine e lungimiranza britannica che in quell’occasione s’impose. Uno sguardo al trucco dell’interprete: un secondo Oscar al film, premio agli artefici e alle tante ore di perfezione ogni giorno di lavorazione cui l’attore s’è sottoposto. Durata 125 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Greenwich sala 3)

 

Puoi baciare lo sposo – Commedia. Regia di Alessandro Genovesi, con Diego Abatantuono, Monica Guerritore, Salvatore Esposito e Cristiano Caccamo. Si sono fidanzati a Berlino (“dove è facile fare i gay…”) Antonio e Paolo e sperano che la loro unione venga benedetta dal padre di Antonio, sindaco di Civita di Bagnoregio e uomo fautore di ogni accoglienza. Ma il “suocero”, colpito nell’ambito familiare, non gradisce. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Quello che non so di lei – Drammatico. Regia di Roman Polanski, con Emmanuelle Seigner, Eva Green e Vincent Perez. Delphine ha conosciuto l’importante successo editoriale dando alle stampe un romanzo che racconta il suicidio della madre. Ora deve combattere contro una crisi creativa che la blocca davanti al foglio bianco. L’incontro con Leila che poco a poco, in tante differenti occasioni, si insinua nella sua vita e quasi se ne appropria, la metterà di fronte ad un mondo di ambiguità, dove anche l’aspetto morboso (basta ripercorrere la filmografia di Polanski per ritrovarne ampi esempi) trova eccellente spazio. Tratto dal romanzo “D’après une histoire vraie” di Delphine Vigan, con uno sguardo anche alla lotta incrociata di “Eva contro Eva”. Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 1)

 

Red Sparrow – Azione. Regia di Francis Lawrence, con Jennifer Lawrence, Joel Edgerton, Charlotte Rampling, Jeremy Irons e Matthias Schoenaerts. Con tutta probabilità il primo capitolo di una adrenalinica trilogia, dal momento che lo scrittore Jason Matthews, un ex agente della Cia che ha parecchie cose da raccontare dovute a una più che trentennale lotta sul campo, ha anche pubblicato, oltre a questo primo romanzo, “Il palazzo degli inganni” e “The Kremlin’s Candidate”. Con il visino, la carica erotica e l’escalation senza freni della bella Jennifer già pluripremiata e oscarizzata nonostante i suoi “soli” ventisette anni, la ballerina del Bolshoi Dominika, in una guerra fredda che sembra affatto terminata, dovrà vedersela con un intrepido agente della Cia sotto copertura al di là della Cortina, ma si sa che in questi incontri/scontri possono farsi strada crocevia amorosi. Dirige il regista di “Hunher Games”, intriganti i panorami che si inseguono tra Atene e Mosca, tra Helsinki e Washington. Durata 139 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Ricomincio da noi – Commedia. Regia di Richard Loncraine, con Imelda Stauton, Celia Imrie e Timothy Spall. Il film che con risate, un po’ di autentica commozione e grande successo aveva aperto l’ultimo TFF. Scoperto che il marito la tradisce da anni con la sua migliore amica (mai fidarsi!), la protagonista scopre, attraverso l’eccentricità della sorella, quei tanti amici che la circondano, il suo modo spensierato di affrontare e condurre la vita, di avere voglia di buttarsi alle spalle tutto quanto, magari iniziando con il frequentare una sala da ballo. La attendono ancora altre prove ma un non più giovane innamorato la farà decidere la nuova strada da intraprendere. Nessuno scossone ma una bella botta di vita comunque, per lo spettatore e per la terna d’attori che sono tra il meglio del cinema e del teatro inglesi, da ammirare. Durata 110 minuti. (F.lli Marx sala Groucho, Romano sala 1)

 

La terra buona – Commedia drammatica. Regia di Emanuele Caruso, con Fabrizio Ferracane, Giulio Brogi, Lorenzo Pedrotti e Viola Sartoretto. Tre storie che s’intrecciano per confluire insieme in un angolo di serenità. La giovane Gea, malata terminale, all’insaputa della famiglia si rifugia con un amico, forse innamorato di lei, in una valle piemontese al confine con il territorio svizzero. Là, in una borgata antica, fatta di case di pietra, dimenticata, vivono un vecchio frate eremita che ha raccolto negli anni una ricchissima biblioteca e un medico, in cerca di medicamenti alternativi, senza risposte certe, e per questo cacciato dalla civiltà che lo ha giudicato e condannato. Un’altra scommessa per l’autore che tre anni fa con “E fu sera e fu mattina” divenne un caso cinematografico, ovvero budget ridotto all’osso e grande successo per i cinefili doc. Durata 110 minuti. (Reposi)

 

The lodgers – Non infrangere le regole. – Horror. Regia di Brian O’Malley, con Charlotte Vega, Bill Milner, Eugene Simon e David Bradley. Nell’Irlanda del 1920, i gemelli Edward e Rachel debbono combattere, per una punizione per le colpe dei loro antenati, contro le presenze sinistre che popolano la loro casa. Debbono andare a letto entro la mezzanotte, non debbono mai fare entrare estranei in casa e debbono stare sempre insieme, senza mai separarsi. Ognuna di queste regole va rispettata. Se il ragazzo è pronto ad accettare ogni norma, la sorella cerca di sfuggire per sottrarsi ad una crudele prigionia. Durata 92 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

The Post – Drammatico. Regia di Steven Spielberg, con Meryl Streep e Tom Hanks. Ancora l’America descritta da Spielberg con gran senso dello spettacolo. L’argomento è ormai noto, il New York Times aveva tra le mani nel 1971 un bel pacco di documenti comprovanti con estremo imbarazzo la cattiva politica di ben cinque presidenti per quel che riguardava il coinvolgimento degli States nella sporca guerra nel sud-est asiatico. Il governo proibì che fossero dati alle stampe. Se ne fece carico il direttore del Washington Post (Tom Hanks), sfidando comandi dall’alto e un non improbabile carcere: ma a nulla sarebbe valsa quella voce pure autorevole, se la voce ancora più forte non fosse venuta dall’editrice Katharine Graham, all’improvviso ritrovatasi a doversi porre in prima linea in un mondo esclusivamente maschile, buona amica di qualche rappresentante dello staff presidenziale (in primo luogo del segretario alla difesa McNamara) e pur tuttavia decisa a far conoscere a tutti quel mai chiarito pezzo di storia. L’autore del “Soldato Ryan” e di “Lincoln” si avvale di una sceneggiatura che porta la firma prestigiosa di Josh Singer (“Il caso Spotlight”), della fotografia di Janusz Kaminski (“Schindler’s list”), dei costumi di Ann Roth. Durata 118 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 1)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Oscar strameritati per la protagonista e per il poliziotto mammone e fuori di testa di Rockwell. Durata 132 minuti. (Ambrosio sala 2, Greenwich sala 2, Massimo sala 2 in V.O.)

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A casa tutti bene – Commedia. regia di Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi, Massimo Ghini, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino e Gianmarco Tognazzi. Una ricorrenza da festeggiare, le nozze d’oro dei nonni, una permanenza forzata, il traghetto bloccato e l’isola di Ischia a fare da sfondo: gli antichi ristoratori, i tre figli che hanno preso strade diverse, le mogli attuali e quelle di un tempo, il cugino solo e poveraccio con debiti e un figlio in arrivo, i rancori, le confessioni e le urla, il ritratto di una famiglia italiana in perfetto stile Muccino, figliuol prodigo tornato a casa dopo i (quasi totali) successi d’oltreoceano. Ma Muccino rimane Muccino, con le tante tessere di una storia, con il suo nervoso montaggio, con una sceneggiatura che non brilla, con certi attori presi nel vortice del dramma ad ogni costo, con altri che continuano a ripetere i loro soliti personaggi. Però un palmarès alle prove di Massimo Ghini e Valeria Solarino, all’invasione altissima del mai così bravo Gianmarco Tognazzi. Durata 105 minuti. (Massaua, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Chico, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Black Panther – Fantasy. Regia di Ryan Coogler, con Chadwick Boseman, Lupita Nyong’o, Martin Freeman e Angela Bassett. Il protagonista è il nuovo re di Wakanda dopo la morte del padre: ma se sulla sua strada trova dei nemici pronti a detronizzarlo, lui sarà pronta a unirsi alla CIA e alle forze speciali del proprio paese. Durata 135 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Belle & Sebastien – Amici per sempre – Avventura. Regia di Clovis Cornillac, con Félix Bossuet e Tchéky Karyo. Terzo capitolo della saga, Sebastien ha 12 anni e Belle gli ha regalato tre splendidi cuccioli. Senonché la tranquillità familiare è scalfitta dall’intenzione di Pierre, il padre del ragazzo, di trasferirsi in Canada e dall’arrivo di un presunto proprietario di Belle che vorrebbe portarsela via. Sebastien farà di tutto per non dover abbandonare la sua amica a quattro zampe. Durata 90 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, The Space, Uci)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 1)

 

Chiamami col tuo nome – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer e Amira Casar. Nei dintorni di Crema, il 1983: come ogni anno il padre del diciassettenne Elio, professore universitario, ospita nella propria casa un borsista per l’intera estate. L’arrivo del disinvolto Oliver non lascia insensibile il ragazzo, che scopre il sesso con una coetanea ma che poco a poco ricambiato approfondisce la propria relazione con l’ospite. Un’educazione sentimentale, i libri e la musica, Eraclito e Heidegger, Bach e Busoni, l’ambiente pieno di libertà della sinistra, i discorsi insperati di un padre, il tempo scandito dalle cene e dalle discussioni su Craxi e Grillo, il vecchio factotum che di nome fa virgilianamente Anchise, passeggiate e discussioni, corse in bicicletta, ritrovamenti di statue in fondo al lago, nuotate in piccoli spazi d’acqua, felici intimità, in una delicatezza cinematografica (la macchina da presa pronta ad allontanarsi velocemente da qualsiasi eccessivo imbarazzo) che assorbe nei temi (“Io ballo da sola”) e nei luoghi (i paesini, i casali, la calura di “Novecento”) il passato di Bertolucci o guarda al “Teorema” pasoliniano. L’ultima opera di un regista (“Io sono l’amore”, “A bigger splash”) che con la critica di casa nostra non ha mai avuto rapporti troppo cordiali, osannato all’estero, in corsa verso l’Oscar con quattro candidature. La sceneggiatura è firmata da James Ivory dal romanzo di André Aciman. Durata130 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Cinquanta sfumature di rosso – Drammatico. Regia di James Foley, con Dakota Johnson e Jamie Dornan. Si cambia colore (ed è la terza e ultima volta), impaginazione dello stesso regista di “Cinquanta sfumature di nero”. L’ultimo dei romanzi di E.L. James in versione “oggi sposi”, con cerimonia nuziale, bella casa e viaggio di nozze in Europa, con qualche addolcimento per quel che riguarda la “padronanza” del bel tenebroso Christian verso la bella Anastasia, comunque – gli appassionati non disperino – nei dintorni del “bondage soft”. Uscendo un po’ di più dalla camera da letto e imboccando la via del thrilling, rapimenti e inseguimenti in auto si ricollegano ad un passato di gente che non molla, dall’ex datore di lavoro dell’ormai sposina fresca fresca alla Elena della sempre appetitosa e combattiva Kim Basinger, ancora una volta pronta a riconquistarsi il ragazzone che lei stessa ha avviato alle pratiche amorose tutte frustini in bella vista. Durata 104 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Ella & John – The Leisure Seeker – Drammatico. Regia di Paolo Virzì, con Donald Sutherland e Helen Mirren. Tratto dal romanzo americano di Michael Zadoorian, con alcune varianti apportate dalla sceneggiatura scritta dallo stesso regista in compagnia di Francesco Piccolo, Francesca Archibugi e Stephen Amidon (a lui già Virzì si rivolse per “Il capitale umano”), è la storia della coppia del titolo, svanito e smemorato ma forte John, fragile ma lucidissima Ella, è il racconto del loro viaggio, dai grattacieli di Boston ai climi di Key West, lungo la Old Route 1, anche per rivisitare con la (poca e povera) memoria il vecchio Hemingway – John è stato un professore di letteratura di successo che ha coltivato con passione lo scrittore del “Vecchio e il mare” -, un viaggio che ha la forma di una conclusiva ribellione ad una famiglia e soprattutto a un destino che ha riservato per lei il cancro all’ultimo stadio e a lui l’abisso dell’Alzheimer. Momenti di felicità e anche di paura in un’America che sembrano non riconoscere più, una storia attuale e un tuffo nella nostalgia (quella che guarda agli anni Settanta), a bordo del loro vecchio camper, mentre corpo e mente se ne vanno. Un’occasione, per ripercorrere una storia d’amore coniugale nutrita da passione e devozione ma anche da ossessioni segrete che riemergono brutalmente, regalando rivelazioni fino all’ultimo istante. Un film di emozioni per coppie vecchio stampo, due formidabili interpretazioni, due doppiaggi – Ludovica Modugno e Giannini – da ascoltare con attenzione: ma a me è sembrato di essere lontano anni luce dalla stratosferica follia e umanità della “Pazza gioia”. Durata 112 minuti. (Romano sala 3)

 

Figlia mia – Drammatico. Regia di Laura Bispuri, con Valeria Golino, Alba Rohrwacher e Sara Casu. Unico film a rappresentare il nostro cinema a Berlino, vigorosa opera seconda dopo l’esordio della regista romana con “Vergine giurata”, è ambientato in terra di Sardegna, vicenda di due madri, l’una che con ogni protezione e amore ha dato sostegno all’adozione, l’altra, quella naturale, legata ad un mondo di piena libertà, perciò inaffidabile e votata all’insicurezza. Al centro la figura di una ragazzina, che reclama l’affetto di entrambe. Durata 90 minuti. (Massimo sala 2)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Sei candidature ai prossimi Oscar, tra cui miglior film, miglior regista, migliori costumi e miglior attore protagonista, prova che forse potrebbe essere il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln” , convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Durata 130 minuti. (Centrale in V.O., Due Giardini sala Nirvana, Reposi, Romano sala 2, Uci)

 

La forma dell’acqua – The shape of water – Fantasy. Regia di Guillermo del Toro, con Sally Hawkins, Doug Jones, Octavia Spencer, Michael Stulhbarg e Michael Shannon. Leone d’oro a Venezia, tredici candidature agli Oscar, arriva l’attesissima storia del mostro richiuso in una gabbia di vetro all’interno di un laboratorio governativo ad alta sicurezza (siamo negli States, in piena guerra fredda, il 1962) e del suo incontro con una giovane donna delle pulizie, Elisa, orfana e muta, dei tentativi di questa di salvarlo dalla cupidigia dei cattivi. Avrà l’aiuto degli amici (il disegnatore gay, lo scienziato russo pieno di ideali, la collega di colore), cancellando la solitudine e alimentando i sogni, in un’atmosfera che si culla sulle musiche di Alexandre Desplat, contaminate da quelle dei grandi del jazz degli anni Sessanta. Durata 123 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Blu, Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, The Space, Uci)

 

Lady Bird – Drammatico. Regia di Greta Gerwig, con Saoirse Ronan, Lucas Hedges, Timothée Chalamet e Laurie Metcalf. Una storia che pesca nell’autobiografia, l’autrice come il personaggio femminile del film è nata a Sacramento, in California, sin da giovane smaniosa di raggiungere la costa orientale. Anche Christine sogna di iscriversi ad una università nella parte opposta degli States, sottrarsi alla madre autoritaria, alla figura del padre senza lavoro, ai fratelli, a quel piccolo mondo che la circonda. S’inventa storie, fa fronte alle prime prove d’amore, dal risultato negativo, fa di tutto per mettersi in buona luce agli occhi dei compagni di scuola che sembrano valere più di lei, ricavandone delusioni, s’appiccica quel nome del titolo: quale sarà il suo futuro? La Ronan candidata all’Oscar. Durata 94 minuti. (Eliseo Grande, Nazionale sala 1, Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un politico, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Durata 106 minuti. (Classico)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito e sul re che lo tollera, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è già visto per il ruolo assegnare un Globe, sta sopravanzando sugli altri papabili per quanto riguarda gli Oscar, un’interpretazione che colpisce per la concretezza, per gli scatti d’ira e per quel tanto di cocciutaggine e lungimiranza britannica che in quell’occasione s’impose. Uno sguardo al trucco dell’interprete: gorse un altro Oscar assicurato. Durata 125 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 3)

 

Ore 15:17 assalto al treno – Drammatico. Regia di Clint Eastwood, con Spencer Stone, Alek Skarlatos e Anthony Sadler. Era il 21 agosto 2015 quando il mondo ricevette la notizia di un attentato, ad opera di un terrorista islamico, sventato sul treno che proveniva da Amsterdam ed era diretto a Parigi da tre ragazzoni californiani che già s’erano fatte le ossa sui vari fronti di guerra. Il film è il racconto delle loro vite sino a quel momento, del loro viaggio attraverso l’Europa, del loro atto di coraggio, di quell’essere in un momento preciso coraggiosi eroi per caso. Eastwood ha voluto che sullo schermo raccontassero la loro vicenda i diretti protagonisti, con i sogni, la realtà, lo spirito d’avventura e l’amicizia della loro età. Il film è il racconto di come quel giorno hanno salvato 500 vite, i buoni contro i cattivi o le avversità, come già avevano combattuto Bradley Cooper cecchino implacabile in “American Sniper” o Tom Hanks in “Sully” ammarando sull’Hudson. Questa la storia: con l’aggravante che questa volta l’autore di “Mistic river” ha perso completamente l’asse attorno al quale costruire la vicenda, scentrando l’episodio dell’attentato (lo ha relegato dentro l’ultimo quarto d’ora) e dando eccessiva importanza (in maniera quantomai folkloristica e banale al soggiorno italiano) a quanto lo ha preceduto. Se è vero che “quandoque bonus dormitat Homerus”, ebbene questo treno è il sonno completo del grande Eastwood. Durata 94 minuti. (The Space)

 

Puoi baciare lo sposo – Commedia. Regia di Alessandro Genovesi, con Diego Abatantuono, Monica Guerritore, Salvatore Esposito e Cristiano Caccamo. Si sono fidanzati a Berlino (“dove è facile fare i gay…”) Antonio e Paolo e sperano che la loro unione venga benedetta dal padre di Antonio, sindaco di Civita di Bagnoregio e uomo fautore di ogni accoglienza. Ma il “suocero”, colpito nell’ambito familiare, non gradisce. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Quello che non so di lei – Drammatico. Regia di Roman Polanski, con Emmanuelle Seigner, Eva Green e Vincent Perez. Delphine ha conosciuto l’importante successo editoriale dando alle stampe un romanzo che racconta il suicidio della madre. Ora deve combattere contro una crisi creativa che la blocca davanti al foglio bianco. L’incontro con Leila che poco a poco, in tante differenti occasioni, si insinua nella sua vita e quasi se ne appropria, la metterà di fronte ad un mondo di ambiguità, dove anche l’aspetto morboso (basta ripercorrere la filmografia di Polanski per ritrovarne ampi esempi) trova eccellente spazio. Tratto dal romanzo “D’après une histoire vraie” di Delphine Vigan, con uno sguardo anche alla lotta incrociata di “Eva contro Eva”. Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 1, F.lli Marx sala Groucho, Lux sala 1, Uci)

 

Red Sparrow – Azione. Regia di Francis Lawrence, con Jennifer Lawrence, Joel Edgerton, Charlotte Rampling, Jeremy Irons e Matthias Schoenaerts. Con tutta probabilità il primo capitolo di una adrenalinica trilogia, dal momento che lo scrittore Jason Matthews, un ex agente della Cia che ha parecchie cose da raccontare dovute a una più che trentennale lotta sul campo, ha oltre a questo primo pubblicato romanzo “Il palazzo degli inganni” e “The Kremlin’s Candidate”. Con il visino, la carica erotica e l’escalation senza freni della bella Jennifer già pluripremiata e oscarizzata nonostante i suoi “soli” ventisette anni, la ballerina del Bolshoi Dominika, in una guerra fredda che sembra affatto terminata, dovrà vedersela con un intrepido agente della Cia sotto copertura al di là della Cortina, ma si sa che in questi incontri/scontri possono farsi strada crocevia amorosi. Dirige il regista di “Hunher Games”, intriganti i panorami chesi inseguono tra Atene e Mosca, tra Helsinki e Washington. Durata 139 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Sconnessi – Regia di Christian Marazziti, con Fabrizio Bentivoglio, Carolina Crescentini, Stefano Fresi e Ricky Memphis. Le riunioni di famiglia (per carità, non scomodiamo Eliot) nel cinema di questi giorni vanno di moda, vuoi Muccino adesso Marazziti alla sua opera prima. Il padre, vecchie idee e soprattutto scrittore in prosciugata vena creativa, ha la bella idea di riunire la famiglia in montagna, del tipo facciamoci insieme ‘sta bella vacanza. Una valanga di no ma dobbiamo riunirci per forza. Nuova moglie incinta, nuovi cognati, vecchi figli, domestica importata dall’Est. La tragedia, propria dei nostri tempi, arriva quando si scopre che in casa non esiste connessione. Potremo vivere? E il fattaccio non scoprirà certi vasi di Pandora che sarebbe molto meglio se rimanessero chiusi? Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

The disaster artist – Commedia. Regia di James Franco, con James e Dave Franco. La lavorazione e lo sfacelo del più brutto film mai girato, “The Room”. La storia, ora diventata film, è stata raccontata in un libro dall’attore Greg Sestero, lo interpreta qui il fratello meno famoso del regista. È il ritratto di Tommy Wiseau, attore decisamente squinternato, autore e produttore e quant’altro, la sua voglia di credere in un sogno in maniera assoluta, la montagna di quattrini impiegati per vedere la parola fine, la prima disastrosa, il passaparola e la consapevolezza che il disastro poteva essere rigirato in successo. Negli States, grazie alle proiezioni di mezzanotte, “The Room” divenne un successo, i fischi sonori e i commenti pieni di umorismo e di compatimento divennero un cult. Da vedere per un totale divertimento cinematografico, grande successo al TFF. E non alzatevi dalla poltrona prima dell’ultimo fotogramma, ci scoprirete gli spezzoni originali e il vero Wiseau. Davvero un incanto. Durata 104 minuti. (Reposi)

 

The Party – Drammatico. Regia di Sally Potter, con Timothy Spall, Kristin Scott Thomas, Emily Mortimer, Cillian Murphy e Bruno Ganz. Metti una sera a cena, una tavolata di amici, ambiente di sinistra, di quelli ci diciamo tutto in faccia e ancora di più, noi siamo per la schiettezza a qualunque costo, con una padrona di casa (siamo a Londra) che è appena stata nominata ministro ombra della sanità, un marito che sta a guardare e che fatto di tutto per appoggiare la carriera della moglie, anche a scapito della sua, due lesbiche che aspettano un figlio e altro ancora. Uno stile, l’amicizia, la cordialità. l’ideologia, che cosa rimarrà in piedi dopo che il paziente consorte avrà buttato lì sul tavolo un paio di rivelazione che porteranno lo sconquasso tra gli ospiti? Un po’ dalle parti di “Chi ha paura di Virginia Woolf”, un po’ “Carnage”, un po’ anche del nostro Paolo Genovese con il suo “Perfetti sconosciuti”. Durata 71 minuti. (Nazionale sala 2)

 

The Post – Drammatico. Regia di Steven Spielberg, con Meryl Streep e Tom Hanks. Ancora l’America descritta da Spielberg con gran senso dello spettacolo, segue candidatura a due Oscar, miglior film e migliore attrice protagonista. L’argomento è ormai noto, il New York Times aveva tra le mani nel 1971 un bel pacco di documenti comprovanti con estremo imbarazzo la cattiva politica di ben cinque presidenti per quel che riguardava il coinvolgimento degli States nella sporca guerra nel sud-est asiatico. Il governo proibì che fossero dati alle stampe. Se ne fece carico il direttore del Washington Post (Tom Hanks), sfidando comandi dall’alto e un non improbabile carcere: ma a nulla sarebbe valsa quella voce pure autorevole, se la voce ancora più forte non fosse venuta dall’editrice Katharine Graham, all’improvviso ritrovatasi a doversi porre in prima linea in un mondo esclusivamente maschile, buona amica di qualche rappresentante dello staff presidenziale (in primo luogo del segretario alla difesa McNamara) e pur tuttavia decisa a far conoscere a tutti quel mai chiarito pezzo di storia. L’autore del “Soldato Ryan” e di “Lincoln” si avvale di una sceneggiatura che porta la firma prestigiosa di Josh Singer (“Il caso Spotlight”), della fotografia di Janusz Kaminski (“Schindler’s list”), dei costumi di Ann Roth; con questo ultimo ritratto Meryl Streep si conquista la sua ventunesima nomination agli Oscar. Riuscirà la fantastica Frances McDormand di “Tre manifesti” a sbarrarle la strada? Durata 118 minuti. (Ambrosio sala 3, Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 3, Reposi)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Da parte di molti “Tre manifesti” è già stato giudicato come il miglior film dell’anno, i quattro recenti Golden Globe spianano la strada verso gli Oscar. Durata 132 minuti. (Greenwich sala 2, Massimo sala 2 in V.O.)

 

La vedova Winchester – Horror. Regia di Michael e Peter Spierig, con Helen Mirren e Jason Clarke. Della famiglia che spese una vita a costruire fucili, morto il marito pioniere e una figlia, rimase soltanto lei, Sarah, che “vide” la sua grande casa, più di cinquecento stanze disseminate su sette piani, costruita nel 1884, ampliata per 38 anni e oggi attrazione turistica, infestata dai fantasmi, dalle vittime cioè di quanti caddero sotto quei fuochi e quelle pallottole famigerati. Uno psichiatra, inviato a controllare la salute mentale della donna e all’inizio scettico, scopre che quella ossessione ha in sé un fondo di verità. Durata 99 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A casa tutti bene – Commedia. regia di Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi, Massimo Ghini, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino e Gianmarco Tognazzi. Una ricorrenza da festeggiare, le nozze d’oro dei nonni, una permanenza forzata, il traghetto bloccato e l’isola di Ischia a fare da sfondo: gli antichi ristoratori, i tre figli che hanno preso strade diverse, le mogli attuali e quelle di un tempo, il cugino solo e poveraccio, i rancori, le confessioni e le urla, il ritratto di una famiglia italiana in perfetto stile Muccino, figliuol prodigo tornato a casa dopo i (quasi totali) successi d’oltreoceano. Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Black Panther – Fantasy. Regia di Ryan Coogler, con Chadwick Boseman, Lupita Nyong’o, Martin Freeman e Angela Bassett. Il protagonista è il nuovo re di Wakanda dopo la morte del padre: ma se sulla sua strada trova dei nemici pronti a detronizzarlo, lui sarà pronta a unirsi alla CIA e alle forze speciali del proprio paese. Durata 135 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche 3D)

 

Belle & Sebastien – Amici per sempre – Avventura. Regia di Clovis Cornillac, con Félix Bossuet e Tchéky Karyo. Terzo capitolo della saga, Sebastien ha 12 anni e Belle gli ha regalato tre splendidi cuccioli. Senonché la tranquillità familiare è scalfitta dall’intenzione di Pierre, il padre del ragazzo, di trasferirsi in Canada e dall’arrivo di un presunto proprietario di Belle che vorrebbe portarsela via. Sebastien farà di tutto per non dover abbandonare la sua amica a quattro zampe. Durata 90 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, The Space, Uci)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 1 e sala 3)

 

Chiamami col tuo nome – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer e Amira Casar. Nei dintorni di Crema, il 1983: come ogni anno il padre del diciassettenne Elio, professore universitario, ospita nella propria casa un borsista per l’intera estate. L’arrivo del disinvolto Oliver non lascia insensibile il ragazzo, che scopre il sesso con una coetanea ma che poco a poco ricambiato approfondisce la propria relazione con l’ospite. Un’educazione sentimentale, i libri e la musica, Eraclito e Heidegger, Bach e Busoni, l’ambiente pieno di libertà della sinistra, i discorsi insperati di un padre, il tempo scandito dalle cene e dalle discussioni su Craxi e Grillo, il vecchio factotum che di nome fa virgilianamente Anchise, passeggiate e discussioni, corse in bicicletta, ritrovamenti di statue in fondo al lago, nuotate in piccoli spazi d’acqua, felici intimità, in una delicatezza cinematografica (la macchina da presa pronta ad allontanarsi velocemente da qualsiasi troppo imbarazzo) che assorbe nei temi (“Io ballo da sola”) e nei luoghi (i paesini, i casali, la calura di “Novecento”) il passato di Bertolucci o guarda al “Teorema” pasoliniano. L’ultima opera di un regista (“Io sono l’amore”, “A bigger splash”) che con la critica di casa nostra non ha mai avuto rapporti troppo cordiali, osannato all’estero, in corsa verso l’Oscar con quattro candidature. La sceneggiatura è firmata da James Ivory dal romanzo di André Aciman. Chissà come risponderà il pubblico italiano? Durata130 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Cinquanta sfumature di rosso – Drammatico. Regia di James Foley, con Dakota Johnson e Jamie Dornan. Si cambia colore (ed è la terza e ultima volta), impaginazione dello stesso regista di “Cinquanta sfumature di nero”. L’ultimo dei romanzi di E.L. James in versione “oggi sposi”, con cerimonia nuziale, bella casa e viaggio di nozze in Europa, con qualche addolcimento per quel che riguarda la “padronanza” del bel tenebroso Christian verso la bella Anastasia, comunque – gli appassionati non disperino – nei dintorni del “bondage soft”. Uscendo un po’ di più dalla camera da letto e imboccando la via del thrilling, rapimenti e inseguimenti in auto si ricollegano ad un passato di gente che non molla, dall’ex datore di lavoro dell’ormai sposina fresca fresca alla Elena della sempre appetitosa e combattiva Kim Basinger, ancora una volta pronta a riconquistarsi il ragazzone che lei stessa ha avviato alle pratiche amorose tutte frustini in bella vista. Durata 104 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Ella & John – The Leisure Seeker – Drammatico. Regia di Paolo Virzì, con Donald Sutherland e Helen Mirren. Tratto dal romanzo americano di Michael Zadoorian, con alcune varianti apportate dalla sceneggiatura scritta dallo stesso regista in compagnia di Francesco Piccolo, Francesca Archibugi e Stephen Amidon (a lui già Virzì si rivolse per “Il capitale umano”), è la storia della coppia del titolo, svanito e smemorato ma forte John, fragile ma lucidissima Ella, è il racconto del loro viaggio, dai grattacieli di Boston ai climi di Key West, lungo la Old Route 1, anche per rivisitare con la (poca e povera) memoria il vecchio Hemingway – John è stato un professore di letteratura di successo che ha coltivato con passione lo scrittore del “Vecchio e il mare” -, un viaggio che ha la forma di una conclusiva ribellione ad una famiglia e soprattutto a un destino che ha riservato per lei il cancro all’ultimo stadio e a lui l’abisso dell’Alzheimer. Momenti di felicità e anche di paura in un’America che sembrano non riconoscere più, una storia attuale e un tuffo nella nostalgia (quella che guarda agli anni Settanta), a bordo del loro vecchio camper, mentre corpo e mente se ne vanno. Un’occasione, per ripercorrere una storia d’amore coniugale nutrita da passione e devozione ma anche da ossessioni segrete che riemergono brutalmente, regalando rivelazioni fino all’ultimo istante. Un film di emozioni per coppie vecchio stampo, due formidabili interpretazioni, due doppiaggi – Ludovica Modugno e Giannini – da ascoltare con attenzione: ma a me è sembrato di essere lontano anni luce dalla stratosferica follia e umanità della “Pazza gioia”. Durata 112 minuti. (Romano sala 3)

 

Figlia mia – Drammatico. Regia di Laura Bispuri, con Valeria Golino, Alba Rohrwacher e Sara Casu. Unico film a rappresentare il nostro cinema a Berlino, vigorosa opera seconda dopo l’esordio della regista romana con “Vergine giurata”, è ambientato in terra di Sardegna, vicenda di due madri, l’una che con ogni protezione e amore ha dato sostegno all’adozione, l’altra, quella naturale, legata ad un mondo di piena libertà, perciò inaffidabile e votata all’insicurezza. Al centro la figura di una ragazzina, che reclama l’affetto di entrambe. Durata 90 minuti. (Massimo sala 2)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Sei candidature ai prossimi Oscar, tra cui miglior film, miglior regista, migliori costumi e miglior attore protagonista, prova che forse potrebbe essere il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln” , convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Durata 130 minuti. (Centrale in V.O., Due Giardini sala Nirvana, Reposi, Romano sala 2, Uci)

 

Final portrait – L’arte di essere amici – Drammatico. Regia di Stanley Tucci, con Geoffrey Rush e Armie Hammer. Quinta prova dietro la macchina da presa (Big night, uno per tutti i titoli) di uno dei migliori caratteristi hollywoodiani (ricordiamo soltanto Il diavolo veste Prada e Shall we dance?), questa volta per raccontare l’incontro e l’amicizia (era il 1964) dell’artista Alberto Giacometti con il giovane scrittore e appassionato d’arte James Lord. L’invito dello scultore, il sì con la certezza che si tratterà di poche sedute: sarà l’inizio di un lungo percorso, l’attraversare da parte del ragazzo il mondo di insicurezze e frustrazioni dell’artista, delle sue fragilità e della sensibilità come della sua grandezza artistica. Partecipazione all’ultimo TFF, un eccezionale ritratto nell’interpretazione di Rush (Shine, La migliore offerta di Tornatore), con una precisa immedesimazione, con il suo calarsi appieno nella creatività come nelle zone d’ombra dell’uomo. Ma qualcosa non funziona, dal momento che la storia e la regia si fanno grigie come il colore che predomina nello studio dell’artista, tutto gira noiosamente su se stesso senza sprazzi e senza invenzioni, Hammer è un bel posacenere ben lontano dal film di Guadagnino: e per tutta la durata del film allo spettatore finisce col non importargli nulla delle stesure di colore e dei ripensamenti artistici di Giacometti. Durata 90 minuti. (Eliseo Rosso)

 

Hannah – Drammatico. Regia di Andrea Pallaoro, con Charlotte Rampling, André Wilms e Stéphanie Van Vyve. Il marito è stato arrestato per una colpa di cui non si saprà mai la natura e la vita di Hannah sembra sgretolarsi. Il figlio non vuole più avere contatti con lei, anche il nipotino segue le orme del padre. Hannah vive tra sguardi profondi e intimi silenzi, guarda al passato e si interroga su quale sarà il suo futuro. Coppa Volpi all’ultima Mostra di Venezia. Durata 95 minuti. (F.lli Marx sala Chico)

 

La forma dell’acqua – The shape of water – Fantasy. Regia di Guillermo del Toro, con Sally Hawkins, Doug Jones, Octavia Spencer, Michael Stulhbarg e Michael Shannon. Leone d’oro a Venezia, tredici candidature agli Oscar, arriva l’attesissima storia del mostro richiuso in una gabbia di vetro all’interno di un laboratorio governativo ad alta sicurezza (siamo negli States, in piena guerra fredda, il 1962) e del suo incontro con una giovane donna delle pulizie, Elisa, orfana e muta, dei tentativi di questa di salvarlo dalla cupidigia dei cattivi. Avrà l’aiuto degli amici (il disegnatore gay, lo scienziato russo pieno di ideali, la collega di colore), cancellando la solitudine e alimentando i sogni, in un’atmosfera che si culla sulle musiche di Alexandre Desplat, contaminate da quelle dei grandi del jazz degli anni Sessanta. Durata 123 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Blu, Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Maze Runner: la rivelazione – Fantasy. Regia di Wes Ball, con Dylan O’Brien e Aiden Gillen. Terzo appuntamento (già avevamo avuto “Il labirinto” e “La fuga”) con le avventure che già hanno coinvolto Thomas e i suoi amici. Adesso si tratta di dare l’assalto a un treno in puro stile western, di salvare a ogni istante la ragazza amata, di liberare i ragazzi che stanno per diventare le cavie di un grande laboratorio. E poi, si sa, il mondo è salvato dai ragazzini, specialmente quando a sconvolgerlo potrebbe essere un gruppo di adulti che aspira ad un pieno, feroce potere. Durata142 minuti. (Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un politico, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Durata 106 minuti. (Classico)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito e sul re che lo tollera, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è già visto per il ruolo assegnare un Globe, sta sopravanzando sugli altri papabili per quanto riguarda gli Oscar, un’interpretazione che colpisce per la concretezza, per gli scatti d’ira e per quel tanto di cocciutaggine e lungimiranza britannica che in quell’occasione s’impose. Uno sguardo al trucco dell’interprete: gorse un altro Oscar assicurato. Durata 125 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Reposi)

 

Ore 15:17 assalto al treno – Drammatico. Regia di Clint Eastwood, con Spencer Stone, Alek Skarlatos e Anthony Sadler. Era il 21 agosto 2015 quando il mondo ricevette la notizia di un attentato, ad opera di un terrorista islamico, sventato sul treno che proveniva da Amsterdam ed era diretto a Parigi da tre ragazzoni californiani che già s’erano fatte le ossa sui vari fronti di guerra. Il film è il racconto delle loro vite sino a quel momento, del loro viaggio attraverso l’Europa, del loro atto di coraggio, di quell’essere in un momento preciso coraggiosi eroi per caso. Eastwood ha voluto che sullo schermo raccontassero la loro vicenda i diretti protagonisti, con i sogni, la realtà, lo spirito d’avventura e l’amicizia della loro età. Il film è il racconto di come quel giorno hanno salvato 500 vite, i buoni contro i cattivi o le avversità, come già avevano combattuto Bradley Cooper cecchino implacabile in “American Sniper” o Tom Hanks in “Sully” ammarando sull’Hudson. Questa la storia: con l’aggravante che questa volta l’autore di “Mistic river” ha perso completamente l’asse attorno al quale costruire la vicenda, scentrando l’episodio dell’attentato (lo ha relegato dentro l’ultimo quarto d’ora) e dando eccessiva importanza (in maniera quantomai folkloristica e banale al soggiorno italiano) a quanto lo ha preceduto. Se è vero che “quandoque bonus dormitat Homerus”, ebbene questo treno è il sonno completo del grande Eastwood. Durata 94 minuti. (Greenwich sala 3, The Space, Uci)

 

Sconnessi – Regia di Christian Marazziti, con Fabrizio Bentivoglio, Carolina Crescentini, Stefano Fresi e Ricky Memphis. Le riunioni di famiglia (per carità, non scomodiamo Eliot) nel cinema di questi giorni vanno di moda, vuoi Muccino adesso Marazziti alla sua opera prima. Il padre, vecchie idee e soprattutto scrittore in prosciugata vena creativa, ha la bella idea di riunire la famiglia in montagna, del tipo facciamoci insieme ‘sta bella vacanza. Una valanga di no ma dobbiamo riunirci per forza. Nuova moglie incinta, nuovi cognati, vecchi figli, domestica importata dall’Est. La tragedia, propria dei nostri tempi, arriva quando si scopre che in casa non esiste connessione. Potremo vivere? E il fattaccio non scoprirà certi vasi di Pandora che sarebbe molto meglio se rimanessero chiusi? Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

The disaster artist – Commedia. Regia di James Franco, con James e Dave Franco. La lavorazione e lo sfacelo del più brutto film mai girato, “The Room”. La storia, ora diventata film, è stata raccontata in un libro dall’attore Greg Sestero, lo interpreta qui il fratello meno famoso del regista. È il ritratto di Tommy Wiseau, attore decisamente squinternato, autore e produttore e quant’altro, la sua voglia di credere in un sogno in maniera assoluta, la montagna di quattrini impiegati per vedere la parola fine, la prima disastrosa, il passaparola e la consapevolezza che il disastro poteva essere rigirato in successo. Negli States, grazie alle proiezioni di mezzanotte, “The Room” divenne un successo, i fischi sonori e i commenti pieni di umorismo e di compatimento divennero un cult. Da vedere per un totale divertimento cinematografico, grande successo al TFF. E non alzatevi dalla poltrona prima dell’ultimo fotogramma, ci scoprirete gli spezzoni originali e il vero Wiseau. Davvero un incanto. Durata 104 minuti. (Reposi)

 

The Party – Drammatico. Regia di Sally Potter, con Timothy Spall, Kristin Scott Thomas, Emily Mortimer, Cillian Murphy e Bruno Ganz. Metti una sera a cena, una tavolata di amici, ambiente di sinistra, di quelli ci diciamo tutto in faccia e ancora di più, noi siamo per la schiettezza a qualunque costo, con una padrona di casa (siamo a Londra) che è appena stata nominata ministro ombra della sanità, un marito che sta a guardare e che fatto di tutto per appoggiare la carriera della moglie, anche a scapito della sua, due lesbiche che aspettano un figlio e altro ancora. Uno stile, l’amicizia, la cordialità. l’ideologia, che cosa rimarrà in piedi dopo che il paziente consorte avrà buttato lì sul tavolo un paio di rivelazione che porteranno lo sconquasso tra gli ospiti? Un po’ dalle parti di “Chi ha paura di Virginia Woolf”, un po’ “Carnage”, un po’ anche del nostro Paolo Genovese con il suo “Perfetti sconosciuti”. Durata 71 minuti. (Nazionale sala 1)

 

The Post – Drammatico. Regia di Steven Spielberg, con Meryl Streep e Tom Hanks. Ancora l’America descritta da Spielberg con gran senso dello spettacolo, segue candidatura a due Oscar, miglior film e migliore attrice protagonista. L’argomento è ormai noto, il New York Times aveva tra le mani nel 1971 un bel pacco di documenti comprovanti con estremo imbarazzo la cattiva politica di ben cinque presidenti per quel che riguardava il coinvolgimento degli States nella sporca guerra nel sud-est asiatico. Il governo proibì che fossero dati alle stampe. Se ne fece carico il direttore del Washington Post (Tom Hanks), sfidando comandi dall’alto e un non improbabile carcere: ma a nulla sarebbe valsa quella voce pure autorevole, se la voce ancora più forte non fosse venuta dall’editrice Katharine Graham, all’improvviso ritrovatasi a doversi porre in prima linea in un mondo esclusivamente maschile, buona amica di qualche rappresentante dello staff presidenziale (in primo luogo del segretario alla difesa McNamara) e pur tuttavia decisa a far conoscere a tutti quel mai chiarito pezzo di storia. L’autore del “Soldato Ryan” e di “Lincoln” si avvale di una sceneggiatura che porta la firma prestigiosa di Josh Singer (“Il caso Spotlight”), della fotografia di Janusz Kaminski (“Schindler’s list”), dei costumi di Ann Roth; con questo ultimo ritratto Meryl Streep si conquista la sua ventunesima nomination agli Oscar. Riuscirà la fantastica Frances McDormand di “Tre manifesti” a sbarrarle la strada? Durata 118 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Lux sala 1, Uci)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Da parte di molti “Tre manifesti” è già stato giudicato come il miglior film dell’anno, i quattro recenti Golden Globe spianano la strada verso gli Oscar. Durata 132 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 2)

 

La vedova Winchester – Horror. Regia di Michael e Peter Spierig, con Helen Mirren e Jason Clarke. Della famiglia che spese una vita a costruire fucili, morto il marito pioniere e una figlia, rimase soltanto lei, Sarah, che “vide” la sua grande casa, più di cinquecento stanze disseminate su sette piani, costruita nel 1884, ampliata per 38 anni e oggi attrazione turistica, infestata dai fantasmi, dalle vittime cioè di quanti caddero sotto quei fuochi e quelle pallottole famigerati. Uno psichiatra, inviato a controllare la salute mentale della donna e all’inizio scettico, scopre che quella ossessione ha in sé un fondo di verità. Durata 99 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

L’uomo sul treno – Azione. Regia di Jaume Collet-Serra, con Liam Neeson, Vera Farmiga e Dean-Charles Chapman. Sul treno di pendolari che prende regolarmente da dieci anni, l’assicuratore Mc Cauley è avvicinato da una bella donna, una psicologa, che gli promette una bella quantità di soldi se lui vorrà fare con lei un gioco: su quel treno viaggia un tale che non ha proprio le caratteristiche di un normale pendolare, a lui scoprire di chi si tratta. Come nelle storie del maestro Hitchcock, l’uomo entrerà negli ingranaggi di un gioco più grande di lui, se volesse sottrarsene ne andrebbe della sua famiglia. Durata 105 minuti. (Uci)

 

Il vegetale – Commedia. Regia di Gennaro Nunziante, con Fabio Rovazzi, Luca Zingaretti e Ninni Bruschetta. Fabio è laureato in scienze della comunicazione e all’improvviso si ritrova a gestire la società paterna, cresciuta a suon di malaffare. Lui è forte della propria onestà, lascia Milano e se ne va al sud, in cerca d’aria nuova: finirà a raccogliere frutta agli ordini di un caporale di colore, unico bianco in mezzo a cento immigrati. Dovrà tenere a bada una sorellina pestifera che per lui non ha nessuna considerazione, ma in compenso troverà anche una maestrina dal cuore tenero. Durata 90 minuti. (Uci)

 

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A casa tutti bene – Commedia. regia di Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi, Massimo Ghini, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino e Gianmarco Tognazzi. Una ricorrenza da festeggiare, le nozze d’oro dei nonni, una permanenza forzata, il traghetto bloccato e l’isola di Ischia a fare da sfondo: gli antichi ristoratori, i tre figli che hanno preso strade diverse, le mogli attuali e quelle di un tempo, il cugino solo e poveraccio, i rancori, le confessioni e le urla, il ritratto di una famiglia italiana in perfetto stile Muccino, figliuol prodigo tornato a casa dopo i (quasi totali) successi d’oltreoceano. Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, Eliseo Blu, F.lli Marx sala Groucho e Chico, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Benedetta follia – Commedia. Regia di Carlo Verdone, con Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli, Lucrezia Lante della Rovere e Paola Minaccioni. Guglielmo, in depressione stabile, è il proprietario di un negozio di arredi sacri e abbigliamento d’eccellenza, per il piacere e l’eleganza della moltitudine di porporati romani. Depresso anche per il fatto che la moglie lo ha appena abbandonato perché innamorata proprio della commessa del suo negozio: quando come un ciclone entra nella sua vita una ragazza di borgata. Opera con un buon inizio se poi non prendesse la strada delle vogliose signore che in un modo o nell’altro vogliono accaparrarsi il misero quanto problematico single. Con una comicità che fa acqua da ogni parte (in sala piena ho contato un paio di risate davvero convinte), non priva di momenti quantomai imbarazzanti (oltrepassando di gran lunga, all’italiana, lo spudorato ma tranquillo divertimento della scena clou di “Harry, ti presento Sally”, la signora che nasconde il cellulare “nel posto più bello del mondo” finisce per ritrovarsi in una storiellina soltanto fuori dei limiti; l’attore/regista che si mette a fare il cicerone all’interno di palazzo Altemps a Roma denuncia tutta la sua odierna mancanza d’idee, lontanissimo dalle cose migliori; e poi le pasticche, i balletti, le cianfrusaglie tra colori e suoni…). La gieffina Pastorelli rimane se stessa in ogni occasione, immutabile se non fosse per i cambi d’abito (sempre più ristretto), alla ricerca dei begli effetti che una Ramazzotti ci ha dato in altre occasioni. Godetevi la manciata di minuti della Minaccioni. Un toccasana. Durata 109 minuti. (Uci)

 

Black Panther – Fantasy. Regia di Ryan Coogler, con Chadwick Boseman, Lupita Nyong’o, Martin Freeman e Angela Bassett. Il protagonista è il nuovo re di Wakanda dopo la morte del padre: ma se sulla sua strada trova dei nemici pronti a detronizzarlo, lui sarà pronta a unirsi alla CIA e alle forze speciali del proprio paese. Durata 135 minuti. (Massaua, Greenwich sala 3, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche in V.O. e 3D)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 2)

 

Chiamami col tuo nome – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer e Amira Casar. Nei dintorni di Crema, il 1983: come ogni anno il padre del diciassettenne Elio, professore universitario, ospita nella propria casa un borsista per l’intera estate. L’arrivo del disinvolto Oliver non lascia insensibile il ragazzo, che scopre il sesso con una coetanea ma che poco a poco ricambiato approfondisce la propria relazione con l’ospite. Un’educazione sentimentale, i libri e la musica, Eraclito e Heidegger, Bach e Busoni, l’ambiente pieno di libertà della sinistra, i discorsi insperati di un padre, il tempo scandito dalle cene e dalle discussioni su Craxi e Grillo, il vecchio factotum che di nome fa virgilianamente Anchise, passeggiate e discussioni, corse in bicicletta, ritrovamenti di statue in fondo al lago, nuotate in piccoli spazi d’acqua, felici intimità, in una delicatezza cinematografica (la macchina da presa pronta ad allontanarsi velocemente da qualsiasi troppo imbarazzo) che assorbe nei temi (“Io ballo da sola”) e nei luoghi (i paesini, i casali, la calura di “Novecento”) il passato di Bertolucci o guarda al “Teorema” pasoliniano. L’ultima opera di un regista (“Io sono l’amore”, “A bigger splash”) che con la critica di casa nostra non ha mai avuto rapporti troppo cordiali, osannato all’estero, in corsa verso l’Oscar con quattro candidature. La sceneggiatura è firmata da James Ivory dal romanzo di André Aciman. Chissà come risponderà il pubblico italiano? Durata130 minuti. (Massimo sala 2 (V.O.), Nazionale sala 2)

 

Cinquanta sfumature di rosso – Drammatico. Regia di James Foley, con Dakota Johnson e Jamie Dornan. Si cambia colore (ed è la terza e ultima volta), impaginazione dello stesso regista di “Cinquanta sfumature di nero”. L’ultimo dei romanzi di E.L. James in versione “oggi sposi”, con cerimonia nuziale, bella casa e viaggio di nozze in Europa, con qualche addolcimento per quel che riguarda la “padronanza” del bel tenebroso Christian verso la bella Anastasia, comunque – gli appassionati non disperino – nei dintorni del “bondage soft”. Uscendo un po’ di più dalla camera da letto e imboccando la via del thrilling, rapimenti e inseguimenti in auto si ricollegano ad un passato di gente che non molla, dall’ex datore di lavoro dell’ormai sposina fresca fresca alla Elena della sempre appetitosa e combattiva Kim Basinger, ancora una volta pronta a riconquistarsi il ragazzone che lei stessa ha avviato alle pratiche amorose tutte frustini in bella vista. Durata 104 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Coco – Animazione. Regia di Lee Unkrich e Adrian Molina. Fa parte di una famiglia che certo non stravede per la musica il piccolo Miguel e lui non ha altro sogno che diventare chitarrista. Questo il preambolo; e a dire quanto la Pixar guardi allo stesso tempo ad un pubblico di bambini (ma, per carità, senza nessun incubo) e di adulti, ecco che Miguel si ritrova catapultato nel Regno dei Morti a rendere omaggio ai tanti parenti che non sono più attorno a lui. Durata 125 minuti. (Ideal)

 

Corpo e anima – Drammatico. Regia di Ildiko Enyedi, con Alexandra Borbély e Géza Morcsànyi. Un film dove si mescolano realtà e sogno, immerso nella cruda realtà quotidiana (pur con qualche momento d’ironia) ancora più acida se si pensa all’ambientazione in un mattatoio. Una coppia “lontana”, lui direttore di quel luogo, lei addetta al controllo qualità, introversi entrambi, chiusa nelle proprie solitudini, scoprono di condividere ogni notte lo stesso sogno, essere una coppia di cervi in un bosco invernale. Orso d’oro all’ultima Berlinale, “Corpo e anima” è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani: “Un film capace di tracciare il racconto della storia d’amore che unisce due solitudini, sospendendolo con lucidità visiva tra la materialità della vita reale e l’impalpabile spiritualità del sentimento”. Durata 116 minuti. (Classico)

 

Ella & John – The Leisure Seeker – Drammatico. Regia di Paolo Virzì, con Donald Sutherland e Helen Mirren. Tratto dal romanzo americano di Michael Zadoorian, con alcune varianti apportate dalla sceneggiatura scritta dallo stesso regista in compagnia di Francesco Piccolo, Francesca Archibugi e Stephen Amidon (a lui già Virzì si rivolse per “Il capitale umano”), è la storia della coppia del titolo, svanito e smemorato ma forte John, fragile ma lucidissima Ella, è il racconto del loro viaggio, dai grattacieli di Boston ai climi di Key West, lungo la Old Route 1, anche per rivisitare con la (poca e povera) memoria il vecchio Hemingway – John è stato un professore di letteratura di successo che ha coltivato con passione lo scrittore del “Vecchio e il mare” -, un viaggio che ha la forma di una conclusiva ribellione ad una famiglia e soprattutto a un destino che ha riservato per lei il cancro all’ultimo stadio e a lui l’abisso dell’Alzheimer. Momenti di felicità e anche di paura in un’America che sembrano non riconoscere più, una storia attuale e un tuffo nella nostalgia (quella che guarda agli anni Settanta), a bordo del loro vecchio camper, mentre corpo e mente se ne vanno. Un’occasione, per ripercorrere una storia d’amore coniugale nutrita da passione e devozione ma anche da ossessioni segrete che riemergono brutalmente, regalando rivelazioni fino all’ultimo istante. Un film di emozioni per coppie vecchio stampo, due formidabili interpretazioni, due doppiaggi – Ludovica Modugno e Giannini – da ascoltare con attenzione: ma a me è sembrato di essere lontano anni luce dalla stratosferica follia e umanità della “Pazza gioia”. Durata 112 minuti. (Romano sala 3)

 

Final portrait – L’arte di essere amici – Drammatico. Regia di Stanley Tucci, con Geoffrey Rush e Armie Hammer. Quinta prova dietro la macchina da presa (Big night, uno per tutti i titoli) di uno dei migliori caratteristi hollywoodiani (ricordiamo soltanto Il diavolo veste Prada e Shall we dance?), questa volta per raccontare l’incontro e l’amicizia (era il 1964) dell’artista Alberto Giacometti con il giovane scrittore e appassionato d’arte James Lord. L’invito dello scultore, il sì con la certezza che si tratterà di poche sedute: sarà l’inizio di un lungo percorso, l’attraversare da parte del ragazzo il mondo di insicurezze e frustrazioni dell’artista, delle sue fragilità e della sensibilità come della sua grandezza artistica. Partecipazione all’ultimo TFF, un eccezionale ritratto nell’interpretazione di Rush (Shine, La migliore offerta di Tornatore), con una precisa immedesimazione, con il suo calarsi appieno nella creatività come nelle zone d’ombra dell’uomo. Ma qualcosa non funziona, dal momento che la storia e la regia si fanno grigie come il colore che predomina nello studio dell’artista, tutto gira noiosamente su se stesso senza sprazzi e senza invenzioni, Hammer è un bel posacenere ben lontano dal film di Guadagnino: e per tutta la durata del film allo spettatore finisce col non importargli nulla delle stesure di colore e dei ripensamenti artistici di Giacometti. Durata 90 minuti. (Romano sala 1)

 

Hannah – Drammatico. Regia di Andrea Pallaoro, con Charlotte Rampling, André Wilms e Stéphanie Van Vyve. Il marito è stato arrestato per una colpa di cui non si saprà mai la natura e la vita di Hannah sembra sgretolarsi. Il figlio non vuole più avere contatti con lei, anche il nipotino segue le orme del padre. Hannah vive tra sguardi profondi e intimi silenzi, guarda al passato e si interroga su quale sarà il suo futuro. Coppa Volpi all’ultima Mostra di Venezia. Durata 95 minuti. (Centrale)

 

Jumanji – Benvenuti nella giungla – Avventura. Regia di Jake Kasdan, con Dwayne Johnson, Karen Gillan e Jack Black. Un fenomeno che ha più di vent’anni (eravamo nel 1996) e che ricordiamo ancora oggi per il personaggio, Alan Parrish, interpretato dal compianto Robin Williams, attore al culmine del successo dopo la prova in “Mrs. Doubtfire”. Hollywood non dimentica e rispolvera un passato di ottimi botteghini. Messi in punizione nella scuola che frequentano, quattro ragazzi scoprono un vecchio videogame. Una volta dato il via al gioco, essi vengono catapultati all’interno del sorprendente meccanismo, ognuno con il proprio avatar. Assumeranno altre sembianze, entreranno nell’età adulta: ma che succederebbe se la loro missione fallisse e la vita di ognuno finisse intrappolata nel videogame? Durata 119 minuti. (Uci)

 

La forma dell’acqua – The shape of water – Fantasy. Regia di Guillermo del Toro, con Sally Hawkins, Doug Jones, Octavia Spencer, Michael Stulhbarg e Michael Shannon. Leone d’oro a Venezia, tredici candidature agli Oscar, arriva l’attesissima storia del mostro richiuso in una gabbia di vetro all’interno di un laboratorio governativo ad alta sicurezza (siamo negli States, in piena guerra fredda, il 1962) e del suo incontro con una giovane donna delle pulizie, Elisa, orfana e muta, dei tentativi di questa di salvarlo dalla cupidigia dei cattivi. Avrà l’aiuto degli amici (il disegnatore gay, lo scienziato russo pieno di ideali, la collega di colore), cancellando la solitudine e alimentando i sogni, in un’atmosfera che si culla sulle musiche di Alexandre Desplat, contaminate da quelle dei grandi del jazz degli anni Sessanta. Durata 123 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Grande, Massimo sala 1 (anche V.O.), Reposi, The Space, Uci)

 

Made in Italy – Commedia. Regia di Luciano Ligabue, con Stefano Accorsi, Kasia Smutniak e Filippo Dini. L’autore di “Radiofreccia” guarda al nostro paese tra malinconia rabbia e qualche speranza con il ritratto di Riko, fortunato per quel lavoro che possiede ma che gli consente con fatica di mantenere la propria famiglia. Una moglie e un figlio e un gruppo di amici che all’occorrenza lo aiutano: ma qualcosa s’inceppa e se Riko vorrà sottrarsi ad altre sconfitte dovrà necessariamente condurre la propria vita in maniera diversa. Durata 104 minuti. (Reposi, Uci)

 

Maze Runner: la rivelazione – Fantasy. Regia di Wes Ball, con Dylan O’Brien e Aiden Gillen. Terzo appuntamento (già avevamo avuto “Il labirinto” e “La fuga”) con le avventure che già hanno coinvolto Thomas e i suoi amici. Adesso si tratta di dare l’assalto a un treno in puro stile western, di salvare a ogni istante la ragazza amata, di liberare i ragazzi che stanno per diventare le cavie di un grande laboratorio. E poi, si sa, il mondo è salvato dai ragazzini, specialmente quando a sconvolgerlo potrebbe essere un gruppo di adulti che aspira ad un pieno, feroce potere. Durata142 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito e sul re che lo tollera, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è già visto per il ruolo assegnare un Globe, sta sopravanzando sugli altri papabili per quanto riguarda gli Oscar, un’interpretazione che colpisce per la concretezza, per gli scatti d’ira e per quel tanto di cocciutaggine e lungimiranza britannica che in quell’occasione s’impose. Uno sguardo al trucco dell’interprete: gorse un altro Oscar assicurato. Durata 125 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Lux sala 3, Reposi)

 

Ore 15:17 assalto al treno – Drammatico. Regia di Clint Eastwood, con Spencer Stone, Alek Skarlatos e Anthony Sadler. Era il 21 agosto 2015 quando il mondo ricevette la notizia di un attentato, ad opera di un terrorista islamico, sventato sul treno che proveniva da Amsterdam ed era diretto a Parigi da tre ragazzoni californiani che già s’erano fatte le ossa sui vari fronti di guerra. Il film è il racconto delle loro vite sino a quel momento, del loro viaggio attraverso l’Europa, del loro atto di coraggio, di quell’essere in un momento preciso coraggiosi eroi per caso. Eastwood ha voluto che sullo schermo raccontassero la loro vicenda i diretti protagonisti, con i sogni, la realtà, lo spirito d’avventura e l’amicizia della loro età. Il film è il racconto di come quel giorno hanno salvato 500 vite, i buoni contro i cattivi o le avversità, come già avevano combattuto Bradley Cooper cecchino implacabile in “American Sniper” o Tom Hanks in “Sully” ammarando sull’Hudson. Questa la storia: con l’aggravante che questa volta l’autore di “Mistic river” ha perso completamente l’asse attorno al quale costruire la vicenda, scentrando l’episodio dell’attentato (lo ha relegato dentro l’ultimo quarto d’ora) e dando eccessiva importanza (in maniera quantomai folkloristica e banale al soggiorno italiano) a quanto lo ha preceduto. Se è vero che “quandoque bonus dormitat Homerus”, ebbene questo treno è il sonno completo del grande Eastwood. Durata 94 minuti. (Massaua, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Chico, Ideal, Lux sala 3, Massimo sala 2 V.O., Reposi, The Space, Uci)

 

Sono tornato – Commedia. Regia di Luca Miniero, con Massimo Popolizio, Stefania Rocca e Franck Matano. I tedeschi tre anni fa proposero “Lui è tornato” riaffacciando i baffetti di un tempo sul suolo germanico. Noi veniamo in scia (molto sbiadita) e immagine che il Duce dai tratti mascolini che ha il viso di Popolizio ricompaia a piazza Vittorio, multietnica, di Roma e venga scambiato per un discreto attore che ne fa discretamente l’imitazione. Trattandosi di pura realtà, il soggetto vuole raddrizzare la molliccia Patria e riprendere le cose là dove le ha lasciate. Un inesistente regista di documentari pregusta già il successo e lo prende sotto la sua ala protettrice: e se i risultati non sono quelli sperati, oggi i social aiutano per cui la buonanima, che ha visto il proprio nome sempre più pubblicizzato, si lascia catturare dalla ferrea vicedirettrice di un’emittente, pronta a spargerlo per l’intero palinsesto. Nell’Italia arrabbiata e indecisa di oggi lo share può salire alle stelle. Ci voleva tutt’altro approccio, altra regia e soprattutto una sceneggiatura che si potesse definire tale. È l’ennesimo esempio dell’insicurezza (o se volete, della pochezza, faciloneria, dabbenaggine, pressapochismo) di certo nostro cinema. Ed è chiara sempre più la rarefazione di quelli che un tempo (per carità, non è che dell’oggi si debba fare tabula rasa!) sapevano mettersi a tavolino e scrivere una vera storia. Con tutta l’intelligenza che serviva. E che servirebbe ancora. Durata 100 minuti. (The Space, Uci)

 

The Party – Drammatico. Regia di Sally Potter, con Timothy Spall, Kristin Scott Thomas, Emily Mortimer, Cillian Murph e Bruno Ganz.    Metti una sera a cena, una tavolata di amici, ambiente di sinistra, di quelli ci diciamo tutto in faccia e ancora di più, noi siamo per la schiettezza a qualunque costo, con una padrona di casa (siamo a Londra) che è appena stata nominata ministro ombra della sanità, un marito che sta a guardare e che fatto di tutto per appoggiare la carriera della moglie, anche a scapito della sua, due lesbiche che aspettano un figlio e altro ancora. Uno stile, l’amicizia, la cordialità. l’ideologia, che cosa rimarrà in piedi dopo che il paziente consorte avrà buttato lì sul tavolo un paio di rivelazione che porteranno lo sconquasso tra gli ospiti? Un po’ dalle parti di “Chi ha paura di Virginia Woolf”, un po’ “Carnage”, un po’ anche del nostro Paolo Genovese con il suo “Perfetti sconosciuti”. Durata 71 minuti. (Nazionale sala 1)

 

The Post – Drammatico. Regia di Steven Spielberg, con Meryl Streep e Tom Hanks. Ancora l’America descritta da Spielberg con gran senso dello spettacolo, segue candidatura a due Oscar, miglior film e migliore attrice protagonista. L’argomento è ormai noto, il New York Times aveva tra le mani nel 1971 un bel pacco di documenti comprovanti con estremo imbarazzo la cattiva politica di ben cinque presidenti per quel che riguardava il coinvolgimento degli States nella sporca guerra nel sud-est asiatico. Il governo proibì che fossero dati alle stampe. Se ne fece carico il direttore del Washington Post (Tom Hanks), sfidando comandi dall’alto e un non improbabile carcere: ma a nulla sarebbe valsa quella voce pure autorevole, se la voce ancora più forte non fosse venuta dall’editrice Katharine Graham, all’improvviso ritrovatasi a doversi porre in prima linea in un mondo esclusivamente maschile, buona amica di qualche rappresentante dello staff presidenziale (in primo luogo del segretario alla difesa McNamara) e pur tuttavia decisa a far conoscere a tutti quel mai chiarito pezzo di storia. L’autore del “Soldato Ryan” e di “Lincoln” si avvale di una sceneggiatura che porta la firma prestigiosa di Josh Singer (“Il caso Spotlight”), della fotografia di Janusz Kaminski (“Schindler’s list”), dei costumi di Ann Roth; con questo ultimo ritratto Meryl Streep si conquista la sua ventunesima nomination agli Oscar. Riuscirà la fantastica Frances McDormand di “Tre manifesti” a sbarrarle la strada? Durata 118 minuti. (Ambrosio sala 3, Centrale V.O., Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Lux sala 2, The Space, Uci)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Da parte di molti “Tre manifesti” è già stato giudicato come il miglior film dell’anno, i quattro recenti Golden Globe spianano la strada verso gli Oscar. Durata 132 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo Rosso, Greenwich sala 2)

 

L’ultima discesa – Drammatico. Regia di Scott Waugh, con Josh Hartnett e Mira Sorvino. La storia vera del campione olimpionico di hockey Eric LaMarque, il suo ritiro in montagna per spegnere il dolore dall’aver procurato un incidente automobilistico, il pericolo di una tempesta di neve che lo travolge. Nessuno sa dove lui si trovi, sarà necessario tutto il suo coraggio (e l’intuito di una madre quando le squadre di salvataggio hanno già abbandonato ogni ricerca) per tornare alla vita. Durata 98 minuti. (The Space)

 

L’uomo sul treno – Azione. Regia di Jaume Collet-Serra, con Liam Neeson, Vera Farmiga e Dean-Charles Chapman. Sul treno di pendolari che prende regolarmente da dieci anni, l’assicuratore Mc Cauley è avvicinato da una bella donna, una psicologa, che gli promette una bella quantità di soldi se lui vorrà fare con lei un gioco: su quel treno viaggia un tale che non ha proprio le caratteristiche di un normale pendolare, a lui scoprire di chi si tratta. Come nelle storie del maestro Hitchcock, l’uomo entrerà negli ingranaggi di un gioco più grande di lui, se volesse sottrarsene ne andrebbe della sua famiglia. Durata 105 minuti. (Massaua, The Space, Uci)

 

Il vegetale – Commedia. Regia di Gennaro Nunziante, con Fabio Rovazzi, Luca Zingaretti e Ninni Bruschetta. Fabio è laureato in scienze della comunicazione e all’improvviso si ritrova a gestire la società paterna, cresciuta a suon di malaffare. Lui è forte della propria onestà, lascia Milano e se ne va al sud, in cerca d’aria nuova: finirà a raccogliere frutta agli ordini di un caporale di colore, unico bianco in mezzo a cento immigrati. Dovrà tenere a bada una sorellina pestifera che per lui non ha nessuna considerazione, ma in compenso troverà anche una maestrina dal cuore tenero. Durata 90 minuti. (Uci)