

1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi
Continua dunque il progetto in cui mi sono “impelagata” riflettendo su quanto sappiamo del mondo e quanto invece conosciamo del territorio in cui viviamo.
Questa serie di articoli nasce da una discussione avuta in classe con i miei studenti, con i quali ho potuto dibattere sull’importanza che diamo a ciò che sta lontano, a discapito di ciò che invece possiamo effettivamente raggiungere, vedere, studiare a fondo. È un lavoro per me nuovo, quello che sto facendo, una sfida personale tutta di ricerca prettamente storica che ho piacere di condividere con voi, cari lettori, nella speranza di coinvolgervi e intrattenervi con un po’ di notizie locali che sono riuscita a reperire, esulando da quelle che sono le mie “zone di confort”, ossia l’arte e la scuola.
Ecco allora vi lascio alla lettura di questo secondo articolo, dedicato ad approfondire ciò che accadde alla nostra bella urbe durante le cosìddette invasioni barbariche.
Sappiamo davvero poco sulle vicissitudini di Torino durante l’alto Medioevo. L’impero romano cade per cedere il posto a una progressione di transitori regni barbarici, si apre un periodo incerto, caratterizzato da crisi commerciali, un forte calo demografico e un generale regresso della vita urbana. Il territorio di Torino viene dapprima inglobato nel regno degli Ostrogoti, successivamente, nel giro di circa un secolo, a tale popolazione subentrano i Longobardi, che detengono il potere fino al termine del secolo VIII, ossia fino all’arrivo dei Franchi. Torino è ora parte del “Regnum Italiae” e appartiene al vasto Impero di Carlo Magno, che si espande dalla Spagna ai Paesi Bassi fino alla Germania centrale. Ancora una volta la posizione geografica della città fa sì che l’urbe diventi un importante punto di collegamento tra i luoghi principali del dominio carolingio: i territori italiani e l’ancora importantissima Roma.
Le fonti pervenuteci riguardo a tale periodo storico sono esigue e frammentarie, si tratta principalmente di documenti ecclesiastici, attestati ufficiali, cronache o testimonianze redatte da titolari laici del potere, in ogni caso tutti atti che si riferiscono a persone più che benestanti e di particolare riguardo, come nobili, vescovi o imperatori, al contrario ci è quasi impossibile recuperare notizie sul “modus vivendi” della gente comune.
Sappiamo però che pressoché tutte le città murarie – compresa Torino – offrivano protezione a chi, vivendo nelle campagne, era costantemente danneggiato dalle incursioni dei barbari.
Nel IX secolo anche l’Impero Franco si spegne: i regni e i ducati che ne facevano parte sono in continua lotta tra loro, i grandi signori si combattono l’un l’altro e nel mentre tentano di arrestare le invasioni dei Saraceni e degli Ungari.
Torino si presenta come un avamposto di primaria importanza per fronteggiare le incursioni saracene provenienti dalle Alpi ed è dunque necessario, per chiunque ambisca a governare il Regno Italico, esercitare un’azione di controllo anche sul territorio del capoluogo piemontese. È Ottone I che, alla fine del X secolo, ha la meglio sugli altri aspiranti: nasce l’Impero romano-germanico. A questo punto della storia, Torino passa sotto la giurisdizione del marchese Arduino III, noto come il Glabro, il quale detiene il dominio non solo sulla città ma su tutta la zona conosciuta come “marca di Torino”, comprendente i territori circostanti e il corridoio alpino. L’antica Augusta è destinata a sottostare agli Arduino, vassalli imperiali con titolo di conti e marchesi della città fino alla morte della contessa Adelaide (1091), ultima discendente della famiglia. È tuttavia necessario ricordare l’importanza della casta ecclesiastica, i vari membri della stirpe reggente devono dividere il potere con i vescovi locali che, da Massimo in avanti, esercitano l’autorità spirituale e temporale sulla diocesi ma anche sulla cittadinanza. Il governo episcopale risulta un punto fermo in questo periodo di grande confusione, è grazie ad esso se la città presenta una struttura amministrativa e una accettabile stabilità politica. Da non dimenticare inoltre il fatto che il clero vanta un duplice espediente per assicurarsi il mantenimento del credito politico, da una parte l’egemonia spirituale, dall’altra il fatto che la Chiesa costituisce l’unica fonte di alta cultura, per l’appunto chi appartiene al clero episcopale fa parte dei pochi in grado di leggere e scrivere.

Si può dunque affermare che la storia di Torino segua le generiche vicissitudini dell’Italia, lo specifico si perde in una più ampia visione di accadimenti cronologici che segnano il destino di tutta la penisola, con l’eccezione di sporadici eventi che è possibile riportare grazie alle documentazioni rinvenute. Proviamo allora a ripercorrere un po’ piùda vicino le vicende della penisola e della nostra città durante la venuta degli Ostrogoti, poi dei Longobardi e infine ciò che avviene nel periodo carolingio.
Quando l’Impero Romano crolla, Torino non pare accorgersene, la quotidianità della cittadinanza rimane sostanzialmente imperturbata di fronte alle vicissitudini politiche lontane, e anche quando nel 493 Odoacre viene deposto dagli Ostrogoti, la notizia non desta particolare interesse.
Il nuovo re, Teodorico, tuttavia nota la città pedemontana e la ritiene un cruciale avamposto strategico. In questo contesto Torino diventa per poco protagonista: agli albori del nuovo regno un esercito di Burgundi riesce ad entrare in Italia, attraversando la Valle d’Aosta e saccheggiando le cittadine della pianura lombarda; Teodorico affida il compito di sedare l’invasione e negoziare il rilascio dei prigionieri ai vescovi di Pavia e Torino. La vicenda si conclude positivamente e nel 508 Teodorico espelle gli invasori dal regno e rende Torino un caposaldo della sua linea difensiva.
L’imperatore muore nel 526 e la stabilità del potere politico viene bruscamente scossa. Prende il comando il bizantino Giustiniano, la cui aspirazione più grande è restaurare l’antico Impero Romano; egli decide di riunire le province occidentali ai territori orientali che governa da Costantinopoli.
A seguito di tale desiderio dell’imperatore, nel 535 il generale Belisario inizia la riconquista dei territori italiani, le battaglie che ne conseguono sono violente e sanguinose e portano alla distruzione di gran parte dei territori settentrionali e centrali della penisola. Nel 553 cade l’ultimo avamposto ostrogoto e il regno di Teodorico viene cancellato del tutto. La vittoria di Giustiniano però non è destinata a durare. La conquista bizantina ha conseguenze negative e comporta l’inizio di un’altra invasione barbarica, quella dei Longobardi. Alboino in breve tempo ottiene tutta l’Italia settentrionale e centrale, occupa il Piemonte e rende Torino un’importante roccaforte del nuovo regno. Per due secoli i Longobardi detengono l’egemonia, il segno del loro passaggio è incisivo e ben evidente, soprattutto in Lombardia, regione che ancora oggi porta il loro nome.
I Longobardi, confederazione di più “gentes”, assimilabili nell’aspetto perché portatori di una “lunga barba”, sono bellicosi, saccheggiatori alla ricerca di nuove terre in cui insediarsi e soprattutto sono seguaci dell’arianesimo. È appunto la questione religiosa che determina all’inizio grosse difficoltà e spaccature con la convivenza autoctona, tutta cristiana. Ci vuole del tempo, ma alla fine ariani e pagani si convertono al cattolicesimo, come dimostra la diocesi torinese che riesce a ricongiungersi con il papato a Roma nel giro di neanche un secolo. Nonostante la natura guerriera dei nuovi dominatori, a Torino non pare esserci alcuna situazione particolarmente violenta: i contadini continuano a svolgere le loro attività e i vescovi sono lasciati liberi di occuparsi dei propri fedeli. I nobili longobardi si impossessano delle zone adiacenti all’urbe, come per esempio il colle su cui sorge Superga, il cui nome deriverebbe da Sarropergia, dal germanico Sarra-berg, “monte della collina”. Quel che emerge è che i Longobardi sono sottoposti ad un graduale processo di romanizzazione, come dimostra la scomparsa della loro lingua a favore del latino volgare. D’altro canto i nuovi dominatori apportano notevoli modifiche agli usi e costumi di derivazione romana, ad esempio il sistema delle tasse e l’assetto urbano dei centri abitati. Viene inoltre smantellata l’organizzazione delle province dell’Impero, a favore dell’istituzione di ducati, governati da comandanti militari longobardi, detti duchi; i nuovi siti hanno alto valore strategico, tra questi emergono per importanza Torino, Asti, Ivrea e Novara.
A Torino i duchi longobardi erigono diversi nuovi monumenti e palazzi, accanto ai luoghi cristiani già preesistenti. Sorgono chiese e abitazioni che esulano dall’assetto regolare della città: esse vengono costruite senza tenere in minima considerazione lo schema urbano e i tracciati originali delle strade, il tessuto della città cambia in maniera irreversibile.
Il regno longobardo sopravvive fino al 773, anno in cui Carlo Magno invade definitivamente l’Italia. Una parte dell’esercito varca le Alpi attraverso il passo del Gran San Bernardo mentre un altro reparto –guidato dal re in persona- raggiunge Torino, attraverso il valico del Moncenisio e la Val Susa. Torino è proprio la prima città a cadere sotto il dominio franco. Carlo Magno si proclama “re dei Franchi e dei Longobardi”, sottolineando in tal maniera la volontà di amministrare il regno come una provincia del suo impero franco, concedendo agli abitanti di mantenere la propria identità. Lo stesso governo di Carlo in Italia si appoggia alla struttura politica precedente, Torino stessa ne è un’acuta dimostrazione e testimonianza.
La nuova amministrazione è tuttavia più efficiente, grazie anche ai “missi dominici”, gli emissari dell’imperatore, i quali devono indagare e occuparsi delle eventuali ingiustizie e sono altresì incaricati di supervisionare l’amministrazione locale.
A caratterizzare l’impero carolingio è la strettissima alleanza con la Chiesa, ancora una volta Torino si dimostra esempio perfetto per esplicare il sistema di governo attuato. La città e le zone adiacenti sono un importante punto strategico, l’urbe sorge su un asse cruciale per la sorveglianza e la comunicazione tra il Regno Italico, la Roma pontificia e il cuore dei territori franchi. Il passaggio attraverso i valichi prende un nuovo nome: “strada francigena”, ossia “la strada dei franchi”. D’altra parte Torino è governata da un conte, amministratore della giustizia in vece dell’imperatore, egli èaffiancato nell’incarico da fidati collaboratori, sia laici che ecclesiastici.

Le fonti forniscono diverse importanti informazioni sulla centralità del ruolo del clero nell’amministrazione carolingia; ad esempio, nell’anno 816, Ludovico il Pio – figlio di Carlo Magno- nomina vescovo di Torino Claudio, suo cappellano e consigliere. Tale scelta è dovuta all’esigenza di lasciare una diocesi così importante in mani fidate. Claudio è comunque figura centrale per la storia del capoluogo piemontese, è infatti grazie a lui che nasce la “schola” di Torino, volta ad accogliere studenti dal Piemonte e dalla Liguria. A Claudio succedono prima Vitgario, il quale segue il processo di rinnovamento cristiano in risposta alle esigenze dell’impero carolingio, e poi Regimiro, che istituisce la regola di Crodegango di Metz, secondo la quale i canonici della cattedrale devono condurre una vita monastica attiva, in stretta collaborazione con il vescovo.
Con la morte di Ludovico il Pio l’enorme regno franco inizia a frantumarsi: dopo una sanguinosa lotta intestina i tre discendenti di Ludovico si spartiscono il regno.
L’ultimo re è Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, che tuttavia non si dimostra all’altezza di governare né di fronteggiare i nuovi nemici – Normanni e Saraceni- e viene così deposto dai vassalli nell’anno 887.
Il Regno Italico è ormai un immenso campo di battaglia su cui si scontrano i grandi signori dell’epoca e Torino è di nuovo in balia degli importanti eventi che determinano la Storia dei popoli.
ALESSIA CAGNOTTO
Alla Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, domenica 12 ottobre, si rivive la storia. Si torna, in particolare, al 1600, quando la Valle di Susa era percorsa dal Camino de los Tercios Españoles o Corredor Sardo, una via di terra creata durante il regno di Felipe II per poter spostare truppe e risorse nelle Fiandre, evitando i rischi della rotta atlantica. Il percorso principale aveva inizio nel milanese e passava le Alpi attraverso il Ducato di Savoia e a seguire Franca Contea, Lorena, Lussemburgo, Vescovado di Liegi e Fiandre, fino a raggiungere Bruxelles.
La rievocazione di LIFE, istantanee di vita nel tempo è a cura de Le vie del tempo. Per l’occasione sono inoltre in programma due visite guidate tematichealle ore 11 e 15.30 incentrate sui cicli decorativi interni della chiesa abbaziale.
INFO
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)
Domenica 12 ottobre
LIFE, istantanee di vita nel tempo
L’attività è compresa nel costo del biglietto di ingresso e si svolge durante l’orario di apertura: 9.30-13 e14-17.30
Visite guidate tematiche alle ore 11 e 15.30
Costo della visita: 5 euro, oltre il prezzo del biglietto
Biglietto di ingresso: intero 5 euro, ridotto 4 euro
Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone
Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito
Info e prenotazioni (dal mercoledì alla domenica):
011 6200603ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it

Inaugurazione del restauro della Statua il 10 ottobre, Convegno nazionale e apertura Mostra al Castello del Monferrato l’11 ottobre, passeggiata sui luoghi di Canina la domenica 12
Casale Monferrato celebra Luigi Canina nel 230° dalla nascita. Un week end dedicato al grande architetto e
archeologo, organizzato dal Comune di Casale Monferrato e dall’associazione Orizzonte Casale – per i
30 anni di attività – in collaborazione con il Parco Archeologico dell’Appia Antica.
L’avvio delle celebrazioni venerdì 10 ottobre alle ore 18 con l’inaugurazione del restauro, ad opera del
Comune, della Statua di Luigi Canina realizzata dallo scultore Benedetto Cacciatori in piazza S. Stefano, con
presentazione di un saggio del professore Dionigi Roggero e con la lettura di discorsi elogiativi del 1864 a
cura di un allievo dell’Istituto Superiore Leardi.
Sabato 11 ottobre alle ore 10 al Castello del Monferrato, il Convegno “Luigi Canina e la Via Appia.
L’Architetto Europeo e la Via Patrimonio dell’Umanità” – riconosciuto dall’Ordine degli Architetti di
Alessandria e altre province per l’ottenimento di crediti formativi professionali – sarà l’occasione per
approfondire la figura e l’opera di Canina, cogliendone in particolare gli elementi di attualità.
L’architetto Antonella Perin, presidente dell’Associazione Arte e Storia tratterà l’aspetto dell’Architetto tra
Roma e l’Europa. Personaggio di rilievo internazionale, Canina fu una figura centrale nel panorama culturale
del XIX secolo.
Il direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica, architetto Simone Quilici, nominato a luglio 2025
direttore del Parco del Colosseo, illustrerà l’opera dell’Archeologo. L’Appia Antica deve molto a Luigi
Canina. La sua opera di sistemazione sul posto dei reperti degli antichi monumenti ha creato le premesse
perché essa potesse essere preservata e valorizzata, tanto da essere proclamata Patrimonio dell’Umanità
il 27 luglio 2024 e poter prevedere ancora ulteriori sviluppi.
La dottoressa Bruna Curato, bibliotecaria della Biblioteca del Seminario Vescovile, e il dottor Luigi
Mantovani, responsabile della Biblioteca Civica “G. Canna” e dell’Archivio Storico Co munale,
proporranno “Documenti e Opere di Luigi Canina negli Istituti culturali casalesi”. Canina va ricordato infatti
anche per la sua imponente attività di studioso dei monumenti antichi e per la vasta pubblicazione di
monumentali volumi sull’architettura antica, di cui egli fu autore, incisore, tipografo ed editore. Si tratta di
autentiche opere d’arte, delle quali sono presenti copie originali sia nella Biblioteca del Seminario che nella
Biblioteca Civica “G. Canna”.
Luigi Mantovani tratterà anche della documentazione relativa alla famiglia Canina presente nell’Archivio
Storico Comunale.
Infine la professoressa Maria Elena Pertusati proporrà un ritratto poco conosciuto del personaggio con
l’esame di scritti personali e documenti tratti in particolare dall’Archivio del Castello di Alnwick in
Inghilterra, illustrando il suo rapporto con gli architetti britannici e con Lord Algernon, IV Duca di
Northumberland, con cui Canina ebbe una lunga corrispondenza.
La Mostra, aperta parallelamente al Convegno nella Sala Marescalchi e che proseguirà fino al 2 novembre,
completerà con immagini e testimonianze, in parte inedite, un profilo innovativo del personaggio.
La Mostra evidenzierà due elementi di contemporaneità dell’attività di Canina. Una visione sul lavoro di
creazione del “museo a cielo aperto” della Via Appia sarà offerta dalle immagini fotografiche storiche
dell’allestimento sul posto dei reperti archeologici dei monumenti, accompagnate da scatti recenti, fornite dal
Parco Archeologico dell’Appia Antica. La seconda prospettiva sarà fornita dalle testimonianze dei suoi
rapporti con l’ambiente degli architetti britannici e con il Duca di Northumberland, con l’esposizione per la
prima volta di copie di alcune lettere provenienti dall’Archivio inglese.
Sarà in esposizione anche una panoramica dei lavori su Luigi Canina prodotti dagli studenti a seguito degli
interventi divulgativi di Orizzonte Casale nelle Scuole.
Una specifica sezione sarà dedicata ad Orizzonte Casale per l’anniversario dei 30 anni della sua costituzione,
con immagini e testimonianze dell’attività e delle collaborazioni con il Comune, gli Enti del territorio, e con
gli Istituti scolastici per promuovere la conoscenza del patrimonio storico artistico locale, rivolgendosi anche
alle nuove generazioni.
Una passeggiata a cura di Orizzonte Casale, in collaborazione con il Comune per l’iniziativa “Casale Città
Aperta”, nel pomeriggio di domenica 12 ottobre proporrà ai visitatori un percorso lungo i luoghi legati a
Luigi Canina a Casale Monferrato.
L’iniziativa si avvale del contributo dell’Associazione Casalese Arte e Storia, dell’Istituto Superiore
Leardi, del Museo Civico, della Biblioteca Civica “G. Canna” e della Biblioteca del Seminario
Vescovile.
L’evento ha il Patrocinio della Regione Piemonte, della Provincia di Alessandria e della Diocesi di
Casale Monferrato.
Per informazioni:
Orizzonte Casale
orizzontecasale@comune.casalemonferrato.al.it
www.orizzontecasale.it
Presentata a Torino la seconda edizione dei “Lessona Days” e il “Premio Lessona 2025”
Venerdì 10 e sabato 11 ottobre
Impossibile racchiudere in una sola voce “ciò” che é stato e “chi” è stato Michele Lessona. Rampollo di un’antica famiglia, terzo di nove figli di Carlo Lessona (direttore della “Prima Scuola di Veterinaria” in Venaria Reale) e Agnese Maria Cavagnotti, Michele nacque a Venaria Reale il 20 settembre 1823 e scomparse a Torino a 71 anni, nel 1894. Laureatosi in Medicina, esercitò per breve tempo la professione, per abbracciare poi tutto lo scibile, a portata d’uomo, connesso alle “Scienze”. Fu docente, zoologo, scrittore, politico (nel 1892, la nomina a “Senatore del Regno d’Italia”, su proposta dell’allora “Presidente del Consiglio” Giovanni Giolitti, suo caro amico), ma soprattutto eccelso “divulgatore scientifico” ante litteram, rappresentando – è stato ricordato – per il suo tempo ciò che per noi é stata la figura indimenticata del grande Piero Angela. Fra i più intelligenti divulgatori in Italia del “darwinismo”, diresse una delle prime Riviste di divulgazione scientifica dell’Italia unita, “La Scienza a dieci centesimi” e firmò un gran numero di articoli giornalistici raccolti in quattro volumi, sotto il titolo di “Conversazioni scientifiche”, ancora oggi considerati uno dei migliori esempi di “Letteratura Scientifica” in Italia. Forte il suo impegno anche in diverse Istituzioni torinesi. Fu Direttore del “Museo di Scienze Naturali”, Presidente dell’“Accademia delle Scienze”, nonché avveduto “Consigliere comunale”.

Https La “Scienza” come piena ragione di vita. E proprio come “pioniere scientifico”, Lessona è stato ricordato, nei giorni scorsi presso il “Museo Regionale di Scienze Naturali” di Torino, dove, in sua memoria, è stata presentata la seconda edizione dei “Lessona Days” (dedicata al tema del “Cambiamento Climatico”) e del “Premio Lessona 2025”, riconoscimento nazionale da consegnare al miglior divulgatore/divulgatrice professionista che sappia utilizzare nuovi strumenti e nuovi linguaggi per comunicare la Scienza. Entrambi gli eventi sono promossi dalla città natale di Michele Lessona e dalla “Regione Piemonte” con il “Museo Regionale di Scienze Naturali”.
Ospiti di grande rilievo dei “Lessona Days” e componenti della “Giuria” del Premio 2025 sono Beatrice Mautino (saggista e divulgatrice scientifica), la “climatologa” Elisa Palazzi e il giornalista scientifico Massimo Polidoro.
Le attività prenderanno avvio venerdì 10 ottobre, già dalla mattina, con la programmazione dedicata alle scuole, tra interviste doppie alle scienziate e specifici laboratori. Nel pomeriggio sono in programma visite guidate al “Museo Regionale di Scienze Naturali” di Torino.
Sabato 11 ottobre, ore 11,30, nel “Cimitero Capoluogo” di Venaria Reale, si terrà un omaggio a Carlo Lessona (padre di Michele, professore e direttore della “ Prima Scuola Veterinaria” di Venaria Reale”). Sempre sabato, alle 17, nella “Cappella di Sant’Uberto” della “Reggia” di Venaria, si terrà la consegna del “Premio Lessona”.
A seguire “Scienza in piazza”: talk, laboratori e dj Set dedicati a tutta la cittadinanza. Nel corso del pomeriggio “Piazza dell’Annunziata” a Venaria Reale, a partire dalle 15, si animerà con “Laboratori a tema ambientale e scientifico” aperti a tutti; dalle 17 alle 21, la giornata si concluderà con la “sonorizzazione ambientale” e “dj Set” di “RBL – Radio Banda Larga”, festa conclusiva della due giorni. Altri eventi e laboratori sono stati organizzati nei “Giardini” della Reggia di Venaria, al “CCR – Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale” e alla Biblioteca Civica “Tancredi Milone”.
Il progetto si è avvalso anche della preziosa collaborazione e partecipazione di Silvia Lessona, trisnipote dello scienziato e di Pietro Passerin d’Entrèves, ricercatore e studioso di “Scienze della Vita” e di “Biologia dei Sistemi”, nonché profondo conoscitore di Lessona. Sua la dichiarazione: “Sono molto contento che l’organizzazione dei ‘Lessona Days’ e del ‘Premio Lessona’ prosegua grazie ad un proficuo e ampio partenariato fra le istituzioni che lo videro partecipe e che il programma sia particolarmente stimolante, ricco di argomenti e ben si adatti a celebrare la figura di un personaggio affascinante, veramente poliedrico e straordinariamente attuale. Michele Lessona ‘scienziato di molte arti’ e le sue opere continueranno così ad essere valorizzate nel tempo grazie a questo progetto di lungo respiro”.
Per info e programma completo: www.comune.venariareale.to.it
Gianni Milani
Nelle foto: La presentazione dei “Lessona Days” e del “Premio Lessona 2025”: Michele Lessona in un Ritratto di Carlo Pollonera; Silvia Lessona, trisnipote di Michele Lessona
Malinconica e borghese, Torino è una cartolina d’altri tempi che non accetta di piegarsi all’estetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre l’arancione dei tram storici continua a brillare ancorata ai cavi elettrici, mentre le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano all’irruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo “a misura d’uomo”, con tutti i “pro e i contro” che tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma l’antica città dei Savoia si conferma unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri “sudaticci” ma ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti, in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito – e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.
1. Torino capitale… anche del cinema!
2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo
3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici
4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio
5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente
6. Chi ce l’ha la piazza più grande d’Europa? Piazza Vittorio sotto accusa
7. Torino policulturale: Portapalazzo
8.Torino, la città più magica
9. Il Turet: quando i simboli dissetano
10. Liberty torinese: quando l’eleganza si fa ferro
8.Torino, la città più magica
Torino è magica. Nel vero senso del termine.
Lo testimonia anche il celebre “medico” e astrologo Michel de Nostredame: “Nostradamus ha alloggiato qui, dove c’è il Paradiso, l’Inferno e il Purgatorio. Io mi chiamo la Vittoria, chi mi onora avrà la gloria, chi mi disprezza avrà la rovina intera”.
Sembra infatti che il popolare uomo la cui fama lo precede tuttora, dal nome italianizzato in Michele di Nostradama, meglio noto con lo pseudonimo di Nostradamus, abbia soggiornato intorno al 1556 a Torino, presso Cascina Morozzo – conosciuta anche come villa Vittoria, poiché proprietà della principessa Vittoria, della casata Savoia-.
Tali parole erano state incise su una lapide custodita presso lo stabile in cui l’uomo aveva pernotatto, quando la Villa viene demolita anche quest’unica testimonianza tangibile del passaggio di Nostradamus a Torino scompare nel nulla, fino al 1967, quando viene ritrovata e donata a Renuccio Boscolo, uno dei maggiori interpreti degli scritti del chiaroveggente, per essere custodita in sicurezza.
Secondo alcuni studiosi la “Vittoria” indicata dall’importante ospite sarebbe la principessa Savoia, anche se le interpretazioni rimangono aperte a differenti ipotesi.
Quello che non cambia è l’alone di mistero che avvolge l’affermazione, impressione che si ripresenta in realtà di fronte a tutte le sentenze espresse dal “sapeinte” francesce.
D’altronde il capoluogo pedemontano è così: insolito e curioso, a tratti misterioso.
La città dai diversi primati, ne colleziona ancora uno, dopo essere stata la prima capitale italiana, in seguito al riconoscimento ottenuto grazie all’altura della Mole Antonelliana, oltre all’invenzione del primo cioccolatino, ecco l’ulteriore record tutto nostrano da aggiungere all’elenco: Torino è considerata una tra le metropoli più magiche del mondo, nel bene e nel male –perdonatemi il gioco di parole.-
Secondo gli esperti in materia infatti confluiscono sul territorio cittadino i vertici di due triangoli esoterici, quello di magia bianca (insieme a Praga ed a Lione) e quello di magia nera (insieme a San Francisco e Londra), fatto che tramuta la località in una sorta di mappa energetica costellata di zone “buone” e altre dove non parrebbe consigliabile trascorrere troppo tempo.
Per non sbagliarci vediamo di scendere più nel dettaglio.
Iniziamo dai luoghi da evitare.
Il punto energeticamente più ostile della città è di sicuro Piazza Statuto: qui, secondo la tradizione esoterica, si trova la porta degli Inferi, un vero e proprio passaggio tra i due mondi, quello dei vivi e quello dei morti; il punto preciso è situato in corrispondenza dell’antica porta Decumana, uno degli ingressi dell’originario accampamento romano e luogo – ahimè– dedicato alla sepoltura dei cadaveri. L’atmosfera inquieta della piazza è resa ancora più sinistra dalla presenza di due monumenti assai particolari: quello eretto per commemorare gli operai deceduti durante la costruzione del Traforo del Frejus e l’Obelisco Geodetico. Il primo rappresenta un’immensa piramide di massi, da essi spuntano alcuni corpi di titani abbattuti dallo stesso genio alato che svetta sulla sommità della piramide, egli ha sul capo una stella a cinque punte a cui sono attribuite diverse simbologie magico-rituali; invece, la seconda costruzione, nota anche come Guglia Beccaria, è sormontata da un astrolabio e si erge esattamente a 5.000 km dal Polo Nord ed altrettanti dall’Equatore. Non stupisce che sempre nei dintorni della piazza si trovi l’appena citata Domus Morozzo, decisamente l’edificio più appropriato per accogliere un altrettanto “losco figuro”.
Altro sito da evitare è Palazzo Trucchi di Levaldigi, oggi sede della Banca Nazionale del Lavoro, stupendo edificio dalle finiture seicentesche che ospita su una delle sue facciate il cosiddetto Portone del Diavolo, il cui batacchio rappresenta niente meno che il volto di Lucifero.
Nel 1675 Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi, conte e generale delle Finanze di Carlo Emanuele II, richiede ad una manifattura di Parigi di realizzare un portale in legno e il risultato del lavoro è più che sbalorditivo: la soglia è riccamente intagliata e adorna di fiori, frutta, animali e amorini, ma ciò che stupisce gli spettatori è il batacchio centrale, un volto mostruoso che scruta minaccioso i visitatori che bussano alla porta. Ultimo dettaglio, la parte che viene presa in mano per battere è composta da due serpenti che si uniscono con la testa. Da questi dettagli derivano le storie spaventose ambientate in questo posto. Prima leggenda fra tutte è quella del mago insistente: si narra di uno stregone eccessivamente ostinato che provò ad invocare Satana, forse con troppa enfasi, difatti “il povero” Lucifero – non propriamente noto per la dote della pazienza- infastidito dalla nenia incalzante, costruì un portone nel suddetto edificio, mise all’interno l’incauto mago e lì lo imprigionò .
Altre vicende però contribuiscono a rendere questo stabile un luogo davvero misterioso. Si narra ad essempio di Melchiorre Du Perril, un soldato francese in possesso di documenti segreti che entrò all’interno dello stabile e non si ripresentò più al suo cocchiere; c’è poi la storia della ballerina che, invitata ad una delle tante feste volute da Marianna Carolina di Savoia, venne aggredita e assassinata all’interno di una delle sale della lussuosa palazzina.
Inoltre, ancor prima di tutte queste vicissitudini, nel 1600, l’edificio viene scelto come sede di una fabbrica di tarocchi, e anche in questo caso le coincidenze non hanno fine: all’epoca il numero civico del fabbricato era il 15, il medesimo numero dell’arcano corrispondente alla carta del Diavolo.
E se proprio dovete raggiungere questa banca, indovinate il numero del tram da prendere?
Cari lettori, ma proprio qui dovete venire a prelevare?
Lasciamoci alle spalle i fantasmi che ovviamente si aggirano nei dintorni dell’immobile infernale e avviamoci in un’altra zona perturbante, ossia via Lascaris (angolo Via San Francesco d’Assisi), a pochi passi da Piazza Solferino, dove ci si può imbattere nell’ennesimo dettaglio folklorìstico. Proprio ai piedi di un casamento – oggi sede di una banca, ma in passato dimora di una Loggia Massonica- si dischiudono a terra delle strane fessure a forma di occhi. Qualcuno ci osserva, ma per la serie “mai una gioia” a tenerci sotto controllo non è un bell’angelo alla “Der Himmel über Berlin”, bensì niente meno che il Principe delle Tenebre, da qui la dicitura di questi spiragli: “gli occhi del Diavolo”.
Bene, ora che abbiamo capito dove non fermarci per i prossimi pic-nic autunnali, vediamo insieme quali sono i luoghi in cui possiamo indugiare per una pausa rigenerativa.
Uno dei siti a più alta concentrazione di energia positiva della città è il luogo di confluenza tra il Po e la Dora Baltea, i due fiumi torinesi che rispettivamente simboleggiano il Sole e la Luna, l’energia maschile e quella femminile, il principio vitale e quello del sonno eterno.
Un altro posto consigliato è la Chiesa della Gran Madre, le cui statue erette all’ingresso della grande scalinata raffigurano la Fede e la Religione, due emblemi rassicuranti e potenti; le due personificazioni sono poste anche a guardia del Sacro Graal, una delle reliquie cristiane più ricercate di tutti i tempi e –guarda caso- celata nei meandri dell’enigmatica Torino, città dai mille volti.
Anche Piazza Castello è una località benevola, è opportuno passeggiarci soprattutto se si rasenta la cancellata di Palazzo Reale e ci si sofferma sotto le statue equestri dei Dioscuri, guardiani ufficiali posti al confine tra la zona di magia bianca e quella nera.
Se poi ci si sentisse particolarmente stanchi, è consigliabile dirigersi verso la Mole Antonelliana, Museo del Cinema per alcuni, per altri una grande antenna che irradia nel mondo energia positiva.
Gli intellettuali e i radical chic si appropinquino invece verso Piazza Solferino, nei pressi della Fontana Angelica, monumento pregno di simbologie nascoste: le statue della Primavera e dell’Estate si contrappongono a quelle dell’Autunno e dell’Inverno, mentre l’acqua che scorre rappresenta il Sapere e la Conoscenza.
Che dire ancora? Alla fine è sempre la stessa storia, è l’eterna sfida tra il Bene e il male, che si tratti di Sith e di Jedi, di Merlino, di Morgana e della “magia del fare” o dell’impresa per sconfiggere Sauron la questione è resta la medesima: la scelta.
Cari lettori, e voi da che parte state?
ALESSIA CAGNOTTO
Il rientro della città di Rivoli all’interno del Centro Giolitti, avvenuto lo scorso anno, rappresenta un momento di grande valore simbolico e culturale.
Rivoli riafferma così la propria appartenenza a una rete che custodisce e diffonde l’eredità di Giovanni Giolitti, statista che ha segnato profondamente la storia politica italiana. Questo ritorno sarà celebrato mercoledì 9 ottobre, alle ore 21, presso la Sala Conferenze della Casa del Conte Verde, in una serata che unirà memoria storica e prospettive future.
La prima parte dell’incontro sarà dedicata proprio al rientro di Rivoli nel Centro Giolitti e alla presentazione ufficiale delle attività e delle iniziative per il Centenario. Interverranno il presidente del Centro, Paolo Bersani, che illustrerà il significato di questo nuovo percorso comune, il Sindaco di Rivoli, Alessandro Errigo, che porterà il saluto e il sostegno dell’Amministrazione Comunale, e il presidente dell’associazione La Meridiana, Angelo Castagno, che sottolineerà il valore della collaborazione tra le realtà culturali cittadine.
“Il ritorno di Rivoli nel Centro Giolitti è un segno importante – sottolinea il Sindaco Alessandro Errigo – perché ci permette di valorizzare un legame storico con una figura che non fu soltanto un protagonista della vita politica nazionale, ma anche un amministratore locale attento, consigliere comunale nella nostra città per un decennio. Questo Centenario sarà l’occasione per riscoprire la sua eredità e renderla viva, con iniziative che parlino alle nuove generazioni e rafforzino il senso di comunità.”
Nella seconda parte della serata lo sguardo sarà rivolto alla figura di Giovanni Giolitti e al suo legame con la città di Rivoli. Non tutti ricordano, infatti, che Giolitti fu consigliere comunale proprio a Rivoli tra il 1910 e il 1920, un periodo che rinsalda ulteriormente il rapporto storico e politico con la città. Su questo tema interverrà il direttore scientifico del Centro, Pierangelo Gentile, insieme a Carlo Zorzi dell’ Associazione La Meridiana, da oltre trent’anni protagonista della vita culturale rivolese.
L’incontro del 9 ottobre non sarà soltanto l’occasione per guardare al passato, ma segnerà l’avvio di una nuova stagione di iniziative che coinvolgeranno la città di Rivoli nelle celebrazioni del Centenario, riaffermandone il ruolo nella storia e nell’attualità del pensiero giolittiano.
1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi
Prosegue in questo terzo articolo il mio intento di raccontare storicamente le vicissitudini della nostra bella Torino. La volontà è quella di riproporre in una serie di testi gli avvenimenti, i fatti e i personaggi che, a partire dalle origini taurine, si sono succeduti e hanno reso il capoluogo pedemontano quello che è oggi. L’urbe ha subito notevoli modifiche nel corso del tempo, cambiamenti architettonici, urbanistici, politici e sociali, la città si è evoluta insieme all’Italia e all’Europa, talvolta occupando una posizione preminente nello svolgimento degli eventi, talvolta rimanendo “dietro le quinte” ad osservare silenziosa il mondo che cambiava.
Proseguo nel mio impegno dunque, intrattenendovi oggi, cari lettori, sulle tematiche riguardanti il caotico periodo postcarolingio.
Siamo nell’anno 887: muore Carlo il Calvo, l’Impero di Carlo Magno si disgrega, i signori locali vogliono disperatamente la corona. Arnolfo di Carinzia è proclamato re dei Franchi orientali, Oddone di Parigi diviene re dei Franchi occidentali, mentre Berengario del Friuli e Guido II di Spoleto si contendono la corona di re d’Italia.
Questo l’intricato “background”. Vediamo ora di approfondire un po’ la questione.
L’Impero carolingio è giunto al termine, il potere un tempo di Carlo Magno ora è nelle mani di conti, duchi e marchesi, aristocratici a capo di ampi territori comprendenti sia le zone rurali sia le città.
La stabilità politica è tuttavia qualcosa di apparentemente irraggiungibile: tali regni risultano caotici ed effimeri, i signori sono costantemente occupati a rivaleggiare tra loro per il Regno Italico, ma nessuno è destinato a detenere il potere a lungo.
In questo clima di instabilità generale Torino rimane ai margini, adeguandosi agli avvenimenti che interessano non solo la regione specifica, bensì tutta la penisola italiana.
Dopo la caduta dell’Impero la città subalpina cambia rapidamente “proprietario”, alla morte di Suppone II la città e le zone annesse passano dapprima sotto la giurisdizione di Carlo il Grosso (887), poi di Berengario del Friuli (888), a sua volta sconfitto da Guido di Spoleto.
Quest’ultimo, determinato a mantenere la propria podestà, decide di concentrare le forze armate nel confine nordoccidentale del regno, dando così vita ad una nova unità territoriale, la “marca di Ivrea”, una sorta di principato di frontiera che comprendeva il vasto territorio del comitato di Torino fino alle coste della Liguria. Guido affida il controllo della zona ad un suo fedele sostenitore, il burgundo Anscario, la cui discendenza amministrerà la regione per lungo tempo. Nell’anno 899 è Adalberto ad amministrare la marca, assicurandosi il titolo di marchese – “reggente di una marca”- ; egli varia anche le alleanze, sicuro di schierarsi a sostegno di Berengario del Friuli, che si era proclamato re agli inizi dell’anno 888, nella capitale Pavia.
Sul terminare del IX secolo, si assiste al fenomeno delle “seconde invasioni”: gruppi di genti agguerrite e violente giungono da est, da sud e da nord, si tratta dei Normanni – anche noti con l’appellativo “Vichinghi”- aggregati tribali che saccheggiano le coste atlantiche, vi sono poi gli Ungari, che tengono sotto costante attacco Germania e Italia, e infine i Saraceni, dediti a scorrerie navali nell’area del Mediterraneo.
Alle vicissitudini per il potere, si aggiunge il pericolo degli invasori, particolare preoccupazione destano appunto i Saraceni, guerrieri musulmani provenienti dalla Spagna e dal Nordafrica che avevano valicato le Alpi e depredavano ora la marca di Ivrea. In seguito a tale incursione, diversi monaci sono costretti a rifugiarsi all’interno delle mura cittadine: è in questo periodo che sorge il Santuario della Consolata, dedicato alla Vergine e ancora oggi una delle chiese più note di Torino. (La chiesa ha origini antichissime, e sorge sui resti di una piccola chiesa paleocristiana).
Gli Ungari a partire dall’anno 898 oltrepassano le Alpi e attaccano la marca friulana, fino a raggiungere, negli anni successivi, Vercelli e i pressi di Pavia.
Accade poi la morte di Anscario (940), seguita dalla ritirata di Berengario di Ivrea in Germania, dove ottiene la protezione di Ottone I, nuovo imperatore. Nel 950 Berengario fa ritorno per sconfiggere i nemici e per riorganizzare la marca di Ivrea in tre marche distinte, ciascuna affidata ad una famiglia: il Piemonte meridionale e la Liguria vengono affidati al marchese Oberto, ad Aleramo spetta invece la parte orientale della regione, con il Monferrato, e infine la nuova marca di Torino spetta ad Arduino, detto il Glabro. Intanto, nel 962, Ottone I scende in Italia, depone Berengario e si fa incoronare imperatore dal papa.
Ottone e i suoi discendenti controllano il Regno italico grazie alla forza degli eserciti, tentando a loro volta di sconfiggere i signori locali, assoggettandoli alla propria volontà. In questo turbolento succedersi di avvenimenti, alcune figure spiccano dalla massa per importanza e preminenza, tra queste vi è sicuramente Arduino, marchese di Torino, capostipite degli Arduinici. Abbiamo sue notizie a partire dal 945, epoca in cui viene nominato ancora come conte, già insediato a Torino, in una fortezza vicina alla porta occidentale della città, abitazione che fungeva da quartier generale per gli scontri armati contro i Saraceni.
Sono tuttavia le cronache di Novalesa a fornirci di diverse informazioni riguardanti Arduino: in questi testi egli è descritto come borioso, avido, “lupo affamato travestito da pecora”. Tuttavia, al di là del giudizio dei monaci adirati perché il conte si era rifiutato di restituire al clero alcuni possedimenti terrieri, Arduino si dimostra un soldato capace e un politico intraprendente.

Tra il 961 e il 962 il conte è quasi certamente coinvolto nel complotto a favore di Ottone I, ed è proprio grazie a queste gesta che ottiene il rango di marchese, tuttavia è bene sottolineare che, nonostante tale avvenimento, i successori di Arduino, gli Arduinici, mantengono con l’Imperatore rapporti sempre ambigui.
Altra figura di spicco è Olderigo Manfredi, imparentato con il marchese di Canossa, sposato con Berta degli Obertenghi, signori della Liguria e del Piemonte meridionale. Il nuovo marchese consolida la propria supremazia attraverso una stretta alleanza con la Chiesa, sodalizio consolidato grazie all’edificazione di diverse abbazie – da lui amministrate- tra Caramagna, Susa e Torino. Durante il suo regno la diocesi di Torino è sotto la guida di Landolfo, ex cappellano dell’Imperatore Enrico II di origini germaniche e dalle spiccate doti amministrative; proprio al vescovo si deve la fondazione e il restauro di diverse chiese situate nelle campagne, il sorgere di questi nuovi centri religiosi favorisce la gestione delle terre e regala linfa vitale ai villaggi delle zone rurali, quali Chieri, Piobesi, Rivalta e Cavour.
Non trascorre poi molto tempo prima che si verifichi una nuova lite tra i grandi signori del regno, ciascuno bramoso di arraffarsi il potere sul Regno Italico. La situazione precipita quando i “milites minores” insorgono a Milano contro l’arcivescovo: Olderico Manfredi interviene nella disputa e rimane ucciso nei combattimenti nel 1034. La moglie Berta eredita dunque il controllo della marca di Torino e subito si assicura di combinare dei matrimoni per le tre figlie. Adelaide sposa il duca Ermanno di Svevia, Ermengarda invece viene concessa al duca Ottone di Schweinfurt ed infine la più piccola, Berta, viene maritata con un rampollo della casa degli Obertenghi. È ora dunque di trattare di un’altra personalità emergente, proprio la primogenita di Berta, la contessa Adelaide, con cui la dinastia arduinica tocca l’apice del successo, grazie anche all’attenta e acuta amministrazione della marca di Torino.
Due volte vedova, Adelaide si unisce in terze nozze ad Oddone di Savoia, da cui ha diversi figli, tutti intelligentemente promessi a personalità delle più rilevanti famiglie nobiliari. Di lei sappiamo che era ben consapevole delle proprie doti e della propria posizione di preminenza, inoltre pare fosse gelosa del suo potere ma anche abile nell’attitudine del comandare.
L’importanza della figura della contessa emerge tuttavia successivamente, durante i decenni centrali del secolo XI, durante i moti riformisti, quando il sistema governativo sostenuto da Ottone I viene messo in discussione e Impero e Chiesa Riformista iniziano a scontrarsi. Adelaide, fervente credente e sostenitrice di molte idee dei riformisti – che condannavano la simonia e il concubinato ecclesiastico- si trova improvvisamente tra due fuochi: Enrico IV, l’Imperatore, nonché marito di sua figlia Berta e Matilde contessa di Toscana, con cui era imparentata non troppo alla lontana, calorosa sostenitrice dei riformisti.
Adelaide riesce a districarsi e appiana la disputa, ponendosi come garante per un accordo tra le due parti.
La contessa per tutta la vita reclama e detiene i propri diritti, anche quando questi vengono attaccati dal vescovo che la vuole privare di alcuni suoi possedimenti.
Adelaide è una delle tante figure femminili di cui è fatta la Storia, una sorta di femminista che non necessita di tale etichetta per dimostrare la propria forza e determinazione.
Ancora una volta c’è da imparare dal passato. Ancora una volta Torino risulta fonte d’ispirazione.
Alessia Cagnotto
Apre al pubblico il 2 ottobre 2025, fino al 3 maggio 2026, la mostra intitolata “Il riflesso di Leonardo – Sebastiano Ferrero e gli enigmi di un trittico rinascimentale” presso la Pinacoteca Albertina di Belle Arti di Torino. L’esposizione mette in luce gli importanti legami storici e artistici tra la collezione della Pinacoteca Albertina, la Tavola Leonardesca del Museo del territorio biellese, le tavole laterali, conservate presso Palazzo La Marmora e la Città di Biella. Il progetto, nato dall’impegno di Francesco Alberti La Marmora e organizzato dalla direzione artistica di Banca Patrimoni Sella & C., approfondisce la storia di un trittico enigmatico che vede protagonista la coppia coeva, su tavola e in scala naturale, della leonardesca “Vergine delle Rocce”, e i due pannelli laterali raffiguranti Sebastiano Ferrero e i suoi figli, illustri committenti e protagonisti del Rinascimento piemontese e lombardo.
Due sono le sale interamente dedicate alle complesse vicende storico-artistiche delle tavole, le cui letture si arricchiscono anche grazie al confronto diretto con alcune opere della collezione della Pinacoteca Albertina, offrendo spunti per nuove suggestioni e interpretazioni. Ne sono esempio alcuni “cartoni gaudenziani”, che ben dialogano nel riflesso di Leonardo. Donati alla Pinacoteca da Carlo Alberto di Savoia nel 1832, i “cartoni”, sono il risultato di un articolato lavoro di bottega, sviluppatosi nel tempo fra Gaudenzio Ferrari, Girolamo Giovenone e Bernardino Lanino, nel vercellese. Rivelano legami con la committenza con la famiglia dei Ferrero, nel ‘500.
Secondo gli studi fino a oggi condotti, proprio il potente Generale delle Finanze Sebastiano Ferrero, potrebbe essere il committente della “Vergine delle Rocce” biellese. È noto un documento redatto nel 1508 che affida la realizzazione di una copia della “Vergine” di Leonardo a Giovanni Ambrogio de Predis, artista vicinissimo al maestro, che ebbe ruolo attivo anche nella realizzazione dell’originale. In quel frangente storico va cercata l’origine della committenza della copia di Biella, la cui datazione e attribuzione sono state per lungo tempo dibattute.
È Francesco Alberti La Marmora, custode attento e appassionato di un variegato patrimonio storico e artistico a ricordarci la storia dell’attribuzione, a Bernardino dei Conti, di tre elementi che costituiscono questo trittico avvenuta per tappe. Nel 1975 è riconosciuto come autore delle tavole laterali (Federico Zeri) e nel 2003 della copia della “Vergine delle Rocce” (Edoardo Villata).
Questa mostra presso l’Accademia Albertina fornisce l’occasione per dare continuità all’esperienza di conservazione condivisa, in quanto nata dalla rinnovata collaborazione tra la Città di Biella e la famiglia Alberti La Marmora, che aveva già acconsentito, nel 2019, di esporre il trittico, ricomposto per la prima volta dopo 500 anni. Grazie a una campagna diagnostica promossa da Banca Patrimoni Sella & C., che utilizza le più recenti tecnologie di indagine scientifica, questa esperienza consente di presentare al pubblico e agli studiosi gli ultimi risultati delle analisi condotte sulla Vergine biellese.
La mostra è visitabile dalle 10 alle 18 tutti i giorni, feriali e festivi, escluso il mercoledì di chiusura, ed è compresa nel biglietto d’ingresso del Museo.
Info: 011 897370 – comunicazione@albertina.academy
MARA MARTELLOTTA