STORIA- Pagina 24

Un video al giorno per celebrare la Resistenza

Dal 5 aprile saranno pubblicati online, sui canali social di Torinogiovani e dell’associazione Plurale, venti video sulla Resistenza per ricordare i luoghi e le vicende principali dei venti mesi di lotta di Liberazione.

L’idea è di celebrare la Resistenza per venti giorni, a partire da una data simbolica come il 5 aprile, la ricorrenza della fucilazione al Martinetto dei vertici del Comitato di Liberazione Nazionale Regionale Piemontese, fino al 25 aprile, il giorno della Festa della Liberazione.

I video sono stati realizzati dal regista torinese Stefano Di Polito in venti luoghi simbolici per la Resistenza a Torino e sono pubblicati sulla app Tellingstones in un itinerario alla scoperta dei posti in cui sono avvenuti i principali episodi della Liberazione.

Tra i venti luoghi la Casa Gobetti, Palazzo Campana, l’Albergo Nazionale, la Caserma Alessandro La Marmora, le Carceri Nuove, la Casa di Dante Di Nanni, il Poligono di tiro del Martinetto, il Cimitero Monumentale, le Officine FIAT Grandi Motori, il Museo Diffuso della Resistenza.

Ogni video contiene una descrizione degli eventi da parte di un giovane divulgatore Luca Zanotta, un ricercatore storico molto abile ad appassionare il pubblico in un minuto e mezzo sulla storia della Resistenza.

I video saranno pubblicati in ordine cronologico ripercorrendo gli avvenimenti della Resistenza, l’armistizio dell’8 settembre 1943, quando in Torino entrarono i Tedeschi, le torture e le repressioni ai danni dei partigiani,  gli scioperi operai, le deportazioni e la Liberazione della città, rendendo così omaggio a figure celebri come Ada e Piero Gobetti, Emanuele Artom, Dante Di Nanni, Antonio Banfo.

Il progetto Itinerari digitali sulla Resistenza è stato realizzato con il sostegno del Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte.

Commenta Daniele Valle, Vicepresidente del Consiglio Regionale e Presidente del Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte: «Il progetto degli Itinerari Digitali sulla Resistenza corrisponde pienamente con la mission del Comitato, ovvero portare avanti un impegno non solo istituzionale ma culturale ed educativo, sui temi della Memoria e sui valori della Resistenza, che sono alla base della nostra Costituzione. Per questo in occasione delle date fondamentali del calendario civile, affianchiamo alle tradizionali commemorazioni istituzionali e ai momenti di approfondimento storico, eventi e iniziative che auspichiamo servano a coinvolgere le generazioni più giovani. La Festa della Liberazione è la festa di tutti gli italiani, è la celebrazione di tutti coloro che si sacrificarono per riscattare il nostro Paese e consentire a tutti noi di vivere in una democrazia».

«La Resistenza dovrebbe essere festeggiata ogni giorno – dichiara il regista Stefano Di Polito – sarebbe bello se molte persone condividessero tali video per venti giorni sui loro profili social e se i media decidessero di diffonderli  per far conoscere a più persone possibile i valori e gli episodi della Resistenza. Inoltre sull’applicazione Tellingstones abbiamo pubblicato delle schede con riferimenti bibliografici che gli insegnanti potranno utlizzare liberamente per spiegare in modo coinvolgente la storia contemporanea nelle scuole elementari, medie e superiori».

Per informazioni sul progetto: associazioneplurale@gmail.com

Quattro secoli di vita: Palazzo Lascaris e i suoi abitanti

Quattro secoli di vita: dai fasti barocchi di fine ‘600, fino alle ultime leggi regionali approvate nell’aula sotterranea. Questo racconta la mostra “Palazzo Lascaris e i suoi abitanti”, allestita in occasione della fine della XI legislatura regionale e per presentare gli importanti lavori di restauro in corso.  

“Abbiamo scelto di riportare il palazzo all’antico splendore – ha dichiarato il presidente Stefano Allasia – Un investimento importante del Consiglio regionale che ha recuperato le facciate, sostituito infissi, sta adeguando impianti elettrici e eliminando barriere architettoniche. Opere necessarie per salvaguardare un complesso aulico straordinario e renderlo funzionale all’attività legislativa dell’ente ed aperto ai cittadini che vorranno visitarlo”.

Marco Boglione, fondatore e presidente del Gruppo BasicNet, qui nel suo ruolo di presidente della Fondazione Cavour, ha detto: “Sono molto felice come cittadino, come imprenditore e come presidente della Fondazione di questa collaborazione con il Consiglio regionale per la mostra dedicata a Palazzo Lascaris. Nei 42 anni dell’Ottocento in cui la famiglia Benso di Cavour fu proprietaria dell’edificio, lo statista piemontese artefice dell’Unità d’Italia affinò, anche tra queste stanze, il suo ambizioso progetto politico italiano ed europeo”.

L’esposizione è aperta da una grande Linea del tempo che racconta la storia del palazzo barocco di via Alfieri. La costruzione architettonica è narrata attraverso documenti originali, fotografie e video, fino agli attuali imponenti restauri – che si concluderanno nel 2025 – che hanno svelato affreschi ottocenteschi e decori finora sconosciuti.

Gli abitanti del palazzo in quattro secoli di vita sono rappresentati nella seconda sala da una serie di ritratti, originali o riprodotti, degli uomini e delle donne che hanno fatto la storia di questo edificio, assieme ad alcuni memoriabilia, come un abito da ballo di metà Ottocento e alcuni importanti documenti d’epoca. Qui vissero famiglie aristocratiche, ma anche inquilini borghesi che abitavano gli ammezzati e le soffitte, poi vennero le banche e le istituzioni pubbliche, fino alla Snia di Riccardo Gualino e alla Camera di Commercio, che a Palazzo Lascaris ebbe la sua sede dal 1948 al 1974.

La terza sala della mostra è interamente dedicata al Consiglio regionale che “abita” Palazzo Lascaris dal 20 settembre 1979. I ritratti dei 17 presidenti che si sono succeduti, le foto dei principali avvenimenti accaduti in più di 40 anni e alcuni documenti originali della nostra storia compongono l’allestimento. Tra gli altri vediamo: il primo Statuto della Regione Piemonte del 1970 e quello del 2005, la macchina a tasti Michela usata fino a poco tempo fa per rendicontare le sedute d’Aula, i documenti scritti a mano delle prime sedute consiliari.

Una grande bandiera del Piemonte domina la sala, sopra una gigantografia dell’aula consiliare com’è oggi: essa rappresenta il cuore di tutte le attività che si svolgono attualmente a Palazzo Lascaris, dove nascono tutte le leggi della Regione Piemonte.

La mostra ha la curatela di Marco Fasano, direttore della Fondazione Camillo Cavour di Santena (presieduta da Marco Boglione), e la consulenza della storica dell’arte Arabella Cifani. Oltre ai materiali provenienti dall’archivio storico e fotografico del Consiglio regionale, hanno collaborato tra gli altri: la Camera di Commercio di Torino, l’Archivio storico della Città di Torino, la Soprintendenza per i beni architettonici, la Fondazione Franco Albini di Milano, la Galleria d’Arte Moderna, la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino.

La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 30 settembre 2024, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, con ingresso gratuito.

IMPORTANTE: l’ingresso – dato il cantiere tutt’ora presente nell’intero palazzo – è aperto da via Lascaris 9, sul lato opposto rispetto a quello ufficiale di via Alfieri 15.

Da Alfieri a Pellico: porte aperte per undici case piemontesi illustri

Appuntamento il 6 e 7 aprile per le Giornate nazionali delle Case dei personaggi 

In arrivo l’iniziativa promossa dall’Associazione Nazionale Case della Memoria

che quest’anno, per la sua terza edizione, vede coinvolte 129 strutture in tutta Italia

 

 Anche undici realtà piemontesi prenderanno parte alla terza edizione delle Giornate nazionali delle Case dei personaggi illustri. Promosse in tutta Italia nel fine settimana del 6 e 7 aprile dall’Associazione Nazionale Case della Memoria, quest’anno sono dedicate al tema “Memorie in viaggio“. Due giorni in cui le case museo di tutta Italia apriranno le porte per consentire al pubblico di scoprire le case dei Grandi che sono nati o hanno vissuto nel nostro Paese.

In Italia sono quasi 130 le case museo che apriranno le porte: tra queste, in Piemonte, anche il Museo Alfieriano/Casa natale di Vittorio Alfieri di Asti, la Fondazione Museo Francesco Borgogna a Vercelli e, nel vercellese, il Museo Civico Ferraris a Livorno Ferraris. A Torino e provincia, la Casa Museo Antonio Carena di Rivoli, il Museo Casa Don Bosco a Valdocco, il Museo Francesco Faà di Bruno e la Casa Museo Carol Rama (entrambi a Torino). A Cuneo il Museo Casa Galimberti e, in provincia Casa Cavassa e Casa Pellico a Saluzzo e il Museo Civico Luigi Mallé di Dronero.

L’iniziativa organizzata dall’Associazione Nazionale Case della Memoria, anche quest’anno ha ricevuto il patrocinio di Icom Italia e del Ministero della Cultura. Hanno potuto aderire tutte le case dei personaggi illustri italiani, non solo quelle facenti parte dell’Associazione. È possibile prenotare le visite fino al 5 aprile, collegandosi al sito www.casedellamemoria.it, dove è presente l’elenco delle case partecipanti con le indicazioni per prenotarsi.

«Oltre a promuovere i due giorni di aperture congiunte – spiega Adriano Rigoli presidente dell’Associazione Nazionale Case della Memoria – abbiamo invitato ogni casa a dedicare un itinerario, un approfondimento o un incontro al tema delle ‘Memorie in viaggio’. Sarà un’occasione, nell’anno del VII centenario della morte di Marco Polo, grande viaggiatore in Cina nel Medioevo e narratore della sua esperienza nel Milione scritto da Rustichello da Pisa, per focalizzare tutti insieme l’attenzione su un argomento di grande fascino che accumuna molti grandi del passato che, proprio per i loro ruoli, hanno spesso attraversato varie parti del mondo».

«Molte case proporranno anche visite guidate e/o strumenti di accoglienza – aggiunge Marco Capaccioli vicepresidente dell’Associazione Nazionale Case della Memoria – secondo una formula che ha riscosso già lo scorso anno, dove sperimentata, grande successo. La terza edizione delle Giornate ha la partecipazione di quasi 130 case, distribuite in 17 regioni. Un patrimonio importante che, con tenacia, la nostra Associazione mette in evidenza per offrire nuove occasioni al turista del terzo millennio, sempre in cerca di nuove emozioni, lontane dai grandi circuiti. I visitatori della nostra rete, come è stato osservato, non sono gli stessi che frequentano le pinacoteche: chi visita le Case della Memoria si sente un ospite chiamato a “riabitare”, perché è come se si trovasse a casa propria. È dunque importante, anche da parte delle istituzioni, porre attenzione a questo patrimonio, fatto da ambienti di vita di “quotidiana”, che conservano intatto il fascino di chi li ha abitati e con un valore aggiunto: la partecipazione attiva».

A seguire l’elenco delle case aderenti per la regione Piemonte:

Palazzo Alfieri – Casa Natale di Vittorio Alfieri – Asti

Telefono: 0141530403

Email: prenotazioni@fondazioneastimusei.it

– Attività proposte: sabato 6 aprile dalle ore 16.30: Presentazione del libro di Venanzio Guerci: “Per una storia delle donne nell’Italia del Settecento”. Incontro con la curatrice ELISA STRUMIA e VINCENZO FERRONE (Università di Torino).

– Ingresso gratuito: No

– Ingresso ridotto: No – l’ingresso al Museo è di 5 euro
– Omaggi e attività specifiche: Si – presentazione del libro, letture e musica
– Visita gratuita: No – euro 5,00

 

Fondazione Museo Francesco Borgogna – Vercelli

Telefono: 3892116858
Email:  biglietteria@museoborgogna.it

– Attività proposte: Visita libera al Museo. La domenica 7 aprile si terrà il laboratorio “” a cura dell’illustratore Gabriele Pino, su prenotazione obbligatoria al 389.2116858.

– Ingresso gratuito: No
– Ingresso ridotto: No
– Omaggi e attività specifiche: No
– Visita gratuita: No

 

Casa Museo Antonio Carena – Rivoli (TO)

Telefono: 3470393276

Email: casamuseocarena@gmail.com

– Attività proposte: Concert art , durante la visita sarete allietati dalla musica dal vivo suonata all’interno della Casa Museo

– Ingresso gratuito: No
– Ingresso ridotto: Sì

– Omaggi e attività specifiche: No
– Visita gratuita: Sì

 

Casa Cavassa – Saluzzo (CN)

Telefono: 329 394 0334
Email: musa@itur.it

– Ingresso gratuito: No
– Ingresso ridotto: Sì
– Omaggi e attività specifiche: No
– Visita gratuita: No

 

Museo Casa Don Bosco – Torino

Telefono: 01152241
Email: info@museocasadonbosco.it

– Attività proposte: La visita con audioguida mediante codice QR in autonomia o guidata (prenotata a info@museocasadonbosco.it) è gratuita. Una offerta é sempre gradita.

– Ingresso gratuito: Sì
– Ingresso ridotto: No
– Omaggi e attività specifiche: No
– Visita gratuita: Sì

 

Museo Francesco Faà di Bruno – Torino

Telefono: 3403461409
Email: info@museofaadibruno.it

– Attività proposte: Visita della casa museo, visita della chiesa fatta costruire da F. Faà di Bruno, salita sul Campanile – circa 300 scalini.

– Ingresso gratuito: Sì
– Ingresso ridotto: No
– Omaggi e attività specifiche: No
– Visita gratuita: No

Museo Civico Ferraris – Livorno Ferraris (VC)

Telefono: 0161477295 interno 1
Email: biblioteca@comune.livornoferraris.vc.it

– Ingresso gratuito: Sì
– Ingresso ridotto: No
– Omaggi e attività specifiche: No
– Visita gratuita: Sì

Museo Casa Galimberti – Cuneo

Telefono: 0171/444801
Email: prenotazioni.galimberti@comune.cuneo.it

– Attività proposte: Visite tematiche incentrate sulla figura di Duccio Galimberti, eroe Nazionale della Resistenza Antifascista e medaglia d’oro al valor militare, e sulla sua famiglia. I Galimberti hanno contribuito, in modo indelebile, allo sviluppo della Città di Cuneo, nel senso della libertà di scelta e di espressione. Due le visite guidate gratuite proposte con ingressi alle ore 15.30 e 17. Prenotazione obbligatoria.
– Ingresso gratuito: Sì
– Ingresso ridotto: No
– Omaggi e attività specifiche: No
– Visita gratuita: Sì

Museo Civico Luigi Mallé – Dronero (CN)

Telefono: 3478878051 / 0171908704
Email: museo.malle@comune.dronero.cn.it

– Attività proposte: Visite guidate con videonarrazioni delle opere

– Ingresso gratuito: Sì
– Ingresso ridotto: No
– Omaggi e attività specifiche: Sì
– Visita gratuita: Sì

Casa Pellico – Saluzzo (CN)

Telefono: 329 394 0334
Email: musa@itur.it

– Attività proposte:
– Ingresso gratuito: No
– Ingresso ridotto: Sì
– Omaggi e attività specifiche: No
– Visita gratuita: Sì

Casa Museo Carol Rama – Torino

Telefono: 3516136011
Email: casa@archiviocarolrama.org

– Attività proposte: La Casa Museo sarà accessibile con visite guidate, solo su prenotazione tramite sito web.

– Ingresso gratuito: No
– Ingresso ridotto: No
– Omaggi e attività specifiche: No
– Visita gratuita: No

“K2”. Settant’anni fa, a luglio, la conquista italiana

E a Torino il “Museo Nazionale della Montagna” dedica alla spedizione italiana una sezione espositiva permanente

E’ il 31 luglio del 1954. E’ un sabato. Mancano pochi minuti alle 18. Un ultimo sforzo e il valtellinese, da Santa Caterina Valfurva, Achille Compagnoni (1914 – 2009) insieme al bellunese, da Cortina d’Ampezzo, Lino Lacedelli (1925 – 2009) arrivano sulla vetta del “K2” (abbreviazione di “Karakorum 2”, al confine fra Cina e Pakistan, conosciuto anche come “Monte Godwin-Austen”, o, in lingua “balti”, come “ChogoRi” o “Dapsang”): sono loro i primi italiani a toccare la cima di un “Ottomila”.  In occasione del 70° anniversario dell’impresa, il “Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi” di Torino ha annunciato nei giorni scorsi l’apertura di una nuova sezione permanente dedicata proprio alla spedizione del “Club Alpino Italiano”L’iniziativa, promossa anche in concomitanza con il 150° anniversario della fondazione del “Museo”, nato nel 1874 da un’idea dei primi soci del “CAI”, propone una narrazione dell’impresa attraverso una vasta ed eterogenea esposizione di attrezzature, documenti, fotografie e iconografie che rappresentano, nel loro insieme, la “più ricca documentazione esistente sul tema”.

Concretizzatasi con il sostegno della “Regione Piemonte” , della “Città di Torino”, della torinese “Camera di Commercio” (e con il contributo di “Vibram”, tra le aziende che hanno supportato la spedizione del 1954, e la partnership tecnica di “Leroy Merlin”), la nuova sezione permanente – frutto del riallestimento di una parte dell’area dedicata all’alpinismo extraeuropeo del “Museo” – spalanca una finestra sul passato e propone il racconto di un’impresa ancora oggi ritenuta mitica, che costituisce il fondamento dell’himalaysmo italiano moderno”, ovvero di quell’approccio alla montagna in gruppi numerosi, mediante l’utilizzo di portatori e con l’uso di mezzi pesanti.

Inutile ricordare quante e quali emozioni e reazioni (ma anche polemiche!) ebbe a suscitare in Italia, e non solo, la scalata alla cima del “K2” da parte di Compagnoni e Lacedelli. Scalata immortalata in sequenze catturate dalla cinepresa (le prime mai realizzate sulla cima di un 8.000), segnando un episodio sportivo e di coraggio umano degno di passare alla storia per i due alpinisti arrivati in vetta, ma anche per i membri della spedizione (compresi i “portatori” del Baltistan) che, guidati da Ardito Desio, resero possibile l’impresa finale. Il successo della spedizione è un “trionfo” per il “Club Alpino Italiano” e per quanti l’hanno sostenuta e il ritorno degli alpinisti in Italia è accolto con un forte interesse mediatico. Ad occuparsene fu anche il cinema, con il docufilm “Italia K2” (1955) del regista Mario Baldi, che portò l’epopea dell’alpinismo Anni ’50 sul grande schermo, mentre la “sigla K2” diventò subito un “motivo di vanto” per numerosi esercizi commerciali e per le aziende che fornirono i loro prodotti alla spedizione.

Sviluppata con il supporto scientifico del giornalista e storico dell’alpinismo, Roberto Mantovani, l’esposizione al Monte dei Cappuccini offre l’opportunità di conoscere l’“equipaggiamento” utilizzato dagli alpinisti e di comprendere le sfide affrontate nell’ascensione del mastodonte del “Karakorum” che, con i suoi 8.611 metri, è la seconda cima più alta della Terra, dopo l’“Everest” (8,848,85 metrie una delle più difficili. La spedizione, forte di un’organizzazione di stampo militare, disponeva di “prodotti d’avanguardia” capaci di resistere alle condizioni estreme delle altissime quote, in un periodo che solo da pochi anni vantava la presenza di attrezzature in nylon e di tessuti sintetici.

Senza trascurare il racconto delle fasi salienti della scalata e la sua tempistica, l’iter espositivo include anche la descrizione della via di salita lungo lo “Sperone Abruzzi” (la cresta Sud-Est), l’improvvisa morte del valdostano Mario Puchoz, il drammatico bivacco all’addiaccio di Walter Bonatti e del portatore “hunza” Amir Mahdi, e infine l’arrivo in vetta.

Per quanto riguarda le “attrezzature” usate nella spedizione, in parte erano già giunte al “Museo” nel 1956, per poi essere integrate nel 1981 dal “CAI” con la donazione del “Fondo Spedizione Italiana al Karakorum – 1954”. A queste si sono aggiunti, negli anni Ottanta, i fondi fotografici e filmici di Mario Fantin, alpinista e operatore ufficiale della spedizione, e nel 2016 l’“Archivio Walter Bonatti”, in cui si trova ampia documentazione sulla salita. La selezione è, infine, arricchita con alcuni beni di recente acquisizione, tra cui le attrezzature di Pino Gallotti e le diapositive di Ugo Angelino (entrambi alpinisti della squadra), insieme alle fotografie di Umberto Balestreri della precedente spedizione del 1929.

Per info: “Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi”, piazzale Monte dei Cappuccini 7, Torino; tel. 011/6604104 o www.museomontagna.org

Gianni Milani

Nelle foto: I componenti della spedizione sul ghiacciaio Baltoro, Fondo “Mario Fantin”; Lino Lacedelli sulla cima del K2, ph. Achille Compagnoni; Al campo base sono giunte 230 bombole di ossigeno a 200 atmosfere, ph. Ugo Angelino

La passione secondo Jaquerio

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

Domenica 31 marzo, ore 15

Visita guidata agli affreschi del più grande esponente torinese del gotico internazionale

 

La Salita di Cristo al Calvario è il capolavoro del pittore torinese Giacomo Jaquerio, maggior esponente del gotico internazionale, realizzata nella cappella adibita a sacrestia della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso nel primo quarto del XV secolo.

Ciò che contraddistingue questa raffigurazione rispetto agli altri affreschi della cappella è la resa dei personaggi che appare più realistica all’interno di una scena drammatica. Per accrescere nei devoti la meditazione e la partecipazione alla sofferenza della Passione di Cristo, Jaquerio ha infatti accentuato i caratteri patetici e drammatici della scena. Lo spazio non è reso con una visione prospettica corretta, ma il senso di profondità è ottenuto disponendo i personaggi ad arco e collocando il volto dei soggetti più arretrati in una posizione più elevata rispetto a quella dei personaggi che sono in primo piano.

Nella folla è evidente la contrapposizione tra il Bene il Male nella scelta di colori e in un certo tipo di gestualità. I personaggi che trattengono la croce o quello che tira Gesù con una corda presentano lineamenti talmente alterati e deformati che sembra abbiano quasi connotazioni non umane. Tra la folla, si riconoscono il fabbro, a cui i giudei si rivolgono per fabbricare i chiodi della croce di Cristo, nell’uomo che tiene in mano tre chiodi e un martello (la sua partecipazione agli eventi della Passione si trova in alcune rappresentazione teatrali popolari diffuse in Francia e Inghilterra) e Giuda con la barba e i capelli rossi (colore che richiama la violenza e le fiamme dell’inferno) e il vestito giallo per evocare il tradimento.

 

INFO

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)

Domenica 31 marzo, ore 15

La passione secondo Jaquerio

Costo attività: 5 euro, oltre il prezzo del biglietto

Biglietto di ingresso: intero 5 euro, ridotto 4 euro

Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone

Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito

Prenotazione obbligatoria

Info e prenotazioni (dal mercoledì alla domenica):

011 6200603ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it

www.ordinemauriziano.it

“A tu per tu con Leonardo”, in mostra a Torino il famoso ritratto del “Genio Universale”

Per tre mesi, quell’austero volto senile, il più celebre al mondo, torna a fissarci severo negli spazi della “Biblioteca Reale” di Torino

Fino al 30 giugno

Scriveva il “Genio Universale” nei fogli del suo “Codice Atlantico”, la più ampia raccolta di disegni e scritti di Leonardo, datata 1478 – 1518: “Quel volto che in pittura riguardò in viso al maestro che lo fa, riguarda sempre tutti quelli che lo veggano”. E quanto ci aveva visto giusto il Maestro di Anchiano – Vinci (dove nacque nel 1452 per morire in Francia, ad Amboise, nel 1519)! Ancora oggi, quel suo volto senile, con barba e capelli lunghi, i solchi delle rughe in fronte e il piglio accigliato e severo, l’“Autoritratto” più celebre al mondo – realizzato a sanguigna su carta databile 1517 – è infatti impresso indelebile nei nostri occhi e nella nostra mente e continua a fissarci. Anche senza averlo dinanzi.

De Agostini Picture Library VB000614

Immagine di eterna potenza, inamovibile, cui solo la sua – sempre sua! – “Monna Lisa” (1503 – 1506) può fare il “paio”. L’appuntamento è quindi di quelli epocali, il quarto sotto i cieli di Torino con il Genio di Vinci e della durata, non solo di pochi giorni come successo in passato, ma di ben tre mesi. Dal 28 marzo scorso a domenica 30 giugno, infatti, i subalpini “Musei Reali”ospiteranno la mostra “L’autoritratto di Leonardo. Storia e contemporaneità di un capolavoro”, riproposta, attraverso l’incontro con le opere del Maestro conservate alla “Biblioteca Reale”, nel format “A tu per tu con Leonardo” e in versione totalmente inedita. Fra le ben 60 opere esposte, delle quali 15 originali di Leonardo, spiccano 6 fogli del “Codice Atlantico”, realizzati in Francia, nel periodo in cui lavorava all’“Autoritratto”, provenienti dalla “Veneranda Pinacoteca e Biblioteca Ambrosiana” (1517 – 1518), in cui si rivela appieno l’intima condivisione di studi con Francesco Melzi, l’allievo che erediterà il suo immenso lascito di “fogli” che l’artista-scienziato avrebbe voluto diventassero libri sulle tante discipline che lo avevano impegnato in vita.

Di grande interesse e stupefacente perfezione grafica anche altri “fogli” appartenenti alla “Biblioteca Reale”: dal “Codice sul volo degli uccelli” agli “Studi di insetti” e sui “cavalli” (per Leonardo il più nobile fra gli animali) compiuti in relazione a progetti di “statue equestri” per Francesco Sforza, Gian Giacomo Trivulzio e in Francia per Francesco I. Opere mai realizzate.

Arricchito da numerosi prestiti, provenienti da prestigiose Istituzioni italiane e da collezioni private, il percorso espositivo, curato da Paola Salvi (docente all’“Accademia” di Brera e ferma sostenitrice dell’autenticità e della datazione – più volte in passato messe in dubbio – del “volto” leonardesco) é completato da una nutrita selezione di dipinti, disegni, incisioni, matrici calcografiche e fotolitografie che documentano la fortuna del celebre “disegno di Torino” dal Cinquecento al Novecento.

A impreziosire il racconto, la “Galleria Sabauda” dedica, inoltre, per la prima volta una sala a venti opere eseguite da pittorileonardeschi – allievi, seguaci e imitatori del Maestro – nelle quali si evidenzia l’attualità della lezione di Leonardo. Non solo. In mostra troviamo anche una selezionata rassegna di 15 sculture di Giuliano Vangi (Barberino di Mugello – Firenze, 1931 – Pesaro 2024), segnate da una peculiare intensità espressiva, tesa a completare con uno sguardo contemporaneo l’ambito della raffigurazione del volto. A testimoniare la conoscenza dell’“Autoritratto” prima dell’acquisto da parte del re Carlo Alberto di Savoia Carignano nel 1839, sono preziosi in mostra anche due “fogli” conservati nel “Gabinetto dei Disegni e Stampe” delle “Gallerie dell’Accademia” di Venezia, parte della collezione di Giuseppe Bossi (1777 – 1815), poliedrico artista neoclassico e segretario dell’“Accademia di Brera”.

Esperienza eccezionale per il peso artistico, storico e culturale delle opere esposte, la mostra è resa peculiare anche per le suggestive “installazioni multimediali” e per il famoso “video” che racconta il viaggio” dell’ Autoritratto” e del Codice sul volo degli uccelli” in un “microchip” a bordo del “Rover Curiosity”, lanciato da “Cape Canaveral” il 26 novembre 2011: grazie a un’idea di Silvia Rosa-Brusin del “TGR Leonardo” della RAI, accolta dalla “NASA”, Leonardo è approdato così anche su “Marte” il5 agosto 2012 e sta esplorando il “pianeta rosso” da 12 anni. E dove mai potrà ancora arrivare? Certo, a saperlo, il Genio di Vinci ne avrebbe esultato non poco. Magari con malcelata gioia e un pacato sorriso … alla “Gioconda”.

Gianni Milani

“L’Autoritratto di Leonardo. Storia e contemporaneità di un capolavoro”

Musei Reali – Biblioteca Reale, piazza Castello 191, Torino; tel. 011/19560449 o www.museireali.it

Fino al 30 giugno

Orari: da mart. a dom. 9/19

 

Nelle foto: Leonardo da Vinci “Autoritratto”, pietra rossa su carta, ca. 1517 – 1518/ “Codice Atlantico”, ludo geometrico, foglio 307/ “Studio delle gambe posteriori del cavallo”, pietra rossa con tocchi di matita nera”, ca. 1508/ Giampietrino: “Cristo portacroce”, olio su tela, post 1500/ Giuliano Vangi: “Uomo con le mani al viso”, legno policromo, 2000

Ritorno a casa. Il cofano ritrova smalto

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino attiva dal 28 marzo al 31 dicembre 2024 un’importante campagna di crowdfunding per acquisire cinque smalti di Limoges provenienti dal cofano di Guala Bicchieri, capolavoro identitario del museo.

 

Le cinque staffe – elementi metallici con decoro floreale in smalto champlevé – originariamente decoravano il coperchio o il retro del celebre cofano del cardinale Guala Bicchieri (1160-1227), fondatore dell’abbazia di Sant’Andrea di Vercelli, legato di papa Innocenzo III, diplomatico, bibliofilo e collezionista.

Palazzo Madama conserva il capolavoro delle raccolte artistiche di Guala, il cofano ligneo decorato da medaglioni in oreficeria e smalto, con animali fantastici e scene profane.

Quest’opera, donata dal cardinale per legato testamentario alla sua abbazia, rimase a Vercelli fino al 1824, quindi entrò in una collezione privata e venne infine acquistata da Città di Torino e Regione Piemonte nel 2004.

Tuttavia, alcuni degli elementi in rame e smalto che lo impreziosivano in origine risultano oggi mancanti: verosimilmente trafugati durante la permanenza dell’opera nella chiesa di Sant’Andrea di Vercelli, tra il XIII e il XVIII secolo. In particolare sono andati perduti i dieci medaglioni del coperchio, i dieci che ornavano il retro, oltre a diverse staffe e cantonali (elementi in rame e smalto champlevé, anch’essi con decoro floreale, che rivestivano gli spigoli del cofano).

 

Nel 2019 un antiquario di Parigi contatta il Museo del Louvre per sottoporgli i cinque smalti in questione, e subito dopo Palazzo Madama, cui propone in vendita le cinque staffe: uguali per dimensioni, decoro e colori a quelle che decorano il fronte e i fianchi del cofano di Guala Bicchieri e quindi verosimilmente provenienti da quest’opera. Per poter verificare tale ipotesi, il conservatore di arti decorative Simonetta Castronovo si reca in sopralluogo presso la galleria francese per esaminare le opere, e quindi organizza con il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino una campagna di indagini diagnostiche (analisi XRF), per approfondire lo studio scientifico delle staffe: l’indagine XRF, non invasiva, permette infatti di leggere con precisione la composizione chimica dello smalto e le tecniche di lavorazione del vetro.

Le verifiche e le analisi compiute hanno rilevato che le staffe ora in possesso della galleria parigina coincidono esattamente per dimensioni e disegno degli elementi floreali con quelle ancora presenti sul cofano di Palazzo Madama; e che la loro composizione chimica è identica a quella degli smalti del cofano Bicchieri; la quale, a sua volta, è assai particolare e costituisce un unicum nell’ambito della produzione di Limoges. Un insieme di dati che permettono quindi di confermare la provenienza di questi frammenti dal cofano di Palazzo Madama. La loro acquisizione consentirebbe così di ricollocarli sul retro del cofano, oggi spoglio, e di andare a ricomporre il decoro originario dell’opera. Un’operazione di restituzione filologica.

Riprese a questo punto le trattative con Parigi, a fine del 2023, Palazzo Madama ha ritenuto di procedere, per quest’importante acquisizione, con una campagna di crowdfunding, su modello di quella compiuta nel 2013 sul servizio da tè, da caffè e da cioccolata con stemma Taparelli detto“Servizio d’Azeglio”, campagna che ebbe un particolare successo permettendo al museo di raggiungere la cifra richiesta e di acquisire l’opera nell’arco di pochi mesi.

In questa occasione Palazzo Madama si appoggerà alla piattaforma Rete del Dono, attraverso la quale sarà possibile fare le donazioni online.

Oggi, giovedì 28 marzo 2024, viene lanciata la campagna, che si articolerà in conferenze, video,storytelling. La cifra richiesta dall’antiquario è 50.000 € e la scadenza per arrivare a tale importo è fissata a fine dicembre 2024.

 

Dal sito di Palazzo Madama, a partire da oggi, è possibile accedere, tramite apposito link, alla pagina dedicata sulla Rete del Dono. Qui sono assicurate tutte le tipologie di pagamento: carte di credito, bonifici bancari, Pay Pal, Satispay. Rete del Dono emetterà automaticamente le ricevute ai donatori, inviandole via mail. Le donazioni possono inoltre beneficiare dell’Art Bonus: un incentivo fiscale che consente una detrazione, fino al 65%, per chi effettua donazioni a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano.

 

Sono naturalmente previsti reward specifici per tutti i donatori: che vanno dall’iscrizione del nome del donatore sul donor wall del sito di Palazzo Madama, all’emissione di ingressi omaggio in museo, fino alla visita guidata delle collezioni e del palazzo, fuori orario, con il Direttore.

Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum

Breve storia di Torino


1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi

1.Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum

Torino è una città che invita al rigore, alla linearità, allo stile. Invita alla logica, e attraverso la logica apre alla follia. Queste le parole del grande intellettuale Italo Calvino, forse un po di parte, certo, ma non per questo meno veritiere.
Così abituati a guardare lontano, intenti ad indagare il mondo oltre i confini visibili, perennemente alla ricerca di qualcosaltro in un laggiù” di labile definizione, spesso diamo per scontato ciò che ci circonda, e talvolta nemmeno ci impegniamo a conoscere i luoghi a noi più vicini.
Rifletto spesso su tale tematica con i miei studenti a scuola, approfittando delle potenzialità della materia che insegno; quando chiedo ai ragazzi di raccontarmi una loro esperienza riguardo a mostre darte, musei o luoghi culturalmente conosciuti, mi rendo conto di quanto poco conoscano il territorio in cui vivono, è più probabile infatti che essi si siano ritrovati per le strade di qualche capitale straniera e non di aver visitato Palazzo Madama, Palazzo Reale, un qualunque museo torinese di arte contemporanea o qualche luogo cittadino che proprio nulla ha da invidiare all esotico estero.
Non ne faccio loro una colpa, anche io tendo spesso a incappare nel medesimo errore, protesa verso il desiderio di prendere aerei e partire, corro per prima il rischio di tralasciare interessanti occasioni di visita di esposizioni darte di artisti che magari apprezzo particolarmente e che si svolgono proprio a Torino.

È secondo questottica che ho deciso di scrivere tale serie di articoli dedicati alla capitale sabauda, per riscoprire e tentare di approfondire la storia e le vicissitudini di quella che è la mia città natale, la stessa che mi pare così lontana anche se abito nei suoi vicinissimi confini, che talvolta mi ha stancato, che non sempre mi ha accolto o confortato, della quale spesso mi sono dimenticata, ma a cui rimango indissolubilmente affezionata.
Torino è così, una città antica che accetta le sfide della globalizzazione e della multiculturalità, attenta alla qualità ambientale, dove da sempre il saper fare si accompagna al saper pensare, è localitàforte delle proprie radici eppure pronta a fronteggiare le numerose riqualificazioni urbane che nei secoli si sono succedute, invasive e necessarie, le medesime che ora stabiliscono laspetto multiforme di quella che è stata la prima capitale dItalia.
Nel capoluogo popoli, culture, tradizioni e differenti consuetudini si sono stratificate nel tempo, a partire dagli usi e costumi degli antichi romani, fino ai cittadini odierni, autoctoni, migranti e tutte quelle etnie in equilibrio tra il mantenere le proprie usanze e limparare il dialetto locale.
La storia di Torino è qualcosa di tangibile, passeggiando per le vie della città infatti ci si imbatte continuamente in testimonianze del passato: le Porte Palatine, gli edifici di Italia 61, le palazzine barocche e le ville liberty, le chiese ed i monumenti, tutti tasselli di ununica grande vicenda che comincia più di duemila anni fa, ai tempi di un piccolo insediamento chiamato Taurasia, distrutto da Annibale nel 218 a.C.  

La nascita e lo sviluppo della città sono indissolubilmente legati alla posizione geografica che essa occupa: Torino sorge sulla sponda occidentale del Po, nella regione chiamata Pedemontium ossia la terra ai piedi delle montagne, uno strategico crocevia assai significativo  per i commerci, sia via terra che via acqua. Fin dai tempi antichi eserciti, mercanti e pellegrini erano costretti ad attraversare il fiume in quel preciso punto geografico, laddove sorgeva il piccolo villaggio Taurasia. Nei secoli sono molti coloro che ambiscono al controllo dello stabilimento, rilevante scalo tattico e commerciale, nonché snodo significativo posto sulla via che collega il Sud della Francia e il Nord dellItalia.
Tuttora Torino sorge lungo la principale articolazione stradale e ferroviaria dellarea alpina, su un percorso che da sempre è ritenuto di considerevole importanza, da qui infatti sono passati, secondo gli studiosi, dapprima Annibale, nella sua marcia verso Roma e successivamente, nel 773, lesercito di Carlo Magno, durante la calata in Italia.
Il tempo conferma la centralità della posizione strategica dellantica Augusta Taurinorum, abbracciata dai fiumi e protetta dal duplice ruolo delle montagne, da una parte le Alpi, dallaltra i Colli del Monferrato, che sia mettono in comunicazione la città con i comuni limitrofi, sia fungono da barriera protettiva naturale; gli stessi Savoia, i custodi dellItalia approfitteranno dellubicazione dellurbe per gestire i propri poteri.
La natura dunque favorisce la nascita di un insediamento destinato ad ingrandirsi nei secoli, ma se da subito le condizioni di vita paiono favorevoli per la cittadinanza, sarà necessario attendere diversi secoli prima che la Storia si accorga della bella Torino, relegata per tempo immemore alla condizione di cittadina di provincia, adombrata dalle limitrofe Asti e Vercelli, infatti solo verso la fine del Cinquecento, grazie ai Savoia che qui sposteranno la propria corte, al capoluogo viene riconosciuto peso politico e comincia a brillare di luce propria.
Ma andiamo per ordine, poiché assai remote sono le origini della nostra città; larea appare abitata fin  dallepoca tardo paleozoica, come testimoniano i numerosi ritrovamenti di utensili in pietra.
Allepoca la regione doveva essere ricoperta di foreste e acquitrini, tuttavia già i coltivatori delletà neolitica erano intervenuti a favore di una repentina trasformazione del paesaggio, processo che continueràattraverso diverse azioni di bonifica dalletà medievale fino alletàmoderna.
I primi abitanti del Piemonte sono i Celto-Liguri, gruppi migranti celtici che mentre si spostano verso il Nord della Penisola si fondono con alcune tribù liguri già presenti sul territorio.
Si tratta di popolazioni dedite allagricoltura, con un livello di organizzazione politica e culturale non molto sviluppata, vivono sparsi per le radure tra le foreste, coltivano segale e granaglie e allevano pecore e maiali. Nello specifico sono gli Insubri e i Taurini ad occupare le sponde del fiume Po.
Come è noto, il destino di Torino risulta legato almeno a livello di nomenclatura-  ai Taurini, da cui deriva lappellativo Augusta Taurinorum, dallanimale totemico attribuito alla tribù, ossia il taurus, -che tuttoggi rimane simbolo indiscusso della moderna cittàpiemontese-.
Ben poco sappiamo di tale popolazione, se non che compare negli annali nel 218 a.C., quando tenta invano di fermare la discesa di Annibale, per poi entrare a far parte delle tribù inglobate nella sfera culturale e politica di Roma che,  a partire dalla metà del II secolo a.C., colonizza la zona subalpina nordoccidentale per aprirsi una piùfacile via verso la Gallia.
Lo spirito decisamente concreto e pratico dei romani fa sì che le cittàfondate nel territorio piemontese rispondessero a precise funzioni: si tratta di avamposti militari  e centri di governo che favoriscono il controllo e la comunicazione lungo il tragitto verso le Alpi.


Tra questi insediamenti spicca per importanza Augusta Taurinorum.
Le leggende prendono il sopravvento sulle sporadiche fonti accreditate riguardanti le origini di Torino, se diverse sono le versioni fantasiose legate alla fondazione del capoluogo, dallaltra sono poche e controverse le notizie degli studiosi dedicate a tale argomentazione.
Lo stesso appellativo apre a diverse ipotesi interpretative: secondo alcuni Iulia Augusta Taurinorum viene fondata da Giulio Cesare durante le sue campagne militari in Gallia, secondo altri invece il nome della cittadina si rifà allimperatore Ottaviano, meglio noto con lappellativo di Augusto.
Vi è poi la versione di una duplice fondazione, suggerita da diversi studi del terreno, dai quali si denota una lavorazione dei campi limitrofi alla città che suggerisce una edificazione svoltasi in momenti differenti.
Quel che invece è noto riguarda la trasformazione del villaggio tribale prima in colonia militare poi in civitas, ossia una città con una propria struttura amministrativa ben definita; allincirca nello stesso periodo viene fondata Augusta Pretoria, lodierna Aosta, con lo scopo di assicurare il dominio romano sulla vallata circostante e sui valichi del Grande e del Piccolo San Bernardo.
Dalle fonti tuttavia si evince che ledificazione effettiva di Augusta Taurinorum avviene nel corso del I secolo a.C.; i lavori di costruzione seguono lo schema prefissato dalla tradizione romana e la colonia si struttura secondo una griglia rettangolare circondata da una cinta muraria di circa 2,5 km.
Lo spazio interno è diviso da due strade principali, il Cardo e il Decumano le attuali via Garibaldi e via San Tommaso -, rimane invece incerta lubicazione del foro, anche se probabilmente doveva occupare lattuale zona in cui oggi si trova il municipio. Allinterno delle mura, le strade secondarie suddividono lo spazio urbano in insulae, isolati residenziali dotati di fognature sotterranee e pavimentazioni regolari e ordinate.
La nuova colonia viene inoltre dotata di un acquedotto per la fornitura idrica, bagni pubblici, templi e un teatro, le cui fondamenta sono ancora visibili accanto a Palazzo Reale.
Lo schema rettilineo rimane alla base della Torino moderna e resta inevitabile punto di partenza per tutti i successivi sviluppi urbanistici eseguiti fino ai giorni nostri.
Altra questione aperta riguarda gli abitanti: molto probabilmente si tratta di immigrati provenienti direttamente da Roma o veterani dellesercito, solo in una minoranza potevano discendere direttamente dalla tribù dei Taurini.
Limportanza della colonia rimane relegata al transito stradale e alla riscossione dei pedaggi; essa  tuttavia è indicata  nei documenti dellepoca come snodo primario allinterno della grande rete di comunicazione costruita dai Romani  per agevolare il transito di merci, truppe e messaggeri imperiali in tutta lItalia settentrionale.
La situazione muta bruscamente nel III secolo a.C., quando la guerra civile, la recessione economica e le incursioni barbariche minano lesistenza stessa di Roma. La crisi colpisce tutto lImpero, ma sono proprio le colonie sorte lungo le rive del Po che devono fronteggiare in prima linea gli invasori germanici.
Augusta Taurinorum rimane per molto tempo, come le altre province, in una situazione instabile, preda del vuoto di potere dovuto al crollo delle istituzioni governative e politiche romane fino allemergere di una nuova autorità: il vescovo, simbolo della Chiesa Cristiana. Per i secoli a venire è questa la figura essenziale a cui tutta la comunità si rivolge e sulle cui spalle pesa il gravoso compito di organizzare la nuova vita cittadina allalba dellavvento del Cristianesimo.
Non si sa molto riguardo alla diffusione della nuova religione in Piemonte, la tradizione si sofferma sullavvento del culto dei tre martiri (Ottavio, Avventore, Solutore), particolarmente apprezzato proprio a Torino, cerimoniale religioso surclassato poi dalladorazione di Giovanni Battista.
Scarse sono le notizie a proposito del primo vescovo di Torino, probabilmente un certo Massimo, pupillo di Eusebio  e forse anche di Ambrogio, arcivescovo di Milano. Massimo era un buon imprenditore edile, a lui infatti si deve ledificazione del primo edificio ecclesiastico locale, una chiesa probabilmente dedicata al Salvatore, ubicata dove ora sorge il Duomo. Attraverso larchitettura egli ritiene di esorcizzare i demoni pagani che albergano tra le rovine dellantica città romana, costruendo chiese e santuari laddove sorgevano gli antichi templi dedicati agli dei. Inoltre egli riveste la figura del principe-vescovo, così come i suoi contemporanei Ambrogio di Milano, Agostino dIppona e Gregorio di Tours. La sua figura austera, severa e forte si fa punto di riferimento per i suoi successori, i quali come lui si adoperano per difendere la città dai barbari, dare asilo ai profughi e riscattare i prigionieri.
Decisamente interessanti sono i sermoni redatti da Massimo, grazie ai quali ci è possibile immaginare come doveva essere la lontana societàtorinese agli albori della diffusione del Cristianesimo.
Allinterno dei testi spiccano le critiche feroci mosse dal vescovo nei confronti dei cittadini, costantemente invitati al pentimento, ad allontanarsi dai beni materiali, sovente accusati di pigrizia e venalità: della prima comunità torinese ne esce un quadro tuttaltro che edificante.
Eppure tali sono le origini di Torino.
Affondiamo le nostre arcaiche radici in una turbolenta cittadinanza ancora legata ai vecchi culti, che tuttavia con fatica e forza si è poi evoluta fino ai giorni nostri, passando per le guerre contro i barbari, la dominazione sabauda fino a Napoleone e oltre.
Complessa e stimolante è la vicenda di Torino e questo è solo linizio.

Alessia Cagnotto