STORIA- Pagina 139

Il significato del 25 aprile è sempre attuale

Niente da fare. Ogni volta che ci si avvicina alla data del 25 Aprile si fanno un sacco di polemiche

Polemiche inutili e pretestuose. Ora la Meloni e La Russa se ne sono inventata una nuova.

Propongo che sia ….. manco loro sanno che cosa hanno proposto. Fanno i guastatori perché non
accettano la Storia, direi proprio l’evidenza dei fatti storici.

Ma con loro ogni sforzo è inutile  e velleitario convincerli con le buone maniere,
controproducente tentare di convincerli con le maniere forti. Sia ben chiaro: maniere forti non
vuol dire violenza, bensì applicazione delle leggi e regole che ci siamo fatti con la Costituzione
italiana, appunto dopo esserci liberati del nazifascismo. Masticano amaro perché non
accettano ciò che è avvenuto ed in particolare le sue conseguenze, cioè la democrazia.

Considerano il nostro un sistema mediocre, e non pensano che possono ancora dire le loro
stupidaggini perché c’ è la democrazia. In fondo li compatisco. Hanno solo rabbia e rancore. E
con rabbia e rancore non vanno da nessuna parte. Viceversa io e tanti altri come me sentono
il sapore, il profumo di libertà che si respira in questi giorni. Libertà per te stesso e per gli
altri. Mentre scrivo un vortice di ricordi. Le mille fiaccolate a cui partecipavo. Le prime da
Pioniere. Giovanissimo non volevo il fazzoletto azzurro simbolo della pace. Ovviamente volevo
quello rosso, ma quello con la Stella. Fantastico e tanto fantasticavo. Mi immaginavo giovane
Partigiano sempre un fuga dai nazifascisti con la piccola piccozza che diventava un fucile
automatico. E l’ incontro con con la letteratura della Resistenza. Il disincantato Beppe Fenoglio
nel Partigiano Jonny. L ‘umantita’ di Elio Vittorini. In Uomini e No il gappista non ha il coraggio
di sparare al soldato tedesco. Ha la faccia da operaio. O i ricordi di Davide Lajolo in la Rossa
Primavera. Dopo essere stato fascista di ritorno dalla Russia decidendo di scegliere di diventare
comunista e Partigiano.

Scoprivo che cosa erano i commissari politici avendo un consulente in mio padre. Parlava poco
ed ancora meno di sé stesso. Mia madre mi raccontò che era finito in via Asti e l’oro dei nonni
lo salvò. E il 18 aprile uscito dalla Grandi Motori saltarono le rotaie dei tram e venne organizzato lo
sciopero generale.

Profumo di libertà. Sicuramente il principe dei ricordi è nel 1975. Fiaccolata per il 25
aprile e fiaccolata per Dante Di Nanni. Eroe prima ferito e poi ucciso in via San Bernardino.
Impressionante la testimonianza di Giovanni Pesce capo dei Gap prima a Torino e poi Milano.
Lo ero andato a trovare ed uscendo si accorse dei fascisti che circondavano la casa. Non
intervenne. Sarebbe morto anche lui.

Il corteo partiva da Piazza Adriano.
Una ragazza boliviana ci chiede se poteva sfilare con noi. Minuta, con un viso dolce da indios.
Spiccava una pancia , era incinta. Quando partorisci ?

Due mesi, purtroppo il papà era rimasto in Bolivia, clandestino perché per allora c’era la
dittatura militare. Entrambi erano del partito comunista boliviano clandestino. Dopo il parto?
La sua risposta mi sconvolse. Tempo d’allattamento e poi ritorno in Bolivia lasciando il bambino
ad una cugina a Torino. Non capivo o più probabilmente non volevo capire. Quando capii non
accettai. Lasciava il figlio per raggiungere il marito. Perché?

La risposta fu lapidaria: voglio far crescere mio figlio in una Bolivia libera.
Profumo di libertà. Sicuramente e personalmente non avrei avuto coraggio di fare simili scelte.
Coraggio che hanno avuto i nostri padri e le nostre madri.

Caro Sallusti te devi fare una ragione: anche quest anno, come tutti gli anni e decenni
successivi si festeggerà il 25 Aprile anniversario della liberazione. Magari, anzi sicuramente, un
anniversario diverso dagli altri. Ma non per questo meno importante degli altri. Caro Sallusti
e proprio perché sono passati 75 anni un profumo
sempre più intenso di libertà. Non ci saranno i partecipanti ai cortei di Milano o le
fiaccolate di Torino. Ma ci sarà sempre chi sarà davanti alla Lapide dei Sette fratelli Cervi come
al Martinetto di Torino dove furono trucidati i membri del CLN di Torino.

Ci saranno i Sindaci e rappresentanti delle istituzioni e dai balconi ci sarà sui balconi  chi
vorrà manifestare. I più, nati nella libertà e che vogliono continuare a vivere nella libertà. vogliono
continuare nel sentire profumo di libertà. Ricordiamo e festeggiamo non solo per ieri ma
anche, se non soprattutto per il domani. Mi sento in debito verso mio padre. Mi pare che i miei
infantili sogni abbiano contributo a perpetuare questa libertà. Una libertà che consegno alle mie
figlie. Magari è retorico, ma va bene così, qualcuno è morto per quella libertà e qualcun altro è
morto per impedire questa libertà.

Umana pietà per le morti è altra cosa. Guai se non ci fosse. Ma l’uso politico di questo
sentimento è l’ennesima prova di una destra che non riesce a liberarsi del fascismo. Quello duro
e puro che con il patto di ferro con il nazismo si è posto fuori dalla Storia. Una destra italiana s’intende.

Europea è un altra cosa. Persino quella tedesca che ha reciso ogni legame con quel
tragico passato. Aneddoto raccontato dal Professore Alessandro Barbero.

Era a Francoforte per un simposio.
Nella vetrina di un negozio di filatelia erano esposti dei francobolli del periodo nazista. La svastica
era coperta e dunque nascosta. Una legge vieta la esposizioni in pubblico del simbolo del
nazismo. Australia e Francia hanno promulgato delle leggi che condannano penalmente i
negazionisti che negano l’esistenza dei campi di concentramento.

Perché non si fanno atti simili anche in Italia? Forse non è nella nostra indole questa
precisazione. Ma è nella nostra indole passione ed emozione di difendere le idee di libertà.
Bene, a volte eccediamo nell’ essere troppo enfatici.

Ripeto testardamente: questo 25 Aprile sarà maggiormente ricordato proprio per le difficoltà
prodotte dalle limitazioni.
Si ricorderà per il profumo di libertà di ieri di oggi e di domani. Per i nostri padri, un po’ anche per
noi e soprattutto per i nostri figli ed i nostri nipoti.

Povertà e dignità nella Barriera di una volta. E oggi?

Tra corso Giulio Cesare 45 e le ex scuole di via Alessandria liberate dalla polizia, dagli abusivi anarcoidi ci sono a mala pena 500 metri. Alcuni anni fa, tra corso Emilia, corso Brescia e corso Giulio Cesare erano scesi i residenti regolari a manifestare (diciamo in modo robusto) di notte contro spaccio e degrado. Esasperati dal clima di violenza ed intimidazioni. Manco il coronavirus ha fermato questi delinquentelli di antagonisti.

Che poi tanto piccoli non sono visto che alcuni di loro sono stati arrestati e condannati per terrorismo. Tra spinelli e birre e magari altre droghe inneggiano alla rivoluzione per giustificare la loro pochezza. In Barriera di Milano o in Aurora sono di casa e l’ altro giorno, per proteggere due rapinatori hanno cercato di sobillare la popolazione perché si riprendesse la libertà contro il coronavirus. Anzi più precisamente contro lo Stato che impedisce libertà con la scusa del virus.

Il loro soggetto rivoluzionario il sottoproletariato, miseria sia economica che culturale. Pronta la condanna dell Appendino ed un assordante silenzio dei pentastellati loro amici (poi mitigato da un documento in Consiglio comunale). Direi di più, di pentastellati che scelgono sicuramente loro contro tutto e contro tutti. Parola d’ordine comune tanto peggio tanto meglio. Ideologia non ben definita e dunque volutamente ambigua. Ci avrebbero pensato i pentastellati nel risanare le periferie. Parole al vento. Ci sono oltre 30 anni di errori da recuperare. Cosa , almeno ad oggi semplicemente impossibile. Non è stato sempre così. 100 anni fa da quelle parti pur essendoci povertà c’era dignità che non trovi in questo presente. Mi si può obbiettare che con la dignità non si campa. Vero, per campare ci vuole soprattutto lavoro. Verissimo, ma il degrado senza lavoro porta alla più totale assenza di dignità. Cosi piccoli furti, lavoro nero e sopravvivenza fanno una tragica e sconsolante differenza. Da piccolo mia madre mi portava tutte le settimane a visitare parenti in via Cuneo e via Bra. Case di ringhiera con i gabinetti al fondo dei balconi.

Forte l’ immigrazione pugliese negli anni ’50. Poi la Fiat con le grandi assunzioni, siciliani calabresi. Ma alla mitica Pizzeria da Cristina in corso Palermo un pizzico di Napoli. Sempre, da quando mi ricordo io. A volte non ci si capiva, a volte tante tensioni. Una volta feci a botte perché volevano rubarmi la bicicletta. Ebbi la meglio, ammirato dagli amici. Ma lo sai con chi hai fatto a botte? No. Con Catrambone il bullo di quartiere. Nel ’75 venne ucciso dalla polizia durante una rapina a mano armata dalla. Ricordo questo sottolineando che anche agli inizi degli anni 70 , come negli anni 60, c’ erano molti problemi di ordine pubblico. Alle elementari mio padre mi portava a Porta Palazzo per comprare l’auroretta. Ci davano ancora il voto per bella calligrafia. Nel negozio sotto casa costava 500 lire. In via Borgo Dora 450 . Pignolo come era le provava tutte. Nel mentre mi guardavo intorno. Nel ricordo, il ricordo che qualcosa non tornasse c’era tutto. Mi affascinava un signore che con le catene sul dorso alzava enormi sassi. Quasi un gladiatore ante-litteram. Spettacolo per raccogliere elemosine. Un emarginato che assurse alle cronache cittadine per la sua estemporaneità. Arrestato per una rissa si schermì: mi hanno pagato quelli di corso Francia, dove c’era la sede del Movimento sociale italiano. Violenza ed emarginazione c’erano allora come ci sono oggi. Sbaglierò ma per allora c’era ancora, magari faticante, il senso del limite. Ora tutto è sbordante. Appunto non esiste più il senso della misura.

Barriera di Milano, zona Aurora e Porta Palazzo sono un unico corpaccione malato, profondamente malato. Alla malattia non ci sono ad oggi delle cure. Qualcosa bisogna fare. In passato tante polemiche su come intervenire. Agli antipodi due tesi. La prima, l’ integrazione culturale e sociale. La seconda, repressione totale e radicale. In mezzo mille sfumature di grigio. Conclusione: difficile vivere da quelle parti. Io ci sono scappato alla fine degli anni ’90 e francamente non ci tornerei più a vivere . Venivo anche un po’ sbeffeggiato da chi, rimanendo, mi accusava di esagerare. In 20 anni le cose sono cambiate sicuramente in peggio ed oggi, chi vorrebbe cambiare non ha le forze per andare. Da lì all’assuefazione è un attimo. Magari volere o credere di fare molto si riduce nel fare poco o niente. Ma qualcosa si deve fare. Cominciamo con la tolleranza zero. Repressione e denuncia dei delinquenti. Non vedo, a breve, nessuna altra soluzione se non partire da qualcosa per raggiungere qualcos’altro. Pena la scomparsa di un intero quartiere che conta 200mila residenti ed anche l’estensione di questo cancro a tutta la città.

Patrizio Tosetto

Il torinese che rattoppa il Santo Sepolcro

In missione, da Venaria Reale a Gerusalemme. Una missione molto speciale, unica, affascinante, da brividi. Restaurare l’interno del Santo Sepolcro, rimettere in sesto il pavimento di duemila anni fa composto da grosse pietre calpestate nei secoli da sovrani, imperatori, papi, crociati, sultani e califfi, nonché da milioni di turisti

Uno straordinario lavoro di rattoppo interrotto dall’emergenza virus ma che presto riprenderà. Almeno così spera l’architetto Stefano Trucco, responsabile del Centro conservazione e restauro della Venaria Reale che guida la spedizione in Terra Santa insieme agli archeologi dell’Università La Sapienza di Roma.

“Se tutto andrà bene, confida Trucco, riprenderemo i lavori a settembre. Purtroppo le conseguenze del virus hanno portato alla chiusura totale della basilica. Noi abbiamo lasciato Israele alla fine di febbraio e ora l’ingresso è vietato anche ai custodi, a padre Pizzaballa e al Custode di Terra Santa padre Patton”. La prestigiosa istituzione venariese si occuperà dello studio preliminare e del restauro del pavimento della Basilica che la tradizione cristiana identifica come il luogo dove Gesù Cristo venne sepolto dopo la crocifissione e dove avvenne la Resurrezione. I lavori di restauro del Santo Sepolcro di Gerusalemme sono fermi da quando il coronavirus ha colpito anche Israele. Stefano Trucco, veneziano ma torinese da decenni per motivi di lavoro, ha il delicato compito di riportare all’antico splendore la chiesa di Costantino il Grande. Per Trucco e la sua equipe si tratta di un’impresa straordinaria: sistemare la pavimentazione interna alla Basilica che racchiude il sepolcro di Cristo dentro l’Edicola. Il pavimento è oggi molto malmesso, con lastroni mancanti e pietre sconnesse che rendono disagevole il percorso. Un intervento eccezionale: ogni pietra, vecchia di secoli, verrà datata e mappata, ed è stato scoperto che ci sono ancora pietre che risalgono al 325, al tempo in cui Costantino fece edificare la prima chiesa sui luoghi della Passione di Gesù. Un lavoro reso ancora più complesso dalla presenza massiccia e continua dei pellegrini che possono visitare la basilica dal mattino fino alle otto di sera. Poi tocca alle tre comunità cristiane, la Custodia di Terrasanta, il Patriarcato armeno e il Patriarcato greco-ortodosso, ripulire il pavimento spargendo petrolio e risistemare l’intero ambiente. Finite le pulizie di rigore entrano in scena gli Indiana Jones di Venaria che però hanno a disposizione soltanto tre-quattro ore perchè a mezzanotte ripartono le funzioni religiose dei cristiani, una comunità alla volta, che proseguono tutta la notte. I lavori saranno finanziati dalle tre principali comunità cristiane presenti all’interno del Santo Sepolcro: i due Patriarcati, greco-ortodosso e armeno e la Custodia di Terrasanta.

Filippo Re

Nuova vita per i Musei e i giardini reali

L’ estate porterà nuovi allestimenti ai Musei Reali. Il mese di maggio (se ancora non sarà possibile la riapertura) servirà a riattivare il  cantiere dei Giardini

Una volta terminati i lavori verranno posizionate nuove grandi fioriere.

Per quanto riguarda i programmi, come anticipa il quotidiano La Stampa, alla riapertura si terranno corsi di acquerello all’aperto  e percorsi sensoriali guidati  da esperti tra piante secolari  e  fiori. Per la fine dell’estate è prevista l’inaugurazione  dei  giardini di levante, quelli che si affacciano  su viale dei Partigiani.

 

(foto: il Torinese)

Le curiosità di Gianni Oliva. Pillole di storia in libertà

La cultura non si ferma con l’isolamento, come la bellezza,  la clausura non trattiene il sapere, la storia continua a scorrere, il pensiero e  le parole, per buona fortuna, sono libere di circolare.

L’esperienza che tutti noi stiamo vivendo ha ridotto le nostre vite ad una reclusione invadente che durerà probabilmente ancora a lungo, questo però non ci impedirà di imparare, di leggere, di studiare anzi possiamo farlo di più e meglio. 

Il tempo improvvisamente è lì, a nostra disposizione come mai avremmo immaginato, utile soprattutto per approfondire ed arricchirci; la tecnologia, complice di questa profusione di informazioni in licenza, ci supporta moltissimo nell’apprendimento attraverso i social media, gli e-book, con siti ed edizioni speciali e lascia la porta aperta alla conoscenza.

In passato situazioni difficili e di isolamento forzato hanno portato ad invenzioni eccezionali, idee ed opere straordinarie lasciando tracce importanti e significative che hanno cambiato per sempre la nostra vita.

Alcuni di questi interessanti avvenimenti e scoperte ce li racconta lo storico  e scrittore Gianni Oliva che  ha creato una vera e propria serie di Curiosità Storiche in pillole costituite da mini-puntate della durata di 3 o 4 minuti ciascuna; questi episodi sono dedicati ad eventi e fatti storici a cui sono legate curiosità, abitudini ed usi che riguardano la nostra vita quotidiana di cui spesso ignoriamo l’origine e le circostanze che le hanno generate.

Utilizzando piattaforme che aiutano la diffusione delle informazioni come Instagram, Oliva, attraverso un linguaggio ecumenico e uno stile narrativo, ci racconta per esempio come e perché è nata la stretta di mano, ci spiega la ragione per cui si dice fare i Portoghesi,  ci illustra da dove viene il cioccolato, le singolari problematiche di carattere religioso legate al suo consumo e chi lo ha prodotto per primo in Europa; di indiscutibile interesse sono poi i racconti sulle conquiste storiche e sociali come l’agognato e combattuto voto alle donne, storie d’amore come la fuga di Carlo Pisacane con la sua amata  , l’origine e lo scopo iniziale della Legione Straniera, nata anche per dare una possibilità di nuova di vita a persone macchiate da crimini o con problemi politici, e successivamente il suo ruolo nel cinema.

Piacevoli ed appassionanti anche le pillole a richiesta inoltrate numerose dai follower di Oliva a cui il professore risponde con meticolosità e dovizia di particolari, tra le più curiose  la ragione per cui viene detto rinviare alle calende greche o l’utilizzo dell’espressione fa un freddo cane.

Per rimanere invece in attualità e creare delle corrispondenze con ciò che sta accadendo, Gianni Oliva ci parla dell’influenza spagnola, dove esplose e da chi fu portata nel nostro continente,  le vittime illustri di questa piaga che si è portata via artisti come Klimt, il padre della sociologia Max Weber, il nonno di Donald Trump. Pare che le disposizioni di prevenzione furono le stesse: stare a casa e addirittura il coprifuoco.

Stay tuned quindi! Sintonizziamoci su gianniolivaofficial su Instagram e ripassiamo un po’ di storia.

Maria La Barbera

 

 

 

 

Il mondo sarà salvato dalle lettere

Litteris servabitur orbis”. Questa frase latina ha una grande importanza. Tradotta in italiano significa “il mondo sarà salvato dalle lettere

Durante le leggi razziali l’acronimo di questa frase, ovvero L.S.O., veniva usato dall’editore fiorentino ebreo Leone Samuele Olschki per poter stampare i suoi libri. Un modo intelligente per esprimere una grande verità e rimarcare il proprio diritto d’autore, evitando d’incorrere nella repressione. Nell’autunno di ormai più di ottant’anni fa le leggi razziali fasciste, ancor prima della loro codificazione in decreto, allontanavano gli studenti di fede ebraica dalle scuole pubbliche italiane. “Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini”, scriveva nella prima metà dell’800 il poeta tedesco Heinrich Heine. Un monito tragicamente anticipatore di quei “roghi di libri” organizzati nel 1933 nella Germania nazista durante i quali vennero bruciati tutti i libri non corrispondenti all’ideologia del regime dalla croce uncinata. Quei roghi, pensati per  distruggere “lo spirito non tedesco“, vennero organizzati dalla Deutsche Studentenschaft , l’associazione degli studenti tedeschi. Una follia negazionista che venne salutata da Goebbels, il ministro della propaganda del Terzo Reich come un ottimo modo “per eliminare con le fiamme lo spirito maligno del passato“. Quale fu la logica conseguenza nemmeno il monito di Heine poteva lontanamente immaginarlo e tutto il mondo scoprì l’orrore delle persecuzioni, delle deportazioni nei lager e dell’olocausto. Eppure sono in molti ad aver dimenticato la storia o a volerla minimizzare. “Chi nega la ragion delle cose, pubblica la sua ignoranza”, scriveva Leonardo da Vinci mezzo millennio fa. In un tempo dove si legge sempre meno, dove la cultura viene presentata come un peso e l’ignoranza si accompagna quasi sempre all’arroganza, c’è poco da stare allegri. Un antidoto ci sarebbe ed è racchiuso in quella frase piena di speranza: “il mondo sarà salvato dalle lettere”. A patto che non rimanga solo una frase.

Marco Travaglini

Buon compleanno, Mole! 130 anni ben portati

Buon compleanno, Mole! Su Instagram la sindaca Chiara Appendino posta una suggestiva immagine della Mole, nel 130° anniversario dall’apertura al pubblico del monumento più torinese di tutti

 

«Il 10 aprile 1889, per la prima volta, si aprivano le porte di quello che sarebbe diventato il monumento simbolo della nostra Città – scrive la prima cittadina. Allo stesso modo, quello straordinario profilo che da 130 anni sovrasta Torino è entrato nel cuore di intere generazioni di torinesi, e di migliaia di persone che vengono a osservarlo da tutto il mondo. Buon compleanno, Mole Antonelliana»

La storia della Mole iniziò nel  1862, quando  la comunità ebraica torinese acquistò il terreno e incaricò del  progetto della sinagoga l’architetto novarese Alessandro Antonelli.  L’edificio si completò parzialmente in  6 anni, fino a un’altezza di 70 metri. Il lavoro dell’ Antonelli non fu però molto  apprezzato dalla Comunità Ebraica  a fronte dei costi aggiuntivi da sostenere per poter completare la struttura che, alla fine, fu venduta al Comune di Torino, mentre  una nuova sinagoga fu costruita nel quartiere di San Salvario. Nel tempo la Mole (la cui guglia fu persino abbattuta da una bufera negli anni ’50!) divenne sempre più il simbolo della città nell’immaginario collettivo. Oggi è sede del Museo Nazionale del Cinema.

Cultura e storia online dal forte di Bard

Dalla Valle d’Aosta / I Capolavori della Johannesburg Art Gallery in diretta sul sito del Forte, con la curatrice Simona Bartolena

Prosegue la programmazione culturale online del Forte di Bard. Il palinsesto si arricchisce di due appuntamenti di approfondimento della mostra Capolavori della Johannesburg Art Gallery. Dagli Impressionisti a Picasso.

 

La curatrice dell’esposizione Simona Bartolena tiene due conferenze  trasmesse in diretta sul sito e sul canale YouTube del Forte: il primo appuntamento si è svolto martedì scorso , dedicato ad una presentazione del progetto espositivo e della collezione che aprì al pubblico nel 1910, diventando il principale museo d’arte africano. Nel secondo appuntamento live, martedì 14 aprile 2020, sempre alle ore 18.00, la curatrice si soffermerà sulle opere della collezione dedicate all’arte africana.

 

Le dirette sono visibili dal sito www.fortedibard.it nella pagina dedicata all’interno della sezione Eventi o sul canale Youtube del Forte, raggiungibile sempre dalla homepage del sito istituzionale.

In cambio di carità il sig. Ravetti non denunciò la moglie per adulterio

Tra storia e cronaca torinese / ACCADDE IN APRILE

Era il 4 aprile 1947 quando il signor Giovanni Ravetti, 46 anni, residente a Torino in via Cibrario, si precipitò al commissariato di San Donato per avvisare gli agenti del fatto che sua moglie si trovasse in dolce compagnia in una camera d’albergo nei pressi di piazza Statuto. Gli agenti intervennero subito e sorpresero i due amanti nell’atto di compiere il reato di adulterio ma, a quel punto, la reazione del marito fu indubbiamente tra le più originali che siano mai avvenute. Sventolando minacciosamente il tradizionale foglio di carta bollata propose al rivale, un facoltoso macellaio di Torino, una curiosa alternativa: il signor Ravetti non li avrebbe denunciati per il reato di adulterio se il macellaio avesse versato la somma di 10 mila lire all’ospizio di carità di Pozzo Strada. L’amante accettò la proposta e firmò un assegno rendendosi un benefattore suo malgrado. [Gazzetta del Popolo]

Era il 10 aprile sempre del 1947 quando la piccola Ada Vindigni, bambina torinese di 9 anni, venne strappata alla morte. Per la prima volta in Italia la terribile meningite tubercolare (da cui nessuno si era mai salvato) venne curata tramite una sperimentazione in corso presso l’ospedale infantile Regina Margherita. L’esperimento, condotto dal primario dell’ospedale Prof. Filippo Madan, utilizzò come cura la streptomicina, antibiotico scoperto e largamente usato in America ma rarissimo in Italia. La cura a base di streptomicina, analoga alla penicillina ma con un’azione molto più vasta capace di curare sia tubercolosi che tifo, permise alla piccola Ada di guarire e di ritornare a condurre una vita normale. [Gazzetta del Popolo]

Il 22 aprile 1958 alle h. 11.00, una cameriera ed il direttore di un albergo nei pressi di Porta Nuova, trovarono il corpo della contessa di 75 anni Emma Malerba, distesa supina sul pavimento. Venne immediatamente chiamata la polizia che una volta giunta sul luogo, non sentendo più il battito del cuore e del polso, dichiarò la morte della donna a causa di un malore improvviso e chiamò il medico municipale per i consueti accertamenti di legge e i necrofori per il trasporto della salma. E proprio mentre il medico stava per sopraggiungere ed i necrofori stavano per deporre il corpo nella cassa, l’agente Gibelli si accorse che la contessa era ancora viva e che cercava di aprire gli occhi. Appena giunto il medico municipale confermò che l’anziana signora, nonostante le gravi condizioni in cui versava, era ancora viva; venne chiamata immediatamente un ‘ambulanza e la contessa venne trasportata d’urgenza all’ospedale Mauriziano. [La Stampa]

L’ 11 aprile 1973 fu una data molto importante per la città di Torino che vide, dopo 37 anni, la riapertura del il Teatro Regio. Rinato come l’araba fenice dalle ceneri del 1936, il Teatro Lirico torinese riaprì grazie alla collaborazione degli architetti Mollino, Morbelli, Morozzo e dell’ingegnere Zavelani Rossi. Nel 1937 infatti gli architetti Morbelli e Morozzo vinsero il concorso bandito per la ricostruzione del Teatro e nel 1965 subentrò anche il progetto firmato da Mollino e dall’Ing. Zavelani Rossi. Il melodramma scelto per la serata d’inaugurazione fu l’opera di Verdi, “Vespri siciliani”. Nella sala gremita c’erano diverse autorità, giornalisti provenienti da tutto il mondo ed era presente anche il presidente Leone insieme alla moglie Vittoria. Fu un fastoso spettacolo che riportò alla luce una delle meraviglie torinesi. [La Stampa]

Il 21 aprile 1979 vennero assunte per la prima volta dall’azienda municipale di raccolta rifiuti della città di Torino, sette donne con il ruolo di “donne-spazzino”, mestiere che fino ad allora era esclusivamente svolto da persone di sesso maschile. Lucia Masiello, Anna Maria Greco, Franca Chiariello, Anna Maria Di Maio, Michela Scaramuzzo, Luciana Zenetti e Florizia Romano, furono le donne torinesi, che dopo aver indossato la tuta arancione impermeabile e dopo aver preso la ramazza in mano, cominciarono a lavorare per la prima volta insieme ai loro colleghi uomini. [La Stampa]

Era il 17 aprile 1990 quando la piccola Patrizia Tacchella, dopo 78 giorni in balia dei suoi rapitori, ha potuto finalmente riabbracciare la sua famiglia. La bambina di 8 anni, figlia di Imerio Tacchella (il veronese “re dei jeans” Carrera) venne rapita nel pomeriggio del 29 gennaio a Gtravellona e portata in una villetta a Santa Margherita Ligure dove visse con i suoi rapitori fino all’arrivo delle forze di polizia.

I sequestratori furono immediatamente identificati e si scoprì che facevano tutti parte della cosiddetta “Torino bene”. Gli arrestati furono cinque: Bruno Cappelli, imprenditore di 35 anni nato a Moncalieri e residente a Nichelino, sua moglie Ornella Luzzi, 36 anni, a cui apparteneva la villa dove la bambina era stata detenuta, Valentino Biasi, 52 anni, abitante a Poirino, la sua compagna Carla Mosso di anni 38 e infine Franco Moffiotto, uomo di 48 anni, residente nel centro di Torino. Un lunghissimo incubo per la piccola Patrizia che fortunatamente si risolse nel migliore dei modi. [La Stampa]

Il 2 aprile 2000 durante i lavori per il recupero della Reggia di Venaria, vennero riportati alla luce i resti del Tempio della dea Diana. I tecnici e gli operai dell’impresa consorzio Schiavina Adanti, mentre erano impegnati nei lavori per la “rimessa a nuovo” della Reggia, furono costretti a fermarsi di fronte a un basamento di muri spessi più di 70 cm. Pare che su quei muri poggiasse il “fonum Dianae”, padiglione costruito su un isolotto, nella metà del 600′, in onore della dea della caccia e poi distrutto una decina di anni dopo per allargare il parco. Una scoperta davvero affascinante quella dei resti del tempio, rimasto coperto per 3 secoli da alberi e terra e che venne alla luce solo grazie al lavoro involontario di alcune ruspe.

 

Simona Pili Stella

Quel 7 aprile 1979. La rivoluzione sbagliata fa i conti con la storia

Il 7 aprile del 1979, a Milano, venne arrestato il professore Toni Negri. Ordinario della cattedra di Filosofia Politica di Padova. L’accusa: essere il capo ideologico delle Br. Personaggio ondivago nel panorama della politica italiana fin dai primi anni 60. Cattolico e poi cattolico del dissenso, socialista e poi ideologo di Potere operaio ed in generale ideologo dell’estremismo politico di sinistra.

Diventato radicale, e diventato parlamentare  scappò in Francia. Dopo la rivoluzione, il suo secondo obbiettivo fu quello di non farsi 1 giorno di carcere. Operazione che in parte gli riuscì. Poi più che voler fare la rivoluzione , diceva agli altri che dovevano fare la rivoluzione. Fece diventare il suo istituto un covo di novelli terroristi e si difese sempre dicendo: un conto e dire fate la rivoluzione, un conto  sparate a qualcuno. Decisamente un cattivo maestro.

Aveva rapporti con tutta l’intellighenzia cosiddetta di sinistra, e l’ altro obiettivo  dire che il PCI era peggio dei padroni. Uno dei suoi punti di forza era l’ ateneo di Torino, in particolare Palazzo nuovo e le facoltà umanistiche. Alla fine degli anni 60 ed inizio anni 70 capitava spesso nella nostra città. Le sue riunioni- lezioni finivano sempre con la richiesta di un contributo per comprare armi per la rivoluzione. Tutto alla luce del sole e probabilmente sotto i vigili occhi di polizia politica in borghese e, magari perché no, dei servizi segreti italiani e non. A fine del 1976 Lotta Continua di Adriano Sofri si dissolse come neve al sole. E molti del cosiddetto servizio d’ ordine di Lotta Continua confluirono nel terrorismo con le loro diverse ramificazioni. Br , Senza Tregua, Prima linea, Nuclei armati Proletari e chi più ne ha più ne metta. Con Autonomia Operaia che teorizzava la violenza di massa per sovvertire questo nostro Stato. Ideologia? Eccolo di nuovo il loro Professore Antonio Negri. Anni difficili. Era scoppiato il 77 , il movimento del 77 con il suo carico di odio e di violenza, trovando terreno fertile in certe parti della società torinese. Da Palazzo Nuovo alle fabbriche si respirava odio, troppo odio. Era pure difficile frequentare le lezioni. Frequentavamo l’ Università in gruppo. Non si sapeva mai. Ebbi l’onore di essere immortalato in un manifesto. Con un impermeabile e l’immancabile toscano, ironicamente: Tenente Colombo. E fin qui nulla di male . Quando però sul disegno delle mie gambe venne tracciato un tiro a segno la cosa diventò inquietante. Venni anche circondato e minacciato in Via Po, verso le 10 di sera. Spintonato ebbi molta paura. L’apice della violenza nel marzo 77 per le elezioni universitarie. Gli epigoni del Professore Negri non erano  d’accordo e semplicemente tentarono di impedire le votazioni. Con tragicomici aneddoti. Un leader di Lotta Continua ebbe l’ infelice idea di presentarsi in giacca e cravatta per votare. Era reduce da un matrimonio. Fu preso a schiaffi dai suo stessi compagni che non lo riconobbero , del resto aveva tagliato barba e capelli. Cominciavano a capire che qualcosa stava cambiando anche a casa loro. Terroristi e violenti presi da un delirio di onnipotenza sbagliavano, con il risultato di un loro sempre maggiore isolamento. Dal rapimento all’omicidio di Aldo Moro all’uccisione del compagno sindacalista Guido Rossa o all’omicidio del vicedirettore della Stampa Carlo Casalegno . E il figlio che era stato di Lotta continua non ebbe dubbi: con voi non voglio averci più niente a che fare. Per tutto ciò, arrestato Toni Negri e Oreste Scalzone, ne fui contento. Non andava di moda, almeno per quegli anni, essere dalla parte dei magistrati. Io viceversa lo ero. Mi accusarono di non essere garantista. Pazienza, non si è mai perfetti. In verità Negri e compagni furono processati e alla fine assolti. Non sempre. Il Professore si beccò dodici anni per concorso morale in omicidio. Riuscendo comunque a farsi pochi mesi di galera. Altra cosa toccò ad alcuni dei suoi epigoni che scontarono pene dai venti anni in su. Con una certezza: Tony Negri è stato un cattivo maestro senza se e senza ma. Magari l’ accusa di  essere il Grande vecchio delle Br non resse in tribunale. Visti gli atti processuali è prova incontrovertibile. Ma non davanti alla sua coscienza. Tony Negri ha molto di cui vergognarsi. E non mi risulta che ammettendo abbia lenito le sue indubbie colpe morali.

Patrizio Tosetto