Venerdì 16 aprile l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza presenta Resistenza e Deportazione , un cofanetto digitale con otto film per il 50°anniversario dell’ente che ha sede a Torino in via del Carmine. L’evento si terrà alle 18.00 sul canale youtube.com/Ancresistenza con la partecipazione di Stefano Allasia, Presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Franco Prono (presidente dell’Ancr) , Bruno Gambarotta, degli storici Giovanni De Luna e Bruno Maida, degli studiosi dell’Ancr Paola Olivetti e Corrado Borsa.
L’iniziativa è patrocinata e sostenuta dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte.
storia, cinemaSi tratta di un progetto di restauro e riedizione digitale di alcune produzioni documentarie sui temi della Resistenza e della deportazione scelte fra le molte realizzate dall’Ancr nel corso degli anni della sua storia. “Un cofanetto digitale che oltre a contenere otto dei diversi film realizzati, offre la possibilità di esplorare molti materiali di testo, sonori e foto-cinematografici legati ai nuclei storici rappresentati nei documentari”,ricorda Corrado Borsa, del comitato direttivo Ancr. L’obbiettivo è in primo luogo quello di mettere a disposizione delle scuole, on line, opere di sicura efficacia sul piano didattico, realizzate con molti materiali d’epoca, testimonianze di protagonisti, riprese e montaggio coinvolgenti, spesso per varie ragioni difficoltosamente reperibili da tempo.
“Pensato inizialmente per le scuole l’Ancr si è reso conto quasi da subito dell’importanza dei materiali che stava organizzando per la pubblicazione online, destinandoli a tutta la cittadinanza. Certo per insegnanti e studenti avere a disposizione il materiale di ricerca e di documentazione storica insieme al film – sottolinea Paola Olivetti, direttrice dell’ Ancr – rappresenta un’opportunità per studiare la storia attraverso l’analisi critica dei film proposti e delle fonti messe a disposizione”. Il restauro e la riedizione delle opere potrà avviare la realizzazione di un ampio catalogo articolato per temi chiave della storia del Novecento italiano ed europeo, che potrà essere implementato di anno in anno con altre opere realizzate dall’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza. I dossier di accompagnamento costituiti da materiali d’epoca, schede e indicazioni per ulteriori ricerche ne favoriranno la diffusione come risorsa didattica e divulgativa. E’ possibile esplorare il cofanetto dalla homepage del sito dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, www.ancr.to.it . Il banner “Resistenza e deportazione – Esplora i materiali e guarda i film” consente con un semplice ‘clic’ di entrare in uno spazio a sé con una sua identità e autonomia specifiche.
Ecco l’elenco di titoli che l’Ancr ha reso adeguatamente fruibili e disponibili:
Lotta partigiana, di Paolo Gobetti e Giuseppe Risso, Italia, 1975, 60′, B/N.Una raccolta viva e articolata delle migliori immagini raccolte durante la Resistenza. Il film offre immagini di vita e di lotta in diversi paesi d’Europa: dalle prime bande italiane e jugoslave ai maquis del Vercors in Francia, dalle lotte sulle Alpi e sugli Appennini alla liberazione di Parigi, Milano e Torino.
Le prime bande, di Paolo Gobetti , Italia 1984, 16mm, 60′, B/N e colore.Gli inizi della guerra partigiana vengono rievocati senza retorica né intenti celebrativi, discutendo soprattutto le difficoltà e gli entusiasmi di questi primi tentativi; indagando, al di là dei ricordi, i problemi di “apprendistato” di questa nuova forma di lotta, gli imprevisti della vita quotidiana, i risvolti anche dolorosi nell’esercizio della giustizia e la creazione di nuovi ideali. Attorno ai principali testimoni – Nardo Dunchi, Guido Quazza e Nuto Revelli – si muove tutta una serie di personaggi provenienti degli ambienti più diversi, le cui testimonianze arricchiscono il panorama degli eventi situati tra l ́8 settembre 1943 e il marzo 1944.
Storia di lotta e deportazione, di Giovanna Boursier e Pier Milanese, 2002, 711, colore. Questo film nasce dalla collaborazione con la Survivors of The Shoah Visual History Foundation di Los Angeles, costituita da Steven Spielberg, che ha raccolto in 57 paesi più di 50.000 interviste a testimoni che hanno vissuto l’esperienza della persecuzione nazista e fascista, della deportazione, dello sterminio. Per quanto riguarda l’Italia è questo il secondo video a essere realizzato e si occupa di vicende e situazioni riferite al Piemonte. Delle molte drammatiche storie, degli sconvolgenti destini raccontati davanti alla telecamera in moltissime ore di registrazione, si propongono solo alcuni frammenti, scelti fra quelli che meglio evocano l’esperienza generale. Dopo una premessa, sui ricordi di vita ebraica negli anni Venti e Trenta, irrompe il racconto della violenta, sorprendente e sconvolgente frattura rappresentata dalle leggi razziali del 1938, a cui segue il periodo incerto della guerra, fino agli anni 1943/45, in cui la persecuzione assume il volto della volontà di sterminio e i destini drammaticamente si divaricano: chi viene deportato, chi riesce in qualche modo a nascondersi e a fuggire, chi sceglie la strada della Resistenza, con tutti i rischi che anch’essa comporta. Esemplari i destini di Primo Levi e di Luciana Nissim, catturati come partigiani e deportati come ebrei.
Il dolore dei poeti, di Pier Milanese, 2005,42’, B/N, colore. Il dolore dei poeti parte da alcune liriche scritte da poeti che hanno perso dei cari nella guerra partigiana. Si tratta di Pier Paolo Pasolini, il cui fratello Guido morì è nell ́oscuro episodio di Porzus; Corrado Govoni, padre di Aladino, morto alle Fosse Ardeatine; Nino Costa, il cui figlio Mario morìè nel corso di una battaglia in Val Chisone. Seguendo il filo rosso delle poesie, recitate da tre diversi attori, il video raccoglie molte testimonianze sulla Resistenza in tre diverse zone italiane: Roma, il Friuli e il Piemonte. Tra gli intervistati, Rosario Bentivegna, Mario Fiorentini, Vanni Padoan e Rodolfo Sacco.
Colonne sonore della Resistenza, di Corrado Borsa, Pier Milanese, Andrea Spinelli, Italia 2007, 43′, colore. Il documentario, mettendo in relazione una selezione rappresentativa di canti partigiani piemontesi eseguiti dallo storico gruppo folk torinese “Cantovivo” e considerazioni storico critiche, vuol essere un’introduzione alle matrici culturali e alle tipologie che spesso rimangono ignorate o non debitamente considerate come fonte di conoscenza del mondo partigiano nella pura e semplice tradizione di quel retaggio musicale. Aneddoti e brevi testimonianze di partigiani fanno da contrappunto a un ricco tessuto di immagini d́’epoca, ricavate dal pur limitato repertorio di film girati da cineamatori nell’ambito di varie formazioni partigiane del Piemonte, che riproducono nel film diversi contesti, quello della quotidianità è della vita in banda in montagna e in collina – quando appunto fra l’altro i canti vengono elaborati e poi cantati intorno al fuoco – e quello dei giorni dell’insurrezione e della liberazione, quando anche il canto e è un’affermazione di nuove idee e di nuovi valori che si affermano e che si vorrebbero realizzare.
Confini contesi – La frontiera delle Alpi occidentali 1940-47 di Alberto Signetto, 2013, B/N e colore. L’opera ripercorre le tappe salienti di sette anni, dal giugno del 1940, quando la regione alpina occidentale, che costituisce da sempre una realtà è culturalmente ed economicamente omogenea, viene investita dalla guerra voluta da Mussolini, fino alla firma della pace fra la Francia e la neonata repubblica italiana nel 1947. Si toccano le vicende dell’occupazione italiana in Francia, dell’occupazione tedesca delle valli italiane e francesi dopo l’8 settembre, della lotta di Resistenza, che si mostrerà capace di ricucire nella cooperazione fra partigiani italiani e francesi lo strappo doloroso determinato dall’aggressione dell’Italia di Mussolini alla Francia, per arrivare alla fine della guerra e alla liberazione dal nazifascismo, quando però , ancora una volta, emergeranno logiche di divisione e questioni di confine fra stati. Nel film si utilizzano testimonianze di partigiani, interventi di storici e un’ampia documentazione d’epoca, immagini cinematografiche, fotografie, carte e mappe, manifesti, documenti militari, partigiani e civili, e riprese video di vari luoghi chiave.
Cime e valli della 17a – La storia della 17a Brigata Garibaldi “Felice Cima”,di Alberto Signetto, 2011, 65’, colore. L’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza ha realizzato un film documentario sulla Resistenza nell’area del Col del Lys, l’area della Bassa Val di Susa più vicina a Torino in cui operò la 17a Brigata garibaldina intitolata a Felice Cima (uno dei primi comandanti di bande partigiane valsusine subito dopo l’8 settembre). E’ un nuovo capitolo del percorso con cui l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, con la preziosa collaborazione, in questo caso, degli amici del Comitato Resistenza Col del Lys, punta a combinare i luoghi, le loro dimensioni naturali, sociali, memoriali, con gli eventi e i personaggi protagonisti della storia del Novecento, e, in primo luogo, della Resistenza, che in essi hanno lasciato dei segni in forme varie, lapidi, periodiche commemorazioni, musei locali, una toponomastica peculiare e quant’altro. Rispetto alle vicende della 17a, va detto che fin dall’immediato dopo guerra gli stessi protagonisti hanno espresso un preciso impegno a ricordare, assumendo come simbolo l’eccidio nazifascista del 2 luglio 1944, in cui furono furono catturati ventisei giovani partigiani disarmati poi brutalmente seviziati e abbandonati lungo la strada che dal Colle del Lys porta verso Colle San Giovanni. Da anni è stato elevato un grande cippo e costituito un museo proprio sul colle, fin dall’immediato dopoguerra si organizza una manifestazione che raccoglie molte adesioni da tutto il Piemonte e non solo.
I giorni di Torino. 18 aprile – 6 maggio 1945, di Pier Milanese, 2015, 60’, colore. Nel film si ripercorrono i giorni fondamentali dell’insurrezione e della liberazione di Torino, dallo sciopero preinsurrezionale al giorno della sfilata per le vie cittadine dei partigiani in armi. E’ una grande vicenda corale, con i suoi eroi e i tanti decisivi atti di coraggio e di solidarietà che la città sa esprimere. Per raccontarla si sono scelti brani di racconti di tanti protagonisti che ricostruiscono gli eventi in un montaggio incalzante. I luoghi e il clima sono evocati da materiali cinematografici e foto d’epoca. Il livello dei rischi affrontati dai partigiani (e, di riflesso, dalla città), la durezza degli scontri, l’accurata predisposizione di un piano di guerra messo a punto dai comandi della Resistenza e il prodursi di imprevisti tali da mettere alla prova la capacità reattiva e la duttilità dei comandi, dei reparti armati e degli apparati di sostegno, la fuga notturna scelta a un certo punto dalle ingenti forze dell’occupante tedesco e dei fascisti di Salò che presidiavano Torino, il raggiungimento di tutti gli obbiettivi, compresa la salvaguardia delle strutture produttive e delle infrastrutture della città, senza alcun aiuto diretto da parte degli Alleati, rendono chiara e significativa la vittoria partigiana e degni di nota l’inquadramento, il controllo e l’autocontrollo dei combattenti nel corso delle operazioni, che impediscono quasi sempre inutili spargimenti di sangue e consentono subito dopo agli amministratori civili prescelti dal Cln piemontese di assumere ed esercitare pienamente le loro funzioni.
Scriveva nel 1753 la contessa Angelica Kottulinsky, dama d’onore della principessa Vittoria di Savoia Soissons:
Noi che tra i primi abbiamo sostenuto la legge istitutiva del Giorno del Ricordo avremmo mille motivi infatti per denunciare il fatto che amministrazioni pubbliche e scuole statali snobbano la data e non organizzano nessuna iniziativa in proposito. Forse la data scelta del 10 febbraio 1947 ,quando venne firmato l’iniquo Trattato di pace la cui ratifica venne osteggiata da uomini come Benedetto Croce, fu errata perché non realmente rappresentativa del dramma degli italiani dell’Adriatico orientale. Croce, all’Assemblea Costituente tenne una vera e propria grande lezione di storia che fece comprendere il dramma della guerra in una dimensione che pochi avevano capito, travolti dagli eventi o accecati dalle ideologie. Il filosofo, che aveva combattuto il fascismo ed aveva espresso ovviamente la sua contrarietà all’ingresso in guerra nel 1940, non esitò a sostenere che quella guerra sciagurata l’avevano perduta tutti gli italiani ,anche quelli che vennero perseguitati dal regime, perchè quella guerra, ”impegnando la nostra patria impegnava, senza eccezioni, anche noi che non possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra patria, né dalle sue vittorie né dalle sue sconfitte“. Il patriota Croce prevaleva su tutto il resto, ma il filosofo contestava, dopo aver ricordato che ”la guerra è una legge eterna del mondo che si attua al di là da ogni ordinamento giuridico“, contestava la legittimità di umiliare i vinti con un Trattato di pace che metteva l’Italia in ginocchio . Egli si espresse anche contro il Tribunale di Norimberga. Un discorso che certamente i firmatari del manifesto odierno non solo non hanno mai letto, ma non ne conoscono neppure l’esistenza. Oggi c’è chi afferma che fu un grave errore non aver fatto una Norimberga anche in Italia, dimenticando, ad esempio, l’amnistia voluta da Togliatti nel 1946 per fascisti e partigiani. Ma non basta. Va ricordato che anche in Italia ci furono Tribunali militari (oltre a quelli improvvisati del popolo che avallarono fucilazioni senza processo) che affrontarono il tema dei crimini di guerra commessi da italiani. Nel 1951la Procura Generale Militare archiviò le istruttorie non in base a cavilli, come è stato scritto, ma al fatto che la Jugoslavia di Tito rifiutò la reciprocità nel perseguire i crimini di guerra contro cittadini italiani, in primis le foibe. In questi decenni, scomparsa la Jugoslavia dopo una guerra civile mostruosa che ha rivelato ancora una volta la violenza atroce di quelle genti, tutto è stato fatto a livello internazionale per sanare le ferite di tanti anni fa. Oggi le vicende di quel passato sono superate da una prospettiva europea che, per quanto faticosa e contraddittoria, ci ha liberati dai nazionalismi nefasti di 80 anni fa. Solo gente un po’ fanatica e del tutto priva di quel senso della storia di cui parlava Omodeo, può sostenere come fa Gobetti, che i fatti della seconda guerra mondiale “pesano come un macigno sulla memoria collettiva italiana“. Come ha ricordato Gianni Oliva, uno storico che fra i primi ha scritto di foibe e delle atrocità commesse dal nostro esercito durante la seconda guerra mondiale , con gli ultimi due nostri Presidenti della Repubblica è stato fatto tutto quanto era possibile per un’opera di pacificazione tra italiani, croati e sloveni. Addirittura nel 2020 è stata conferita la più alta onorificenza dello Stato ad un poeta ultracentenario che continua a negare le foibe. Ma se ci mettiamo sul piano delle contrapposizioni frontali, io non posso allora dimenticare, ad esempio, che la Medaglia d’Oro al V. M . , conferita motu proprio dal Presidente Ciampi nel 2001 , al libero comune in esilio di Zara, la Dresda d’Italia per i bombardamenti subiti e città martire per le vittime provocate da Tito , non venne mai consegnata per l’opposizione del tutto illegittima del governo croato. L’Italia ha chiuso quei conti dopo il Trattato di pace del 1947, dopo il martirio di Trieste tornata italiana solo nel 1954, con il Trattato di Osimo che sancì per sempre la cessione a Tito di altro territorio italiano. L’antifascista originario di Fiume Leo Valiani definì infame quel trattato voluto dalla peggiore diplomazia democristiana. Speravamo che fosse più o meno da tutti considerato in qualche modo superato il dramma di una storia lacerante. Invece non è così e gli italiani che non negano la loro storia dovranno continuare a presidiare il Giorno del Ricordo messo in discussione dai nostalgici di Tito. Le chiassate polemiche di Eric Gobetti non sono storia, ma sono gli ultimi residuati di una ideologia che pensavamo finita proprio perché condannata dalla storia. E’ triste doversi intrattenere a discutere di un omonimo di un grande con il quale condivide soltanto casualmente il cognome.
Torino Liberty