SPETTACOLI- Pagina 89

Rock Jazz e dintorni a Torino: Laura Pausini e Raiz

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al teatro Alfieri la ritorna la PFM riproponendo il sodalizio con Fabrizio De Andrè.

Mercoledì. Al Blah Blah suonano i Sulphureum. Al teatro Alfieri si esibisce Fabio Concato.

Giovedì. Al Jazz Club suona l’Entanglements Trio. All’Hiroshima Mon Amour tributo a De Andrè offerto da Alberto “Napo” Napolitano. Al Dash sono di scena i Liquid Jazz. Al Cafè Des Arts si esibisce il cantautore Leonardo Gallato.

Venerdì. Al Cap 10100 è di scena >Eman. Al Pala Alpitour primo di 2 concerti consecutivi per Laura Pausini. Al Blah Blah suonano gli Oreyeon. Allo Ziggy si esibiscono i Nocturnal Depression.

Allo Spazio 211 suona la Rhabdomantic Orchestra. Al Circolo Sud è di scena Ila Rosso. All’off Topic si esibisce il rapper Jaku. All’Imbarchino suonano i The Wends.

Sabato. Documentario biografico e set acustico per l’americano Scott “Wino” Weinrich paladino del “metal” al Kontiki. Al Folk Club suona il quintetto della vocalist Zoe Francis e il chitarrista  Jim Mullen. Alla Suoneria di Settimo Raiz rende omaggio a Sergio Bruni. Al Circolo della Musica di Rivoli suonano i Darzava Wave. Al Blah Blah sono di scene i Fratelli Borgazzi.

Pier Luigi Fuggetta

Un inno alla poesia delle cose semplici l’ultimo film di Wim Wenders

“Perfect days” sugli schermi

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

C’è un vasto cielo sopra Tokyo, e poi il verde degli alberi e il traffico congestionato, punteggiato dalle luci delle tante auto, gli ingorghi delle sopraelevate nell’andare e venire della giornata. C’è un altro angolo, del tutto appartato, alla periferia della metropoli, che appare come un altro mondo, il protagonista Hirayama e la sua casa, semplice e disadorna, dove ogni oggetto superfluo è bandito. Siamo dentro a “Perfect days” che il tedesco Wim Wenders – l’autore mai troppo lodato di capolavori come “Paris, Texas” (1984) e “Il cielo sopra Berlino” (1987) – ha costruito nella capitale nipponica, esattamente a trentotto anni dal suo “Tokyo-ga”. Come in una sorta di religiosa ritualità, esatta, particolareggiata sino alla virgola nella prima ora di proiezione (poi le azioni si diraderanno), guardata in ogni atto, in ogni più minuta azione, specchio umano delle piccole cose, Wenders segue Hirayama – e il suo interprete, Koji Yakusho, eccezionale, cui al festival di Cannes dello scorso maggio è stato decretato il Palmarès quale migliore attore -: un ventaglio di sorrisi impercettibili, per un uomo, sessant’anni più o meno,  che con troppa fretta potrebbe esser definito senza qualità, di lacrime trattenute, di inchini e gentilezze, rispetto del proprio lavoro e della cosa pubblica, l’affetto verso una nipote che gli capita dal nulla all’improvviso, il desiderio di ricostruire i ponti tagliati e un passato scalfitto all’interno della famiglia, l’amore per la musica (dalle musicassette arrivano le voci di Lou Reed e Patti Smith, di Otis Redding e dei Velvet Underground, di Nina Simone e di Van Morrison, la colonna sonora del film che sa di sospirata giovinezza e di riscoperta) e le piccole piante che cattura dai terreni della città, l’amore per i libri e la lettura (da una libreria si porta a casa William Faulkner e Patricia Highsmith).

Lo segue: nel prolungarsi del silenzio, l’alzarsi il mattino e riordinare futon e coperta, i denti da lavare e la barba da fare, la cura delle piante, la tuta da indossare, gli oggetti da raccogliere accanto alla mensola accanto all’ingresso – l’orologio le monete le chiavi di casa e dell’auto – riposti in bell’ordine la sera precedente, il caffè alla macchinetta davanti a casa, l’accensione del motore, la musica e il tragitto. Il silenzio e il frastuono, il caos, il disordine. Poi il posto di lavoro: Hirayama opera per conto di un’impresa nella pulizia dei gabinetti pubblici della città, ambienti di radiosa ipertecnologia, vere e proprie meraviglie di design poste a fianco di giardini e di viali alberati, che a suon di spazzoloni bacinelle disinfettanti spugne rende puliti come in casa nostra non ci si può immaginare. Un lavoro fatto con scrupolo, con ricercata meticolosità, con disciplina. E poi i brevi incontri, sempre fatti di poche parole: gli aiutanti che arrivano e spariscono, il bambino che si è perso e ritrovato e la madre che nemmeno lo ringrazia, il gioco del tris lasciato in un bagno da uno sconosciuto che lui continua e conclude, gli avventori di una sorta di trattoria in cui è solito andare per farsi uno spuntino, l’incontro con un uomo malato di tumore che potrebbe essere l’ultimo; l’appuntamento fisso con un bagno pubblico per ripulirsi e il ritorno a casa, il bucato in lavanderia, un giro in bicicletta e una corsa ai giardini per fotografare con una vecchia macchina, analogica, in un rigoroso bianco e nero, l’intreccio delle nervature delle foglie e il tetto degli alberi, una corsa dal fotografo per lo sviluppo, il libro alla luce di una semplice lampada la sera.

Per ricominciare il giorno dopo. Wenders descrive la bellezza della ripetuta quotidianità, la poesia raffinata delle ripetizioni, siano raccontate sotto il calore del sole o sotto la pioggia. Per Hirayama sono “giorni perfetti”, tutti da vivere. Tutti pieni di serenità e di calma. Spiega ad un certo punto Hirayama alla nipote: “Il mondo è fatto di tanti mondi, alcuni s’incontrano, altri rimangono in disparte”; ecco, lui è quel mondo in disparte, di una solitudine tutta particolare, diremmo fiera, fanciullescamente caparbia, in perfetto e sperimentato equilibrio, dove trova spazio anche il sorriso e le abitudini sono l’essenza che rinfranca, la bellezza di quei luoghi in cui lavora si riverbera nella bellezza della propria vita, tranquilla, accompagnata per mano, in ogni più semplice azione. Di ogni giorno.

Non cercate una trama, non ci sono scene ad effetto, godetevi le tante tracce e le suggestioni che Wenders – e il suo grandioso attore – sanno creare, l’amore per le piccole cose che invade lo schermo e l’amore per il lavoro umile. Godetevi la fotografia di Franz Lustig. Godetevi i 123 minuti di proiezione, tutti quanti. Non sono immagini vuote, ripetitive, banali e alla fine pronte a scivolare nella noia, non è un’idea che non riesce a prendere il volo: anzi. Non vi capiterà mai di guardare l’orologio. “Perfect days” (che il Giappone presenta agli Oscar prossimi in corsa come miglior film straniero) è un inno alla poesia, alla semplicità dell’animo, alle emozioni lasciate timidamente trasparire, alla Bellezza ricercata ogni giorno, a quel Bene che forse non esiste nemmeno più. È la visione dell’esistenza da parte di Wenders: lui, arrivato a settantotto anni oggi il mondo lo vede così. E su Tokyo c’è ancora un vasto cielo.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Laura Pausini e Raiz

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al teatro Alfieri la ritorna la PFM riproponendo il sodalizio con Fabrizio De Andrè.

Mercoledì. Al Blah Blah suonano i Sulphureum. Al teatro Alfieri si esibisce Fabio Concato.

Giovedì. Al Jazz Club suona l’Entanglements Trio. All’Hiroshima Mon Amour tributo a De Andrè offerto da Alberto “Napo” Napolitano. Al Dash sono di scena i Liquid Jazz. Al Cafè Des Arts si esibisce il cantautore Leonardo Gallato.

Venerdì. Al Cap 10100 è di scena >Eman. Al Pala Alpitour primo di 2 concerti consecutivi per Laura Pausini. Al Blah Blah suonano gli Oreyeon. Allo Ziggy si esibiscono i Nocturnal Depression.

Allo Spazio 211 suona la Rhabdomantic Orchestra. Al Circolo Sud è di scena Ila Rosso. All’off Topic si esibisce il rapper Jaku. All’Imbarchino suonano i The Wends.

Sabato. Documentario biografico e set acustico per l’americano Scott “Wino” Weinrich paladino del “metal” al Kontiki. Al Folk Club suona il quintetto della vocalist Zoe Francis e il chitarrista  Jim Mullen. Alla Suoneria di Settimo Raiz rende omaggio a Sergio Bruni. Al Circolo della Musica di Rivoli suonano i Darzava Wave. Al Blah Blah sono di scene i Fratelli Borgazzi.

Pier Luigi Fuggetta

Debutta al Teatro Gobetti il 9 gennaio in prima nazionale lo spettacolo “Wonderland”

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Al teatro Gobetti debutta in prima nazionale il 9 gennaio prossimoWonderland, tratto da Lewis Carroll, per la regia di Giulia Odetto

 

Debutta al Teatro Gobetti di Torino il 9 gennaio prossimo in prima nazionale lo spettacolo “Wonderland”, per la regia di Giulia Odetto, ispirato al celebre romanzo di Lewis Carroll “Alice in Wonderland”. In ordine alfabetico saranno in scena nello spettacolo adattato da Giulia Odetto e Antonio Careddu, Lav Gilardoni, Marta Pizzigallo, Camilla Soave, Alice Spisa, Francesca Turrini. Drammaturgo Antonio Careddu, scene e costumi di Gregorio Zurla, luci di Giulia Pastore, suono di Lorenzo Abattoir. Andrà in scena fino al 21 gennaio prossimo, in abbonamento per la stagione del Teatro Stabile di Torino.

Ispirandosi  ad Alice in Wonderland un cast multidisciplinare di attrici e performer darà vita ad un luogo abitato da giochi collettivie significanti fluttuanti, in cui corpi e parole si muovono liberi da motivazioni o aspettative di senso e di logica. A Wonderland i confini tra case, corpi e realtà,  identità si confondono e tutto sembra contemporaneamente qualcos’altro. Il lavoro del collettivo EFFE si muove alla ricerca di modalità performative  che uniscono al lavoro sul corpo e sulla parola, l’uso del video in presa diretta, allo scopo di creare atmosfere percettive che trasportano il pubblico in mondi alternativi.

“MI sono chiesta cosa sia Wonderland per me – spiega la registaGiulia Odetto – e non ho trovato una risposta. Mi sono chiesta cosa penso dovrebbe essere Wonderland in questo periodo storico e ho trovato un legame con molte parole che io stessa faccio fatica a comprendere appieno. Una di queste è  ‘queer’, e l’ho ritrovata in tutto il racconto di Carroll. In inglese il verbo “to wonder” viene  usato per esprimere il desiderio di conoscere qualcosa verso cui si prova curiosità,  ma anche per comunicare un dubbio, la presenza di qualcosa di poco chiaro, qualcosa che non torna. Il verbo “to wonder” contiene un movimento in avanti in cui il soggetto ‘who wonders’ è  impegnato per comprendere e conoscere.  To wonder è  un verbo ‘queer’ e Wonderland è un luogo ‘queer’.

Abbiamo conosciuto Wonderland attraverso gli occhi di Alice nel romanzo di Lewis Carroll e attraverso i vari adattamenti cinematografici  e teatrali. È un mondo che non rispetta il senso logico, privo di un senso univoco e che, al contempo, si abbandona a volte a un eccesso di senso. Ma cos’è  Wonderland senza Alice, senza uno sguardo esterno che ne evidenzi la stranezza,  senza un soggetto che applichi quel “to wonder”?Wonderland è  uno spettacolo queer e in quanto tale non rispetta le regole, non c’è  una storia da seguire, non ci sono personaggi con cui empatizzare, non ci sono conflitti personali o sogni da realizzare.

Wonderland non si trova da un’altra parte o in un altro tempo, ma si offre a chiunque accetti di abbandonare le dimensione logico-razionale che porta con sé paura e giudizio per entrare in uno spazio di libertà e di gioco. E’ in una costante ma rinnovatadimensione ludica che Wonderland continua a esistere o meglio, che non smettere mai di esistere.

Wonderland è quella terra ambigua tra infanzia e età  adulta, tra casa e mondo esterno, tra rischio e sicurezza, tra palcoscenico efoyer, tra ricordare e dimenticare.

Wonderland è  uno spettacolo che non rispetta le regole, non per anarchia o rifiuto, ma perché  le regole stesse sono vive, in costante mutazione e cambiamento ”

“ Io credo – prosegue la regista- nella potenza del fallimento, nel non raggiungere obiettivi normativamente riconosciuti importanti. Wonderland è un altrove, un’alternativa al nostro reale,  uno spazio utopico.

E le utopie contemplano le delusioni e i fallimenti. Il successo del presente è  determinato dalla norma del passato. Il fallimento del presente può essere il successo del futuro, una nuova concezione di successo. Wonderland è  un luogo che coinvolge i corpi di chiunque e comprende le regole mutanti. Gli abitanti di Wonderland sono soggetti che si disfano, cherifiutano di essere coerenti,  che non vogliono essere se l’essere è  già  stato definito.

Wonderland è un luogo in cui ci si può sentire privati della propria identità  e chiedersi “cosa sia  rimasto di me”, un luogo dove non essere un grado di nominare qualcosa può diventare un’occasione poetica, dove il linguaggio è  liberatodall’obbligo del significare.

Wonderland è popolato di significati selvatici che si fanno addomesticare. Il lavoro drammaturgico e compositivo parte dai quadri attraversati dalla Alice di Carroll, dalle situazioni e dai personaggi che ella incontra, riscrivendoli in una composizione  che segue la logica-non logica, del mondo onirico, secondo un criterio di montaggio non gerarchico, un metodo di associazione libero dalla razionalità per creare un concatenamento di situazioni sceniche che possono esserericonosciute più che comprese”.

Teatro Gobetti, via Rossini 8.

Orario degli spettacoli martedì giovedì e sabato ore 19.30, mercoledì e venerdì ore 20.45, domenica ore 16. Lunedì riposo

Mara Martellotta

Palazzina di Caccia di Stupinigi, atmosfera di festa con Blue Note Gospel Choir

Domenica 7 gennaio, ore 16

Concerto di brani natalizi e gospel contemporaneo

 

 

Nato nel 2000, il Blue Note Gospel Choir ha cantato in chiese e teatri per oltre 250 concerti in tutto il Nord Italia. Composto da 16 coristi suddivisi in 3 sezioni (soprani, contralti e tenori), ha un repertorio basato su un gospel contemporaneo e gli spettacoli si caratterizzano per il coinvolgimento costante del pubblico con canti che rendono il concerto interattivo ed unico.

Il programma di domenica 7 gennaio alla Palazzina di Caccia di Stupinigi prevede due momenti distinti. Nella prima parte vengono eseguiti i classici brani natalizi in chiave moderna e nella seconda parte il Blue Note Gospel Choir si cimenterà su brani di gospel contemporaneo.

 

INFO

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (TO)

L’ingresso allo spettacolo è compreso nel prezzo del biglietto

Biglietti: intero 12 euro; ridotto 8 euro

Gratuito: minori di 6 anni e possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte e Royal Card

Non si effettuano prenotazioni, fino ad esaurimento posti

Info: 011 6200634stupinigi@biglietteria.ordinemauriziano.it

www.ordinemauriziano.it

Giorni e orario di apertura: da martedì a venerdì10-17,30 (ultimo ingresso ore 17); sabato, domenica e festivi 10-18,30 (ultimo ingresso ore 18).

“Parlami di quello che vuoi… ma non mi parlare d’amore”

MISIC TALES, LA RUBRICA MUSICALE


“Parlami di quello che vuoi parlami dei tuo viaggi, del Brasile, delle compagnie aeree che preferisci ma, non mi parlare d’amore ”

Milanese, classe 1971, è di madre lombarda di Inzago, mentre il padre era pugliese di Gallipoli, ed era un aviatore, morto a Gallipoli nella città vecchia nel 1974 quando Tricarico aveva solo tre anni.

 A questo episodio si fa cenno nella canzone “Io sono Francesco” che ottiene un ottimo successo di vendite (primo posto nella classifica italiana dei singoli più venduti) e che viene premiata col disco di platino e con vari riconoscimenti.

La canzone subisce, però, alcune censure in radio: Tricarico definisce “puttana” la sua maestra delle elementari per aver tenuto un giorno un comportamento scorretto nei suoi confronti, ignorando, nella circostanza dell’assegnazione di un tema sui genitori, che il bambino fosse orfano di padre fin da quando aveva 3 anni e ignorando le conseguenti proteste del giovanissimo Tricarico.

Ha iniziato a suonare da giovanissimo (come ricorda nel brano Musica) e si è diplomato in flauto traverso al Conservatorio di Milano.

Ha suonato jazz con una piccola band nei locali milanesi, ma si è esibito per qualche mese anche a Parigi.

Oggi si presenta con un brano posato con eleganza sulla bocca di un Gianluca Gori noto anche con lo pseudonimo di Drusilla Foer.

Un brano che mi apre il cuore, mi porta in terre conosciute, scomode a volte, ma emozionanti.

Un brano reale, per ognuno di noi, struggente, malinconico che in un mare di delusione lascia ancora un barlume di speranza nell’amore, quello per sempre.

 Grazie a Dio la musica, quella vera, resta sempre.

“Conosce l’amore solo chi ama senza speranza”.

(Friedrich Schiller)

Vi invito all’ascolto ed attendo le vostre impressioni sul brano:

Buon ascolto

CHIARA DE CARLO

 

(2) Drusilla Foer – NON MI PARLARE D’AMORE – YouTube

 

“L’ispettore generale“ di Nikolaj Gogol’ con Rocco Papaleo protagonista

 

Debutta martedì 9 gennaio 2024, alle 19.30, al teatro Carignano, la pièce teatrale ‘L’ispettore generale’ di Nikolaj Gogol’ per l’adattamento e la regia di Leo Muscato, protagonista in scena Rocco Papaleo insieme a Elena Aimone, Giulio Baraldi, Letizia Bravi, Marco Brinzi, Michele Cipriani, Salvatore Cutri, Marta Dalla Via, Gennaro Di Biase, Marco Gobetti, Daniele Marmi, Michele Schiano di Cola, Marco Vergani.

Rocco Papaleo è protagonista de ‘L’ispettore generale’ di Gogol’, uno dei più grandi capolavori della letteratura russa, scritto quasi duecento anni fa, ma tragicamente più attuale di quanto si possa immaginare, grazie anche alla resa registica di Leo Muscato. Nella Russia del 1836 per controllare la vita e l’operato dei suoi sudditi, lo zar Nicola I istituisce un nuovo organo di Stato chiamato Terza Sezione ,suhe altro non è che una sorta di inquisizione che persegue e ostacola tutti i liberi pensatori, tra cui Dostoevskij, Puskin e lo stesso Gogol’. In breve tempo questo sistema scatena un processo di burocratizzazione della macchina amministrativa e esponenzialmente aumenta il livello di corruzione tra i funzionari statali.

‘L’ispettore generale’ è una commedia satirica estremamente divertente che si prende gioco delle piccolezze morali di chi detiene il potere e si ritiene intoccabile. È, forse, l’opera più analizzata, criticata, incompresa, osteggiata della letteratura russa di tutti i tempi, tanto che Gogol si sentì in obbligo di scrivere diversi testi che fugassero i fraintendimenti sorti al suo debutto.

Commedia satirica impastata di fraintendimenti e di giochi di ruolo, fra le più divertenti taglienti che mai siano state scritte, Revisor ( questo il titolo originale) è un affresco di una società allo sbando, di cui Gogol’ si prende gioco, in particolare di chi detiene il potere. Corrotti, approfittatori, affaristi, sfruttatori, gli abitanti della Russia zarista sono presi al laccio dai loro stessi inganni. Si tratta di una commedia in cui nessuno si salva, dove emergono, quali elementi strutturali, la mascalzonaggine, l’imbroglio, l’assenza di buona fede da parte del protagonista e degli altri personaggi.

Scritta nel 1836, ‘L’ispettore generale’ è una tipica espressione del teatro gogoliano e del suo tentativo di denunciare, attraverso riso e comicità, quella burocrazia corrotta della Russia zarista, dove a dominare l’esistenza sono l’ingiustizia e il sopruso. Sembra suggerire Gogol ‘che non è l’uomo a essere malvagio, ma la società a renderlo tale. Oggi la commedia di Gogol’ rivive grazie alla regia di Leo Muscato, regista di opera e di prosa, drammaturgo e pedagogo, capace di muoversi agilmente tra i classici e i testi contemporanei, senza mai perdere di vista le contraddizioni della realtà e del tempo presente.

Non era la prima volta che sulle scene russe venissero rappresentati gli abusi quotidiani dei burocrati statali. Ma tutti i testi precedenti erano sempre stati basati sulla contrapposizione tra il bene e il male, con personaggi positivi e personaggi negativi. Ne ‘L’ispettore generale’, invece, per la prima volta i personaggi sembravano essere tutti negativi e per gli spettatori dell’epoca questo era inconcepibile. Persino il finale risultava ambiguo, sia perché sulla scena non venivano rappresentati il trionfo della giustizia e la punizione dei corrotti, sia perché non era esplicitato se il vero ispettore generale annunciato nell’ultima scena avrebbe fatto giustizia o si sarebbe comportato come il falso revisore.

Il testo di Gogol’ è molto più metaforico che naturalistico e denuncia, attraverso il riso e la comicità, la burocrazia corrotta della Russia zarista. ‘L’ispettore generale’ apre le porte ad un mondo dove dominano ingiustizia e sopruso. Non è l’uomo a essere malvagio, ma la società a renderlo corrotto, corruttore, sfruttatore e imbroglione.

 

Teatro Carignano

Dal 9 al 21 gennaio 2024

Di Nikolaj Gogol’

Adattamento e regia di Leo Muscato

Con Rocco Papaleo

Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino, Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto, Teatro Nazionale

 

Mara Martellotta

Foto Tommaso LePera

“La Bella e la Bestia” in abiti storici nella Palazzina di Caccia di Stupinigi

Sabato 6 gennaio, ore 15.30 e 17

Nel Salone d’Onore della Palazzina di Caccia di Stupinigi, nel giorno dell’Epifania, sabato 6 gennaio, si entra nel magico mondo Disney e in uno dei momenti più iconici della storia del cinema: il ballo de “La Bella e la Bestia” nella messa in scena in abiti storici curata da Nobiltà Sabauda.

I personaggi più celebri della fiaba di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, che ha ispirato il film, rivivono nel Salone d’Onore della Palazzina che ha ospitato nella sua storia le grandi feste da ballo e i ricevimenti di nozze di casa Savoia.  

 

INFO

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (TO)

Sabato 6 gennaio 2023, due repliche alle ore 15.30 e 17

L’ingresso allo spettacolo è compreso nel prezzo del biglietto

Biglietti: intero 12 euro; ridotto 8 euro

Gratuito: minori di 6 anni e possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte e Royal Card

Senza la prenotazione non si garantisce la possibilità di assistere allo spettacolo seduti

Info e prenotazioni: 011 6200634 stupinigi@info.ordinemauriziano.it

www.ordinemauriziano.it

Giorni e orario di apertura: da martedì a venerdì 10-17,30 (ultimo ingresso ore 17); sabato, domenica e festivi 10-18,30 (ultimo ingresso ore 18).

“La spada nella roccia”, show per famiglie

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Domenica 7 gennaio, ore 16

Per Favole a Merenda uno show musicale per la famiglia dinamico, comico, emozionante

 

In Britannia re Uther Pendragon muore senza lasciare eredi al trono, infatti il suo unico figlio Artù è troppo piccolo per governare. Così il grande Mago Merlino, il più grande mago di tutti i tempi, nasconde il bambino affidandolo alle cure del buon re Ector, e per placare il caos scoppiato a seguito della morte del sovrano fa comparire a Londra una misteriosa spada che solo il nuovo re sarà in grado di estrarre.

“La spada nella roccia” è uno show musicale per la famiglia dinamico, comico, emozionante e dal ritmo travolgente. Un’ora e mezza di coinvolgimento con i personaggi più noti delle storie del ciclo bretone, come Mago Merlino, Fata Morgana e Artù.

Domenica 7 gennaio, ore 16

La spada nella roccia

Biglietti: adulto 12 euro – bambino 10 euro

Info

Teatro della Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

www.teatrodellaconcordia.it

011 4241124 – info@teatrodellaconcordia.it

Una senile, allegra “solitudine”, in puro “stile Franco Barbero”

Il 6 e 7 gennaio, al teatro San Giuseppe di via Andrea Doria 18

Franco Barbero è un attore – lo è sempre stato – dalle solide radici. Piemontesissime, lui di Asti (con un augurio qui per l’avvicinarsi quantomai prossimo degli ottanta), quelle nate nei terreni dei Macario (una bella accoppiata per una decina di commedie) e dei Campanini (con il comico forma compagnia, tra il 1975 e l’80), negli ormai lontani anni Settanta. Un personaggio semplice, fuori dal tempo, una maschera che si fa a poco a poco carattere, sempre più preciso e consolidato. Barbero non ci si rintana ma lo svolge, lo arricchisce, lo infiocchetta ruolo dopo ruolo: legato al testo, sempre pronto a calcare la scena come un bravo soldatino ma pronto altresì a riandare alla scuola del grande Erminio. Con l’improvvisazione, con l’immediata invenzione (“ invenzione è guardare cosa succede in giro e commentare”), magari poggiando sugli umori del pubblico, magari sfoderando l’invidia di qualche collega, magari rubando l’applauso più caloroso della serata. Riesce a crearsi un posto tutto suo, scrittura Sylva Koscina e Stella Carnacina e Femi Benussi, vamp del momento, s’affida anima e cuore ai duetti con l’amica Margherita Fumero, con Nadia Furlon fa coppia per l’operetta, campo facile a tutto il suo umorismo che si traduce ogni sera per genuino divertimento da parte del pubblico, con un repertorio non indifferente di undici operette: non restando chiuso tuttavia all’interno del teatro “leggero”, con la battuta facile o la bellona di turno, ma oltrepassando i dislivelli di quello impegnato, da Shakespeare a Molière, dal lodatissimo “Margarita e il gallo” di Edoardo Erba (con Maria Amelia Monti, ricco di premi importanti come gli Olimpici del Teatro, il Riccione e il Salerno, il premio Idi) alla riduzione dell’”Esclusa” pirandelliana, in cui il regista cui s’affida vuole affidargli ben tre ruoli, da Plauto a Campanile (“Il povero Piero”) per arrivare all’”Orestiade” di Eschile o alla “Venexiana” di autore anonimo a cui ha partecipato a Roma lo scorso anno. Ruoli di piccolo calibro ma sempre tutti con il profumo della concretezza, apprezzati e lodati, quei ruoli su cui lo spettatore attento pone lo sguardo e si porta a casa l’attore autentico.

E non soltanto teatro. Ma anche il cinema, dalla metà degli anni Settanta, s’è accorto di lui, chiamato a lavorare tra gli altri con Maurizio Nichetti e Pieraccioni, con Michele Placido e Tinto Brass, con Roberto Benigni (“La tigre e la neve”) e Marco Tullio Giordana (“Romanzo di una strage”, pellicola mai troppo lodata sull’atroce vicenda di piazza Fontana, da Matteo Rovere al Silvio Soldini del “Comandante e la cicogna”. Non soltanto le produzioni della nostra Film Commission, non soltanto le strade e gli angoli di Torino e piemontesi, Barbero rientra in tantissime opere disseminate per lo stivale, entrando nel cinema importante, tra le firme che contano. E allora il viso è di quelli che riconosci immediatamente, la tivù fa il resto e si entra nelle case: apparizione dopo apparizione, da “Don Matteo” a “Padre Pio”, dal “Grande Torino” di Claudio Bonivento alla serie di “L’onore e il rispetto”, dalla “Farfalla granata” di Paolo Poeti sulla figura indimenticabile di Gigi Meroni a Rocco Schiavone, dalla “Strada di casa” all’ultimo “Cuori”, con quegli amori e malattie che il publico ormai si aspetta come il pane.

Una faccia, un compagno affabile e allegro, un carattere. Come il Piero, che porta sabato 6 (alle ore 21) e domenica 7 (alle 16) al teatro San Giuseppe di via Andrea Doria 18 nella commedia “Un Natale fuori stagione” scritta da Antonio Valleggi, che ne cura anche la regia. “Anche qui, “abbastanza Barbero” come carattere”, sottolinea ancora una volta l’attore. E Valleggi, che festeggia per l’occasione i suoi cinquant’anni come regista, di rimando: “Barbero è davvero un attore completo, di quelli che il pubblico apprezza enormemente e io sono stato sinceramente felice quando ha risposto sì alla proposta che gli avevo fatta di lavorare insieme”. Una traccia all’apparenza semplice, la figura di un vecchio solitario, vedovo e rintanato nella sua casa in Liguria, una vita scombussolata all’improvviso dall’irrompere di una sconosciuta, Manola, che si fa passare per la badante argentina che la figlia ha deciso di mettergli accanto. Uno svelamento che è un bel colpo di teatro, un albero di natale abbandonato sul terrazzo della casa, un pregiudicato che ha scoperto il nascondiglio della ragazza: ma non soltanto, nella suspence e nel divertimento, nello scorrere allegro delle situazioni e delle battute, s’incrociano temi come la solitudine degli anziani, la difficoltà nel trovare un lavoro correttamente retribuito, la diffidenza verso gli stranieri, la triste piaga della violenza sulle donne. “Temi trattati con leggerezza – spiega ancora Valleggi mentre tratteggia questa sua “commedia brillante con il sorriso” -, mai resi con banalità. È uno di quei testi, composti in questa ultima decina d’anni in cui ho privilegiato la scrittura, a cui tengo di più. Ho trovato, con Franco, altri due eccellenti interpreti, Nathalie Bernardi e Igor Toniazzo, con loro sperimento ancora una volta la bellezza del palcoscenico, quello studio che mi porto dietro ogni giorno, la voglia e il piacere di creare con l’attore la precisione della battuta, l’esattezza della posizione, il potere di una pausa che ci aiuta a riflettere”. Guardando ad una vita da sempre accompagnata dal teatro (da LeRoi Jones a Molière a “Notturno”, racconto di fantascienza (del 1941) tratto da Asimov, Valleggi non ha dubbi: “Il teatro è una delle forme di espressione che dovremmo coltivare sempre perché ci regala uno spaccato di noi stessi a 360°.”

Elio Rabbione

Nelle immagini, la locandina di “Un Natale fuori stagione”, Franco Barbero in scena e fuori scena; un momento di “Al bar dello sport” di Francesco Massaro, dove con grande successo Barbero fu l’ostile cognato di Lino Banfi, emigrato pugliese a Porta Palazzo.