SPETTACOLI- Pagina 70

Al via le masterclass della Gispsy con le più grandi star del West End di Londra

 

Il 27 e 28 gennaio si inizia con la Strega verde di Wicked, Alice Fearn.

Il 26 gennaio open day con Reece Richards da Hairspray e dalla serie Netflix “Sex education”

 

 

Prendono il via gli appuntamenti  di “Broadway & West end Gypsy Project” della Gypsy Musical Academy, la grande e storica  accademia di spettacolo e musical torinese.

La prima grande artista che approderà  sotto la Mole direttamente dai più  grandi palcoscenici di Londra è  Alice Fearn, famosa soprattutto per il ruolo di Elphaba nel musical “Wicked”, la strega verde del West End, ruolo che ha interpretato più di 700 volte.

La masterclass si terrà sabato 27 e domenica 28 gennaio. Il primo giorno sarà  dedicato soltanto agli allievi dell’accademia, il secondo sarà  aperto a tutti.

Per informazioni e prenotazioni 011/0968343

Alice è impegnata nel ruolo di Captain Beverley Bass & Others nel musical “Come from away”, vincitore dell’Olivier Award.

Alice ha iniziato la sua carriera nel West end con “Woman in White” e si è  poi unita al cast de “Les Miserables” sostituendo Cosette e Fantine; ha interpretato il ruolo di Rapunzel in “Into the woods”, Gingy/Sugar Plum Fairy in  Shrek e Nancy in Oliver.

Alice è solo la prima di una serie di grandi artisti  che vedremo nei prossimi mesi grazie alla Gipsy musical Academy, tutti provenienti dal prestigioso West End di Londra e da Broadway a New York, per un testa a testa tra i luoghi più importanti del mondo per quanto riguarda il teatro in lingua inglese. Qui hanno visto la luce i musical dei musical e, alle due estremità  dell’oceano, sono cresciuti i migliori interpreti del panorama internazionale pronti adesso a portare il loro insegnamento a Torino grazie alla Gipsy.

Per coloro che, invece, desiderino candidarsi alle audizioni del triennio accademico intensivo per l’anno 2024/2025, è prevista una masterclass gratuita con un altro grande artista  del West End di Londra, nonché noto autore di Netflix, Reece Richards.

II 26 gennaio si terrà l’open day della sezione accademica e una masterclass di musical con questo artista che vanta nel suo curriculum non solo ruoli come Seaweeed di Hairspray e Jackie Wilson e Martin Gaye Motown, ma anche nel piccolo schermo ruoli in famose serie come “Sex Education” e “You”.

Ad accompagnare i ragazzi nel trienno accademico i corsi quotidiani, dal mattino alla sera, composti da ben 38 discipline, nell’ambito del canto, della recitazione e della danza, tenuti da insegnanti di prestigio, quali Claudio Insegno, uno dei principali registi di musicali in italia, Vittorio Matteucci, lo storico frollo diNotre  Dame de Paris e Fabrizio Angelini, altro grande regista italiano.

Tra i residenti Stefania Fratepietro, Cristina Fraternale Garavalli, il ballerino Luca Spalato, Sergio Moses, Eugenio Gradabosco e la direttrice artistica e fondatrice della Gypsy, Neva Belli.

La Gypsy Academy significa anche accompagnamento nel mondo del lavoro, grazie all’inserimento dei ragazzi nel mondo dello spettacolo e ai titoli realizzati dalla sua compagnia che, nel 2019, si aggiudicò il passaggio alla finalissima di “Italia’s Got Talent”.

MARA MARTELLOTTA

Alice in WWWWONDERLAND alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani

 

La casa del Teatro giovani e Ragazzi ospiterà due spettacoli per famiglie, sabato 27 e domenica 28 gennaio; alle 16.30 in Sala Grande andrà  in scena Alice in WWWWONDERLAND della fondazione TGR, liberamente ispirato  a ‘Alice nel Paese delle meraviglie’ di Lewis Carroll, drammaturgia di Micol Jalla, con Claudio Dughera, Letizia Russo e Simone Valentino, per la regia di Claudia Martore.

Nel racconto della pièce Alice non cade nella tana di Bianconiglio, ma sullo schermo di un cellulare, che le apre la strada per WWWWONDERLAND.  Lì  la bambina ha a che fare con un mondo che non conosce, che vorrebbe divorare  ma dal quale ha anche la paura di venire sopraffatta. A partire da un grande classico,  la storia di una ragazzina che si perde, diventa grande e torna piccola, finché non capisce che, per trovare davvero se stessi, bisogna accettare di sentirsi persi.

Con “Alice  nel paese delle meraviglie” Lewis Carroll ha scritto un romanzo complesso, che affronta tanti temi, e lo fa senza moralismi e preconcetti.  Il romanzo  ha molteplici chiavi e livellidi lettura che celano, dietro una stratificazione apparentemente semplice, molteplici significati tematici e concettuali.

Carroll rifiuta di avere condiscendenza nei confronti del suo giovane pubblico e lascia da  parte morali semplicistiche. Se in grandi romanzi per l’infanzia il mondo dei bambini, buoni, saggi e innocenti, si scontrava con quello degli adulti, meschini, superflui e sciocchi, i libri su Alice inscenano le assurdità  del mondo degli adulti, meschini e superficiali, senza giungere  a conclusioni approssimative. Allo stesso modo in Alice in WWWWONDERLAND si vuole riflettere  e fa riflettere sul percorso della crescita, spesso conflittuale,  raramente lineare, anche in termini di cambiamento del proprio corpo,  sull’incontro/scontro con un mondo fatto di regole e norme nuove, da interpretare e fare proprie, sulla formazione di una propria identità  personale,  non solo mentale ma anche fisica, in un  rapporto corporeo con gli altri, sul concetto di realtà e immaginazione,  sul senso del tempo e dello spazio, così diversi quando ci si addentra in universi sconosciuti quali possono essere quelli del web.

Spettacolo adatto dai 6 anni in su.

Sabato 27 e domenica 28 gennaio, alle ore 11, in sala piccola andrà in scena ‘Storia di un palloncino’ della compagnia teatrale Stilemi, spettacolo storico di e con Silvano Antonelli.

Casa Teatro Ragazzi e Giovani

Corso Galileo Ferraris 266

Tel 011/19740280

 

Mara Martellotta

“Lenzuola fredde, oh dov’è il mio amore?”

Music Tales, la rubrica musicale 

“Ossa fredde, sì, così è il mio amore

Lei scivola via, come un fantasma

Lei lo sa che sanguiniamo lo stesso?

Non voglio piangere ma mi spezza così

Lenzuola fredde, oh dov’è il mio amore?

Sto cercando in alto, sto cercando in basso nella notte”

SYML, pseudonimo di Brian Fennell (Issaquah, 18 gennaio 1983),

è un cantante statunitense.

Già membro della band indie Barcelona, ha pubblicato il suo omonimo album di debutto il 3 maggio 2019 attraverso Nettwerk Records.

Dopo aver vissuto in diversi posti a Seattle e dintorni, è tornato a vivere nella sua città natale, dove scrive e produce da un home studio.

Fennell ha iniziato a suonare il piano in giovane età e ha scritto la sua prima canzone quando aveva 18 anni come meccanismo di coping dopo la morte di un compagno di scuola. Dopo il liceo, ha frequentato la Whitworth University dove si è laureato in educazione musicale focalizzandosi sulle percussioni.

Il ragazzo attualmente si esibisce nell’ambito del progetto solista SYML. Significa “semplice” in gallese ed è tratto dalla sua eredità personale. È stato adottato da bambino e più tardi nella vita ha scoperto che i suoi genitori biologici sono gallesi. La sua esperienza alle prese con la sua adozione e la sua eredità sono influenze nel suo modo di scrivere canzoni.

Dopo che la sua canzone “Where’s My Love” è stata utilizzata nel popolare programma televisivo drammatico Teen Wolf, la canzone è rimasta in classifica per 20 settimane nella classifica Billboard Hot Rock Songs. Nel 2018, la canzone ha ricevuto la certificazione Gold in Canada e Belgio, e si è classificata al primo posto nelle classifiche CBC Top 20 del Canada due volte. “Where’s My Love” è stato anche presentato in modo prominente nel trailer ufficiale del film del 2018 Adrift.

“Non vedi più i lineamenti. Vedi l’amore”. Ecco spiegata in pochissime parole l’adozione.”

Vi invito all’ascolto ed attendo le vostre impressioni sul brano:

Buon ascolto

SYML – Where’s My Love (Acoustic) (youtube.com)

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

L’orrore dell’Olocausto nella lingua dei bambini

Per celebrare il “Giorno della Memoria” arriva dall’Aquila a Monteu da Po la Compagnia “Teatro Zeta”

Sabato 27 gennaio, ore 21

Monteu da Po (Torino)

Un’esecuzione polifonica, un “canto recitato”a più voci e a più personaggi: “Cronache dalla Shoah. Filastrocche della nera luce”, su testo di Giuseppe Manfridi (autore romano, fra i massimi drammaturghi italiani), arriva, nell’ambito delle celebrazioni dedicate al “Giorno della Memoria”, sabato 27 gennaio, alle ore 21, al “Teatro Comunale” (via Municipio, 3) di Monteu da Po (40 chilometri da Torino), messo in scena dal “Teatro Zeta dell’Aquila”, per la regia di Livio Galassi.  A selezionare e a proporre lo spettacolo è la Compagnia torinese “Onda Larsen”, con il contributo del Comune montuese, di Regione Piemonte ed “Eppela Crowdfunding”.

Sul palco, unico attore – e fondatore del “Teatro Zeta” – Manuele Morgese si cala nei panni di più personaggi, testimoni e narratori dei terribili episodi legati alla “Shoah” e la sua voce, attraverso le “filastrocche di nera luce”, si fonde alla musica dal vivo della tromba e del pianoforte di Giulio Spinozzi e Pablo Corradini. Lo spettacolo, in forma di “breve lettura” ha debuttato nel “Giorno della Memoria 2019” proprio ad Auschwitz e, sempre nel 2019, è diventato anche un libro(edito da “La Mongolfiera”), con prefazione dello scrittore romano Claudio Giovanardi, che, a proposito della narrazione in termini di “filastrocca”, ebbe a scrivere: “Ma come? Una materia così grave accomodata in una forma che si usa per le fiabe dei bambini? Esattamente. Di fronte agli abissi del male siamo tutti bambini e ci mettiamo in ascolto pieni di speranza e di paura”. D’altronde, è lo stesso attore Manuele Morgese a raccontare: “Se non fossi stato ad Auschwitz, a vedere coi miei occhi i resti di quell’orrore, non sarei mai riuscito a immedesimarmi nei personaggi che interpreto”. E aggiunge: “Porto avanti questo spettacolo dedicandolo a Sergio, un bambino napoletano deportato. Le SS arrivarono e chiesero ai più piccoli del lager ‘Chi di voi vuole vedere la mamma?’. Sergio, fidandosi dei soldati, alzò la manina rispondendo ‘io!’ E così fu selezionato come cavia per atroci esperimenti che lo condussero alla morte”. E, come il piccolo Sergio, sul palco (dove il monologo dell’attore è legato a filmati in bianco e nero proiettati su uno schermo laterale) si muovono e riprendono corpo le vite di diversi testimoni e vittime della crudeltà nazista: dalla bambina ebrea scampata alla morte (a differenza di Anna Frank, che appare in un filmato realizzato prima della deportazione) all’operatore di ripresa ariano, costretto a filmare il falso in favore della propaganda hitleriana. Il tutto accompagnato da celebri brani musicali che vanno da “A night in Tunisia” di Gillespie a “La vita è bella” di Piovani, fino a “Schindler’s List” di Williams, a “Pure Immagination” di Bricusse e a “The Shaadow of Your Smile” di Mandel: note immortali che “legano le memorie, l’intervallarsi delle scene, restituiscono i sentimenti e le atmosfere di uno dei momenti più bui della storia dell’Umanità”. Doloroso e difficile anche da mettere in scena, poiché più che “descrivere” deve assumersi il compito di “suggerire”: una sorta di “non scena”, sottolinea ancora Morgese “che disegna percorsi mentali, che imprigionano o si schiudono alla speranza; una recitazione prosciugata che non cerca compiacimenti né virtuosismi; una musica eletta che non cerca melodie; un tentativo di coinvolgerci tutti in un ineludibile senso di colpa”.

Per info: “Onda Larsen – Spazio Kairòs”, via Mottalciata 7, Torino; tel. 339/3881949 o www.ondalarsen.org

g.m.

 

Nelle foto di Federica Di Benedetto: Manuele Morgese in alcune scene dello spettacolo

Il folk elettronico di YA TOSIBA

Performance nell’ambito del public program della mostra Trad u/i zioni d’Eurasia

a cura di Chiara Lee e freddie Murphy

Giovedì 25 gennaio 2024 ore 18.30

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

 

 

Folk elettronico che riscrive e si riappropria delle tradizioni poetiche orali del Caucaso per il quarto appuntamento del public program di Trad u/i zioni d’Eurasia.

Nato dalla collaborazione tra la musicista e cantante azera Zuzu Zakaria e il produttore finlandese Tatu Metsätähti, Ya Tosiba unisce elettronica, strumenti suonati dal vivo e la tradizione poetica orale del Caucaso in un suono moderno e accattivante.

L’ultimo album di Ya Tosiba ASAP Inşallah (Huge Bass, 2023) trasporta l’ascoltatore in un viaggio globale, con influenze che vanno dai norvegesi Center of the Universe, al francese Poborsk, dall’ucraina Zavoloka, agli svedesi Pavan e Daniel Savio fino ad arrivare all’azero Rahman Memmedli.

Quattro dei brani dell’album attingono al generemeykhana, uno stile di musica nuziale improvvisata azera, con “battaglie di poesie” accompagnate da una chitarra elettrica microtonale. Bandito durante il periodo comunista, il meykhana ha visto una rinascita dopo la caduta dell’Unione Sovietica nei talent show televisivi, sebbene sia ancora considerato una forma di cultura bassa. Zakaria presenta un approccio molto personale al genere, sovvertendone sia le tradizioni di genere che quelle musicali. “Le donne non sono invitate a questo rituale, fatto da uomini per uomini, e questo rende senza dubbio ancora più importante per me continuare a farlo” dice.

Mentre Zakari canta in azero, la narrazione diASAP Inşallah prende vita. Tutti i testi dell’album riprendono poesie e testi tradizionali con racconti che narrano della tensione tra romanticismo e guerra, sesso e genere, natura e tecnologia, politica e società. Sebbene le storie siano varie e alcune abbiano una base storica, tutte attingono a questa tensione; è il peso della storia contro la promessa del domani.

Il calendario completo degli eventi sul sito.

Tariffe: 15 € intero e 10 € ridotto studenti acquistabili presso la biglietteria del Museo il giorno del concerto.

16 € intero con prevendita sul sito.

Messiaen e Šostakovič in occasione del Giorno della Memoria

All’Auditorium Rai di Torino l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e Dmitry Matvienko

 

Giovedì 25 e venerdì 26 gennaio l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI dedica al Giorno della Memoria il suo programma musicale, con il debutto sul podio dell’OSN RAI di Dmitry Matvienko. Classe 1990, si è aggiudicato nel 2021 il primo premio e il premio del pubblico alla Malko Competition di Copenaghen, uno dei più prestigiosi concorsi per direttore d’orchestra. Il concerto di giovedì 25 gennaio, in programma alle 20:30, sarà trasmesso in diretta su Radio 3. La replica di venerdì 26 gennaio, alle ore 20:00, è proposta in prima serata su Rai 5 alle 21:15.

La serata si apre con i versi della poesia di Wislawa Szymborska, Nobel per la Letteratura 1996, interpretati dall’attrice Marta Cortellazzo Wiel. La Szymborska getta uno sguardo profondo su ciò che accade dopo una guerra, la ricostruzione, perché “dopo ogni guerra c’è chi deve ripulire”. In fondo, un po’ di ordine, da solo non si fa. Si prosegue con due movimenti: dal “Quatuor pour la fin du temp” che Oliver Messiaen scrisse alla fine del 1940 in campo di concentramento. Il terzo, “Abimes des oiseaux”, e il secondo, “Vocalise, pour l’Ange qui annonce la fin du temps”. A eseguirli sono chiamate le prime parti dell’Orchestra RAI Roberto Ranfaldi, violino di spalla; Enrico Maria Baroni, clarinetto; Pier Paolo Toso, violoncello, a cui si aggiunge Andrea Rebaudendo al pianoforte. Messiaen fu chiamato alle armi nel 1939 con l’entrata in guerra del suo Paese, la Francia. Catturato dai tedeschi, fu trasferito a Görlitz, in Slesia, al confine con la Polonia, dove trascorse un anno e dove scrisse il Quatuor, che fu eseguito il 15 gennaio 1941 davanti a 5000 prigionieri del lager Stalag VIII – A.

In chiusura il direttore Matvienko proporrà la Sinfonia n. 8 in Do minore op. 65 di Dmitry Šostakovič, composta nell’estate del 1942, quando i tedeschi stavano abbandonando l’Unione Sovietica dopo una guerra di logoramento che aveva lasciato sul terreno ghiacciato dell’inverno russo un enorme numero di vittime. Il regime si attendeva dal compositore un’opera celebrativa della vittoria bellica, ma Šostakovič era troppo provato, come il suo popolo, per approdare a toni trionfalistici. La Sinfonia tenta di guardare oltre, di celebrare il coraggio della resistenza, ma lascia trasparire un profondo senso di catastrofe che pone in ombra i valori positivi, e che non fu particolarmente apprezzata alla prima esecuzione avvenuta a Mosca il 4 novembre 1943 sotto la direzione di Evgenij Mravinskij.

La Sinfonia n.8 fu scritta in un momento particolarmente drammatico per la storia dell’URSS, impegnata in una guerra massacrante e spaventosa contro la Germania nazista. Anche se il musicista non fa riferimenti specifici ad un programma, è evidente come il pesante clima di quell’anno si accumuli gravemente su tutta la Sinfonia, concepita come una dolorosa e accorata riflessione sull’esperienza bellica, nel frangente temporale in cui l’armata del generale Von Paulus veniva disintegrata a Stalingrado. In modo più netto rispetto alla Sinfonia n. 7, la celebre ‘Sinfonia di Leningrado’, Šostakovič nell’Ottava si riallacciava alla tradizione romantica di Berlioz, Liszt, Mahler, Borodin e soprattutto Cajkovskij, realizzando un ampio quadro musicale sull’idea dell’uomo costretto a vivere la tragedia della guerra. Non mancano reclamazioni e strappi retorici pur nel rispetto, in linea di massima, di un equilibrio tra forma e invenzione, degno della tempra di sinfonista quale lui è stato, e che gli doveva apertamente riconoscere lo stesso Schoenberg.

I biglietti del concerto sono in vendita sul sito dell’OSN RAI e presso la biglietteria dell’Auditorium RAI “Arturo Toscanini”

Info: 011 8104653

 

Mara Martellotta

“Perlasca. Il coraggio di dire no” A teatro per il Giorno della Memoria

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Giovedì 25 gennaio, ore 21

Perlasca. Il coraggio di dire no

Per il Giorno della Memoria, la storia di Giorgio Perlasca, di e con Alessandro Albertin

 

 

Per il Giorno della Memoria, giovedì 25 gennaio al Teatro Concordia, si ricorda la figura di Giorgio Perlasca in “Perlasca. Il coraggio di dire no”: un racconto affascinante, travolgente e commovente della storia di un uomo semplice e normale che nella Budapest del 1944 si è messo al servizio dell’Ambasciata di Spagna.

Un giusto tra le nazioni, che ha affrontato la morte ogni giorno, trovandosi faccia a faccia con Adolf Eichmann e spacciandosi per Console spagnolo, solo ed unicamente perché ha scelto di salvare la vita a molte persone: 5.200, ebrei, ma non solo. Ha vissuto nell’ombra per più di 40 anni, non raccontando la sua storia a nessuno, nemmeno ai familiari. Nel 1988 viene rintracciato da una coppia di ebrei ungheresi che gli devono la vita. Quando i giornalisti gli chiesero le motivazioni delle sue azioni, lui rispose: “Lei cosa avrebbe fatto al mio posto?”.

Giorgio Perlasca è interpretato da Alessandro Albertin. Diplomato attore nel 1999 alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, ha lavorato tra gli altri con Egisto Marcucci, Gianrico Tedeschi, Andrée Ruth Shammah, Gigi Proietti, Alessandro Gassmann, Damiano Michieletto, Giuseppe Emiliani e Franco Branciaroli.

 

NOTE DI REGIA

Davanti a qualcosa di terribile si può reagire in due modi: commentare la cosa, oppure occuparsi della cosa. La prima soluzione è quella più comoda e ci conduce inesorabilmente al tasto mi piace di Facebook. La seconda soluzione è quella più scomoda, richiede coraggio ed eroismo. E umiltà. A commentare siamo capaci tutti. Per occuparsi di un problema e risolverlo, serve la volontà di farlo. Questa è la grande lezione che ci ha lasciato Giorgio Perlasca. E da qui siamo partiti per raccontare al meglio questa storia meravigliosa. Lo facciamo con uno spettacolo semplice, senza fronzoli. Affidandoci alla straordinarietà degli eventi e ad un’interpretazione che mescola tecnica ed emotività, accompagnandoci per mano alla scoperta di un capitolo della nostra storia che è necessario conoscere. In quanto italiani. In quanto uomini.

 

Giovedì 25 gennaio, ore 21

Perlasca. Il coraggio di dire no

Scritto e interpretato da Alessandro Albertin

Regia Michela Ottolini

Disegno luci Emanuele Lepore

Una produzione Teatro de Gli Incamminati, in collaborazione con Overlord Teatro e con il patrocinio della Fondazione Giorgio Perlasca

Biglietti: intero 15 euro, ridotto 13 euro

Info

Teatro della Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

www.teatrodellaconcordia.it

011 4241124 – info@teatrodellaconcordia.it

A Carnevale il Museo Nazionale del Cinema ricerca la più bella coreografia del Mercoledì Addams

 

 

Proseguono le iniziative collegate alla grande mostra dedicata a Tim Burton, aperta fino al 7 aprile prossimo al museo Nazionale del cinema di Torino. In occasione del Carnevale il Museo alla Mole Antonelliana propone un concorso dedicato ai fan di Tim Burton.

Dal 7 al 13 febbraio i visitatori troveranno all’interno del percorso di mostra una postazione allestita come un ‘Dance corner’ con faretti e fondale dedicati. Chi lo desidera potrà sfruttare lo spazio per ricreare, con un video, la celebre coreografia di ballo di mercoledì Addams, diventata virale sui social con la canzone dei The Cramps- Goo to muck.

Il concorso avrà luogo sulle pagine social del Museo Nazionale del Cinema e le cinque performance che avranno più like verranno premiate con una box esclusiva contenente una selezione del merchandising della mostra e il più votato riceverà una vip card della durata di un anno che darà accesso gratuito agli spazi del museo e al Cinema Massimo.

“Carnevale è l’occasione perfetta per dare ai nostri visitatori la possibilità di cimentarsi con il ballo di mercoledì, diventato uno dei trend più famosi sui social- sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del cinema. In questi mesi molte delle oltre 280 mila persone che hanno visitato la mostra di Tim Burton erano vestite come i suoi personaggi. Abbiamo quindi pensato alla possibilità di ricreare questo Dance corner che avrebbe dato l’opportunità a tutti di sentirsi per un minuto Mercoledì Addams. Questa è anche la magia del mondo di Tim Burton!”.

 

Mara Martellotta

Un vero successo per quei ragazzi fatti di grinta, di sudore e di sogni

“Fame – Saranno famosi” all’Alfieri, sino a domenica 28 gennaio

Fuori, le immagini dei panorami di New York, le case antiche e la selva di grattacieli, i parchi e gli alberi dalle foglie rossastre, le nubi che trascorrono veloci, il Chrysler sullo sfondo e la neve che scende e che imbianca; al di qua della vetrata, nelle aule della famosa quanto esclusiva scuola di Performing Arts, un gruppo di ragazzi tutti giovanissimi – con loro gli insegnanti, qualcuno con il desiderio di confessarsi dolorosamente a se stesso e agli altri -, grinta fatica sudore e lacrime, la passione e la voglia di affermazione, la speranza in un futuro di soddisfazioni e di emozioni sempre vive e autentiche, le prove di ogni giorno che non risparmiano nessuno, in cui nessuno ha il successo in tasca, c’è chi dopo quattro anni di corsi taglia il traguardo e chi cade, come un angelo spezzato, vittima delle disillusioni e della spirale di una droga che finisce per avvolgerlo completamente. Quattro anni che sono l’ossatura temporale e le epoche difficili di “Fame – Saranno famosi”, all’inizio degli anni Ottanta film di culto diretto da Alan Parker, un successo di personaggi, di dialoghi e di canzoni soprattutto (tra tutte, “Fame” e “Out Here in My Own”), il ritratto di quell’”american dream” capace di coinvolgere tutti quanti, la voglia di riversarsi nelle strade per trasmettere un sogno.

Poi arrivò la serie televisiva, lunga 136 episodi, che raggruppò pubblico ad oltranza davanti ai canali televisivi, serali e pomeridiani, poi il musical che definì quei successi ai quattro angoli del mondo. Oggi Fabrizio Di Fiore Entertainment, con la compagnia Roma City Musical, con il concretizzarsi del sogno di un impresario ispirato, produce una versione in cui si pensa in grande, si realizza in grande e si mostra in grande, con un debutto torinese – grandioso e applauditissimo, partecipato di emozioni e di risate, ritmato negli applausi, siglato con molte chiamate al termine – che non può essere altro che il biglietto da visita di un lungo percorso che accompagnerà la compagnia attraverso varie piazze italiane fino al termine della stagione. La versione vista all’Alfieri è firmata da Luciano Cannito, una macchina da guerra (immaginiamo, senza dubbi) che firma la traduzione e il riadattamento del libretto originale di José Fernandez e le liriche di Jacques Lévy (una attualizzazione che non guasta, il punto più alto oggi è Meryl Streep e l’immagine clou è quella di Brad Pitt, gli accadimenti sono altri rispetto a quelli di quattro decenni fa), che costruisce coreografie capaci di sfoderare un ritmo trascinante come di rado ci si imbatte su di un palcoscenico e una regia che mette a fuoco i personaggi, ognuno dei ragazzi e degli adulti, ognuno con i tanti sentimenti che lo attraversano e che sa sempre mettere in primo piano l’idea del gruppo, dello sforzo comune, dello spirito di squadra. Ognuno con la propria storia, chi s’innamora sognando i grandi testi di Cechov e di Shakespeare, chi non vede certo un ostacolo per un avvenire di ballerina qualche chilo di troppo, chi trasmette a tutti gli altri un mare di allegria (nascondendo a se stesso una traccia di insicurezza, forse), chi mostra una ribellione che tende ad accusare una vita solitaria e difficile, una famiglia sull’orlo della distruzione, come il “povero negro sempre da aiutare”.

Un’edizione di successo, dicevamo, a cui concorrono le scene di Italo Grassi (c’è anche un doveroso posto lassù in alto, per due postazioni, per la batteria spericolata di Paola Caridi su un lato del palcoscenico e per la chitarra di Alberto Gandin e il pianoforte di Giulio Decembrini sull’altro) e i costumi di Veronica Iozzi (bellissimi quelli finali bianco/argento che arieggiavano quelli del “Chorus Line” cinematografico di Attenborough). Gli insegnanti hanno i visi e la professionalità di Lorenza Mario, di Garrison Rochelle, di Stefano Bontempi e di Barbara Cola che con la sua personalissima quanto incisiva Miss Sherman, preside dell’istituto, si ritaglia un angolo di autentiche emozioni largamente apprezzate dal pubblico. Le emozioni, il duro lavoro, i successi e le sconfitte, il senso della competizione, le lacerazioni non rimarginabili, la fatica e la dedizione di ogni sera, la comunicazione sincera verso chi sceglie di uscire di casa e ha tutto il diritto di assistere a un qualcosa di bello che assomigli a un rito, tutto questo incrocia la bravura e per molti già la maturità di un gruppo di ragazzi scelti tra i tantissimi che si sono presentati ai provini. Mi è piaciuta la sicurezza interpretativa di Flavio Gismondi (Nick, già alle spalle qualche stagione di televisione e teatro) e la naturale sincerità e la voce di Ginevra De Soller (e mi auguro che di lei sentiremo ancora parlare), l’estensione vocale e la simpatia di Michelle Perera (Mabel), anche la sfrontatezza acerba di Raymond Ogbogbo (qui Tyrone, il Leroy Johnson del film), che dovrebbe credere di più nel proprio personaggio, fatto di tanti chiaroscuri, interiorizzarlo maggiormente e non affidarlo troppo alla fisicità; la splendida voce e la approfondita interpretazione della Carmen di Alice Borghetti, in uno spazio tutto suo. Davvero brava, convincente. Con loro i compagni Alfredo Simeone, Giuseppe Menozzi, Greta Arditi, Arianna Massobrio e Claudio Carlucci. Serata da memorizzare, un successo (assicurato) da saggiare per le repliche che termineranno domenica 28 gennaio.

Elio Rabbione

Nelle immagini: alcuni momenti dello spettacolo nelle foto di Valerio Polverari.

Dal 25 gennaio al primo febbraio al Teatro Regio  il Don Pasquale di Donizetti

Sarà un Don Pasquale di rilievo quello che prenderà avvio il 25 gennaio prossimo al Teatro Regio fino al primo febbraio 2024.

Nell’opera si susseguono a ritmo serrato momenti di farsa ad altri di tenerezza sentimentale, quali la serenata al chiaro di luna di Ernesto, che mandò in delirio il pubblico parigino la sera del debutto nel 1843. In questa storica produzione sono richieste duttilità e reattività per affrontare le diverse situazioni, che risultano garantite da un doppio quartetto di specialisti. Il maestro Alessandro De Marchi ha una costante attenzione verso le modalità interpretative dell’età del belcanto e condurrà certamente l’orchestra attraverso una partitura spumeggiante. Scene e costumi sono di Eugenio Guglielminetti, per la magistrale regia di Ugo Gregoretti, che collocano la vicenda in una Roma ottocentesca, piena di vita e di poesia.

Don Pasquale è un’opera buffa in tre atti di Gaetano Donizetti. Il libretto scritto da Giovanni Ruffini, anche se firmato da Michele Accursi ,è un rifacimento del libretto che Angelo Anelli scrisse nel 1810 per Ser Mercantonio di Stefano Pavesi.

La controversia sull’attribuzione del libretto del Don Pasquale può essere definito un bisticcio politico. Giovanni Ruffini era un mazziniano autentico, una delle anime della Giovine Italia, esiliato in Francia.

Il clima sociale francese era estremamente cosmopolita in quegli anni. La cultura era in fermento e l’Europa veniva destabilizzata da continue rivoluzioni. Parigi divenne il luogo ideale per l’incontro tra le posizioni politiche e culturali più disparate. Durante le stesura del Don Pasquale, quello che poteva diventare una lunga e fruttuosa collaborazione tra Ruffini e Donizetti si trasformò in un calvario per entrambi. La diatriba finale fu sull’allestimento e i costumi dell’opera. Donizetti voleva per il don Pasquale un allestimento moderno, pur essendo l’opera un rifacimento d’un libretto del 1810.

Ruffini montò su tutte le furie e rifiutò di firmare il libretto.

A dirimere la bagarre intervenne un amico di Donizetti, Michele Accursi, che propose di apporre le sue iniziali sul libretto. Per questo motivo il libretto originale risulta a firma di “M.A”

Questo stratagemma favorì anche lo stesso Donizetti. In Italia mal sarebbe stato accolto un libretto firmato da un esule politico condannato a morte e rifugiatosi in Francia.

La prima rappresentazione si tenne, infatti, proprio in Francia, al Théatre- Italien di Parigi il 3 gennaio 1843.

L’umorismo nel don Pasquale è irresistibile quanto crudele. Il protagonista è un anziano benestante che decide di sposarsi per diseredare il nipote Ernesto, innamorato di Norina, una bella vedova ma senza soldi.

La decisione costerà cara a Don Pasquale perché un suo amico, il dottor Malatesta, ordirà ai suoi danni una beffa colossale. Il vecchio signore, deriso e schiaffeggiato, accetterà, seppur con un sorriso, la frase pronunciata dalla futura nuora “Ben è scemo di cervello/ chi s’ammoglia in vecchia età “.