SPETTACOLI- Pagina 54

Harmonie in San Francesco con l’orchestra Polledro

Il maestro Federico Bisio sul podio per il concerto nella chiesa di San Francesco a Moncalieri giovedì 25 gennaio

 

L’Orchestra Polledro presenta , con il patrocinio della città di Moncalieri, il concerto Harmonie in San Francesco”, con il maestro Federico Bisio sul podio, direttore stabile dell’Orchestra e quale primo oboe il maestro Carlo Romano, già primo oboe dell’orchestra RAI e oboe solista scelto dal maestro Morricone.

Il titolo del concerto è mutuato dal fatto che si terrà giovedì 25 gennaio prossimo, nella chiesa di San Francesco, in piazza Vittorio Emanuele II.

Il concerto, a ingresso libero, prevede un ricco programma musicale con la Serenata n. 10 in si bemolle maggiore K 361 detta “Gran partita” di Wolfgang Amadeus Mozart.

Un unicum per la sua ricchezza armonica e la densità della tessitura musicale, la cosiddetta Gran partita di Mozart (attributo apocrifo che non si deve tuttavia al compositore) KV 361 si colloca ai vertici del repertorio per fiati del XVIII secolo.

L’Harmoniemusik, ensemble di strumenti a fiato, ha iniziato a svilupparsi all’inizio del Settecento, quando sono nati gli oboi, i clarinetti e i fagotti moderni. L’ensemble era generalmente composto da una coppia di oboe o clarinetti, uno o due fagotti e una coppia di corni. Il genere più amato era la cosiddetta partita o parthia, una suite composta da tre a otto brevi movimenti. Questo genere musicale ebbe il suo primo sviluppo come accompagnamento alle battute di caccia e alle occasioni militari.

La situazione cambiò drasticamente nella primavera del 1782, quando l’imperatore austriaco Giuseppe II ordinò che la sua musica da tavola fosse curata da ensemble di otto strumenti (due oboi, due clarinetti, due fagotti e due corni) composto da membri della sua orchestra del teatro di corte ( i predecessori dell’Orchestra Filarmonica di Vienna). In questo modo la musica per banda di fiati doveva essere eseguita da musicisti professionisti e il virtuosismo della Harmonie Viennese, la banda di fiati imperiale, con i fratelli Stadler come clarinettisti, divenne il modello imperante. Il modello fu presto imitato e molte corti dell’Europa centrale ebbero a disposizione un ottetto di fiati simile.

Non si riconosce esattamente l’anno di composizione di questa serenata per 13 strumenti K 361, ma si ha ragione di ritenere che essa sia stata scritta a Vienna intorno al 1783-84, contemporaneamente al concerto per pianoforte in mi bemolle maggiore K 449. L’annotazione apocrifa di “Gran partita” riportata sulla prima pagina della partitura, non è attribuibile a Mozart. Secondo la notizia poco attendibile del primo biografo di Mozart, Georg Nikolaus von Nissen, questa serenata fu il dono di nozze di Mozart alla moglie. Notizie certe di un’esecuzione della Gran partita ci riportano a Vienna nel 1784, quando quattro movimenti della serenata furono eseguiti dalla Harmonie, il gruppo dei fiati dell’orchestra della corte imperiale su iniziativa del clarinettista Anton Stadler, per il quale Mozart compose il suo Concerto per clarinetto k 622.

Nel catalogo mozartiano la Gran partita occupa una posizione di grande rilievo per la grandiosità della sua struttura formale che conta ben sette movimenti, per la felicità dell’invenzione melodica e armonica e per l’originalità dell’organico strumentale. Al convenzionale complesso di due oboi, due clarinetti, due fagotti e due corni, Mozart aggiunse una seconda coppia di corni, il contrabbasso e due corni di bassetto, che fanno qui la prima comparsa nell’opus mozartiano, per riapparire poco dopo nel Ratto del serraglio.

Mara Martellotta

La serenata, cosiccome i divertimenti e le cassazioni, era destinata all’intrattenimento e spesso eseguita la sera all’aperto. La più celebre serenata mozartiana è, senza dubbio, Eine Kleine Nachtmusik, la piccola serenata notturna in sol maggiore KV 525 per archi.

Nella seconda metà dell’Settecento la serenata prende la forma di una successione di danze, spesso introdotte da una marcia. Di norma era intonata da un ottetto di fiati formato da due oboi, due clarinetti, due corni e due fagotti. Mozart dilata l’organico nella serenata in si bemolle maggiore KV 449 e aggiunge all’ottetto una seconda coppia di corni, il contrabbasso e due corni di bassetto, strumenti appartenenti alla famiglia del clarinetto, ma dal suono più grave di questo, che per la prima volta compare nella produzione musicale dell’autore.

“Fissavo una foglia d’acero che pendeva dall’albero madre”

MUSIC  TALES LA RUBRICA MUSICALE

“Fissavo una foglia d’acero

che pendeva dall’albero madre

mi sono detto che noi tutti abbiamo perso il contatto

il vostro frutto preferito ora sono la ciliegia ricoperta di cioccolato

e l’anguria senza semi

niente di quel che proviene dalla terra è buono abbastanza”

 

Gli artisti “famosi” svaniti. Ossia: le meteore della prima decade del secolo che ci hanno fatto sognare per una notte e hanno poi abbandonato il palcoscenico nel silenzio più totale.

Li avete ascoltati chissà quante volte. Nomi famosi e celebri della musica della decade 2000-2009. Poi, per qualche ragione, sono scomparsi nel nulla. Si fa per dire: non si sono certo disintegrati. Eppure tutti questi artisti, chiacchieratissimi fino al giorno prima, sono spariti dalle scene (e dalle classifiche) il giorno dopo. O quasi.

Perchè? I motivi sono tanti. Il primo sta naturalmente nel funzionamento dell’industria discografica, che nei 2000 ormai tende sempre più a fabbricare fenomeni grossi ma temporanei, piuttosto che affidarsi ai risultati di un artista o di una band dalle intenzioni “serie”, ambiziose e proiettate su un lungo termine.

Un altro motivo: la fortuna. Molti degli artisti che vedete qui sono giunti al successo magari non necessariamente in virtù della loro bravura, ma più perché presentatisi con le loro hit nel posto giusto al momento giusto. E terzo: la natura da “tormentoni” delle suddette hit. Se una canzone conquista il pubblico a livello maniacale, poi ce ne si dimenticherà più facilmente.

Uno di loro è Gavin DeGraw…si, quello di “Chariot”. Sì, è quella. Oh Chariot. Quante volte l’avrete riascoltata? Cento? Duecento? Duemila.

Nel 2005 Gavin DeGraw pareva essere la nuova promessa del pop/rock americano. Poi, come sappiamo, non è andata così. Anche se è vero che il cantante ha sempre saputo mantenere un mediocre successo, un po’ in vari paesi, nel corso degli anni.

Ha pubblicato sei abum, l’ultimo dei quali è uscito nel 2016. Il primo, appunto Chariot, era uscito in realtà nel 2003 e aveva avuto un grande successo all’estero più con il singolo I Don’t Want to Be, arrivando addirittura al numero uno nella classifica degli Stati Uniti. Per noi, invece, è arrivato solo due anni dopo e appunto con Chariot.

 

Da allora il cantante ha vissuto di alterni successi, senza però mai figurare come nome importante nel mainstream. Molto è stato apprezzato, per esempio, il suo singolo Not Over You del 2011. Da almeno tre anni, tuttavia, è inattivo anche dal vivo. Quasi vent’anni di discografia, insomma; e qui in Italia ci ricordiamo solo di una sua canzone.

Ci spiace per lui, e non solo per lui, e ci auguriamo di poterlo risentire, a me non dispiaceva e, con questo brano, presagiva già questo nostro distaccamento dalla natura che incvece andrebbe ritrovato, risposato.

 

 

“Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata.”

(Albert Einstein)

 

Vi invito all’ascolto ed attendo le vostre impressioni sul brano:

 

 

Buon ascolto

Gavin DeGraw- Chariot (lyrics)


CHIARA DE CARLO

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

 

 

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

“Fame – Saranno famosi”, il musical che continua ad appassionare intere generazioni

Da giovedì 18 gennaio, sul palcoscenico del teatro Alfieri

Il film, in primo luogo, del 1980, una ricca stagione cinematografica dentro cui ritagliarono i propri spazi titoli prestigiosi, il luciferino “Shining” e “Toro scatenato”, il tormentato “Cancelli del cielo”, in cui Redford volava verso gli Oscar con la sua opera prima “Gente comune” e Fellini consegnava un’imperfetta “Città delle donne”, “Il grande uno rosso” di Samuel Fuller e Truffaut con “L’ultimo metrò”, in cui esordiva Almodovar e Richard Gere squadernava le voglie delle signore bene di Los Angeles con “American Gigolo”; e ancora David Lynch, Scola, Woody Allen, Verdone. E parecchi altri. Epoca di successi, di capolavori e di botteghini e produttori soddisfatti, nella quale un record economico non spingeva ad aprire dibattiti e intonare alleluja di ringraziamento. Nell’area dei successi s’inseriva a ragione, acclamato e seguitissimo, “Fame”, dilatato da noi con “Saranno famosi”, alla regia un ispirato Alan Parker – regista pronto a passare dalla tragedia del giovane Billy Hayes rinchiuso nelle carceri turche in “Fuga di mezzanotte” a “Birdy” e i traumi che la guerra in Vietnam ha lasciato in certi ragazzi, dall’odio razziale nel profondo Sud di “Mississipi Burning” al musical “Evita” con Madonna – ad impaginare le audizioni e i sogni e le grandi aspirazioni, i dolori e gli amori e i fallimenti di un gruppo di ragazzi, ballerini cantanti e attori, ritratti nei quattro anni di percorso nelle aule della prestigiosa High School of Performing Arts di Manhattan, a mostrare la grinta e la fatica di ogni giorno, a descrivere anche tra le aule della scuola quanto di “american dream” c’era in quei ragazzi che con ogni mezzo aspiravano ad un futuro. Una formidabile colonna sonora di Michael Gore e una canzone cardine, “Fame” appunto, cantata da Irene Cara, che abbracciarono due statuette agli Oscar (sei le nomination, tra cui quella per un’altra canzone, “Out Here on My Own”). Era difficile non portarsi a casa i sentimenti di Leroy Johnson, infanzia difficile e solitaria e rapporti disastrosi con gli insegnanti, di Coco Hernandez vero esempio di caparbietà, di Bruno Martelli e della sua voglia di esibirsi al pianoforte, dell’aspirante attrice insicura, Doris, e del talentuoso Montgomery. I ritmi nella sala prove e la musica che si riversa nelle strade, il saggio di fine corso che prende le mosse dal precedente “A Chorus Line”.

Quell’immenso successo spinse i produttori a dar vita alla serie che avrebbe occupato le tivù per 136 episodi, lunga sei stagioni tra il 1982 e l’87 (da noi, sull’antica Rai 2, tra il gennaio 1983 e il gennaio 1989, inizialmente la domenica sera, poi in estate, nella fascia del dopo pranzo), qualcuno dei ragazzi a mantenere il proprio ruolo (Lee Curreri fu ancora Martelli, Gene Anthony Ray ancora Leroy) e altri a dire basta, come Irene Cara che cercò altre strade, come il cinema o i concerti, o una soap opera lunga cinque anni, che era più o meno lo specchio della sua vita, come il successo mondiale del brano “Flashdance… What a Feeling” che nel 1984 la portò ancora all’Oscar per la miglior canzone. Nuove facce, nuove voci, nuove problematiche in un mondo che stava cambiando tremendamente in fretta, nuovi successi cercati: anche una certa Louise Veronica Ciccone si presentò un giorno per entrare a far parte della serie e fu scartata. Curreri non ha mai smesso di creare note, qualcuno si perse, la rabbia di Gene Anthony Ray (Leroy) si riversò nella droga, nell’incostanza, nella ribellione, nei falsi progetti, nonostante un rifugio e l’interessamento di molti trovati in Italia.

Fame” continuava ad essere un fenomeno leggendario, un monumento, un’eccellente macchina dello spettacolo, un esempio da seguire per i molti che intraprendevano quella strada. Ecco che, nel 1988, a Miami, quello che già era stato il produttore del film, David De Silva, pensò di portare la propria creatura in palcoscenico: ne avrebbe decretato il successo in tutto il mondo e per sempre. Ultima tappa di un così lungo percorso artistico, ecco che, oggi, una grande produzione debutta a Torino, al teatro Alfieri – confermandosi in tal modo le promesse fatte da Fabrizio De Biase ad inizio stagione, di portare a Torino le eccellenze e le migliori produzioni, “Cabaret” d’inizio stagione non era stato che il biglietto da visita – da giovedì 18 gennaio (sino a domenica 28, per intraprendere poi una lunga tournée in giro per tutta l’Italia, da Milano a Cosenza a Trieste, da Trento a Napoli a Bari, da Bologna a Firenze a Roma, numerose alzate di sipario sino al maggio prossimo), “Fame” nella versione firmata da Luciano Cannito, che riunisce la lunga esperienza di regista e coreografo (lo affianca Fabrizio Prolli) internazionale, uno spettacolo dove in un ritmo travolgente, capace di coinvolgere con qualche minimo aggiornamento ogni generazione (quelli che con intensità si lasceranno nella memoria accompagnare dalle immagini conosciute un tempo sullo schermo, come quelli che per la prima volta non potranno non essere toccati dalla storia e dal suo ritmo indiavolato), in una colonna sonora arricchita di nuovi brani, si alterneranno canto, danza, recitazione, musica.

Le scene sono firmate da Italo Grassi e i costumi vedono la firma di Veronica Iozzi, la direzione musicale è di Giovanni Maria Lori (una lunghissima carriera di direttore e supervisore musicale, direttore d’orchestra, autore interno Mediaset e insegnante di canto ad “Amici” di Maria De Filippi, arrangia tra gli altri per Francesco Sarcina e i Maneskin, nel 2017 ha arrangiato il medley cantato da Robbie Williams per “XFactor”), gli arrangiamenti musicali sono di Raffaele Minale, Franco Poggiali, Angelo Nigro e Maurizio Sansone, tutte figure di spicco nell’universo del musical, del teatro e degli show pop internazionali. Le liriche sono di Jacques Lévy e le musiche di Steve Margoshes, la canzone dell’Oscar la si deve al duo Dean Pitchford e Michael Gore. Ad incanalare come insegnanti i ragazzi nelle varie discipline, sul palcoscenico ecco gli apprezzatissimi Barbara Cola (Miss Sherman), Lorenza Mario (Miss Bell), Stefano Bontempi (Mr. Sheinkopf) e Garrison Rochelle (Mr. Myers), uomo di spettacolo a tutti noto che trasporta con grande simpatia il proprio ruolo dalla televisione al palcoscenico. E poi ci sono i ragazzi, quelli che sera dopo sera esploderanno in quella bravura che è nella speranza di tutti possa manifestarsi in questo come in cento altri spettacoli che dovranno affrontare: c’è Alice Borghetti (Carmen), Flavio Gismondi (Nick), Ginevra Da Soller (Serena), Alfredo Simeone (Joe), Michelle Perera (Mabel), Raymond Ogbogbo (Tyrone), Giuseppe Menozzi (Shlomo), Greta Arditi (Iris), Arianna Massobrio (Grace) e Claudio Carlucci (Goody). Ognuno a percorrere, tappa dopo tappa, la strada verso un beneaugurante “saranno famosi”. E per chi voglia applaudirli al di fuori del teatro, è in programma ancora un flash mob, entusiasmante come il precedente in piazza Castello, sabato 20 gennaio, tra le 15,30 e le 16, presso il Centro Commerciale Lingotto. Buon (assicurato) divertimento!

Elio Rabbione

Nelle immagini: il manifesto dello spettacolo, momenti del film di Alan Parker e “gli insegnanti” della “High School Performing Arts di Manhattan” (da sinistra, Stefano Bontempi, Barbara Cola, Garrison Rochelle e Lorenza Mario, con al centro Luciano Cannito).

Con Carlo Pestelli e Federico Bagnasco, le canzoni di George Brassens tradotte da Fausto Amodei

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Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 17 gennaio, ore 21.30

Oiseaux de Passage

Il progetto del duo formato dal cantautore Carlo Pestelli e dal contrabbassista Federico Bagnasco è la messa in scena di un repertorio a quattro mani di uno dei principali punti di riferimento della chanson francese, George Brassens e del “Brassens sotto la Mole” Fausto Amodei, padre ispiratore di molti cantautori italiani. Il grano del primo è passato al setaccio dal secondo, che nei decenni ha tradotto non poche canzoni di Brassens, ora in italiano, ora in torinese.

Il concerto “Oiseaux de passage” prende il nome dal recente lavoro discografico che contiene le più recenti traduzioni di Amodei delle canzoni di Brassens e segna il sodalizio tra Carlo Pestelli e Federico Bagnasco, responsabile degli arrangiamenti. La parte preponderante della scaletta è quindi costituita da canzoni di Brassens, alcune in originale e la maggior parte nelle traduzioni di Amodei, oltre a canzoni autografe degli stessi Amodei e Pestelli.

FORMAZIONE

Carlo Pestelli, voce e chitarra

Federico Bagnasco, contrabbasso (e cori)

CARLO PESTELLI

Carlo Pestelli vive e lavora a Torino, città in cui ha inciso il suo primo disco, Zeus ti vede, nel 2001. Muove i primi passi in particolare nell’orbita del Folk Club, aprendo concerti a diversi artisti, tra i quali: John Reinbourn, Amancio Prada, Gian Maria Testa, Claudio Lolli, Gipo Farassino ecc. Dal 1996 suona per due anni assieme ai Cantovivo.

Del 2009 Un’ora d’aria, disco molto ben accolto dalla critica, a cui hanno collaborato il chitarrista Alex Gariazzo, la cantante Lalli (ex Franti) e alcuni jazzisti di fama come Gianni Coscia e Giorgio Li Calzi. Il disco gli permette di suonare in alcuni festival internazionali come MiTo (a Torino nel 2009 e nel 2010 a Milano), Un paese a sei corde, Madame Guitar, Dallo sciamano allo showman (7ma edizione) e Folk Est. Del 2013 il successivo Da quando conosco te, ep di quattro canzoni (premio Giacosa 2014). Nel 2012 l’Unione Musicale gli affida la cura di due cicli di concerti per il Teatro Vittoria di Torino. Da questi appuntamenti scaturiscono il sodalizio artistico con il chitarrista Paolo Bonfanti e la formazione degli Ashville, gruppo folk country di cui Carlo è cantante e chitarrista. L’interesse per il teatro lo porta a scrivere due spettacoli: Note di un centromediano metodista, liberamente tratto da Il fuorigioco mi sta antipatico di Luciano Bianciardi e Ma la va diretta al Piave, riflessione corale sulla grande guerra a metà tra prosa e canzoni arrangiate per coro. Ideatore della rassegna concertistica MusiCogne, di cui è direttore artistico dalla prima edizione del 2017, ha scritto un libro sulla storia della canzone Bella ciao(add editore, prefazione di Moni Ovadia), tradotto in francese nel 2020. Ancora per Block nota, come già nel 2009, esce nel maggio del 2020 la sua nuova raccolta di dieci canzoni: Aperto per ferie.

L’amicizia con Fausto Amodei risale a venticinque anni fa: Fausto e Carlo hanno suonato assieme in molte occasioni, in Italia e all’estero (Spagna 2005): dal festival di Radicondoli, per volontà del suo direttore artistico Luciano Berio, al Primo maggio in piazza San Carlo, a Torino (per volontà dei sindacati). Il loro ultimo concerto assieme, presso l’Accademia della musica di Pinerolo, ottobre 2012, s’intitolava Tutte le lingue di Brassens.

FEDERICO BAGNASCO

Contrabbassista, docente, compositore e arrangiatore, occasionale polistrumentista di strumenti ad arco e a pizzico, è da anni attivo come musicista che attraversa i generi musicali e i differenti contesti della cultura e dello spettacolo, dai più tradizionali ai più sperimentali.

Diplomatosi con lode in contrabbasso, presso il Conservatorio Paganini di Genova, ha approfondito anche la composizione, l’improvvisazione e la prassi esecutiva su strumenti antichi. Collabora occasionalmente con importanti orchestre e fondazioni lirico sinfoniche in Italia e all’estero anche in veste di prima parte. Collabora con molte formazioni italiane di musica barocca, suonando diversi “violoni”, partecipando a numerose e importanti rassegne in Italia e all’estero, di musica da camera e di musica corale, e suonando al fianco di alcuni fra i più importanti interpreti di musica antica. Dal 2013 fa parte dell’Eutopia Ensemble, dedito alla musica contemporanea e del ‘900. Spesso è stato coinvolto come musicista di scena per il teatro o come consulente e arrangiatore, per il teatro di prosa, per cabaret, per spettacoli per bambini, per reading poetici, o in performance teatral-musicali vere e proprie, come attore-musicista. Una parte consistente della sua attività è inoltre legata alla canzone d’autore.

Le sue esperienze musicali sono passate per il jazz, il tango, la musica medievale e rinascimentale, colonne sonore per il cinema, trasmissioni televisive, la musica popolare di tradizione e la libera improvvisazione, con importanti collaborazioni (tra queste il duo di contrabbassi con Ares Tavolazzi, il Buxus Consort di Ezio Bosso o i progetti discografici e concertistici con Vittorio De Scalzi). Ha al suo attivo circa una settantina di registrazioni discografiche (per importanti etichette quali Decca, Sony Classical, Amadeus, CPO, Glossa, Stradivarius, Avie, Brilliant classics, Ricercar, Nota, Felmay, Ala Bianca, Tactus, Bongiovanni, ecc.). Nel 2014 pubblica Le Trame del Legno (NBB Records), composizioni originali per contrabbasso e manipolazione elettronica, con ottimo successo di critica; mentre nel 2022 esce Consort Music (NBB Records), composizioni originali per consort di viole da gamba e manipolazione elettronica. È direttore artistico fin dalla sua fondazione del festival Combin en Musique. È docente di contrabbasso al liceo musicale Cavour di Torino.

Ora di inizio: 21.30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.i

Remo Girone, “Il cacciatore di nazisti”

Rock Jazz e dintorni a Torino: Bud Spencer Blues Explosion e Elio

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 


Lunedì.
Tributo di Elio a Enzo Jannacci con lo spettacolo “Ci vuole orecchio” al teatro Giacosa di Ivrea.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana Carlo Pestelli affiancato da Federico Bagnasco, reinterpreta il repertorio di Georges Brassens nella versione di Fausto Amodei.

Giovedì. Al Blah Blah si esibiscono gli Electric Wires. Allo Spazio 211 suona il duo Bud Spencer Blues Explosion. Al Magazzino di Gilgamesh blues con la band di Paul Steward. Al Jazz Club di Biella è di scena Mario Venuti, protagonista anche due sere dopo al Diavolo Rosso di Asti e tre sere dopo a Torino al Lambic.

Venerdì. Alla Suoneria di Settimo serata benefica con la Ukulele Turin Orchestra e gli Statuto. Al Jazz Club suona il quartetto Magazzino San Salvario. Allo Spazio 211 si esibiscono i Gazebo Penguins. Al Capolinea 8 sono di scena i Korishanti. Al Folk Club suona il trio Maestrale. Al Cap 10100 è di scena Gnut mentre all’Of Topic si esibisce Cicco Sanchez. Al Magazzino sul Po suonano : Cabrera, Uragano e Cruiserweight Champion.

Sabato. Al Capolinea 8 si esibisce il pianista Gianni Pepe. Al Gabrio sostegno a Radio Black Out con Luca Leli. Al Magazzino sul Po suonano i Sanlevigo.

Domenica. Al Q77 tributo a Chet Baker con il quintetto di Mauro Canclini.

Pier Luigi Fuggetta

“Salveremo il mondo prima dell’alba”, uno spettacolo della “Carrozzeria Orfeo”

Alle Fonderie Limone di Moncalieri 

 

Martedì 16 gennaio, alle 20:45 presso le Fonderie Limone di Moncalieri, la Carrozzeria Orfeo porterà in scena il nuovo spettacolo “Salveremo il mondo prima dell’alba”, per la drammaturgia di Gabriele Di Luca, che curerà la regia insieme a Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi. In scena, accanto a Sebastiano Bronzato, saranno presenti Alice Giroldini, Sergio Romano, Roberto Serpi, Massimiliano Setti e Ivan Zerbinati; assistente alla regia Matteo Berardinelli e consulenza filosofica di Andrea Colamedici – THLON.

“ ‘Salveremo il mondo prima dell’alba’ – spiega Gabriele Di Luca – è il racconto della vita di alcuni ospiti in una clinica di riabilitazione di lusso situata su un satellite nello spazio, nuova meta turistica per super ricchi, specializzata nella cura delle dipendenze contemporanee, come quelle sessuali, affettive, da lavoro e da psicofarmaci. Sono tutti vittime ognuno della propria dipendenza e del proprio egoismo, vie di fuga da una realtà opprimente. Le dipendenze da riabilitazione costituiscono soltanto il sintomo esteriore di problemi più profondi e esistenziali, di una sensazione di smarrimento comune a un’intera generazione. L’intero spettacolo, infatti, vuole divenire metafora di un modello di vita giunto a un punto di non ritorno, dove parole come comunità, umanità e gentilezza sono quasi del tutto scomparse e bandite, se non per essere strumentalizzate a fini propagandistici, elettorali e commerciali. Ciò che ne rimane è un’umanità confusa e impaurita, sopraffatta da questo continuo ‘doversi vendere’ e che nessuno ti voglia ‘comprare’ “.

“Il tutto verrà esplorato – aggiunge il regista Gabriele Di Luca – in pieno stile ‘Carrozzeria Orfeo’, grazie a un occhio sempre lucido, e forse disilluso, che intende cogliere con ironia e estremo divertimento i paradossi, le contraddizioni e le deformazioni grottesche della realtà attraverso personaggi che sono strabordanti di umanità, ironia e dolore. Lo spettacolo vuole raccontare una società sempre più triste, eppure satura di foto felici, in cui non sembra più esistere un luogo dove riconoscersi come soggetti autentici e, tanto meno, in progetti sociali che richiedano la nostra dedizione e la nostra lealtà. L’unico comandamento sembra essere quello di produrre; l’errore bandito, la sofferenza individuale percepita come una vergogna, una zavorra da nascondere agli altri, come segnale chiaro di debolezza e fallimento, mentre in modo sempre più meschino e ingannevole va affermandosi la nuova e eroica parola portavoce del capitalismo: resilienza che, nel pragmatismo cinico di questo sistema malato in fondo significa ‘resisti nonostante tutto, ignora te stesso e il tuo dolore, nascondilo, non ascoltarti più e vai avanti’. Produci, produci, produci ! E, se non esiste limite alla produzione, anche individualmente, dai desideri insoddisfatti nascono di conseguenza sempre nuovi desideri, più prepotenti, ossessivi, indotti dal mondo esterno. Un’impossibile ricerca senza tempo”.

“Il grande problema – conclude Di Luca – sembra essere che non ci si scandalizza nemmeno più delle disfunzioni dell’atrocità del sistema perché è un modello di vita diventato così maledettamente normale da essere riuscito a colonizzare il nostro inconscio senza lasciarci nessuna percezione di un’alternativa. Il tema centrale dello spettacolo si fonda sulla riflessione che a nostro avviso, nei prossimi decenni, l’umanità non potrà essere assolutamente in grado di ritrovarsi unita nel combattere le grandi battaglie da tempo rimaste inascoltate, come quelle sul cambiamento climatico, l’inquinamento, la fame nel mondo e l’ingiustizia, semplicemente perché non è preparata a farlo. In un contesto alienante, dove le nuove generazioni sembrano ereditare solo valori come successo, visibilità e vittoria, diventa impossibile pensare a una grande battaglia collettiva per salvare questo pianeta e chi lo abita. Potremo concentrarci sulle grandi battaglie collettive solo se riusciremo a riabituarci a guardare, con occhi attenti, ciò che ci è vicino, arginando tutta quell’invisibile ferocia quotidiana presente tra uomo e uomo”.

Fonderie Limone, via Pastrengo 88, Moncalieri

Orario spettacoli: martedi/mercoledì/giovedì/venerdì ore 20:45

Sabato ore 19:00/ domenica ore 16:00

 

Mara Martellotta

Alessio Menconi Organ Trio al Circolo Ricreativo Mossetto

Venerdì 19 gennaio ore 21.30

Celebrating Wes Montgomery’s 100 years anniversary

Alessio Menconi – chitarra
Alberto Gurrisi – organo
Alessandro Minetto – batteria

Alessio Menconi musicista internazionale e professore di conservatorio, con all’attivo migliaia di concerti nei teatri e jazz festival in oltre 40 paesi del mondo, collaboratore di Billy Cobham, Paolo Conte, Jimmy Cobb e molti altri, celebra assieme al suo trio completato da due tra i più forti musicisti in circolazione, i 100 anni dalla nascita del suo idolo nonché del più grande chitarrista jazz di tutti i tempi: Wes Montgomery (Indianapolis, 6 marzo 1923 -15 giugno 1968) Il trio che ha già all’attivo due dischi è la formazione (chitarra, organo e batteria) resa nota proprio da Montgomery con i suoi quattro dischi registrati con questo organico. Il trio esegue composizioni di Montgomery e altri brani caratteristici da lui suonati sia in piccoli gruppi che in orchestra. I brani verranno arrangiati e suonati in maniera del tutto personale ma senza mai dimenticare il “sound” originale.

é richiesto un contributo associativo di dieci euro comprensivo di consumazione

– Cena con gli artisti presso la cucina popolare del Mossetto alle ore 20
– Concerto dalle ore 21:30

Ingresso riservato ai soci Aics, campagna tesseramento 2023/2024 a 5€, tessera valevole 365 giorni dall’emissione.

Qui il modulo di pre-tesseramento https://forms.gle/T1tqL7hWphFBqsEb7

La retrospettiva dedicata a Marlon Brando nel 42° TFF diretto da Giulio Base

È dedicata a Marlon Brando la grande retrospettiva del 42° Torino Film Festival che si terrà dal 22 al 30 novembre 2024, per la prima volta diretto da Giulio Base.

Dopo la mia nomina ho iniziato a lavorare subito al mio progetto di TFF e ho immaginato un importante omaggio a Marlon Brando, forse il più grande attore di sempre, nessuno come lui ha lasciato unimpronta così potente nella storia del cinema, è il modello a cui guardano gli interpreti di tutto il mondo racconta Giulio Base, direttore del TFF. Nel centenario della nascita, mi sembrava giusto e doveroso dedicare unampia retrospettiva a colui che ha rivoluzionato larte della recitazione, lasciando un segno indelebile non solo nellimmaginario filmico ma generando personaggi diventati icone del costume”.

 

Con lannuncio di questa retrospettiva inizia a definirsi la direzione di Giulio Basesottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino. La scelta di un omaggio dedicato a Marlon Brando unisce passato e presente e ripercorre tutta la carriera di uno dei più grandi attori di tutti i tempi, sovente controverso ma sempre attuale. I migliori auguri al direttore e a tutto lo staff del TFF per questa nuova edizione”.

AffiDarsi, al via la sesta edizione

In un contesto regionale, quello del Piemonte, che attraversa un momento particolarmente complesso a livello sociale, l’Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC) da anni promuove con la cultura il servizio dell’affido. Lo fa insieme a Città di Torino, Casa dell’Affidamento e Fondazione Crt grazie alla rassegna cinematografica AffiDarsi che quest’anno giunge alla sesta edizione.

Dal 14 gennaio all’11 febbraio 2024, attraverso cinque film, l’AMNC apre il dialogo con il pubblico sui temi dell’accoglienza e dell’inclusione. Sul grande schermo saranno proposte storie universali, in grado di parlare al cuore delle persone con un linguaggio semplice, pensate per i più piccoli ma anche per gli adulti, seguendo il concetto di famiglia nel senso più ampio del termine.

Si tratta di proiezioni a ingresso libero con un focus sul cinema d’animazione, a partire da Elemental di Peter Sohn (Stati Uniti, 2023, 93’), in programma il 14 gennaio alle ore 15.30 al Cinema Massimo del Museo Nazionale del Cinema. Gli altri film in calendario sono Il mio vicino Totoro di Hayao Miyazaki, Ruby Gillman di Kirk DeMicco e Faryn PearlIl gatto con gli stivali 2 di Joel Crawford e Yuku e il fiore dell’Himalaya di Rèmi Durin e Arnaud Demuynck.

Solidarietà umana e sociale

«L’affido è una delle più alte forme di solidarietà umana e sociale, da cui nascono storie che non sono mai banali; il cinema – afferma Jacopo RosatelliAssessore a Welfare, Diritti e Pari opportunità della Città di Torino – aiuta a capire che l’affido è un’avventura che non annoia perché fa vivere ai suoi protagonisti emozioni che cambiano le loro vite. Crescere in una famiglia è un diritto, dunque è importante che ogni adulto che sia nelle condizioni di farlo rifletta sulla possibilità di mettersi in gioco aprendo il proprio futuro alla presenza di bambini e bambine, ragazzi e ragazze che hanno diritto di ricevere affetto e cura».

Storie universali di accoglienza e inclusione

«Dopo le seguitissime ultime rassegne di AffiDarsi, siamo molto contenti di continuare il percorso cinematografico insieme alla Casa dell’Affidamento – dichiara Valentina NoyaVicepresidente dell’AMNC – e soprattutto in Piemonte, contesto complicato dalla legge “allontanamenti zero”. Riteniamo importante proporre alle famiglie dei momenti culturali pubblici, dedicati a bambini e ragazzi, per condividere sul grande schermo le emozioni che sa regalare il cinema d’animazione attraverso storie universali di accoglienza e inclusione. Un ringraziamento particolare va ai nostri importanti partner, il Museo Nazionale del Cinema, il CineTeatro Monterosa e il Centro Studi Sereno Regis che a diversi livelli lavorano insieme a noi con passione sul territorio».

Le famiglie affidatarie di Torino: linfa vitale delle politiche sociali

«L’affido familiare è al centro delle politiche sociali della Città di Torino da oltre quarant’anni: è un atto di genitorialità sociale, attenzione e solidarietà, un gesto che può cambiare la vita di un bambino in una temporanea situazione di vulnerabilità, quando la sua famiglia biologica non può prendersene cura. Le famiglie affidatarie – prosegue Barbara SolariDirigente del Servizio Minori e Famiglie della Città di Torino – rappresentano la linfa vitale di questo sistema e si collocano al centro di un percorso condiviso e di un supporto professionale che vede coinvolti, da un lato, le famiglie d’origine, e dall’altro i Servizi Sociali, in un costante dialogo e sostegno. Nonostante l’incessante impegno di tutti, in città rimane molto alto il bisogno di più famiglie affidatarie: la rinnovata collaborazione con l’Associazione Museo Nazionale del Cinema ha l’obiettivo di mantenere viva la cultura dell’affidamento e la sensibilizzazione sul tema affinché tutti i minori aventi diritto possano beneficiare di questa meravigliosa opportunità».

Il programma

 

Domenica 14 gennaio, ore 15,30, Cinema Massimo (via Verdi 18, Torino)

Elemental di Peter Sohn (USA 2023, 93′)

La nuova animazione targata Pixar dà forma e colore ai quattro elementi. Ember, ragazza di fuoco determinata a continuare l’attività di famiglia, incontra Wade, ragazzo d’acqua che la mette alla prova sfidando le leggi di Element City, città multiculturale dove gli elementi non si mischiano. Un racconto d’amore e formazione per cui il regista si è ispirato alla migrazione dei suoi genitori dalla Corea agli Stati Uniti, riflettendo sulle dinamiche dell’integrazione e del confronto tra differenti provenienze. Ingresso libero con prenotazione scrivendo a info@amnc.it oppure attraverso Eventbrite https://bit.ly/48iwoom

Domenica 21 gennaio, ore 15,30, CineTeatro Monterosa (via Brandizzo 65, Torino)

Il mio vicino Totoro di Hayao Miyazaki (Giappone 1988, 86′), ingresso libero

Nei giorni in cui è uscito nelle sale con grande successo Il ragazzo e l’airone, AffiDarsi propone uno dei capolavori animati di Hayao Miyazaki, distribuito in Occidente con due decenni di ritardo dopo il successo degli altri titoli del maestro giapponese. L’amicizia di due sorelline con un Totoro, buffa creatura dai magici poteri che vive nella foresta è lo spunto per uno sguardo surreale e magico sul rapporto tra natura e umanità.

Domenica 28 gennaio, ore 15,30, Centro Studi Sereno Regis (via Garibaldi 13, Torino)

Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli di Kirk DeMicco e Faryn Pearl (USA 2023, 91’), ingresso libero

Ruby Gillman è allegra, colorata, simpatica e una figlia obbediente, specie quando si tratta di rispettare il diktat di casa Gillman: stare lontani dall’oceano. Quando però il ragazzino che le fa battere il cuore finisce in acqua con lo skate e stenta a riemergere, Ruby non ci pensa due volte e si tuffa, scoprendo un paio di cose su di sé che le erano state taciute dalla nascita.

Domenica 4 febbraio, ore 15,30, Centro Studi Sereno Regis

Il gatto con gli stivali 2, l’ultimo desiderio di Joel Crawford (USA 2022, 102′), ingresso libero

Il Gatto con gli Stivali ha appena scoperto di aver esaurito otto delle sue nove vite e ha incontrato un Lupo Cattivo che gli ricorda come, stavolta, anche lui dovrà morire. Dunque Gatto va alla caccia di una stella caduta nella Foresta Oscura che possa esaudire il suo più grande desiderio: ripristinare le numerose vite perdute, ma non è il solo ad avere una grande aspirazione esistenziale, ci sono anche Kitty, Riccioli d’Oro e i tre Orsi e Jack Horner, un megalomane squilibrato uscito da una filastrocca di Mamma Oca.

Domenica 11 febbraio, ore 15,30, Centro Studi Sereno Regis

Yuku e il fiore dell’Himalaya di Rémi Durin e Arnaud Demuynck (BE/FR 2022, 65′), ingresso libero

In cima alle montagne più alte della terra vive una pianta che si nutre della luce più pura: si chiama fiore dell’Himalaya. La topolina Yuku lascia la sua famiglia per cercare questo fiore magico e regalarlo alla nonna che ha annunciato che presto dovrà seguire la piccola talpa cieca nelle profondità della terra, ma per trovarlo c’è un lungo viaggio da fare, pieno di ostacoli. Sulla sua strada, grazie alla musica e alle canzoni, Yuku si farà molti amici: sono loro il bene più prezioso per riuscire nell’avventura della vita.