SPETTACOLI- Pagina 54

“Dovunque tu vada, lì ti seguirò“

MUSIC TALES LA RUBRICA MUSICALE 

Dovunque tu vada, lì ti seguirò

Nessuno ha promesso un domani

Quindi ti amerò ogni notte come se fosse l’ultima

Come se fosse l’ultima notte”

Lady Gaga in stile Dolly Parton per il suo ritorno: ecco il nuovo singolo “Die with a smile” con Bruno Mars, voce inconfondibile e meravigliosa, almeno per me.

È arrivata in piena estate una delle collaborazioni più inattese e, forse anche per questo, più interessanti. Lady Gaga e Bruno Mars hanno pubblicato il loro singolo Die with a smile, una ballata soul romantica e un po’ malinconica.

Per Lady Gaga, fresca di esibizione alla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi, si tratta del primo inedito negli ultimi due anni, dopo aver rilasciato “Hold my hand” per la colonna sonora del nuovo capitolo di Top gun: che sia il preludio del nuovo, attesissimo album della star?

Intanto Die with a smile, un progetto nato mentre Bruno Mars stava lavorando su alcuni sound per il nuovo album, si candida a essere una delle canzoni più ascoltate di agosto e dell’autunno.

Come non crederci? Brano meraviglioso su due bocche ineccepibili.

Ma oggi voglio dirvi qualcosa che magari non sapete su uno dei cantanti più quotati dei nostri tempi.

Il suo vero nome è Peter Gene Hernandez Bayot ed Il suo nome d’arte “Bruno Mars” è stato ispirato dal wrestler paffuto Bruno Samartino proprio perché Bruno era un ragazzino paffuto. E Mars è arrivato perché aveva bisogno di un po’ di brio da aggiungere al suo nome e le ragazze dicevano che era uno “fuori dal mondo”. Ed ecco, quindi, Mars!

I suoi genitori si sono conosciuti a una mostra: sua mamma era una ballerina di hula hoop e suo padre un percussionista e da bambino il suo soprannome era “Little Elvis” (piccolo Elvis).

Grande talento, grande dedizione ed ecco uno dei molteplici risultati di questi piccolo grande Elvis venuto da Marte.

La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità.”

Adoro questo brano, sia per la musica che per il testo e spero piaccia anche a voi

CHIARA DE CARLO

https://www.youtube.com/watch?v=kPa7bsKwL-c

Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

La lezione di Olmi tra le montagne del Trentino

Da Venezia sugli schermi “Vermiglio” di Maura Delpero

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Il risveglio nella grande stanza piena di letti dove ci si dorme in due, in tre; il secchio del latte riempito dalla mungitura della vacca, là nella stalla; il padre, un vecchio maestro, che ama Chopin e Vivaldi e che mette i suoi piccoli (e grandi) allievi dinanzi alle suggestioni della parola e della poesia, forte come una torre di difesa e da sempre ancorato a una educazione che non ammette repliche, una madre che ha messo al mondo una decina di figli, quelle rimasti e quelli che ha dovuto seppellire, ogni giorno ad affannarsi nella cucina per non far mancare nulla a quelle bocche, la zia sentenziosa, anche un giovane disertore di quell’ultimo anno della guerra del ’40, che qualcuno in paese tratta da vigliacco ma che in quella famiglia ha trovato rifugio e protezione, lui lontanissimo da quella sua Sicilia che dal nordico Trentino, dallo sperduto paese di Vermiglio, si distanzia di parecchie spanne: tutti attorno al tavolo, un pezzo di pane e una scodella di quel latte caldo. Fuori il bianco della neve e la sua faticosa compattezza (ma ci sarà lungo l’arco della vicenda l’avvicendarsi delle stagioni) e le montagne alte, sovrastanti tutti e tutto, protettive ma anche separazione dal resto dell’umanità, in mezzo alle quali la guerra con gli eccidi e le bombe e le battaglie appare tranquillamente lontana. Ma sempre la grande Storia a raccogliere le piccole storie, di ogni giorno e di ogni anno.

Maura Delpero, nata a Bolzano, pressoché cinquantenne, se n’è andata alla Mostra di Venezia circondata da nomi d’autori altisonanti e dal macigno delle grandi produzioni e se ne è tornata con il Leone d’Argento Gran premio della Giuria. Cinque anni fa, dopo un passato di corto e mediometraggi, il primo importante successo con il premiatissimo “Maternal” a Locarno, selezionato in seguito per un centinaio di festival, carico di riconoscimenti, acquistato al di qua come al di là dell’Atlantico. Oggi con “Vermiglio” continua il proprio cammino guardando principalmente alla figura della donna, alla maternità e alla sessualità, alle rivoluzioni che coltiva e che le stanno intorno, ai sensi colpa che in qualche caso la devastano, ai tradimenti subiti. Un cammino condotto con grande grazia, con pacatezza, con una ricchezza di soffici particolari come raramente s’incrociano sullo schermo, in un racconto che non mostra mai attimi di stanchezza, guardando al passato con occhio critico ma anche facendo inevitabilmente sua la quotidianità del presente, in un panorama cinematografico che ha nel cinema di Ermanno Olmi il proprio sicuro punto d’attracco e la sua indimenticabile lezione. Delpero costruisce momenti che possono nascere quasi dal nulla ma che hanno in sé una invidiabile robustezza, regala la bellezza dell’ambientazione del fuori e dell’interno, riempie le immagini di luci e di ombre anche grazie all’ottima fotografia di Michail Kričman, di oggetti, di facce che restano nella memoria, di innocenti complicità, di ribellioni verso l’autorità dei padri e verso le filosofie antiche, di fatica e di sentimenti, di situazioni d’affetto e di egoismi (la moglie, che ha nuovamente partorito, rinfaccia al suo uomo di non averle mai offerto un mazzo di fiori al termine delle tante gravidanze, mentre lui è pronto a rimproverare il figlio maggiore d’aver “rubato” dal cortile dei vicini quei fiori per portarli a sua madre).

All’interno della forza e della musicalità del dialetto – e non poteva essere diversamente -, in quello che Delpero ha definito “un paesaggio dell’anima, un ‘lessico famigliare’ – momenti fatti di un presente che coltiva felicità momentanee (l’incontro tra il ragazzo di Sicilia e la maggiore delle figlie del maestro, la stretta di mano e i bigliettini con il cuore disegnato, la promessa e il matrimonio e la festa di nozze sul grande prato) e di dolore (il ritorno di lui a guerra finita e la scoperta di come sia già sposato); di futuro, con la più piccola delle sorelle che potrà felicemente continuare gli studi; mentre l’altra sceglierà la strada del convento, nella volontà di cancellare quegli istinti e quel peccato che da sempre la inseguono. Emozioni nette, precise, ben delineate, uno sguardo, una confessione, un sorriso e una lacrima, tutto disseminato in un racconto che lascia conoscere e apprezzare senza mezzi termini una autentica autrice. Sempre coadiuvata da un manipolo di interpreti eccellenti, la maggior parte visi sconosciuti al grande pubblico, ma da tenere a mente: non il granitico Tommaso Ragno e Orietta Notari, che piace sempre di più ritrovare sullo schermo al di là dei palcoscenici teatrali, ma le efficaci sorprese che sono Martina Scrinzi (la sposa abbandonata) e Roberta Rovelli e Anna Thaler e Rachele Potrich. Una autentico successo, che a Torino un unico esercente cinematografico sta ospitando in una delle proprie sale: a significare che per l’occasione il coraggio è davvero mancato.

A Peter Greenway il premio  Stella della Mole al Museo del Cinema

 

 

Peter Greenaway sarà a Torino per ricevere il premio di riconoscimento Stella della Mole, di cui l’appuntamento è per oggi alle 18.30 in via Montebello 20.

Il regista gallese, ospite del Museo del Cinema, accompagnerà la proiezione di un documentario sulla sua vita, di un cortometraggio da lui dedicato all’ultima Cena di Leonardo, insieme a un reading di suoi racconti tenuto insieme alla figlia Pip.

La scoperta di Torino da parte di Peter Greenaway avvenne in occasione dell’invito anno fa alla Reggia di Venaria, quando Domenico De Gaetano lo fece lavorare ad un progetto e scoprire la città di Torino. Il regista adora la geometria così precisa di questa città, in cui torna sempre molto volentieri ed è affascinato dalla Mole Antonelliana. Greenaway, all’edificio simbolo di Torino, ha dedicato ben cento disegni originali raccolti in un libro pubblicato da poco per celebrare il suo arrivo. Si è divertito ad applicare ai suoi disegni i vari significati che la parola Mole ha in inglese: talpa, nel senso di animale e di spia. Un animale, oltretutto, cieco. Il libro “100 disegni della Mole” è a cura di Domenico de Gaetano.

In inglese non è presente una traduzione corretta per la Mole. Quello che appassiona il regista gallese non è solo la sua forma eccentrica, ma le sue origini come sinagoga, più tardi usata come Museo del Cinema.

Oltre alle visite alla Mole il regista negli ultimi trent’anni ha girato diversi film in Piemonte; “Le valigie di Tulse Luper” al castello di Racconigi nel 2002 e, nel pinerolese, una parte di “Walking to Paris”, il viaggio di Costantin Brancusi dalla Romania fino a Parigi a piedi.

Il nuovo progetto di Peter Greenaway si intitola “Lucca Mortis” ed è incentrato sulla morte e il suo significato. Girato in Toscana, appare un viaggio nella storia con apparizioni di Giulio Cesare e di Galileo. Il soggetto è la vecchiaia e per questo Greenaway ha scelto un attore più anziano di lui, Dustin Hofmann, che interpreta il ruolo di un giornalista che torna alle proprie radici e alla sua terra natale, Lucca. A proposito della morte il regista affermò anni fa che, giunto all’età di 80 anni si sarebbe suicidato. Un progetto accantonato forse un po’ per codardia, evitato per non provare dolore.

MARA MARTELLOTTA

La stagione dell’OFT, un nuovo viaggio e una nuova direzione sotto il titolo di “One way together”

 

 

L’Orchestra Filarmonica di Torino propone la sua nuova stagione che si svilupperà da ottobre 2024 a giugno 2025 sotto la dicitura “One way together”, in quanto, secondo il Presidente e direttore artistico di OFT, Michele Mo, il viaggio che l’Orchestra sta per intraprendere sarà ancora più speciale e coinvolgente. Non si tratterà di un viaggio solitario, ma di una festosa carovana in cui l’Orchestra si farà accompagnare da giovanissimi solisti che stanno rapidamente conquistando la ribalta di palcoscenici internazionali. Primo appuntamento della stagione sarà il 29 ottobre alle 21, al Conservatorio Giuseppe Verdi, con il concerto “Il sole incendia Brahms”, direttore sarà Giampaolo Pretto, solista Ahmed El Saedi. Il concerto fa parte degli appuntamenti “Incanto egizio”, scoperte musicali e sonore del passato per i duecento anni del Museo Egizio di Torino. Secondo appuntamento sarà il 26 novembre 2024, alle 21, sempre al Conservatorio, intitolato “La luce oltre le sbarre”, con gli arche dell’OFT e il Maestro concertatore Sergio Lamberto. Il programma sarà piuttosto vario:dall’”Adagio per archi” di Samuel Barber allo “Studio per archi” di Pavel Haas, dalla “Suite all’Arlesienne” di Georges Bizet, al quartetquan.12 in fa maggiore op.96 Americano di Antonin Dvořák.

Tutti gli otto appuntamenti si terranno al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino fino al giugno 2025, e saranno preceduti dalla prova generale del lunedì al Teatro Vittoria. Ad affiancarne il viaggio di Giampaolo Pretto e Sergio Lamberto, Maestro e concertatore degli archi, saranno I giovani solisti Clarissa Bevilacqua, Mario Bruno, Eva Geborgyan, Ettore Pagano e un professionista di esperienza come Diego Di Mario.

 

Mara Martellotta

Rock Jazz e dintorni a Torino. I Fratelli di Soledad e i La Crus

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. A Piazza dei Mestieri si esibiscono i Trelilu. Il Blah Blah compie dieci anni. Per il compleanno suoneranno i The Stems.

Mercoledì. A Piazza dei Mestieri suona il trio del pianista Antonio Faraò. All’Osteria Rabezzana è di scena l’Orchestra Terra Madre. Al Blah Blah si esibiscono i Fratelli di Soledad. Al Teatro Colosseo è di scena Michele Bravi.

Giovedì. Al Blah Blah suonano gli Extrema. All’Hiroshima Mon Amour sono di scena i La Crus. Al Magazzino sul Po suonano gli Indianizer.

Venerdì. Al Blah Blah si esibiscono i The Hormonauts.

Sabato. Al Blah Blah suonano i The Peawees. Al Magazzino sul Po sono di scena i Fusaifusa.

Pier Luigi Fuggetta

La Damnation de Carmen

Una rielaborazione dalla Carmen di Bizet e P.Brook;  spettacolo in lingua francese e di tipo collettivo che coinvolge cantanti lirici, coro, musicisti, giovani studenti e cittadini. 
Intero € 5,00 Ridotto € 3,00 (under 25/over 65)
 
ACQUISTO BIGLIETTI:
INFO liricatamagno.to@gmail.com 389 0606202
 
CON LA PARTECIPAZIONE DEL CORO DI VOCI BIANCHE “GOCCE D’ORO” DELL’I.C CADUTI DI CEFALONIA.
Il progetto è vincitore dell’avviso pubblico “Circoscrizione che spettacolo dal vivo!2024” con il contributo della città di Torino.

Società Culturale Artisti Lirici Torinese

“Francesco Tamagno”

Via Pietro Giuria, 40 – 10126 Torino

Equinozio d’autunno ai Musei Reali

Una serata speciale con l’apertura straordinaria dalle 19.30 alle 23.30del Museo di Antichità al costo speciale di 5 euro e, nel Giardino Ducale, con lo spettacolo Cabaret Vertigo a cura di Fondazione Cirko Vertigo e Centro di Produzione blucinQue Nice.

Sabato 21 settembre 2024, ai Musei Reali di Torino si tiene l’ultimo appuntamento con il nuovo format Echi di antichità, un palinsesto di performance teatrali e di spettacoli che, al calar della sera, esplora connessioni tra arte antica e contemporanea, valorizzando il patrimonio dei Musei Reali. Echi di antichità è parte di Estate Reale, la tradizionale rassegna di musica, teatro e svago, organizzata dai Musei Reali con il sostegno della Direzione Generale Spettacolo del Ministero della Cultura, che quest’anno celebra il 300° anniversario del Museo di Antichità, una delle istituzioni più longeve d’Europa.

 

Come anticipazione delle GEP – Giornate Europee del Patrimonio (European Heritage Days), la più estesa e partecipata manifestazione culturale d’Europa, promossa dal Consiglio d’Europa e dalla Commissione Europea e coordinata per l’Italia dal Ministero della Cultura, sabato 21 settembre 2024 è in programma la serata Equinozio d’Autunno, che prevede l’apertura serale dalle 19.30 alle 23.30, con uno straordinario percorso di visita al Museo di Antichità al costo speciale di 5 euro.

 

Nel corso di Equinozio d’Autunno, alle ore 21 nel Giardino Ducale si può assistere a Cabaret Vertigo, a cura della Fondazione Cirko Vertigo e del Centro di Produzione blucinQue Nice, uno spettacolo all’insegna del circo contemporaneo. Gli artisti di Fondazione Cirko Vertigo, acrobati e danzatori provenienti da tutto il mondo, portano in scena numeri inediti. Tra questi si segnalano le performance sulle cinghie aeree di Sara Frediani e Nicolas Jacques Francois Benezech-Imbert, quelle sui tessuti aerei di Elena Andreasi e Filippo Vivi, o ancora l’originale numero di multicorda di Angel Villa. Cerchio aereo, mano a mano e corda molle saranno le altre discipline portate in scena da un cast internazionale.

 

Per i programmi e i costi delle iniziative consultare il sito ufficiale dei Musei Reali: https://museireali.beniculturali.it/; per informazioni sui singoli eventi, scrivere a: mr-to.eventi@cultura.gov.it

 

“Ci vorrà molto per trascinarmi via da te”

MUSIC TALES LA RUBRICA MUSICALE

Ci vorrà molto per trascinarmi via da te

Non c’è niente che cento o più uomini potrebbero fare

Benedico le piogge laggiù in Africa

Ci vorrà un po’di tempo per fare le cose che non abbiamo mai fatto

I cani selvatici ululano nella notte

Mentre crescono irrequieti desiderando qualche solitaria compagnia

So che devo fare ciò che è giusto

Sicuro come il Kilimangiaro si eleva come l’Olimpo sopra il Serengeti

Cerco di curare ciò che c’è nel profondo, spaventato da ciò che sono diventato”

Sono certa che se dico “Toto” tutti voi sappiate di chi parlo; ma potrebbe esserci qualcuno che ha sentito Africa ma magari sa poco della band che l’ha portata alle classifiche mondiali.

I Toto sono un gruppo musicale rock statunitense formatosi a Los Angeles nel 1976, famosi per uno stile musicale che combina elementi provenienti dalla musica rock, in particolare progressive rock, hard rock, con pop, soul, funk, R&B e jazz, che li rende apprezzati da un pubblico molto variegato. Durante la loro carriera hanno pubblicato, ad oggi, quattordici album in studio, otto dal vivo, una colonna sonora di film (Dune del 1984), diverse raccolte di successi e venduto più di 40 milioni di dischi.

Forse non tutti sanno che la scelta del nome della band deriva dal batterista Jeff Porcaro, che al momento della registrazione delle prime demo aveva appena visto il film Il mago di Oz, in cui il cane di Dorothy, la protagonista del film, si chiama “Toto”. Toto, dunque, venne utilizzato da Jeff Porcaro per personalizzare le prime cassette-demo registrate in studio. Solo successivamente il nome divenne definitivo: fu David Hungate, bassista del complesso, a far notare che in Latino la parola toto significa “totale”, “che comprende tutto”. Toto venne così ritenuto il nome ideale per identificare il repertorio musicale della band che nella sua carriera avrebbe abbracciato a 360 gradi tutti i generi.

Il singolo Africa dei Toto, rilasciato il 10 maggio 1982 in Europa e qualche mese più tardi, il 30 ottobre 1982, negli Stati Uniti d’America, è diventato nel tempo un brano conosciuto in tutto il mondo e amato da milioni di persone.

Appartenente all’album “Toto IV” e scritta nel 1981 da David Paich e Jeff Porcaro, Africa ha conquistato il cuore del pubblico e ha raggiunto la vetta della classifica Billboard Hot 100 negli Stati Uniti.

Nel video musicale, diretto da Steve Barron, la band si trova all’interno di una biblioteca, mentre vengono mostrati spaccati della cultura africana.

La canzone è stata utilizzata innumerevoli volte in film e serie televisive, ma ci furono polemiche quando la CBS la utilizzò durante la copertura televisiva del funerale dell’ex presidente sudafricano, Nelson Mandela.

Nonostante questa controversia, Africa continua a rimanere un brano emozionante e coinvolgente riguardo al Continente africano e ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica.

L’aria, in Africa, ha un significato ignoto in Europa: piena di apparizioni e miraggi, è, in un certo senso, il vero palcoscenico di ogni evento.”

Karen Blixen

Adoro la versione di questa ragazza… spero piaccia anche a voi

CHIARA DE CARLO

https://www.youtube.com/watch?v=0xLvn5wU68o

Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Carlo Chatrian è il nuovo direttore del Museo nazionale del Cinema

Carlo Chatrian ha ricevuto oggi l’incarico di Direttore del Museo Nazionale del Cinema – Fondazione Maria Adriana Prolo, e resterà in carica per un quinquennio.

 

La scelta di Carlo Chatrian è stata unanime. Il Comitato di Gestione dell’Ente ne ha apprezzato la visione strategica, maturata nel corso della lunga esperienza internazionale, e la notevole chiarezza di vedute in relazione al posizionamento del Museo negli anni a venire, ritenendo il suo profilo il più idoneo a ricoprire il ruolo di Direttore della Fondazione.

 

«Accolgo questa nuova avventura con entusiasmo», dichiara Carlo Chatrian. «Non vedo l’ora di iniziare a lavorare con il personale del Museo e di affiancare la loro competenza e professionalità mettendo al servizio di quest’istituzione, che sento vicina, le conoscenze maturate in anni di lavoro all’estero e la passione che da sempre mi anima».

 

Il Comitato ringrazia Domenico De Gaetano per aver guidato il Museo in questi anni complessi, riuscendo nell’impresa di far crescere i visitatori e renderlo un polo culturale attrattivo e di caratura internazionale, aprendolo ai nuovi linguaggi del cinema.

 

Carlo Chatrian (Torino, 1971), scrittore e giornalista, ha iniziato la sua carriera collaborando con riviste di cinema. È stato programmatore e consulente di diversi e istituzioni: Museo Nazionale del Cinema di Torino, Filmmaker Doc di Milano, Alba International Film Festival (di cui è stato anche vicedirettore), Courmayeur Noir in Festival, Festival dei popoli di Firenze, Cinéma du Réel di Parigi, Cinémathèque suisse di Losanna, Visions du Réel di Nyon e direttore della Fondazione Film Commission Vallée d’Aoste.

Dal 2012 al 2018 è stato direttore artistico del Festival di Locarno, e dal 2020 al 2024 direttore artistico del Festival di Berlino.

‘Manon Manon Manon’, un viaggio affascinante per la prima volta al Regio

‘Manon Manon Manon’ rappresenta un viaggio affascinante che, per la prima volta in Italia, il teatro Regio di Torino propone dal 1 al 29 ottobre 2024. Si tratta di una lunga soggettiva dedicata  a Manon Lescaut, giovane protagonista del romanzo dell’abate Prévost che, a partire dal suo successo settecentesco, ha ispirato ben tre compositori: Daniel Auber, che ha dato vita a Manon Lescaut nel 1856, Jules Massenet, che compose la sua Manon nel 1884 e Giacomo Puccini che ne scrisse nel 1893. Si tratta di tre opere autonome ma complementari, con tre direttori d’orchestra, tre interpreti per una protagonista unica, tre diversi cast per una trilogia che si compone di tre nuovi allestimenti e ventuno recite in un mese, una vera e propria sfida artistica e produttiva capace di mettere in luce la forza del teatro Regio.

Punto di partenza e centro di questo progetto è  Giacomo Puccini, di cui quest’anno cade il centenario della morte e che presentò Manon Lescaut proprio al teatro Regio il 1 febbraio 1893. Puccini è  per il teatro Regio un autore fondamentale,  visto che scelse il teatro subalpino per due prime assolute e il sovrintendente del teatro Regio, Mathieu Jouvin e il suo direttore artistico Cristiano Sandri hanno presentato ben sette titoli, per riservare uno spazio speciale alla Manon all’inizio della stagione 2024/2025.

Deus ex machina è il regista Arnaud Bernard, cui è stata affidata la messinscena dei tre spettacoli e che ha scelto di raccontarli sotto la lente di ingrandimento del cinema, attraverso tre epoche iconiche della cinematografia francese, così strettamente legata a Torino “città del cinema”.

“Queste tre opere danno vita – spiega Mathieu Jouvin – a un unico personaggio di incredibile fascino, che risulta scolpito sotto tre punti di vista. Benché composte nell’arco di appena quaranta anni tra il 1856 e il 1893, rappresentano l’evoluzione del gusto musicale di tre secoli, dal Settecento al Novecento. Auber  guarda al belcanto, Massenet rappresenta in pieno il linguaggio dell’Ottocento francese, mentre Puccini si proietta verso la modernità,  anticipando sensibilità musicali del XX secolo.Un’occasione unica e affascinante che, per me, ha il sapore di una degustazione di vini. Come ogni annata, ogni terreno, ogni vignetomettono in luce le caratteristiche di uno stesso vitigno, così ogni allestimento saprà esaltare le differenze di un’unica protagonista, a volte frivola, a volte torturata, a volte ribelle. Il teatro sarà  aperto ogni giorno e il pubblico, turisti compresi, potranno assistere ogni sera a un titolo diverso, scegliendo le date del mese di ottobre. Manon Manon Manon sarà al centro dell’interesse europeo, perché il teatro Regio ospiterà dal 24 al 26 ottobre 2024 la Conferenza d’Autunno di Opera Europa, principale organizzazione europea che riunisce teatri e festival lirici di oltre 44 Paesi”.

Pubblicato per la prima volta nel 1731 come Histoire du Chevalierde Grieux et de Manon Lescaut, ultimo capitolo dell’ampia opera di Antoine Francois Prévost ‘Mémoires et aventure d’un hommede qualité’, il romanzo narra dell’amore travagliato tra un giovane studente divenuto cavaliere, Des Grieux, e l’affascinante e volubile Manon Lescaut.

Punto di partenza del regista Arnaud Bernard è  la domanda “Chi sono le tre Manon?” la Manon di Prévost è  piuttosto avventurosa, ma anche una donna libera che scopre solo tardi il vero amore. La Manon di Auber è un uccello in trappola, quella di Massenet una donna alla ricerca di sé stessa, per Puccini una donna libera e ribelle. È l’unione di tutte le Manon a fare Manon, rappresentare le tre Manon è il punto centrale di questa impresa colossale. Le tre opere sono autonome e si reggono nella loro indipendenza, ma sono le differenze a alimentarsi a vicenda. Di qui l’idea di pensare a Manon come ‘Manon Manon Manon’, uno spettacolo in tre serate con un fil rouge che le accomuna, il cinema  o meglio tre epoche simbolo del cinema francese.

Per Puccini il punto di vista sarà quello del realismo poetico del cinema francese degli anni Trenta, quello de Il porto delle nebbie, di Amanti perduti e l’Angelo del male, il cinema di Jean Gabin e Michèle Morgan, che romanticizza, mettendo in risalto, le questioni drammatiche. Per Massenet saranno Brigitte Bardot e la Parigi anni Sessanta, contraddistinti dall’emancipazione femminile, dal ruolo della femme fatale, anticonformista, con i suoi atteggiamenti ribelli, il lato selvaggio, l’emblema della tentazione e del peccato.

L’estetica  del cinema muto è la chiave per interpretare al meglio la Manon di Auber, la più fragile, la più delicata, la più vecchio stile delle tre Manon. È l’occasione per ricordare non solo Georges Meliès, ma anche Alice Guy, una donna oggi sconosciuta, che fu la prima regista nella storia del cinema.

“La Manon di Auber – spiega Arnaud Bernard- costituirà il legame tra il nostro progetto e Torino, la città dove è nato gran parte del cinema italiano e che ha sviluppato maggiori produzioni di fama internazionale “.

Le tre produzioni vedranno impegnati l’Orchestra e il Coro del Teatro Regio, istruito dal maestro Ulisse Trabacchin.

L’inaugurazione sarà martedì 1 ottobre con Manon Lescaut di Giacomo Puccini su libretto di Luigi Illica, Domenico Oliva e Marco Praga. In scena per sette recite fino a sabato 26 ottobre, sotto la direzione del maestro Renato Palumbo, tra i massimi esperti mondiali d’opera italiana. Nel ruolo del titolo protagonista Erika Grimaldi, Roberto Aronica in quello di Renato Des Grieux, Alessandro Luongo è  Lescaut e Carlo Lepore è Geronte di Levoir.

Nei due ruoli principali si alterneranno Maria Teresa Leva e Carlo Ventre.

Sabato 5 ottobre alle ore 19 andrà in scena Manon di Jules Massenet, su libretto di Henry Meilhac e Philippe Gille, in scena per sei recite fino a martedì 29 ottobre,  sotto la direzione del maestro Evelino Pidò, nato a Torino ma residente a Parigi, il più francese dei grandi direttori d’orchestra italiani. L’opera debuttò all’Opera Comique di Parigi nel 1884, ottenendo uno stravolgentesuccesso. Giovedì 17 ottobre alle ore 19 il Regio presenterà in prima esecuzione a Torino, Manon Lescaut di Daniel Auber su libretto di Eugene Scribe, in scena per cinque recite fino a domenica 27 ottobre, per la direzione del maestro Guillaume Tournaire, che debutta al teatro Regio.

Tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta dell’Ottocento Daniel Auber e il drammaturgo Eugène Scribe furono i veri protagonisti del teatro parigino dell’Opera Comique e il segreto del loro successo consisteva nel mettere in scena drammi in cui i protagonisti affrontavano difficoltà di gravità  crescente, abbinati a partiture leggere e melodie irresistibili.

In abbinamento alla trilogia su Manon, in collaborazione con il teatro  Regio, il Museo Nazionale del Cinema presenterà un omaggio al cinema francese venerdì 1, sabato 2 e domenica 3novembre; tra i film in programma anche Manon di Henri Georges Cluzot, Vie privée di Louis Malle, La Bete Humaine di Jean Renoir e Le Quai des brumes di Marcel Carne.

MARA MARTELLOTTA