SPETTACOLI- Pagina 45

“White Rabbit Red Rabbit” in scena giovedì 29 febbraio

Storie non ordinarie

Pianezza (TO)

29 febbraio 2024

, scritto da Nassim Soleimanpour e interpretato da Chiara Cardea, inserito nell’ambito del progetto “Un anno per la libertà di scrittura” sarà in scena giovedì 29 febbraio

La terza edizione della stagione Sguardi, con la direzione artistica di Silvia Mercuriati, dedicata a Storie non ordinarie. organizzata con il sostegno di Regione Piemonte e Comune di Pianezza, con il patrocinio di Città Metropolitana, in collaborazione con Fondazione Piemonte dal vivo, Villa Lascaris e Barrocco, prosegue giovedì 29 febbraio, alle ore 21, con un progetto molto particolare.

WHITE RABBIT RED RABBIT, allestito nel salone dello splendido Santuario di San Pancrazio a Pianezza, è uno spettacolo, scritto da Nassim Soleimanpour e interpretato da Chiara Cardea, inserito nell’ambito del progetto “Un anno per la libertà di scrittura”.

Nassim Soleimanpour nel 2010, all’età di 29 anni, in un momento in cui non aveva possibilità di comunicare con l’esterno del suo Paese, scrive un dialogo impossibile, un gioco teatrale contro ogni censura e ogni distanza geografica e culturale, un incontro ravvicinato che lascia tracce profonde, perché mette sullo stesso piano emotivo autore, attore e spettatore.

Il progetto WHITE RABBIT RED RABBIT è un esperimento sociale in forma di spettacolo. Nessun regista, nessun copione e un unico attore o attrice con una sola regola: non aver mai letto il copione e non poterlo leggere mai più, passando il testimone ad altri interpreti. Dal suo debutto nel 2011, hanno affrontato il testo Whoopi Goldberg, John Hurt, Stephen McBurney, Stephen Rea, Ken Loach, in Italia Gioele Dix, Lella Costa, Federica Fracassi.

369gradi, produzione italiana dello spettacolo, in accordo con l’autore, ha deciso di dedicare un intero anno di repliche alla creazione del fondo “Un anno per la libertà di scrittura”, indirizzato alla creazione di una residenza di drammaturgia rivolto a giovani autrici e autori iraniani, che si svolgerà nell’estate 2024 in Sardegna con la collaborazione di Italian and American Playwrights Project. Da marzo 2023 a marzo 2024, tutte le risorse derivanti dalla presentazione dello spettacolo, al netto dei costi vivi e di cachet degli interpreti, andranno a costituire quel fondo, che potrà essere implementato anche da donazioni liberali e donazioni via art bonus.

Giovane drammaturgo iraniano Nassim Soleimanpour collabora con diversi teatri a livello internazionale. Le sue opere sono state tradotte in più di 30 lingue e rappresentate in oltre 50 Paesi. Nel 2010 rifiuta di svolgere il servizio militare. In quanto obiettore di coscienza, gli viene ritirato il passaporto ed è impossibilitato a lasciare il suo Paese. Da questa esperienza di censura e negazione dei diritti, nasce questo spettacolo  che, per potenza e trasgressione, inizia a viaggiare, al posto del suo autore, rappresentato in tutto il mondo.

INFO E PRENOTAZIONI

telefono +39 328 739 8987

sguardi@progettozoran.com

www.sguardi.art

BIGLIETTERIA

Prezzi biglietti singoli spettacoli

18€ intero

15€ ridotto di legge e convenzionati

“Mozarteumorchester Salzburg”, concerto in Duomo promosso dall’Accademia della Cattedrale di San Giovanni

 

 

Presso la Cattedrale di San Giovanni Battista di Torino, in piazza San Giovanni, martedì 5 marzo alle 20:30  verrà proposto un concerto della “Mozarteumorchester Salzburg”, diretta dal Maestro Luigi Piovano.

Il concerto fa parte del progetto denominato “Lo spirituale nell’arte”, “Bau & Haus” e l’Accademia della Cattedrale di San Giovanni. È la prima volta che l’Orchestra del Mozarteum di Salisburgo si esibisce presso il capoluogo piemontese. Questo evento filantropico è offerto alla cittadinanza da Paola Marchiaro, AD presso Bau & Haus Srl e Vicepresidente dell’Accademia della Cattedrale di San Giovanni.

Il concerto sarà in memoria di Don Carlo Franco (23-02-1959/28-01-2023), fondatore e Presidente dell’Accademia della Cattedrale di San Giovanni. Oggi il nuovo Presidente è l’imprenditore Carlo Rosa, la direzione artistica è affidata ad Antonmario Semolini e a Giacomo Bottino.

Il concerto è a ingresso libero ed è gradita un’offerta in favore delle famiglie bisognose.

Sono due le sinfonie previste dal programma, la Sinfonia in do maggiore “Jupiter” K 551 di Wolfgang Amadeus Mozart e la Sinfonia n.7 in la maggiore op. 92 di Ludwig Van Beethoven.

La Sinfonia Jupiter è l’ultima delle sinfonie composte da Mozart. Fa parte di un ciclo di tre sinfonie composte in rapida successione durante l’estate del 1788 e venne completata, infatti, a Vienna il 10 agosto dello stesso anno. La Jupiter è una sorta di apoteosi della forma sonata, estesa eccezionalmente a ciascuno dei quattro movimenti e rivitalizzata da un così organico uso del contrappunto da conquistare nuovi spazi espressivi, arcate di tessiture sinfoniche fino ad allora mai sperimentate.

La Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 fu composta da Beethoven tra il 1811 e il 1812. Venne eseguita per la prima volta l’8 dicembre 1813 a Vienna. Questa sinfonia è “l’apoteosi stessa della danza”, è la danza nella sua essenza più sublime, danza intesa come sublimazione di un’essenza ritmica che percorre tutta l’opera, in un graduale e costante crescendo di intensità metrica.

Info: paolamarchiaro@gmail.com

Telefono: 328 0486125

 

Mara Martellotta

La De Sono omaggia Giacomo Puccini nel centenario della morte

Con la partecipazione del Trio Quodlibet

 

La De Sono omaggia il compositore Giacomo Puccini nel centenario della morte con un concerto in collaborazione con “How I met Puccini” e la partecipazione del Trio Quodlibet. In programma per il concerto del 29 febbraio 2024, alle 20:30 presso il teatro Vittoria, pagine operistiche di Puccini, arrangiate da Valentina Ciardelli, con una commissione De Sono in prima assoluta.

Anna Astesano sarà all’arpa, Valentina Ciardelli al contrabbasso. Il Trio Quodlibet presenta Vittorio Sebeglia al violino, Virginia Luca alla viola e Fabio Fausone al violoncello. Per l’arrangiamento di Valentina Ciardelli, verranno eseguiti “Butterfly Effect”(le melodie giapponesi attraversano le mura di Lucca) per contrabbasso e arpa; “La Tregenda”(estratto della fantasia ‘V’è nella selva oscura una leggenda’) tratta dall’opera “Le Villi” per contrabbasso e arpa; seguirà una fantasia su Turandot intitolata “Una femmina con la corona in testa” per quintetto con arpa, in prima esecuzione assoluta. La serata è realizzata in collaborazione con “How I met Puccini”, un progetto multidisciplinare nato nel secondo lockdown da un’idea della compositrice e performer Valentina Ciardelli, come serie video su youtube dedicata alla vita e alle opere pucciniane. Oggi “How I met Puccini” rappresenta una realtà giovane e dinamica, che rilegge il repertorio pucciniano in chiave strumentale e in ambiti artistici trasversali, dal teatro alla musica da camera, fino ai progetti di educazione all’ascolto con l’intenzione di avvicinare nuove generazioni adattando la poetica di Puccini al linguaggio moderno, pur non tradendone l’essenza.

“La musica pucciniana è concepita per organici molto ampi – illustra Valentina Ciardelli – la trascrizione e ricomposizione per organici cameristici e orchestre aiuta la valorizzazione del linguaggio pucciniano, molto adatto e fruibile, anche a livello strumentale, per aumentare l’offerta musicale e il repertorio cameristico e sinfonico”.

In occasione della ricorrenza del centenario pucciniano, la De Sono ha commissionato “Una femmina con la corona in testa – Fantasia su Turandot” per quintetto con arpa, che sarà eseguita in prima assoluta al teatro Vittoria:

“Si tratta di una Turandot che nasconde la filosofia del Tao, dell’equilibrio universale che crea armonia tra tutte le cose – spiega l’autrice – in questo caso, tra i cinque musicisti che si scambiano i ruoli dei personaggi della storia, dell’orchestra, della scenografia e dei costumi attraverso la musica senza tempo di quest’opera incompiuta.

Il programma del concerto prende il via con “Butterfly Effect” per contrabbasso e arpa. Il brano, tratto da “Madama Butterfly” è stato riadattato utilizzando i timbri e gli attacchi degli archi per evocare gli aspetti più importanti dell’opera, dai lati oscuri del mondo tradizionale del Giappone, culminanti nel “seppuku” di Madama Butterfly, fino all’atteggiamento colonialista di Pinkerton. Si prosegue con “La Tregenda”, composizione per contrabbasso e arpa, dalla fantasia “V’è nella selva oscura una leggenda” da “Le Villi”, opera d’esordio del compositore lucchese dedicata ai leggendari spiriti vendicativi di donne morte per amore tradito. Le Villi erano, infatti, creature ultramondane, donne belle ma sinistre, che si racconta danzassero intorno ai loro amanti infedeli per vendicarsi del tradimento, con movimenti eleganti ma minacciosi che simboleggiavano la loro rabbia e il loro dolore.

L’omaggio a Puccini prosegue e si chiude con “La femmina con la corona in testa – Fantasia su Turandot” per quintetto per arpa, che riprende le parti più significative dell’opera “Turandot”: divisa in tre movimenti, come gli atti dell’opera, la fantasia esplora le sonorità più mature del compositore, esaltandone la musica che si presta perfettamente al camerismo e al virtuosismo strumentale.

Ingresso libero con prenotazione gratuita sulla piattaforma Eventbrite

 

Mara Martellotta

In scena ne “Le serve” di Jean Genet Eva Robin’s nei panni di Madame, grande femme fatale

 

 

Martedì 27 febbraio prossimo, alle 19.30, debutta al teatro Gobetti il capolavoro di Jean Genet intitolato “le serve”, per la traduzione di Monica Capuani e la regia e l’adattamento di Veronica Cruciani.

Saranno in scena fino al 3 marzo, nel ruolo di Madame, Eva Robin’s, icona transgender dall’originale percorso teatrale, Beatrice Vecchione e Matilde Vigna nei panni di Solange e Claire, due giovani attrici della compagnia del Teatro Stabile di Torino.

Capolavoro composto da Genet nel 1947, “Le serve” rappresenta un perfetto congegno metateatrale, liberamente ispirato a un fatto di cronaca che sconvolse l’opinione pubblica francese degli anni Trenta.

Secondo Jean Paul Sartre questo testo “è uno straordinario esempio di un continuo ribaltamento tra essere e apparire, tra immaginario e realtà”. La storia scritta da Genet, ispirata da un reale fatto di cronaca accaduto nel febbraio del 1933 a Le Mans, in Francia, è quella di due cameriere che amano e odiano al tempo stesso la loro padrona, Madame.

Genet presenta le due sorelle Solange e Clare nella loro vita quotidiana, nell’alternarsi tra fantasia e realtà, fra gioco del delirio e delirio reale. A turno le due cameriere recitano la parte di Madame, esprimendo il desiderio di essere “la signora” e ognuna di loro, a turno, recita la parte dell’altra cameriera, cambiando leggermente atteggiamento, dall’adorazione al servilismo, dagli insulti alla violenza.

La rivolta delle serve contro la padrona non è un gesto sociale, ma un atto rivoluzionario, un rituale, che rappresenta l’incarnazione della frustrazione, dell’azione di uccidere l’oggetto amato e invidiato, che non potrà essere portata a compimento nella vita di tutti i giorni, ma viene ripetuta all’infinito come un gioco.

Secondo Sartre questo fallimento è inconsciamente insito nel cerimoniale stesso che le serve mettono in scena. Il tempo sprecato nei preliminari non porterà al compimento del rituale e la liturgia diventerà un atto assurdo, desiderio di compiere un’azione che non potrà mai superare la distanza che separa il sogno dalla realtà. Insomma si tratta di una fallimentare ripetizione magica, il riflesso deformato del mondo dei padroni, che le serve imitano, adorano e disprezzano.

In questa versione la vicenda viene trasposta nella realtà quotidiana di una città contemporanea, dove i temi del potere, delle disuguaglianze e del genere risultano amplificate. Eva Robin’s ha affrontato il personaggio di Madame ispirandosi alle donne fatali degli anni Quaranta, divenendo una femme fatale d’epoca, giovane e

Dal 27 febbraio al 3 marzo 2024

Le serve di Jean Genet

Teatro Gobetti, via Rossini 8, Torino

Orario degli spettacoli martedì giovedì e sabato ore 19.30, mercoledì e venerdì ore 20.45, domenica ore 16

Mara Martellotta

Una chitarra monferrina nelle ore dei gatti grigi torinesi del grande Fred

Come tutti i grandi interpreti della musica leggera, anche Fred Buscaglione deve gran parte del successo alla omogeneità e alla bravura del proprio gruppo vocale-strumentale. Nell’atmosfera nostalgica torinese del dopoguerra, Fred iniziò ad affermarsi come artista molto originale entusiasmando le nuove generazioni, scrivendo le proprie canzoni nelle lunghe ore notturne ed esibendosi nelle sale da ballo pur senza aver inciso un disco e senza aver partecipato ad una trasmissione radiofonica.
In età giovanile frequentò il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino che poi abbandonò a causa della modesta economia familiare.
Abitava in due stanzette in piazza Castello con la mamma vedova Ernesta Poggio che sognava per il figlio un avvenire di successo come Paganini.
In effetti suonava molto bene sia il violino che altri strumenti, quindi cessò di fare il fattorino e trovò un posto fisso nell’orchestra di Umberto Chiocchio che si esibiva al ‘Columbia’, un locale nel centro di Torino. In seguito Fred conobbe Renato Germonio, vecchio jazzista torinese già segnalato alla polizia per la sua tendenza all’ascolto di dischi definiti musica negroide nei club clandestini frequentati da solisti come il trombettista Oscar Valdambrini e dal sassofonista Gianni Basso. L’incisione di dischi storici per una casa torinese gli permise di essere classificato come secondo violinista europeo dopo il francese Stéphane
Grappelli e quarto al mondo dopo il violinista statunitense Joe Venuti dalla rivista Musica Jazz del 1946. Dopo aver formato in Sardegna il gruppo degli Aster, fondò il complesso definitivo degli Asternovas esibendosi a Parigi e in Svizzera, Olanda, Medio Oriente, Belgio e Italia.
Nella band si inserì il chitarrista Oreste Corrado, trasferitosi in età giovanile dal Monferrato a Torino con la famiglia originaria di Castel San Pietro, una frazione di Camino. Il padre Ottavio Corrado, sollecitato dalla moglie Maria Damonte che non amava la vita di campagna, era lo chauffeur dei marchesi Scarampi residenti nel castello del paese monferrino e a Torino intraprese l’attività di taxista. Alla mamma Ernesta non piacevano le canzoni di Fred perché esagerava raccontando di persone imbottite di liquori e di mogli che sparavano ai mariti ma lui replicava che agli spettatori non interessavano le storie di santi e angioletti. Al matrimonio di Fred e Fatima Ben Embarek (in arte Robin’s) cantante e circense tedesca di origine marocchina che si esibiva nel trio Robin’s con le sorelle e il padre, parteciparono i due maggiori interpreti dello swing italiano: Carla Boni e Gino Latilla.
Loro testimoni furono Leo Chiosso (paroliere e talento creativo di Fred), lo stesso Latilla e Melchiorre Cornaglia, patron del locale torinese ‘Il Faro’ dove Fred si esibì per cinque anni. Fred fu anche attore cinematografico accanto ad Anita Ekberg, Totò, Paolo Panelli e Scilla Gabel. Prima che il loro matrimonio iniziasse ad incrinarsi, Fred e Fatima risiedevano nel lussuoso appartamento in via Eusebio Bava in Borgo Vanchiglia, sua ultima dimora al momento della morte. Parteciparono alle esequie il maestro Luigi Cichellero, Johnny Dorelli, Domenico Modugno, Achille Togliani, Tonina Torielli, Marino Barreto junior, Wanda Osiris, Emilio Pericoli e Nunzio Filogamo. Durante la cerimonia funebre, celebrata nella chiesa di S. Giulia, fu eseguito all’organo ‘In Paradisium’, celebre brano tratto dal Requiem di Gabriel Fauré definito paradisiaco. Dopo aver incontrato Fred, Oreste Corrado si inserì come chitarrista nell’orchestra della RAI di Torino e nel 1972 partecipò all’incisione del 33 giri ‘Torino Cronaca,’ pubblicato dalla casa discografica Fonit Cetra di Torino con musiche di Mario Piovano, fisarmonicista e cantante giramondo di Cambiano con testi in dialetto torinese di Piero Novelli composte durante i loro discorsi notturni nelle ore dei gatti grigi per le strade di Torino.
Piovano e Novelli erano uniti da un comune amore, la Parigi mamma di tutti gli chansonniers del mondo dove Piovano diventò una famosa védette riempiendo di note le notti di Montmartre, Montparnasse e Pigalle, raccontando nelle sue canzoni personaggi legati ad episodi di cronaca nera. Nel 1980 Piovano fu insignito del titolo di cavaliere della Repubblica dal presidente Sandro Pertini. Alla fine della carriera musicale, Oreste Corrado proseguì a Torino l’attività di taxista, utilizzando la licenza del padre Ottavio. Oreste Damonte, anch’egli originario della frazione di Camino e cugino del Corrado, era il pianista di Nini Rosso, la tromba d’oro di Mondovì che nel 1965 ebbe un successo mondiale con dieci milioni di copie vendute per il celebre brano ‘Il Silenzio’, il 45 giri pubblicato sulla linea Sprint dalla casa discografica Durium di Milano con coro e orchestra del maestro Willy Brezza, partecipando anche al programma ‘La macchina meravigliosa’ di Piero Angela.

Graziella Corrado, figlia di Oreste e figlioccia del grande Fred, ha conservato a lungo la chitarra del padre costruita nel 1946 dal maestro liutaio torinese Arnaldo Morano nella propria bottega di Rosignano Monferrato. Morano possedeva il segreto di una vernice ad olio composta di resine vegetali capace di conferire un suono originale agli strumenti da lui progettati e costruiti che gli permise di essere definito l’emulo di Stradivari ed essere considerato il più bravo liutaio del mondo dal celebre violinista Uto Ughi.

Armano Luigi Gozzano

Rock Jazz e dintorni a Torino: Seeyousound e Harry Allen

Gli appuntamenti musicali della settimana 

Lunedì. Al Cafè Des Arts suona il Tokyorama Instabile Trio. Per Seeyousound al Massimo concerti di Lepre e Alberto Bianco con Margherita Vicario e i documentari su Fatboy Slim e Crass.

Martedì. Sempre per Seeyousound il ritratto dei Gogol Bordello “Scream Of My Blood” e la storia dello studio grafico Hipgnosis a cura di Anton Corbijn.

Mercoledì. Altro appuntamento per Seeyousound con il documentario “The drum Also Waltzes” dedicato al grande batterista Jazz Max Roach.

Giovedì. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Postino. Per Seeyousound musica dal vivo con Sebastiano De Gennaro, Enrico Gabrielli , Francesco Fusaro e Marcello Corti dopo “Asfalto che suona”, film su 19’ 40” la loro etichetta discografica e Mark Cunningham al Capodoglio. All’Hilton del Lingotto suona il quartetto del sassofonista Harry Allen.

Venerdì. Allo Ziggy sono di scena i Ponte del Diavolo. Al Cap 10100 si esibisce Davide Shorty. Per Seeyousound al Massimo è di scena Christophe Chassol mentre all’Off Topic arriva il Dj Nicky Siano. Al Blah Blah si esibiscono i Legendary Kid Combo. Al Folk Club è di scena la cantautrice Ilaria “Pilar” Patassini. All’Hiroshima si esibisce Kid Francescoli. Al Magazzino sul Po è di scena OMAR mentre Antimusica è al Circolo Sud. All’Off Topic suonano i Lero Lero.

Sabato. Per Seeyousound spicca la presenza del regista Julien Temple fra Keith Richard, Clash e Sex Pistols. Alla Inalpi Arena si esibisce Gabry Ponte. Al Blah Blah è di scena Io Monade Stanca  e 0AxAcA. Al Magazzino di Gilgamesh blues con James Thompson. Al Magazzino sul Po si esibisce Carmelo Pipitone dei Marta sui Tubi.

Domenica. Al Magazzino sul Po suonano i Funky Lemonade. Chiusura di Seeyousound con nel pomeriggio il lungometraggio sui Birthday Party di Nick Cave “Mutiny In Heaven” mentre alla sera il recital “Spiriti Guida” di Cristina Donà e Saverio Lanza. All’Off Topic si esibisce: Ett, Marta del Grandi, Rosita Brucoli e Caro Wow.

Pier Luigi Fuggetta

“The Producers”, Broadway al Teatro Juvarra

Torna  l’appuntamento con i grandi musical. Spettacolo diretto da Claudio Insegno.

 

Sabato 2 marzo prossimo, alle 15:30, in doppia replica alle 21:00, al teatro Juvarra di Torino torna “The Producers”, che nell’edizione italiana del 2005 vide Enzo Iacchetti nelle vesti del protagonista Bialystock. Questa volta a portarlo sul palco sarà la Gipsy Musical Academy, la grande Accademia torinese con la sua compagnia di giovani talenti, la produzione Muvix Europa, le coreografie di Cristina Fraternale Garavalli e le musiche di Marta Lauria.

La messa in scena è del noto regista Claudio Insegno, che ha lavorato con la Gipsy in musical quali Frankenstein Junior e Sweet Charity.

Si tratta di uno spettacolo più che mai attuale, dove la genialità di una mente, quale quella di Mel Brooks, è riuscita a rendere eternamente ironico anche il lato più oscuro dell’uomo. Uno spettacolo da vedere e rivedere, che i talenti della Gipsy riescono a mettere in scena senza sbavature.

“’Per favore non toccate le vecchiette’ è stato il primo film che mi ha fatto innamorare della follia di Mel Brooks – racconta Claudio Insegno, regista del musical – mai avrei immaginato di dover affrontare ‘The Producers’, l’adattamento musicale di quel film meraviglioso. In questo musical c’è tutto: ironia, spirito satirico, che ha come oggetto qualsiasi tipo di personaggio, dal nazista, alla segretaria sexy fino ai truffatori. Canzoni e balletti fanno divertire il pubblico trascinandolo in un vortice di battute esilaranti. Mel Brooks – conclude Claudio Insegno – ci ha regalato un grande gioiello che la Gipsy Musical Academy farà brillare”.

Anche quest’anno la Gipsy Musical Academy andrà in scena con un grande kolossal di Broadway. Dopo lo straordinario successo dell’anno scorso, che vide Frankenstein Junior al teatro Concordia, l’Accademia torinese replica al teatro Juvarra con un altro fenomenale, esilarante lavoro di Mel Brooks.

La Gipsy Musical Academy da vent’anni è una delle più prestigiose accademie dello spettacolo in Italia, e nel 2019 ha raggiunto la finale di Italia’s Got Talent con “The Greatest Showman”. Tutto ciò è in linea con la sua poetica che la vede collaborare con grandi realtà internazionali come West End e Broadway.

 

Prevendita online su mailticket.it

Info: www.teatrojuvarra.it

 

Mara Martellotta

A teatro l’importanza di chiedere scusa

Allo Spazio Kairos domenica 25 febbraio alle 16,30

TEATRO PER FAMIGLIE

Lo spettacolo ha vinto “Nuove generazioni” in Trentino Alto Adige


Torna il teatro per le famiglie allo Spazio Kairos di via Mottalciata 7. Onda Larsen organizza domenica 25 febbraio alle 16 la merenda (che viene offerta), seguita alle 16,30 dallo spettacolo di “Scusa” del Collettivo Clochart di Trento,  un testo scritto e diretto da Michele Comite con Viviana Pacchin e Stefania Favero.
“Scusa” è lo spettacolo vincitore della “Piattaforma per la circuitazione dello spettacolo professionale in Trentino Alto Adige – Nuove Generazioni”, bando promosso dallo Stabile di Bolzano, Centro Santa Chiara e Coordinamento Teatrale Trentino.

Lo spettacolo

E’ uno spettacolo che parla dell’importanza di chiedere scusa quando si sbaglia o nel chiedere una cortesia quando si interrompe qualcosa o qualcuno. Saper chiedere scusa influisce sulle nostre relazioni. Basta una frase di scuse, poche semplici parole, ed un possibile litigio finisce in un abbraccio o una stretta di mano e tutto si risolve per il meglio.

Chiedere scusa non è segno di debolezza, ma di grande intelligenza. È segno di maturità, di prendersi le proprie responsabilità ed essere capaci di capire di aver sbagliato.

Per i bambini il litigio è un fatto assolutamente naturale, quasi un’attività ludica endemica alle dinamiche relazionali. I litigi tra bambini sono delle occasioni di crescita cognitiva, emotiva e sociale. Le due protagoniste vivranno in una carambola divertenti dispute che provengono dal mondo infantile che spesso però ritroviamo anche negli adulti ed ecco perché è uno spettacolo da condividere

con le famiglie.

“Scusa”, una parola contro migliaia di azioni. Ci sono molti modi di chiedere scusa, in certi casi vanno usati tutti in altri ne basta uno. Così chiedere scusa può essere un gesto che rafforza l’amicizia, chiarisce i dubbi, è un rimedio contro l’odio che aiuta a riflettere senza essere mai un segno di debolezza. Chiedere scusa è educazione saperlo fare è arte.

SCUSA

Collettivo Clochart (TN)

Scritto e diretto da Michele Comite

Con Viviana Pacchin e Stefania Favero

Coreografie a cura di Hillary Anghileri

Musiche a cura di Daniela Savoldi

Scenografie a cura di Gigi Giovanazzi e Gianmarco Sartori

Costumi a cura di Elisa Caleon

Durata 50’

Teatro danza, di figura e narrazione

Dai 4 anni in su

Biglietto unico (con merenda omaggio alle 16): 8 euro.  Info: biglietteria@ondalarsen.org

 

Facciamoci un bel ripasso sulle due vite del “fu” Mattia Pascal

Repliche sino a domenica 25 al teatro Gioiello

Lo ricorda ancora qualcuno? “Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de’ miei amici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo: “Io mi chiamo Mattia Pascal.”

Grazie, caro. Questo lo so.”

E ti par poco?”

Incipit d’altri tempi. Sembra che in un’epoca frettolosa, arida e capace quasi soltanto di comunicare attraverso messaggi e messaggini, attraverso forme abbreviate, attraverso pollici in su o in giù e faccine sorridenti o disperate, tutti l’abbiano dimenticato. In maniera vivace, per nulla sonnacchiosa, veloce e sbrigliata, assai modernamente, (forse) in modo lodevole, ci pensa Giorgio Marchesi a ricrearci la mente, a costruire questo bignami pirandelliano di poco più di un’ora a soccorso e conforto – si “traveste” persino, in qualche modo, con il suo elegante frac bianco e cilindro contaminati da un paio di anfibi: ma, sicuro che ne sentano così visceralmente il bisogno? “Abbiamo voluto sperimentare un linguaggio che potesse essere accessibile e appetibile a tutti, anche e soprattutto alle nuove generazioni” – delle nuove generazioni appunto che io credo, la maggior parte, gli possano rispondere come l’Abbondio del Manzoni: “Pascal, chi era costui?”

È in scena al Gioiello sino a domenica 25 con un adattamento e una regia che fanno capo a lui e Simonetta Solder, sua compagna d’arte e di vita, felice di venire incontro con più di un sorriso e con carrettate di ironia a quanti vedono in quel romanzo del 1904 soltanto serietà, messaggi e un pizzico di spiccia filosofia, lanternino e coscienza compresi. Su di un palcoscenico minimal, un attaccapanni, una sedia e un microfono a cui sta ben aggrappato come una palma su di un’isola in mezzo all’oceano il suo sodale Raffaelle Toninelli con il suo contrabbasso per gli interventi musicali, Marchesi ricostruisce attimo dopo attimo, impacchettando definitivamente la precisione dell’epoca e spalmandola al contrario entro l’intero secolo per “assecondare la contemporaneità dei temi trattati nell’opera”, tutto il bagaglio surreale del personaggio, la sua vita spaccata in due, laggiù alla gora del mulino, e la sua doppia esistenza. La vita nel paesino ligure di Miragno – non andatelo a cercare nelle carte geografiche, è un’invenzione dell’agrigentino -, con il Batta Malagna pessimo amministratore di beni e Romilda con cui stringere un odiato matrimonio, il grugno e la voce imperante della vedova Pescatore, sua suocera, il buon Pomino che impalmerà – più danni che piaceri – la “vedova”; e poi la vincita ai tavoli da gioco di Montecarlo, le ottantamila lire e passa con cui rifarsi una vita, la tragica ma non troppo notizia sul giornale della sua dipartita, l’improvvisata ricostruzione di un passato, l’andata a Roma, con quei quadretti saporiti che sono i tanti personaggi di casa Paleari, con il buon capo di casa Anselmo che gli viene ad aprire la porta “in mutande di tela” e “con un fervido turbante di spuma in capo”, la signorina Adriana e il lestofante Papiano, la Caporali e le sue sedute spiritiche. Al centro di tutto non più lui, il “fu” Mattia Pascal, ma un rinnovato Adriano Meis. Un nuovo battesimo. Ma tutto suonerà fasullo, tutto impossibile se quella nuova identità non gli consentirà neppure la denuncia di un furto. Meglio tornare a Miragno, lasciare pure Romilda al suo Pomino, strapazzare, questa volta sì, la vedova Pescatore, e rintanarsi nella vecchia biblioteca del paese, andando in qualche bella giornata a leggere la lapide che i concittadini avevano voluto porre a quel povero ignoto che s’era suicidato alla Stìa, declinando ancora una volta a qualche curioso le proprie antiche generalità.

Divertito, divertente, a tratti esplosivo, vitalissimo e irriverente, capace di entrare più in maniera convincente nella storia, pronto a correre e ad alleggerire sornionamente le pagine del romanzo, giocando con i dialetti e accennando dall’interno ai tanti personaggi rivisitati, un cambio d’abito con un colorato bomber, mosse e movenze, squittìi e urletti di rilassamento, azzeccate sottolineature, del tutto godibile, buon amico fraterno di “chi non sa”, Marchesi offre un’occasione lontana da quelle abituali – io ricordavo il primo Albertazzi e Pino Micol e il più recente Pino Quartullo -, un buon percorso didascalico che sembrerebbe non guastare se il tutto è valso a rinfrescare le (poche?) idee a quanti hanno i piedi più o meno saldi nel nuovo millennio.

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono di Fabio Lovino