GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA
Martedì. Al Jazz Club suona il pianista Massimo Danilo Ilardo. Al Folk Club è di scena Pippo Pollina con il Palermo Acoustic Quintet.
Mercoledì. All’Osteria Rabezzana suona il Trio de Janeiro con la cantante Sabrina Mogentale, Gilson Siveira e Fabrizio Forte. Al Jazz Club jam session con Big Harp e Vinny Petrone.
Giovedì. Al Cafè Neruda suona il quartetto del sassofonista Luca Biggio mentre al Dash si esibisce il quartetto di Fuat Sunay. Al Teatro Colosseo recital di Loredana Bertè. Al Jazz Club sono di scena i Dipinti di Blues.
Venerdì. Al Jazz Club suona il trio del pianista Emanuele Sartoris. All’Arteficio si esibiscono Dodo &Charlie. Al Teatro Colosseo arrivano i Tiromancino. Al Magazzino sul Po suona il quintetto del sassofonista Pietro Santangelo. Al Blah Blah si esibiscono gli Estetica Noir.
Sabato. Al Capolinea 8 è di scena il quartetto Black Inside. Al Teatro Colosseo suona Jimmy Sax con la Symphonic Dance Orchestra. Al Jazz Club si esibisce il quartetto di Gigi Venegoni e Roberta Bacciolo. Al Magazzino sul Po suonano i Baklava Klezmer Soul.
Domenica. Al Jazz Club è di scena il quartetto Tchelegooro.
Pier Luigi Fuggetta
Il primo incontro tra i due avvenne sette anni fa allorché Maurizio De Giovanni adattò per il palcoscenico “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Kesey, poi arrivò il successo del commissario Lojacono e dell’avamposto poliziesco dei “Bastardi di Pizzofalcone” (una sorta di 87° distretto newyorkese con stanza a Napoli), con le sue facce, con i drammi personali, con i casi da risolvere. Una collaborazione, fatta di amicizia e di desiderio di sperimentare su più fronti, quella nata tra Alessandro Gassmann e il giallista più acclamato di casa nostra (il pubblico che corre in libreria o punta gli occhi sulla tivù di casa per i casi del commissario Ricciardi, di Mina Settembre o dell’ex agente segreto Sara), da cui è nato “Il silenzio grande”, visto al cinema e giunto finalmente al Carignano per la stagione dello Stabile torinese.
Da buon giallista, anche in quella biblioteca che parrebbe immersa nella vivace linearità del racconto, De Giovanni trova modo di costruire inaspettatamente l’essere e l’apparenza, di unire il mondo dei vivi e quello dei morti (ma più non si può dire, scoprirà felicemente ogni cosa lo spettatore). La regia di Gassmann srotola a poco a poco lo svolgersi della vicenda, le cose mai dette, gli angoli dei sentimenti negati, a volte con piccoli particolari, con gesti o con giochi di luci, con gli attimi di un tempo impressi nel velo che divide il pubblico e la scena. Il teatro mette ancora più a fuoco l’ambiente claustrofobico che il cinema poteva spezzare in qualche respiro all’esterno, forse qui spinge il pedale della comicità ma senza mai interrompere il clima di drammaticità sottile che riempie il palcoscenico. Ha un prezioso alleato in Massimiliano Gallo, chiuso saldamente nel bozzolo di Valerio, nella sua moderna misantropia, nella propria ingenuità, nella volontà di voler rimanere intimamente ancorato al passato, e pronto a esplodere nelle verità che gli si concretizzano davanti, dialogo dopo dialogo, una prova davvero matura, giocata tra mille sfumature, dove l’attore attinge, nella parola e nei gesti, nel modo di muoversi attraverso la scena, al panorama eduardiano o a certi dialoghi spezzettati che ricordano da vicino il compianto Troisi. Accanto a lui, Stefania Rocca, Pina Giarmanà dalla schietta umanità, e i figli Paola Senatore e Jacopo Sorbini, capaci di costruire nei loro interventi due personaggi pieni di precisi, apprezzati chiaroscuri. Un vero successo alla prima. Repliche sino a domenica 6 marzo.


Ecco come veniamo a sapere degli ampi baffi che gli ricopriranno come un ricamo in avvenire la parte inferiore del viso, ecco come ci appare il lato sentimentale del medesimo (tutto per dirci che i sentimenti dell’eterno raisonneur verranno coinvolti nella prossima inchiesta) che vede morire la giovane infermiera che s’è presa cura di lui. Fine del preambolo (inutile). Poi, nella bellissima fotografia a colori di Haris Zambarloukos, siamo catapultati vent’anni dopo, nel vero e proprio “Assassinio sul Nilo”, dove già s’intrecciano i destini del bello e squattrinato Simon Doyle innamoratissimo di Jacqueline de Bellefort la quale si dà la zappa sui piedi quando gli presenta la sua migliore amica, la straricca ereditiera Linnet Ridgeway, da sempre abituata a far suo quel che desidera: manco a dirlo, i due dopo sei settimane saranno già convolati a più (per loro) o meno (per la tradita) giuste nozze, con tanto di viaggio di nozze sul Nilo, con amici e parenti, tra fiumi di champagne, un po’ appartata Jacqueline, lì a rodersi e a meditar vendetta, imbucata come la Discordia alla cena dell’Olimpo.

Il mondo dello spettacolo, un gruppo di ragazze e ragazzi, aspiranti attori e cantanti, ballerini, in un continuo alternarsi di successi e piccole delusioni. Il mondo dei provini e delle audizioni, dei talent che possono aprire ogni porta, di un successo improvviso che ti potrebbe imporre come stella di prima grandezza, una scommessa all’estero che potrebbe farti fare un bel salto nel mondo internazionale. Un gruppo dove circolano affetti e amicizia, storie d’amore che si sgonfiano come sono sbocciate o avventure che mescolano improvvisazioni e sesso, quando si arriva al dunque cui tutti aspirano. Magari anche un briciolo più o meno grande di invidia, ti verrebbe da pensare. Al centro del gruppo è “Il fidanzato di tutte” – autori Francis Jackets e Jérôme Dagneau (viene il dubbio che, almeno in buona parte, qualcuno si nasconda dietro questi nomi, qualcuno vicino a Torino Spettacoli? e poi: quanto c’è di aggiornato o di autobiografico nelle parole di Luca e dei suoi compagni?), regia di Girolamo Angione, in scena all’Erba sino a domenica 20 -, ovvero quel Luca, bello, spigliato, rubacuori, “dongiovanni mordi e fuggi”, casanova senza freni, che cerca di far innamorare tutte le ragazze che gli capitano a tiro, avventure sui due mesi e niente più, sicuro di far breccia ma sempre lasciato a bocca asciutta: e così, con tutta la debolezza che fa da contraltare alla spudorata esistenza di ogni giorno, si rifugia nei consigli di una invisibile quanto ironica psicologa (il lettino delle confessioni è al centro della scena firmata da Gian Mesturino), o tenta di fare suoi i face time che il primo amore, un’attrice più grande di lui ormai ritiratasi lontano dai palcoscenici, nella tranquilla casa in riva al lago, gli elargisce, pieni di ricordi e di speranze verso il futuro soprattutto, con il grande e materno comandamento di abbracciare in maniera definitiva e seria il teatro. Nel tentativo di rimettere ordine nella sua vita sentimentale e di dar corso ai suoi progetti di lavoro, Luca dovrà anche accorgersi che i sentimenti più autentici gli vengono da un amico del gruppo, che forse per troppo tempo se ne è rimasto zitto.