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Il film avverte immediatamente: “Tratto da una storia vera”. E allora vai alla ricerca di una cronistoria asciutta, senza mezzi (o mezzucci) ricattatori, limpida e scarna.
Non troppo cinematografata. Al contrario, tentando di colmare una infelicità non sappiamo quanto sottotraccia che si porta nella mente e nel cuore fin dall’infanzia, Claudio Noce gioca sporco nel suo Padrenostro – entrato nella quaterna dei film italiani in concorso all’ultima Mostra di Venezia – nei confronti dello spettatore mescolando troppo le carte, si inventa un’”appendice” in terra di Calabria che è più ritrovata riunione familiare tra tavolate e gite al mare che non la spinta ferma e impellente a riequilibrare tra affettività e saggezza i rapporti tra un padre e un figlio, costruisce dal nulla, tra presenze ingombranti e zeppe di luoghi comuni, uno sorta di Lucignolo o di genio della lampada, la figura del quattordicenne Christian, pronto a materializzarsi tra le strade del quartiere chic della capitale come tra i sentieri e i cortili del Sud: non preoccupandosi, il che è più grave, di chiarirci l’idee sulla necessità di considerare il riccioluto, allegro, sfrontato e tremendamente libero ragazzino come una celestiale apparizione, come l’amico immaginario dei giochi e delle confidenze o come il realissimo compagno, infelicemente scordato e abbandonato poco prima della parola fine.
Ritornano lungo il film alla memoria certe scene di Io non ho paura, luminose e selvagge, e la guida di Salvatores, ma il risultato era stato quanto diverso. A tratti non si sa bene che strada imboccare, e allora, oltre a non chiarire, ci si affida a stucchevoli ralenti, a una colonna sonora che troppo stride nel corso della vicenda (De Gregori con il suo Buonanotte fiorellino ad accompagnare la scena dell’attentato), intermezzi e riempitivi (una insopportabile partita a pallone, superflua e lunga anche se è la molla che fa scattare il tarlo della gelosia) che dovrebbero incrociare benauguratamente un paio di forbici. Senza fare i conti con l’anagrafe e ricordare che il regista al tempo dei fatti narrati non aveva che un paio d’anni e che le sensazioni e i traumi sono ricadute su questo biondo ragazzino: e allora di quella “storia vera” intimamente affrontata, quanto resta?
Sono gli anni Settanta arrivati alla loro metà, sono gli anni anche della paura e del terrorismo, dei mitra che falciano e delle ruote che sgommano nella fuga, dei cadaveri lasciati a terra e del bianco dei gessi a delinearne le sagome. La storia è quella di Valerio, dieci anni circa, che per il nonno è “il tedesco” visti quei capelli biondi che si porta in testa, un buon carico di solitudine, una passione per il calcio, per cui ricevere un pallone autografato da Chinaglia è il dono più bello. Una madre, una sorellina (che è Lea Favino), un padre che è vicequestore, responsabile dei servizi di sicurezza per il Lazio, che il lavoro allontana spesso da casa: che un brutto giorno, era il 14 dicembre 1976, subisce un attentato da parte dei Nuclei armati proletari proprio davanti all’abitazione, restandone gravemente ferito (si salverà e a lui è dedicato il film) mentre rimangono uccisi l’autista e un terrorista. Valerio, non visto, assiste all’azione e la sua vita in qualche modo muta. Le premesse queste, lodevolissime, lo studio sulla ripercussione di quell’azione nella mente di un ragazzino che vede il padre caricato su un auto e sparire per mesi, senza che nessuno gliene dia una spiegazione. Sarebbe stato necessario entrare dentro ad una psicologia di un’esistenza fragile, freddamente e umanamente allo stesso tempo, caricata di oneri difficili a sopportare, una debolezza che tenta di crescere ma che con sincera necessità si crea dei microcosmi (il gioco, l’amico, gli angoli della casa e della tranquillità) che non sono altro che innocui diversivi. Non sempre innocui, come la presenza di Christian, che si spartisce in amico e nemico una volta tornato a casa il vicequestore guarito e nuovamente disposto a riprendere il proprio lavoro, pronta a imporsi, forse inconsapevolmente, ma agli occhi di Valerio di un modo colpevole, tanto che non mancherà una bella spinta in acqua con il chiaro intendimento di una definitiva sparizione. Tutto, nelle intenzioni del regista, guardando al personale, tenendo al di fuori la Storia, gli anni di piombo passando accanto quasi senza rumore, alla fine ci saranno un ritaglio di giornale e una fotografia ingiallita a spiegare poco o nulla.
I dialoghi cadono troppe volte nel didascalico, le situazioni peccano di già visto in altri film che ci hanno descritto quel periodo nero, l’interpretazione di Pierfrancesco Favino (e chiaramente con lui la sceneggiatura soprattutto del regista e di Enrico Audenino), massiccio, con espressioni che ormai gli conosciamo, non riesce a mettere a fuoco nel modo migliore le tante tessere che fotografano la presenza e l’assenza, il bisogno d’amore e gli abbracci infrequenti, quel rapporto che si vorrebbe sempre più concretizzare: è innegabile che da parte nostra ci poniamo la domanda perché quella Coppa Volpi, che finisce col rendere un cattivo servizio, che non rende piena giustizia a chi è stato nei mesi scorsi Buscetta e soprattutto Bettino Craxi. Ma i suoi colleghi di mezzo mondo, allora, a che livello stavano? Il non ricoprire l’intero film (non stiamo per carità misurando a metri di pellicola) ma accontentarsi di circa una metà, lo pone in una posizione di “egregio supporto”, non di puro protagonista, con la forte consapevolezza che il pur bravo Mattia Garaci sia lì a denunciare la sua inesperienza e a sopportare un peso, continuo, forse troppo pesante per sue ancora esili spalle.
Il Festival, organizzato dal Museo Nazionale del Cinema e diretto da Gaetano Capizzi, di solito previsto nel periodo primaverile, è stato spostato in autunno e si ridurrà a quattro giorni e con una sola sezione competitiva, viste le contingenze del momento, ma il programma è molto ricco e interessante con 65 titoli da 26 paesi diversi.
Mai come in questo momento storico le urgenze globali, che ruotano intorno allo stato di salute del nostro pianeta, hanno avuto bisogno di un luogo eletto dove dare voce al dibattito sui temi cruciali dell’ambiente e la cinematografia green sembra essere il veicolo più efficace, in grado di catturare giovani e meno giovani, come suggerisce lo storico slogan “Movies Save the Planet” nel claim di questa edizione. “Le gravi crisi ambientali che erano e restano drammaticamente attuali non potevano che indurre una realtà come la nostra a continuare con ancora maggior impegno il proprio lavoro diffuso di informazione e sensibilizzazione. Per questo motivo, pur tra mille difficoltà, in questo “annus horribilis” abbiamo fatto ogni sforzo non solo per non interrompere l’azione di CinemAmbiente, ma anzi per rilanciarla.” commenta Gaetano Capizzi.
L’edizione 2020 offre un variegato palinsesto che spazia dall’attivismo ambientale al problema dello scioglimento dei ghiacci, dall’inquinamento allo smaltimento dei rifiuti, con un occhio di riguardo al tema dei cambiamenti climatici che occupa uno spazio cospicuo. A partire dall’inaugurazione che anche quest’anno si apre con “Il Punto” di Luca Mercalli alle ore 21 in Sala Cabiria. Il consueto report sullo stato di salute del pianeta con i dati aggiornati dell’ultimo anno sul rapporto clima e ambiente, con riferimenti agli effetti positivi del lockdown commentati con il piglio brillante del climatologo torinese. A seguire il film di Ron Howard “Rebuilding Paradise” in anteprima nazionale sull’incendio devastante che nel novembre 2018 rase al suolo la cittadina californiana di Paradise e sui tentativi della comunità di non lasciarsi abbattere dalle avversità.
La proiezione sarà seguita da un incontro online con Michelle John e Steve “Woody” Culleton, protagonisti del documentario. Anche il film di chiusura affronta il tema dei cambiamenti climatici,“The Great Green Wall, (domenica 4 ottobre, ore 21, Sale Cabiria, Rondolino e Soldati). Il lungometraggio dello statunitense Jared P. Scott, già autore di The Age of Consequences, presentato al Festival nel 2017 è un viaggio, guidato dalla musicista-attivista maliana Inna Modja, nel Sahel, regione africana in cui gli effetti del riscaldamento globale si traducono in crescenti carestie, conflitti, migrazioni di massa. La “Grande muraglia verde” è un ambizioso progetto di riforestazione che ha lo scopo di contrastare la siccità e la desertificazione e ridare un futuro a milioni di persone. La proiezione sarà seguita da un incontro online con il regista Jared P. Scott, la musicista Inna Modja e con Giulia Braga, produttrice esecutiva del film e program manager di Connect4Climate – World Bank.
Ma il festival prende avvio già nel pomeriggio con film dedicati all’attivismo giovanile: il mediometraggio francese “Génération Greta” (ore 17.30, Sala Cabiria, e online su MYmovies), di Simon Kessler e Johan Boulanger, intreccia le storie di nove giovani donne attiviste nel mondo, dal Kenya all’Ecuador, dalla Francia alle Filippine, che si battono sulla scia dell’esempio di Greta Thunberg contro i drammatici effetti dei cambiamenti climatici. Mentre i protagonisti di “Ragazzi irresponsabili” (ore 18.30, Sala Cabiria), di Ezio Maisto sono i giovani italiani che seguono l’esempio di Greta, organizzando i Fridays For Future e gli scioperi della scuola per il clima. La proiezione sarà seguita da un incontro con il regista Ezio Maisto, con gli attivisti di Fridays For Future Torino, Diego Finelli, di Banca Etica, e con Lorena Di Maria, di Italia che cambia.
Quattro giorni di sensibilizzazione verso i temi green e l’educazione al senso civico dove non mancano gli eventi speciali con protagonista la città di Torino. Il documentario “Street Art for Sustainable Development” (venerdì 2 ottobre, ore 21, Sala Soldati), di Alessandro Genitori e Elis Karakaci, che ha visto Torino prima ambasciatrice dei diciassette Global Goals delle Nazioni Unite attraverso le opere realizzate da street artists di fama internazionale sui muri della città con il progetto “TOward2030. What are you doing?”, promosso da Lavazza e da Città di Torino per diffondere i contenuti dell’Agenda 2030. E poi proiezione speciale per il decennale di un film torinese, “40% – Le mani libere del destino” (domenica 4 ottobre, ore 16.30, Sala Soldati), diretto da Riccardo Jacopino e prodotto dalla Cooperativa Sociale Arcobaleno. Il lungometraggio, risultato della collaborazione di forze tutte cittadine, distribuito da Slow Cinema e Microcinema, interpretato da attori non professionisti, con la partecipazione di Luciana Littizzetto, mescola temi ambientali e sociali in una commedia neorealista con qualche sfumatura noir.
L’ingresso e l’accesso al Festival al Cinema Massimo e alla sala virtuale su MYmovies sono gratuiti e a prenotazione obbligatoria. Per i film al Cinema Massimo la prenotazione (per max 2 persone) si può effettuare sul sito www.cinemambiente.it. Per i film online la prenotazione si può effettuare sulla piattaforma www.mymovies.it, nell’apposita sezione dedicata ai Festival online e raggiungibile dal sito di CinemAmbiente. I film online, diffusi in contemporanea alla proiezione in sala al Cinema Massimo, sono visibili per 24 ore dal momento del rilascio.
Giuliana Prestipino
Un’edizione importante, che sarà l’occasione per festeggiare il decimo compleanno del festival, nato nel 2010 da un’idea di Davide Barbato per i Cuochivolanti, creato da Davide Barbato e Chiara Cardea (che lo ha co-diretto fino a marzo 2019), e organizzato da Associazione Cuochilab.
Dieci anni di musica, performance, arti visive, cinema, ma soprattutto tanto teatro, intorno al cibo e alla convivialità; un viaggio condiviso con centinaia di affezionati spettatori e tantissimi artisti da tutta Italia, attraverso pensieri, sensi ed emozioni, e ben riassunto dal sottotitolo di questa edizione: Il cuore nello stomaco.
La nuova immagine, opera dell’illustratore Cesco Rossi, racconta perfettamente questa storia: una pietanza fantastica, allo stesso tempo primordiale e futuristica, deliziosa e repellente, enigmatica ed emozionante, così come sono l’arte, il teatro, il cibo; un cuore pulsante, colorato e complicato, come i dieci anni di Play with Food, che hanno visto la partecipazione di artisti come Lella Costa, Frosini / Timpano, I Sacchi di sabbia, Cuocolo / Bosetti, Abbiati / Capuano, Collettivo PirateJenny, Daniele Ninarello, Claudia Caldarano, Irene Russolillo, Fabio Bonelli, Didie Caria, Enrico Ascoli, Fabio Castello, Stivalaccio Teatro, e molti altri.
Sette giorni di spettacoli dal vivo, performance on line, cene teatrali, colazioni cinematografiche, eventi segreti e, come di consueto, molti appuntamenti conviviali: il tutto, naturalmente, rimodulato e organizzato per la più sicura partecipazione del pubblico.
Il festival inizia lunedì 28 settembre alle 19 in un modo davvero inconsueto, con una prima assoluta: Questo non è un tavolo di Chiara Vallini (TO), produzione originale Play with Food, è una performance interattiva per soli 20 spettatori, fruibile esclusivamente on line. Nata dalle sperimentazioni dell’artista durante il lockdown, l’esperienza inizia come una “normale” web chat in cui gli spettatori, come invitati a un aperitivo virtuale, si ritroveranno inaspettatamente coinvolti in un evento misterioso, partecipando alla creazione di un racconto nel quale, gradualmente, presente e passato, finzione e realtà si intrecciano. Un esperimento che permetterà al festival, inoltre, di superare i propri confini cittadini aprendosi potenzialmente al pubblico di tutto il territorio nazionale, e non solo. Repliche tutte le sere fino al 4 ottobre.
Si torna dal vivo martedì 29 settembre alle 20 al Teatro Astra con la prima regionale di Racconti di zafferano di Maria Pilar Peréz Aspa e ATIR / Teatro Ringhiera (MI). Durante lo spettacolo, in un’atmosfera intima e suggestiva, l’attrice cucinerà una paella di carne, secondo la ricetta dell’epoca cervantina, che sarà poi servita agli spettatori. Tra i fornelli e i profumi della cucina, prenderanno vita pagine memorabili di Cervantes, Proust, Vicent, Montanari, Scarpellini, Montalbán, Fernando de Rojas, pagine che parlano di cibo, di fame, di nutrimento, di ritualità. Appuntamento in collaborazione con TPE – Teatro Piemonte Europa.
Sempre al Teatro Astra va in scena, mercoledì 30 settembre alle 20, un celebre testo di Annibale Ruccello, Anna Cappelli, qui interpretato da Carlo Massari / C&C Company (BO) in un insolito allestimento che, letteralmente, farà entrare il pubblico nella casa della protagonista, per assistere alla sua comica e grottesca parabola, e scoprire inaspettate e macabre declinazioni del cibo. Prima dello spettacolo, Chiara Cardea legge uno dei racconti pubblicati nel numero speciale di Crack Rivista dedicato a Play with Food, esito della call Abbiamo fame di storie! che conferma la volontà del festival di sostenere e incoraggiare la creatività di scrittori e drammaturghi. Aperitivo a cura dei food partner del festival. Appuntamento in collaborazione con TPE – Teatro Piemonte Europa.
Giovedì 1 ottobre alle 20 il festival prosegue al Qubì, un luogo di arte e cucina caro al festival e che lo ha molte volte ospitato nel corso degli anni. In scena Claudio Morici (Roma) con la prima regionale de Il grande carrello, tratto dal libro di Fabio Ciconte e Stefano Liberti. Un’indagine comica e serissima che scompone e mette a nudo la realtà nascosta dietro la distribuzione organizzata: da dove arriva il cibo che vendono i supermercati? Chi ne decide il prezzo e la disposizione sugli scaffali? Perché c’è un certo prodotto piuttosto che un altro? Aperitivo a cura dei Cuochivolanti e dei food partner del festival. L’appuntamento è in collaborazione con Teatro della Caduta e fa parte anche della programmazione di Concentrica 2020.
L’intenso fine settimana del festival inizia venerdì 2 ottobre alle 21 all’Unione Culturale Franco Antonicelli, con un graditissimo ritorno: il Teatro delle Ariette (BO) e il loro storico Teatro da mangiare?, che la compagnia porta a Torino in occasione dei 20 anni dal debutto. Al Teatro da mangiare? si mangia davvero e bene, si mangiano le cose che i contadini-attori del Teatro delle Ariette fanno dal 1989, da quando è cominciata la loro vita in campagna. Seduti attorno a un tavolo, consumando un vero pasto, gli spettatori ascoltano un’appassionante esperienza di teatro fatto fuori dai teatri. Replica sabato 3 ottobre alle 21. L’incontro con le Ariette continuerà domenica 4 ottobre dalle 10 alle 14, sempre all’Unione Culturale, con la masterclass La memoria del cibo, a cura di Per+formare e Progetto Zoran, aperta a tutti, attori professionisti e non.
Anche in questa strana stagione segnata dal distanziamento sociale, non mancherà un appuntamento della serie delle Underground dinner, svolto in piena sicurezza: un evento performativo e conviviale, che si terrà sabato 3 ottobre alle 19 e alle 21.30 in un luogo segreto il cui indirizzo sarà svelato ai soli partecipanti. Protagoniste Patrizia Menichelli (FI) – artista che, dal 1996, fa parte della storica compagnia Teatro de los Sentidos di Barcellona – e la food stylist Claudia Guarducci (FI), con la prima nazionale di The Poetic Dinner: Amalia, ricette senza ingredienti: un’esperienza sensoriale, un viaggio intimo che coinvolge un piccolo gruppo di persone alla scoperta della vera storia di Amalia Moretti Foggia, giornalista e scrittrice nata nel 1872 e nota con lo pseudonimo di Petronilla. Gli ospiti, invitati in un luogo sconosciuto, sono accompagnati a incontrare la storia di Amalia attraverso i cinque sensi, scoprendo memorie, ricordi, impressioni, sogni, oggetti, profumi e piccoli sapori.
Si continua domenica 4 ottobre alle 10.30 con la Cinecolazione, un appuntamento ormai classico per gli spettatori di Play with Food. Anche quest’anno, la colazione cinematografica sarà organizzata in collaborazione con Les Petites Madeleines e ospitato in una delle storiche bocciofile torinesi, l’ASD La Tesoriera.
Il festival chiude in una sede e con un artista di assoluto rilievo: domenica 4 ottobre alle 17.30, al Teatro Colosseo, Gabriele Vacis (TO) proporrà una Meditazione sul cibo, accompagnato dalle scenofonie di Roberto Tarasco (TO). A partire dal racconto di Karen Blixen Il pranzo di Babette, reso celebre dal film di Gabriel Axel premiato con l’Oscar, Vacis delinea un intenso percorso attraverso miti e ricette, economie e speculazioni, giudizi e pregiudizi su ciò che ci nutre. In occasione dell’evento, un inconsueto Aperitivo Fuorisede, in ironica ma rispettosa applicazione delle normative vigenti: non potendo proporre al pubblico un aperitivo nel foyer del teatro, a causa del distanziamento sociale, i food partner offriranno a tutti gli spettatori una degustazione “in differita” presso i loro punti vendita. L’appuntamento è in collaborazione con Teatro Colosseo e Earthink Festival, ed è sostenuto da Torino Spiritualità.
Non mancano nemmeno quest’anno, per il festival, novità ed eventi speciali.
Sabato 19 settembre alle 21, all’Imbarchino del Valentino, un appuntamento in collaborazione con Associazione Tékhné all’interno dell’edizione 2020 di Earthink festival: in scena L’Impollinatore della compagnia Avatar.
Sabato 3 ottobre dalle 14.30 alle 18, al Circolo dei lettori, un momento di approfondimento e confronto: il convegno Play at Home, a cura del critico e organizzatore Alessandro Iachino, dedicato al teatro d’appartamento, sarà l’occasione per riflettere sulle esperienze nazionali più rilevanti dedicate a questo formato spettacolare, insieme a operatori, artisti e studiosi. Parteciperanno Paola Berselli e Stefano Pasquini del Teatro delle Ariette, Patrizia Menichelli e Claudia Guarducci, Chiara Vallini, Laura Valli di Qui e Ora Residenza Teatrale, Rossella Tansini di Stanze, Barbara Ferrato e Lorenzo Barello del Teatro Stabile di Torino. Chiuderà l’incontro un approfondimento di Francesca Serrazanetti, critica e docente al Politecnico di Milano.
Continua inoltre il progetto Abbiamo fame di storie!, condiviso con Crack Rivista e Torino Fringe Festival: la open call, conclusa a luglio, ha portato alla selezione di 5 racconti e 2 monologhi inediti a tema cibo, che sono pubblicati nel numero speciale della rivista in distribuzione digitale durante il festival, e di cui l’attrice Chiara Cardea leggerà un “assaggio” durante la serata del 30 settembre al Teatro Astra. Inoltre, in occasione di Play with Food, parte la seconda call del progetto, per la selezione della compagnia a cui verrà affidata la messa in scena dei due monologhi durante l’edizione 2020 del Torino Fringe Festival (www.tofringe.it/partecipa).
Un’importante azione che ha coinvolto il festival durante il lockdown, in risposta all’emergenza Covid-19 e alla forte incertezza che accomuna molti enti del terzo settore ancor prima della pandemia, è stata la costituzione di una rete informale fra le Associazioni operanti nell’ambito del teatro e delle arti performative e beneficiarie del contributo annuale Torino Arti Performative, oltre ad altri soggetti attivi nello stesso ambito. Le finalità condivise si concretizzeranno in azioni realizzate dai soggetti afferenti la rete che, beneficiari del TAP 2020, si impegnano alla realizzazione di tavoli di lavoro che rafforzino il dialogo con le Istituzioni, oltre alla creazione di un fondo di sostegno solidale ed emergenziale a favore delle realtà torinesi.
Come sempre gli spettacoli saranno accompagnati da momenti conviviali realizzati con la collaborazione dei food sponsor del festival, il “cuore culinario” di Play with Food: alcuni dei Maestri del Gusto Torino e Provincia 2019-2020 (Birrificio San Michele, Boutic Caffè, Green Italy, Enoteca Rabezzana, Pastificio Bolognese), da Agrisalumeria Luiset e dai Cuochivolanti. Per il terzo anno consecutivo, si conferma main sponsor del festival Pastiglie Leone.
L’edizione 2020 è realizzata con il sostegno di Torino Arti Performative e Camera di commercio di Torino, il Patrocinio della Città di Torino e la collaborazione di numerosi partner, tra cui Casa Fools, CMC / Nidodiragno produzioni, Concentrica Spettacoli in Orbita, Crack Rivista, Fondazione Circolo dei Lettori, Earthink Festival, Les Petites Madeleines, Progetto Zoran, Qubì Associazione Culturale, Teatro Colosseo, Teatro della Caduta, Torino Fringe Festival, Torino Spiritualità, TPE Teatro Piemonte Europa, Unione Culturale Franco Antonicelli.
Tutti gli eventi si svolgeranno in ottemperanza delle disposizioni vigenti in tema di contenimento del Covid-19.
Il programma completo e tutte le info sui biglietti sono su www.playwithfood.it.
Dal 24 al 26 settembre, l’emergente co-direttore artistico e organizzatore di eventi Luca Pellegrinelli ha istituito al Cap10100 (corso Moncalieri 18) il suo primo festival tutto al femminile: una rassegna in cui discutere su temi vivi e ancora troppo incombenti e insoluti quali violenza di genere, discriminazione di genere, differenze di genere, oltre a offrire la concreta occasione di dare voce a chi sta combattendo una lotta senza armi, ma con il solo mezzo della libera espressione, propria dell’arte. Donne di qualsiasi età, partecipi ognuna del proprio momento storico, esibiranno in un susseguirsi di eventi i loro prodotti artistici: mostre fotografiche del femminismo oggi (fotografa Isabel Rodriguez) e dei primi movimenti femministi (Liliana Branchesi), spettacoli teatrali, mercatini di poesia e oggettistica femminile, concerti live, conferenze con associazioni del territorio (tra cui Archivio delle Donne in Piemonte e Dueditanelcuore), rapsodie di versi, lettere private e interviste.
Luogo di sensibilizzazione e spazio d’arte, centro culturale sulle rive del fiume Po, l’intento è di creare una sinergia, un nuovo flusso di coscienza generazionale che possa apportare un reale cambiamento in questo mondo pieno di ferite.
Questa sera, giovedì 24 settembre, il gruppo filosofico torinese Rifrazioni, accompagnato da un gruppo orchestrale, proporrà al pubblico un evento simpodiale, in cui poter dibattere, in un colloquio simmetrico e orizzontale, sulle tematiche proprie del movimento femminista.
L’ingresso è gratuito, preferibilmente su prenotazione.
Venerdì 25 settembre, associazioni e personalità del territorio, quali Centro Studi e documentazione del pensiero femminile, l’Influencer Due dita nel cuore e Valentina Gallo, direttrice del Cap10100, convoglieranno il dibattito sul tema in una conferenza.
Alle 21.00 andrà in scena Clitemnestra o del crimine, monologo a cura di Viren Beltramo della compagnia GenoveseBeltramo, uno spettacolo di denuncia esplicita e cruda.
Sabato 26 settembre, la giornata tramonterà il suo sole nel culmine del Festival: a concludere l’evento sarà Decomposizioni, una rapsodia di versi, lettere private e interviste, tratte da produzioni e biografie di Anna Sexton, Alda Merini e Maria Fuxa. Tre poetesse che hanno vissuto la realtà ospedaliera psichiatrica, le loro parole restituiranno alle nuove generazioni la storia di molte donne, vissute o in seno all’amore di nuove donne.
Per informazioni e prenotazioni, consultare il seguente link: https://www.facebook.com/events/312304949872801
Tutti gli spazi saranno gestiti secondo la norma Covid-19.
Alessia Savoini
Una lacrima e un sorriso, è sufficiente calibrare bene le due cose. E i nostri cugini d’Oltralpe sono solitamente dei maestri nell’affrontare il lato buio e quello solare dell’esistenza, sanno preparare con saggezza gli ingredienti e dare il giusto sapore alle loro salse (cinematografiche), i momenti di riflessione e di tristi consapevolezze si insinuano con un giusto peso in quello che è un generale tessuto di divertimento.
Nomi e titoli non mancherebbero, anche il binomio amicizia maschile/malattia segnerebbe i suoi esempi ad effetto (Quasi amici insegna, lo spagnolo Truman si assesta nella zona dei piccoli capolavori). Tra quanti concorrono al successo, la coppia Matthieu Delaporte e Alexandre De La Patelière, gli autori di Le prénom, da noi Cena tra amici che Francesca Archibugi rifece italianamente come Il nome del figlio. Bersagli pieni, felicissimi di interpretazione e regia. Oggi sfornano Il meglio deve ancora venire, dove mi sa che hanno sbagliato qualcosa nell’impianto generale, nella scrittura non sempre all’altezza, nelle scelte tragiche o di commedia cui affidarsi.
Arthur e César si conoscono dai tempi della scuola, un’amicizia che dura da una vita intera, al di là delle scelte, degli stili, dei caratteri completamente diversi e forse complementari (pensate, in campo buddy movie, i campioni Jack Lemmon e Walter Matthau): tanto il primo, ricercatore medico, è metodico, attento alle più piccole pieghe delle sue giornate, uno sguardo continuo ai dettagli, divorziato dalla moglie e con una figlia che mal lo sopporta quanto l’altro vive della sua etichetta di tombeur de femmes, scavezzacollo ed eccessivo, ogni giornata da reinventare e stravivere, felice e leggero come pochi al mondo. Un giorno una radiografia al torace da parte di César denuncia una grave malattia, pochi mesi di vita, la morte: ma, per uno sfacciato e clamoroso equivoco, uno scambio di nomi sulla cartella clinica, César “sa” che il malato terminale è Arthur. A poco a poco nasce una verità sempre da confessare, ma pure momenti che lo impediscono, l’arrivo di questo o di quello, un appuntamento cui è impossibile dire di no, una cosa qualunque che reclama la propria importanza. Ma l’amicizia è forte (“quel che definisce l’amicizia e che manca all’amore è la certezza” si scolpisce ad un certo punto) e César decide di trascorrere più tempo che può con l’amico. I desideri, gli ultimi forse, vanno esauditi, un viaggio si può ben fare, un consulto ad un luminare lontanissimo anche, il rapporto con un padre, muto e logoro, va aggiustato prima che sia troppo tardi. Nella lunga catena dei malintesi che scena dopo scena si viene formando – sempre al riparo da ogni pietismo -, soprattutto nella prima parte del film, qualcosa si sfilaccia, si perde tra una frase e l’altra, tra un’invenzione (poco felice e pasticciata) e la successiva, non sempre la scrittura rende giustizia all’idea che dovrebbe attraversare la storia intera, rischiando l’appiattimento e pure una noia inaspettata, caricandosi altresì di una lunghezza che andrebbe decisamente sfrondata. Magari cancellando quell’aria di sovrappeso dei due protagonisti (Fabrice Luchini e Patrick Bruel, che si giocano il film sempre sullo stesso tono, simpatico sì ma tiepidamente lineare e che ricordiamo in altre occasioni ben più brillanti e convincenti, mentre le apparizioni femminili stanno lì a dire tutto e niente, senza svolgimento). Imboccando la storia la via del dramma, e tentando di risistemarsi, mentre si corre verso il finale, quando l’infelice verità viene a galla e rischia di rovinare la lunga amicizia.
Astrotalk Sabato 19 settembre 2020 ore 17.15
Secondo appuntamento sabato 19 settembre a Infini.to – Planetario di Torino, Museo dell’Astronomia e dello Spazio con gli Astrotalk, conferenze-spettacolo che uniscono le ultime ricerche in campo astronomico alle spettacolari immagini del Planetario digitale.
Ospite dell’evento Eloisa Poggio, ricercatore post-dottorato presso l’INAF-Osservatorio Astrofisico di Torino, che ci parlerà del satellite Gaia e delle ultime news dalla nostra Galassia.
Il satellite Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea ha recentemente pubblicato la più completa e precisa mappa della nostra Galassia mai creata. Usando questi dati, il nostro gruppo di ricerca ha potuto analizzare un’immensa onda che deforma la nostra Galassia, nota come warp Galattico. Dai nostri risultati è emerso che tale deformazione si sta muovendo velocemente attorno al centro della Galassia, ed è stata originata durante una collisione recente o ancora in atto con un’altra galassia satellite.
L’evento si svolge nell’ambito di Sharper – La Notte Europea delle Ricercatrici e dei Ricercatori.
COSTI
I biglietti per accedere a Infini.to sono in prevendita e devono essere acquistati anticipatamente.
La partecipazione all’Astrotalk è gratuita (possedendo i biglietti di ingresso al Museo) e i visitatori potranno prenotarsi direttamente presso la biglietteria del Museo il pomeriggio di sabato 19 settembre. È possibile partecipare alla conferenza acquistando il biglietto per la visita pomeridiana del 19 settembre, in orario 15.30 o 17.00. Oltre all’Astrotalk è possibile visitare liberamente il Museo dello Spazio e assistere ad una proiezione del cielo estivo nel Planetario digitale.
Per poter garantire una visita in piena sicurezza gli ingressi sono contingentati e i biglietti sono in vendita online. Per poter partecipare al percorso di visita è necessario acquistare prima il biglietto.
Intero: € 12.00
Ridotto: € 8.00 per ragazzi dai 6 ai 18 anni, over 60 anni, enti convenzionati
Gratuito per i bambini sotto i 6 anni, disabile e accompagnatore, possessori di Abbonamento Musei o Torino+Piemonte Card, possessori del Passaporto Culturale, residenti nel comune di Pino Torinese.
Il prezzo del biglietto intero è di 12 €, proposto in vendita online a 10,50 € per assorbire la commissione di 1,50 € senza ulteriore aggravio del prezzo per il pubblico. Il prezzo del biglietto ridotto online viene pertanto abbassato a 6,50 €. I biglietti omaggio prevedono invece la commissione di 1,50 € per l’acquisto.
Alle Fonderie Limone di Moncalieri il festival TorinoDanza propone, venerdì 18 e sabato 19 settembre, una serata particolarmente ricca, articolata in due opere dell’artista norvegese Alan Lucien Oyen, “Sinnerman” e… “And Carolyn”, ed un breve, ma prezioso, assolo di Hofesh Shechter. Parteciperanno alla serata anche Honji Wang e Sebastien Ramirez, una celebre coppia coreana/tedesca/francese, che è stata capace di ricreare una raffinata ed elegante forma di hip hop.
“Questi tre autori sarebbero dovuto essere presenti inizialmente – spiega il Direttore artistico di TorinoDanza, Anna Cremonini – con programmi più complessi, pensati per TorinoDanza 2020, poi le vicende dell’emergenza Covid 19 hanno provocato cambi di programma e gli stessi artisti hanno deciso di partecipare con creazioni più brevi, ma altrettanto significative dei loro rispettivi percorso”.
Oyen, artista norvegese per la prima volta presente in Italia, ha sempre fatto della fusione tra corpo e parola il tratto distintivo della sua arte, firmando alcuni celebri pezzi quali quelli intitolati “Bon voyage”, “Bob”, con Tanztheater Wuppertal Pina Bausch. Creato nel 2008, “And…Carolyn”, un duo con Daniel Progetto e Mai Lisa Guinoo, è stato concepito sulla base della traccia audio del film “American Beauty”, in cui le musiche sono di Thomas Newman ed il testo di Alan Ball. La coreografia , in questo caso, diventa un’estensione astratta delle immagini mancanti dal film.
“Sinnerman” è, invece, magistralmente interpretato da Daniel Proietto, e rappresenta un pezzo che da anni è mantenuto con successo nel repertorio del danzatore argentino. Basato sull’omonima e celebre canzone di Nina Simone, presenta un’ondata incessante di movimenti creata dallo stesso Oyen.
Hofesh Shechter, artista israeliano di nascita e formazione, ma inglese di adozione, propone un breve e prezioso assolo, “Untitled”, un’inedita forma per un’artista che, in dieci minuti, guida la danzatrice Rachel Fallon ‘Elisabetta’ attraverso la vita, l’amore e la morte, avvolgendo lo spazio ed il corpo della protagonista con una colonna verbale e sonora.
AP15 è, invece, il pezzo storico creato dalla coppia formata da Honji Wang e Sebastien Ramirez, che interagiscono in un nervoso pas de deux, quindici minuti di pura danza, in cui è la musica a standire il tempo della relazione ed i due danzatori creano una connessione simbiontica nelle differenze, similmente ad una partita a scacchi.
Mara Martellotta
A vincere il Premio internazionale di direzione d’orchestra Guido Cantelli, giunto alla sua XI edizione, è stata Tianyi Lu, giovane musicista neozelandese di origine cinese, nativa di Shangai, che si è imposta sugli altri finalisti, l’inglese Berti Baigent, l’italiano Diego Ceretta ed il bielorusso Dmitry Matvienko. Il concerto finale si è svolto al teatro Coccia di Novara, domenica 13 settembre scorso. Sul podio dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino i candidati hanno diretto la Sinfonia n.4 in la maggiore ‘Italiana’ di Felix Mendelssohn Bartoldy e la Sinfonia n.7 in la maggiore di Ludwig van Beethoven.
Tianyi Lu, che attualmente vive nei Paesi Bassi, è direttrice d’orchestra in residenza presso la Welsh National Opera, direttrice principale della St. Woolos Sinfonia nel Regno Unito e, fino alla scorso dicembre, è stata direttrice della Melbourne Symphony Orchestra.
Si è aggiudicata il Primo Premio, di 12 mila euro, assegnato dalla giuria composta da Donato Renzetti, ultimo vincitore del Premio Cantelli nel 1980 e Presidente della Giuria; Christoph Becher, direttore della RSO, Orchestra Sinfonica della Radio di Vienna; dal pianista Nazzareno Carusi; da Gabriel Chmura, Medaglia d’oro del Premio Cantelli, Direttore artistico dell’Opera di Poznan e Primo Direttore Ospite della Filarmonica di Cracovia; da Didier de Cottignies, Direttore artistico dell’Orchestra Filarmonica di Montecarlo; da José Luis Gomez, Direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica di Tucson; da Hein Mulders, Sovrintendente dell’Opera e della Filarmonica di Essen; da Sebastian Schwarz, Sovrintendente e Direttore Artistico del Teatro Regio di Torino; dai direttorid’orchestra Matteo Beltrami, Jordi Bernacer e Antonino Fogliani, che si sono anche occupati della preselezione dei candidati.
Tianyi Lu ha anche vinto il Premio dell’Orchestra del Teatro Regio (1500 euro), assegnato dai professori dell’Orchestra del Teatro Regio, il Premio Giovani (1000 euro), assegnato da una giuriacomposta da studenti delle scuole secondarie di primo grado di Novara, coordinati dall’associazione ‘Giovani Dietro le Quinte‘; e scritture artistiche per dirigere un concerto alla Fondazione Teatro Coccia di Novara e uno al teatro Regio di Torino.
Dmitry Matvienko ha conquistato il Premio della Critica e l’italiano Diego Ceretta ha ottenuto il Premio della Città. Il Premio Cantelli,che in passato ha avviato ad una brillante carriera artistica direttori d’orchestra quali Riccardo Muti, Adam Fischer e Eliahu Inbal, è rinato quest’anno dopo quarant’anni di pausa, in occasione del centenario della nascita di Guido Cantelli, il celebre direttore d’orchestra novarese, scomparso prematuramente a soli 35 anni nel 1956. Direttore artistico del concorso è Corinne Baroni.
Mara Martellotta
DOMENICA 20 SETTEMBRE 2020 ORE 17.30
CONCERTO PER IL 150° ANNIVERSARIO
DELLA BRECCIA DI PORTA PIA
DOMENICA 20 SETTEMBRE alle ore 17,30 nella Sala del Parlamento del Museo Nazionale del Risorgimento italiano, l’Orchestra ARSNOVA terrà un concerto, dedicato a musiche patriottiche e risorgimentali, per l’anniversario della BRECCIA DI PORTA PIA.
Si avrà l’opportunità di risentire musiche a noi molto care e riflettere storicamente sul Risorgimento.
Programma del concerto:
Narratore: Michele D’ANDREA – Direttore: Fulvio CREUX
Pier Franco QUAGLIENI ricorderà la storica data. Il concerto è gratuito, ma è previsto il pagamento del biglietto ridotto d’ingresso al Museo (6,00€) come atto di solidarietà per la forzata chiusura del medesimo. Chi vorrà potrà accedere al Museo per una visita prima dell’ora del concerto che si terrà nell’Aula del Parlamento italiano dove Roma venne votata Capitale del nuovo Regno d’Italia nel 1861.
Prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento dei posti al 3488134847, anche con sms o whatsapp.
(Foto Vincenzo Solano)