SPETTACOLI- Pagina 2

Rejoice Gospel Choir, Natale è vicino!

REJOICE GOSPEL CHOIR
in concerto con “Re-Load”
Direttore Gianluca Sambataro
Mercoledì 17 Dicembre 2025 – ore 21
Chiesa di Santa Pelagia – via San Massimo 21
Non è Natale senza musica Gospel..Protagonista della serata,ultima dell’anno all’interno della rassegna “Contatti Sonori”, sarà il Rejoice Gospel Choir, diretto da Gianluca Sambataro. La formazione unisce la potenza del gospel afroamericano alle sonorità dello swing, del pop e del jazz, portando sul palco uno spettacolo ricco di suggestioni: dal groove intenso del gospel americano alle linee melodiche più dolci.
Il loro repertorio abbraccia suggestioni che spaziano dal groove energico del gospel americano (Kirk Franklin, Kurt Carr) alle linee melodiche del gospel europeo, ma negli ultimi anni il gruppo ha inoltre arricchito le proprie esibizioni con brani di artisti internazionali dei generi pop, musical e rap, rivisitati in chiave gospel con testi e arrangiamenti originali.
Lo spettacolo offre  ma un vero e proprio viaggio, fatto di atmosfere coinvolgenti e di emozioni profonde.
GD

La ferocia, dietro le normali pareti di casa

Sino a domenica 14 dicembre, nella sala dell’Astra

Nell’ambito della stagione allestita dal direttore e regista Andrea De Rosa per il TPE / Teatro Astra, credo che “La città dei vivi” sia lo spettacolo teatrale maggiormente emblematico di quella “idea di identità e delle sue trasformazioni”, riflesso di una umanità in via di disfacimento e di una società in continua trasformazione, radice del più bieco pessimismo, che percorrerà il triennio in cui ci siamo avviati, prima domanda della lunga fila di quante possono sorgere: “che cosa diventano le persone quando si trovano ad affrontare esperienze estreme”. Non più persone né fantasmi ma semplicemente “mostri”. Esseri – ancora umani? – che travalicano i limiti delle nostre comuni aree di normalità per divenire qualcosa di inconsueto, di abnorme, di assolutamente diverso, eroi o assassini essi siano, nelle sfere del bene e del male. Sono i mostri che hanno il potere di sconvolgerci, che si mettono dritti davanti a noi, con forza e prepotenza, che ci terrorizzano “ma che non possiamo ignorare perché ci costringono a guardare come in uno specchio l’immagine di cosa potremmo diventare.”

Il mostro è il riflesso di una società voyeuristica, che scrolla le spalle, posta una storia su Instagram, si annoia a morte”, aggiunge Ivonne Capece che adatta (ben presente a commento la sequela dei video, con attori a essere una sorta di coro) e dirige “La città dei vivi” traendolo liberamente dal romanzo – per chi scrive queste note uno dei più “belli” letti in questa ultima manciata d’anni, se quel termine non sviasse tutto il marciume e l’angoscia che ci sono in quelle pagine – dato alle stampe nel 2022 da Nicola Lagioia, a riscrivere l’omicidio avvenuto nel marzo di sei anni prima in un caseggiato romano al Collatino, anonimo, eguale a tanti, del poco più che ventenne Luca Varani – era nato a Serajevo, adottato in Italia, studente di scuole serali e un aiuto per il padre nella vendita di dolciumi, una fidanzata e una doppia vita di prostituzione maschile, che contattato una sera mercanteggia tra i cento e i centocinquanta euro, è ospitato drogato seviziato colpito con un martello e un coltello, ripetutamente, un centinaio di colpi, martoriato -, ad opera di Marco Prato e Manuel Foffo – trentenni, due ragazzi apparentemente “normali” ma con l’idea di uccidere una persona per “vedere l’effetto che fa”, due buone famiglie alle spalle, quello, laurea in scienze politiche, omosessuale e organizzatore di eventi gay a Roma, da tempo affetto da HIV e da disturbi bipolari, il suicidio nel carcere di Velletri, la testa ficcata in un sacchetto di plastica, il giorno avanti l’inizio del processo, nel giugno del ’19; questo, capace di ripulire sommariamente la scena del crimine e di andare il giorno dopo al funerale dello zio, di fare in macchina le prime confessioni al padre, poi le parole dolorose all’avvocato e agli inquirenti, le ammissioni, le storie di devianze e di ricatti, di paure, di spasmodico uso di cocaina. Nella cancellazione totale della lucidità: davanti alla quale, tuttavia, il pubblico ministero non potè non sottolineare come “davanti a condotte criminali come questa oggetto del processo è difficile credere che possano essere commesse da un umano. Il polimorfismo da cui è affetto Foffo, né l’intossicazione cronica da alcol, giustificano l’accaduto”, aggiungendo che con quei fatti si era toccato “l’abisso umano”.

Già “La ferocia”, Premio Strega, romanzo precedente di Lagioia, era approdato in palcoscenico. Oggi Capece affronta con “La città dei vivi” questo enorme quanto assurdo, disturbante magma di violenza e lo rende con una mirabile lucidità, in cadenze, calibrature, in una scrittura che eccelle nella descrizione di una Roma che si fa universale (riflessa nella scenografia di Rosita Vallefuoco, fatta di ruderi senza valore, dove anche il Giulio II di Raffaello è ormai posto a rovescio), forse autentico “caput mundi” in negativo, in quella polvere bianca che cade da ogni parte e ristagna, nei racconti e nelle esasperazioni, nei fallimenti, nella ricerca edonistica, nel fascino cieco, nei rapporti di incessante violenza e in quelli più intimi tra padri e figli, nel desiderio di spiegare sempre più a fondo quanto sia successo con l’introduzione della figura dell’autore, senza eccedere in quella ragnatela di voyeuristico che sarebbe in agguato e ucciderebbe ben altre problematiche che sono alla base di quel fatto di cronaca. Una stagione all’inferno, radicata, nera, duratura, che coinvolge pesantemente non soltanto quel nucleo di morti e di morte ma altresì la società intera, i vivi forse soprattutto, l’intero atomo opaco del male, irrimediabile, quella che vive tranquillamente dietro le pareti di case confortevoli e di famiglie rispettabili. Non soltanto narrazione: ma pretesa confessione di tutti, scavo che non vorresti mai eseguire, sino a diventare una “ossessione esistenziale”, “un’autopsia interiore” che tutto finisce per coinvolgere. Roma che è diventata caos e pseudo normalità, accettazione e indifferenza, lo specchio ben più ampio della “ferocia”, il lampo di un attimo e la quotidianità che riprende a scorrere. “Fare arte significa misurarsi con un abisso, senza la certezza di uscirne indenne”, aggiunge in ultimo quella che innegabilmente diventa la coautrice.

Il successo incondizionato della serata non potrebbe essere tale senza l’apporto dei quattro interpreti – Sergio Leone, Daniele Di Pietro, Pietro De Tommasi e Cristian Zandonella -, pronti a una inconsueta partecipazione, a una immedesimazione che a tratti è capace di mettere i brividi, a coinvolgere, a porre il pubblico davanti a colpe e momenti bui e situazioni che non hanno rimedio.

Elio Rabbione

Nelle immagini di Luca Del Pia, alcuni momenti dello spettacolo.

“Una Vita per il Jazz”

Domenica 14 dicembre dalle 20.30 al Conservatorio G. Verdi, concerto: “Una Vita per il Jazz” , Memorial Sergio Ramella, Concerto Benefit. Giunto alla seconda edizione, vuole ricordare la figura di Sergio Ramella, colui che da grande appassionato di jazz, ha portato a Torino e non solo i più grandi musicisti della storia del Jazz. I giovani di “To Young To Jazz” insieme ai musicisti del jazz piemontese, suoneranno oltre che per ricordare Ramella, anche per finanziare una borsa di studio per un giovane talento del corso di jazz al Conservatorio. La serata sarà presentata da Edoardo Fassio. Sul palco del conservatorio si alterneranno : Limen Collective di Fabrizio Leoni e Alessandro Soro, Trio Careful di Sonia Infriccioli, Mattia Basilico Quartet, Dario Caiffa Quartet, Mashkatarìa Quartet di Caterina Graniti. Special Guest : Nico Morelli, Gianpaolo Petrini, Alfredo Ponissi, Emanuele Sartoris, Marco Tardito, Luigi Tessarollo. L’ingresso è su donazione (a partire da 10 euro). Tutto il ricavato andrà a finanziare borse di studio per giovani musicisti e anche la rassegna To Young To Jazz.

Pier Luigi Fuggetta

“Padre, mostramelo ancora”

Music Tales, la rubrica musicale

Negli ultimi giorni circola online un misterioso brano attribuito a Pink e Lady Gaga, intitolato Forgive Me Father.
Video su YouTube, post sui social e clip rielaborate dai fan hanno alimentato l’idea di una collaborazione che avrebbe del clamoroso.
Ma c’è un problema: la canzone, a quanto pare, non esiste davvero.
Non compare nelle discografie ufficiali, né nelle piattaforme di streaming,
né in alcuno degli annunci delle due artiste.
Ed è proprio da qui che nasce un’inquietudine profonda: com’è possibile che qualcosa di non reale sembri così convincente da confonderci? Perché una parte di me, e forse di chiunque si imbatta in questi contenuti, si ritrova davvero spaventata dal non riuscire più a distinguere ciò che è autentico da ciò che è costruito.
Pink e Lady Gaga sono due delle figure più riconoscibili e potenti del pop contemporaneo.
La prima, con il suo graffio emotivo e la sincerità brutale, ha costruito un repertorio che parla di ferite, resilienza e verità. Gaga, invece, ha sempre giocato sul confine tra arte e performance, identità e trasformazione, realtà e finzione.
Forse proprio per questo l’idea di un loro duetto ci appare così credibile: la loro stessa arte vive da sempre su quel confine dove tutto potrebbe essere vero e tutto potrebbe essere messo in scena.
Eppure “Forgive Me Father” non risulta da nessuna parte. Non esiste un comunicato, non esiste un’uscita digitale, non esiste una conferma. È una sorta di miraggio pop: una canzone desiderata, immaginata, costruita dagli algoritmi o dai fan, ma non registrata da loro.
Paradossalmente, proprio il fatto che la canzone sembri reale anche se non lo è la rende ancora più significativa.
Forgive Me Father,per come è immaginata nei montaggi online, parla di colpa, confessione, liberazione.
Un tema che risuona con la sensibilità di entrambe le artiste.
Ma il vero significato, oggi, sembra riguardare noi ascoltatori:
quanto siamo vulnerabili di fronte a un contenuto che ci appare perfettamente plausibile, perfettamente costruito, ma completamente privo di radici nel reale?
Questa vicenda lascia una sensazione inquietante: viviamo in un tempo in cui la realtà è diventata fluida, manipolabile, riscrivibile con pochi click.
Video deepfake, audio ricostruiti, grafiche persuasive, titoli pensati per attirare attenzione… tutto può sembrare autentico, persino un brano mai registrato da due star mondiali.
Ed è qui che nasce la mia paura:
se non riusciamo più a riconoscere cosa è vero e cosa no, cosa diventerà di noi come ascoltatori, come cittadini, come persone?
L’informazione si sfilaccia, la fiducia si sbriciola, e ogni contenuto diventa un enigma da decifrare.
Forgive Me Father non esiste, ma il suo “fantasma” racconta perfettamente l’epoca in cui viviamo: un mondo dove tutto può essere simulato, replicato, imitato… fino a sembrare reale.
Forse, alla fine, il titolo stesso diventa una metafora:
“perdonaci Padre, perché abbiamo esagerato, perchè non sappiamo più vivere nel “qui ed ora” perchè non sappiamo più distinguere il vero dal falso”.
E questa consapevolezza, a me, oggi, fa paura. Paura vera.
“Ciò che è reale non è mai, se non per un istante, a un solo livello di realtà.”
  Michel Foucault
CHIARA DE CARLO
scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!
Ecco a voi gli eventi da non perdere

La poesia si fa rito: torna Atti Impuri con il Groovy Soup Collettive  

Sabato 13 dicembre, alle 20, l’Off Topic Cubo di Torino (via Giorgio Pallavicino 35) accende i riflettori su “Atti Impuri Poetry Slam & Groovy Soup Collettive”, una jam poetica e musicale che celebra la parola come atto collettivo, vivo e performativo.

Cuore della serata sarà “Atti Impuri”, una poetry slam che riunisce alcune delle voci e delle performance più interessanti della scena italiana, tra poesia performativa e improvvisazione. Un’arena in cui i versi diventano gesto, ritmo ed energia condivisa, trasformando ogni testo in un’esperienza scenica capace di coinvolgere il pubblico come parte attiva del rito poetico.

Con loro sul palco ci saranno i Groovy Soup Collettive, realtà nata nel 2023 e già forte di 14 musicisti provenienti da percorsi e scene differenti. Una formazione fluida che ha fatto dell’improvvisazione il proprio DNA: ogni performance nasce sul momento grazie al linguaggio di conduzione ritmo con señas, un metodo che intreccia musica, danza e ritualità in un’unica trama sonora.

Il collettivo si esibisce sia al completo sia in formazioni ridotte, alternando concerti a laboratori dal vivo che permettono ai musicisti di sperimentare nuove modalità creative e avvicinarsi a forme di espressione musicale inedite. Il risultato è sempre un’esperienza vibrante e profondamente partecipata, in cui l’innovazione prende forma nota dopo nota.

Valeria Rombolà

Torna in scena Novecento di Alessandro Baricco

Per la regia di Gabriele Vacis con gli artisti e le artiste di PoEM

Martedì 16 dicembre, alle 19.30, al teatro Gobetti, tornerà in scena Novecento di Alessandro Baricco, per la regia di Gabriele Vacis e interpretato per tre decenni da Eugenio Allegri, per il quale il monologo era stato scritto.

Ora si tratterà di una lettura corale che vedrà in scena Pietro Maccabei, Enrica Reabudo, Letizia Russo, Lorenzo Tombesi, Gabriele Valchera e Gabriele Vacis. Scenografia e ambienti sono di Roberto Tarasco, il suono di Riccardo Di Gianni. Lo spettacolo è prodotto dal teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale in collaborazione con PoEM, impresa Sociale Potenziati Evocati Multimediali. Sarà replicato fino a domenica 4 gennaio prossimo. Benny Boodmann, T.D. Lemon Novecento, pianista geniale e imprevedibile, cresce e vive sul transatlantico Virginian. Misterioso, libro irresistibile, lascia il mondo a bocca aperta scegliendo di non scendere mai dalla sua nave. Oggi il personaggio rivive in una rilettura corale con gli artisti e le artiste di PoEM. Le scenografie di Roberto Tarasco accompagnano ogni passaggio, mentre la musica che ha reso celebre la storia è la stessa e continua a incantare. Novecento cresce, esiste nel mate della musica in un viaggio emozionante, senza fine, che ha coinvolto migliaia di persone in tutto il mondo.

Teatro Gobetti – 16 dicembre 2025/ 4 gennaio 2026

Il 16, il 18 e il 20 dicembre ore 19.30/ il 17 e 19 dicembre ore 20.45/ domenica 21 dicembre ore 16/ dal lunedì 22 a giovedì 25 dicembre riposo/ venerdì 26 dicembre e sabato 27 dicembre, lunedi 29 e martedi 30 dicembre ore 19.30/ domenica 28 domenica, domenica 4 gennaio e giovedì 1 gennaio ore 16/ la recita di mercoledì 31 dicembre è fuori abbonamento e si terrà alle 20.30/ venerdì 2 gennaio ore 20.45.

Biglietteria: teatro Carignano, piazza Carignano 6, Torino / 011 5169555 / 800 235333/ biglietteria@teatrostabiletorino.it

Mara Martellotta

Il rock degli anni Sessanta e Settanta al Cineteatro Baretti

Il rock degli anni Sessanta e Settanta, con le emozioni che suscita, è protagonista di un doppio appuntamento il 10 e l’11 dicembre, alle ore 21,sul palcoscenico del teatro Baretti, con lo spettacolo “On Air”, scritto e con la regia di Andrea Murchio. Gli interpreti sono Alessia Olivetti, nei panni della musa Linda, e Eugenio Gradabosco. Lo spettacolo, teatrale e musicale insieme, racconta la storia di Rick Bradley, provocatorio stand up comedian, con la passione e quasi il vizio della musica. Alessia Olivetti e Eugenio Gradabosco, attraverso la musica, accompagnano il pubblico in un viaggio che fa rivivere l’atmosfera degli anni Sessanta e Settanta, con gli eventi essenziali e i protagonisti di quel periodo storico irripetibile: la morte di Martin Luther King, la guerra in Vietnam, la contestazione del ’68, la famiglia Manson, l’empeachment del Presidente Nixon. Questi avvenimenti sono accompagnati dai grandi pezzi degli artisti che dominarono le classifiche di quegli anni, quali i Beatles, i Beach Boys, i Doors, Bob Dylan. A suonare questi pezzi sono Claudio Nicola al basso, Francesco Brancato alla batteria, Alfredo Ponissi al sassofono, Guido Bartalesi alla chitarra, Frank Polacchi al pianoforte e la vice di Sandra Pettiti. Lo show è in ricordo di Andrea Murchio e Rosa Mogliasso.

Cineteatro Baretti – via Giuseppe Baretti, 4

Biglietti 14 euro intero – 12 euro ridotto

Mara Martellotta

“Ho tre belle notizie”: il comico Angelo Duro al teatro Colosseo

Il Teatro Colosseo ospiterà, fino al 21 dicembre prossimo, il comico Angelo Duro, protagonista assoluto della comicità contemporanea, che sarà in scena con la più lunga tenitura dell’intera stagione 2025–2026, per un totale di sedici serate consecutive (alcune già sold out) che stanno trasformando il teatro di via Madama Cristina nella “casa” dello spettacolo più atteso delle feste.

Dopo il successo travolgente del tour “Sono cambiato”, Duro ha scelto nuovamente Torino e il Teatro Colosseo per presentare al pubblico piemontese il suo nuovo show, “Ho tre belle notizie” che ha già registrato oltre 60 “tutto esaurito in tutta Italia” confermando un legame speciale con un palcoscenico che ha accompagnato e amplificato la sua esplosione artistica, diventando una delle piazze più importanti del suo percorso teatrale. Il Colosseo è stato infatti tra i primi teatri italiani a credere nella forza scenica di Angelo Duro, ospitando i debutti e contribuendo a quel passaparola straordinario che lo ha portato a riempire teatri in ogni regione e a imporsi come una delle voci più originali e seguite della stand-up italiana.

“Ho tre belle notizie” è il suo quarto spettacolo e arriva in un momento di maturità artistica definitiva e dopo il successo travolgente del suo primo film Io sono la fine del mondo dello scorso anno: un Angelo Duro più tagliente, più diretto, più spiazzante che mai. Il nuovo live promette una scrittura imprevista, sorprese narrative e il suo inconfondibile sguardo controcorrente, capace di far ridere mentre scardina certezze e mette a nudo ipocrisie, abitudini e fragilità del presente. E, come suggerisce il titolo, questa volta il pubblico è atteso da tre notizie, che solo il giovane comico sa trasformare in un mondo di provocazioni irresistibili.

La lunga residenza torinese, unica nel tour, fa del Colosseo il cuore della tournée invernale e conferma il ruolo del Teatro come luogo privilegiato per la comicità di nuova generazione: pop, intelligente, radicale e seguitissima.

Info: www.teatrocolosseo.it e sui profili social del Teatro

Mara Martellotta

“Malena e il tango” al teatro Gioiello, con Barbara De Rossi

Va in scena mercoledì 10 dicembre, al teatro Gioiello di Torino, per la regia di Francesco Branchetti e la direzione artistica di Vincenzo Iannone, lo spettacolo teatrale “Malena e il tango”, che rappresenta un viaggio intimo e struggente nell’anima di un  genere musicale e poetico che ha incantato generazioni. Ad interpretare il personaggio di Malena, che si ispira all’omonimo brano “Malena canta il tango”, non sarà Maria Grazia Cucinotta, come previsto all’inizio, ma l’attrice Barbara De Rossi, che diventerà la voce di un universo fatto di storie Intrecciate e sentimenti profondi. Le sue parole conducono il pubblico in un labirinto di emozioni, evocando immagini di vita a ritmo di tango. Le musiche omaggiato i grandi maestri del genere: Astoria Piazzolla, Carlos Gardel, Anibal Troilo e Osvaldo Pugliese. Brani iconici come Oblivion, Volver, Uelbo al sur e Malena canta il tango vivono sulla scena raccontando storie diverse, unite dalla forza del tango. A Malena si ispirò il grande poeta del tango, Homero Manzi, per il testo “Malena canta il tango”, scritto nel 1941 e musicato da Lucio Demare. In “Malena e io tango”, non vi è solo una danza, ma una filosofia di vita:una poesia che prende forma, fusione di corpi e di anime, desiderio e nostalgia che si animano in un sogno senza tempo. Ne nasce un mondo di magia evocato dalle luci e dagli elementi scenografici, capaci di esaltare il fascino femminile e la passione eterna. La regia indaga l’animo umano attraverso musica, toni, atmosfere e colori, guidata dall’interpretazione di una bravissima attrice.

Teatro Gioiello: via Cristoforo Colombo 31, Torino

Mara Martellotta

“Dreams” per ricordare Marco Di Rella

 SABATO 13 DICEMBRE ALLE 21, SPETTACOLO SOLIDALE AL TEATRO SUPERGA DI NICHELINO

ADRIANA CAVA DANCE COMPANY E ADRIANA CAVA JAZZ BALLET UNITI IN SCENA PER SOSTENERE L’UGI (UNIONE GENITORI ITALIANI)

Marco Di Rella era un giovane nichelinese con tanti progetti nel cuore e un sorriso pieno di vita, scomparso tre anni fa a soli 26 anni a causa di un male incurabile, una tragedia che ha sconvolto la sua famiglia, i suoi tanti amici e l’intera comunità nichelinese.

Per ricordarlo e sostenere chi si occupa delle persone che soffrono si è pensato di mettere in scena lo spettacoloDreams”, una performance di danza dai ritmi suggestivi e coinvolgenti, in cui si alterneranno sul palcoscenico i giovani allievi della scuola Adriana Cava Jazz Ballet e i ballerini della compagnia Adriana Cava Dance Company.

Quest’anno il filo conduttore della serata è uno sguardo fantastico e a tratti onirico sulla realtà contemporanea, senza tralasciare l’omaggio ad alcuni grandi musical come I Miserabili, Cats, Otello l’ultimo bacio, Notre Dame de Paris.

Adriana Cava

La danza e la musica, legate in un eccellente lavoro coreografico dalla “scatola magica” del palcoscenico, porteranno il pubblico nella dimensione delle emozioni più profonde e preziose.

Gli interpreti delle coreografie saranno gli allievi della scuola Jazz Ballet e i ballerini professionisti della Compagnia, dirette entrambe da Adriana Cava, che con il loro talento e professionalità daranno vita ad una serata speciale. Allo spettacolo parteciperà come ospite Elena Bidoia, artista di grande valore per le sue coreografie aeree e direttrice della famosa scuola Fly Royal Academy.

Il ricavato dello spettacolo, in scena sabato 13 dicembre alle 21 presso il Teatro Superga di Nichelino, sarà devoluto per sostenere le attività dell’Unione Genitori Italiani di Torino, dedicate quotidianamente alla cura di tanti bambini che lottano quotidianamente contro le patologie tumorali presso l’ospedale pediatrico Regina Margherita.

La serata vuole celebrare e ricordare una giovane vita spezzata dal destino, un evento che ha lasciato attoniti e stupiti tutti coloro che lo conoscevano, per una notizia che non avrebbero mai voluto ricevere. Tifosissimo dell’Inter, Marco lavorava in un supermercato nichelinese.

«Sono davvero lieta di riportare questo spettacolo a Nichelino e di onorare così la memoria di Marco Di Rella – spiega Adriana Cava -. Questa serata si prefigge l’obiettivo primario di far sognare e riflettere al contempo chi ci verrà a vedere, e con la mission di dare una mano concreta a sostenere economicamente le molteplici attività promosse dall’UGI, Unione Genitori Italiani al fianco dei bambini che lottano contro importanti patologie tumorali».

Adriana Cava, danzatrice, insegnante e coreografa, ha saputo creare un suo stile caratterizzato da un elevato livello tecnico e da una grande espressività: ogni anno organizza numerosi spettacoli e rassegne che porta in tourneè in Italia e all’estero.

Il prezzo dei biglietti è pari a 15 euro per quelli interi, 10 euro i ridotti per bambini fino a 10 anni.

Per informazioni e prenotazioni si può contattare i seguenti indirizzi di posta elettronica: jazzballet@virgilio.it oppure  info@adrianacava.it .


In alternativa si può chiamare la segreteria del Jazz Ballet, al numero telefonico 389/66.316.57, dal lunedì al giovedì dalle 16.30