SPETTACOLI- Pagina 161

Rock Jazz e dintorni Fiorella Mannoia e il duo Spaccamonti & Gabrielli

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Gli appuntamenti musicali della settimana

 

Martedì. Al Magazzino di Gilgamesh suona il chitarrista blues Max Altieri. Al Circolo della Musica di Rivoli Cecilia e Carlot-ta, dedicano la loro esibizione alle figure di Demetra e Persefone.

Al Jazz Club si esibiscono i Wood Gast mentre al Blah Blah sono di scena i Lords of Altamont.

Mercoledì. Al Jazz Club la jam session blues vede protagonista Samuele Di Nicolantonio e Tom Harp Newton. Al Teatro Colosseo recital di Fiorella Mannoia.

Giovedì. Al Jazz Club suona il trio del sassofonista Fuat Sunay. Al Cap 10100 per la rassegna “Cappunk”, si esibiscono Le Schiene di Schiele, Distinto, Lechuck + i Meganoidi  in versione acustica. Al Blah Blah suona il chitarrista Paolo Spaccamonti con il pluristrumentista Enrico Gabrielli. Al Cafè Neruda si esibisce il trio della pianista Chiara Nicora.

Venerdì. Al Jazz Club tributo a Thelonious Monk con il trio acustico del batterista Marco Betti, (il giorno dopo sempre al Jazz Club in versione elettrica). Al Blah Blah sono di scena i Pankow.  All’Arteficio blues con Paolo Demontis & The Good Gheddo. Al Folk Club si esibisce Davide Ambrogio. Allo Ziggy suonano i Carthago e Tramontana.

Sabato. Al Folk Club per “Radio Londra” è di scena la vocalist Adrienne West. Alla Suoneria di Settimo Ginevra Di Marco presenta lo spettacolo “Quello che conta”, con le canzoni di Luigi Tenco. Al Blah Blah suonano i Linda Collins. Al Cap 10100 si esibiscono gli Intelligent Music Project  mentre allo Ziggy sono di scena i Pinhdar preceduti dai Varylem.

Domenica. Al Jazz Club si esibisce la cantante Karima.

 

Pier Luigi Fuggetta

 

Il “Casanova” di Red Canzian, uno spettacolo maestoso tra passioni e duelli

Sul palcoscenico dell’Alfieri, dall’8 al 13 marzo

 

Dice Red Canzian: “Ho cullato a lungo l’idea di comporre un’opera musicale dedicata alla città di  Venezia, forse l’unica al mondo di tale notorietà a non avere un “suo” musical, e a Giacomo Casanova, uno dei personaggi italiani universalmente conosciuti, ma finora raccontato in una chiave sempre un po’ monotematica, mentre io volevo rappresentarlo nelle tante sfumature che fanno di lui una delle figure storiche più interessanti che l’Italia e Venezia in particolare possano vantare”. Ed ecco: tre anni di lavoro, un’immaginazione che dovrà acquistare concretezza e impadronirsi di un palcoscenico, la lettura del best seller (uscito nel 2018 e tradotto in oltre dieci lingue) di Matteo Strukul “Giacomo Casanova – La sonata dei cuori infranti” che ha fatto accendere la scintilla verso un’ispirazione che avrebbe allineato due ore di musica per 35 brani inediti, di cui 29 cantati e sei esclusivamente musicali, con la regia di Emanuele Gamba. E poi i 35 cambi di scena costruiti con una tecnica di proiezioni ad altissima definizione dall’effetto immersivo – catturare innanzitutto le immagini di una Venezia deserta, chiusa nei silenzi della pandemia, trattarle ripulendole di ogni elemento moderno e lasciare che lo spettatore si ritrovasse immerso nella città di Goldoni e degli impresari e delle sale teatrali, di Tiepolo e di Guardi e di Canaletto, dentro le calli e i palazzi della nobiltà, piazza San Marco e le chiese colme di tesori, la laguna e la prigione dei Piombi, oltre i confini tra le sale dei castelli del Nord -, per dare vita ad un’epoca, per ricreare in modo felicemente tangibile la città lagunare del 1755; e ancora i 120 costumi disegnati da Desirée Costanzo e realizzati dall’Atelier Stefano Nicolao (nomination all’Oscar per i costumi di “Eyes Wide Shut” di Kubrick), gli apporti di Chiara Canzian resident director, di Fabio Barettin e di Massimo Checchetto, rispettivamente lighting designer e direttore degli allestimenti scenici, le coreografie di Roberto Carrozzino e Martina Nadalini.

Senza dimenticare l’immagine sensuale che Milo Manara, già anima felliniana per il film del regista riminese, torna a regalare dopo quasi cinquant’anni al pubblico a presentazione e suggello dello spettacolo, l’abbraccio tra l’infallibile seduttore e la sua giovanissima fiamma, cui inaspettatamente non riuscirà a sfuggire. “Ho pensato a “Casanova Operapop” – aggiunge ancora Canzian – con lo sviluppo dell’opera all’italiana, nella quale la storia e i personaggi prendono forma attraverso la musica e le parole delle canzoni, scritte da Miki Porru, e dove i dialoghi punteggiano il racconto in pochi momenti, seppur importantissimi. Per rendere lo spirito epico delle composizioni, arrangiate magistralmente da Phil Mer, abbiamo registrato l’Orchestra Sinfonica di Padova e del Veneto, diretta dal Maestro Carmelo Patti, fusa con i suoni moderni di una band ”.

Dopo le repliche e il pieno successo di Bergamo e Udine, delle serate al Malibran veneziano e agli Arcimboldi milanesi, “Casanova” giunge finalmente all’Alfieri di Torino (da martedì 8 sino a domenica 13) per il cartellone del “Fiore all’occhiello” di Torino Spettacoli. L’attesa è molta, qualcuno ha definito lo spettacolo “maestoso” e imperdibile. A chi assisterà, un momento dell’esistenza di un uomo di circa trent’anni, non soltanto avventuriero e libertino, ma di un uomo che fu altresì scrittore, esoterista, alchimista, poeta, filosofo, diplomatico e agente segreto della Serenissima (più volte il cinema s’è “accorto” del personaggio, non solo Fellini, anche tra i tanti Steno e Comencini, Lasse Hallström e Scola con il suo capolavoro “Il mondo nuovo”, un Casanova vecchio, alle prese con la fuga del re Luigi verso Varenne, nella tragedia della Rivoluzione francese), che viaggiò nelle varie corti e frequentò i salotti di mezza Europa, che ebbe rapporti con Caterina di Russia e con Federico di Prussia, con Rousseau e con Voltaire, con la Pompadour e con Mozart (una tradizione vuole che abbia partecipato alla stesura del libretto del “Don Giovanni”), che scrisse la propria autobiografia in francese (“Histoire de ma vie”), che visse tutta la propria vita secondo le “leggi” e i precetti di quella aristocrazia da cui era stato escluso per nascita e nella quale cercava di rientrare, avvalorando con parole e scritti anche la voce secondo cui era il figlio di una relazione adulterina della madre Zanetta Farussi, attrice veneziana di un certo successo, con il nobile Michele Grimani.

A raccontare la decadenza della Serenissima, il ritorno dall’esilio a Vienna, i duelli e le trame dell’inquisitore Garzoni per impadronirsi del potere, le figure di una vecchia passione, Gretchen, e della contessa Margarethe von Steinberg, le sfide amorose e le conquiste, la bellezza e il fascino, la prigione e la fuga, sono Gian Marco Schiaretti (Casanova), Angelica Cinquantini (la giovane Francesca che ne catturerà il cuore), Gipeto come potente e corrotto inquisitore e Manuela Zanier che è la contessa. E ancora Paolo Barillari, Jacopo Sarno, Roberto Colombo, Antonio Orler, Silvia Scartozzoni, Rosita Denti e Alice Grasso. Con loro il corpo di ballo con dieci ballerini, non solo impegnati a danzare ma a ricoprire i tanti piccoli personaggi e il popolo sconosciuto di una città nei diversi momenti corali della storia.

 

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono firmate da Jarno

“Orme in viaggio” con Pinocchio riporta il teatro a Volpiano


Domenica 6 marzo il saggio del laboratorio, giunto alla 21esima messa in scena

Domenica 6 marzo alle 21, nella sala polivalente di Volpiano (via Trieste 1), il laboratorio di teatro «Orme in viaggio» presenta «Pinocchio»; informazioni e prenotazioni alla biblioteca comunale di Volpiano (telefono 011.9882344, e-mail biblioteca@comune.volpiano.to.it).

Si tratta del ventunesimo saggio proposto dal laboratorio gestito dall’associazione culturale Crab e diretto da Pierpaolo Congiu e Antonio Villella. «Abbiamo lavorato – sottolineano gli organizzatori – con i giovani allievi di “Orme in viaggio “ ad una messa in scena allegra, colorata, divertente, che  rispecchiasse il loro stato d’animo e la enorme voglia di tornare a far teatro, di stare insieme, dopo questi due  difficilissimi anni».

«Orme in viaggio» è rivolto ai ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado e propone lezioni su recitazione, dizione ed espressione corporea, tenute da attori professionisti.

Film d’autore alla Soms di Racconigi dedicati alle donne, alle minoranze, a Pasolini

SOMS di Progetto Cantoregi

Via Carlo Costa 23 – Racconigi (Cn)

Domenica 6 marzo, nell’ambito di CuneiForme, ore 17: Bogre. La grande eresia europea

Martedì 8 marzo, per la Giornata internazionale della donna, ore 21: Le donne del sesto piano

Domenica 13 marzo, film per bimbi e famiglie, ore 17: Oceania

Domenica 27 marzo, film per bimbi e famiglie, ore 17: Mulan

Lunedì 28 marzo, per il Centenario pasoliniano, ore 21: Il Vangelo secondo Matteo

Ingresso: 5 euro adulti / 3 euro bimbi

www.progettocantoregi.it

Continua per tutto il mese di marzo il grande cinema alla Soms di Racconigi, grazie al lavoro condiviso di Progetto Cantoregi, Tocca a noi e Goccia dopo Goccia, con il sostegno del Comune di Racconigi, a cui si aggiunge la collaborazione con la Cineteca nazionale di Bologna e l’Associazione Museo Nazionale del Cinema ETS.

In calendario film d’autore del passato e del presente, oltre che pellicole per bambine e bambini, che saranno proposti in occasione della Giornata internazionale della donna, del Centenario pasoliniano e sul tema dei Diritti, a cui è dedicata la terza edizione CuneiForme di Progetto Cantoregi.

Si parte domenica 6 marzo alle ore 17 con Bogre. La grande eresia europea di e con Fredo Valla che sarà presente alla proiezione per dialogare con il pubblico in sala sui temi del film.

Martedì 8 marzo alle ore 21 in occasione della Giornata internazionale della donna viene proposto Le donne del 6° piano, film di Philippe Le Guay.

Alle bambine e ai bambini saranno dedicate le proiezioni successive.

Domenica 13 marzo alle ore 17 lo schermo si accende con le avventure di Oceania, pellicola prodotto dai Walt Disney Animation Studios.

Domenica 27 marzo alle ore 17 viene proiettato Mulan,sempre di Walt Disney.

Lunedì 28 marzo alle ore 21 per celebrare il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini , viene proposto Il Vangelo secondo Matteo, grazie alla collaborazione con laCineteca nazionale di Bologna e con l’Associazione Museo Nazionale del Cinema ETS.

Prenotazione consigliata ma non obbligatoria: info@progettocantoregi.it 349.2459042.

Ingresso: 5 euro adulti / 3 euro bimbi.

Gli spettatori che hanno contribuito alla donazione aderendo al crowdfunding “Riporta il cinema a Racconigi!”, se si presentano in sala per la prima volta, avranno diritto all’ingresso gratuito e riceveranno una borsa di tela Progetto Cantoregi in omaggio.

Obbligo di Green Pass rafforzato e di mascherina Ffp2.

Gli appuntamenti si svolgeranno nel pieno rispetto delle normative anti-Covid.

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È possibile acquistare la tessera 2022 a offerta libera (costo minimo di 10 euro), per sostenere le attività di Progetto Cantoregi. Da quest’anno i cittadini potranno devolvere il 2×1000 dell’Irpef a favore dell’Associazione Progetto Cantoregi (C.F. 02398300042).

“Belfast”. Pagine convincenti e debolezze tra i ricordi del regista

Sugli schermi il film di Kenneth Branagh, con sette candidature agli Oscar

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

All’inizio le immagini di oggi a colori, poi è sufficiente che la macchina da presa scavalchi un muretto perché la strada del quartiere, dove vivono in amicizia cattolici (in minoranza) e protestanti e dove tutti si salutano e si sorridono, le facce che s’incrociano e gli abbracci, le madri che corrono a recuperare i figli che non hanno ancora voglia di rientrare, le urla e i giochi del piccolo Buddy, gli innocenti diverbi e le pacche sulle spalle, tutto affonda nel bianco e nero bellissimo, che ci riporta con più facilità a quella fine degli anni Sessanta, di Haris Zambarloukos. Sono le prime immagini di “Belfast” che Kenneth Branagh, sceneggiatore e regista, dedica alla propria infanzia (come il nostro Sorrentino con “È stata la mano di Dio”), al suo amore per la propria città (ma i confini per lui sono tra quelle case di operai che arrancano per arrivare a fine mese), ai genitori (una madre che combatte con le rate da pagare e che ogni mese gioisce se è riuscita a farsene fuori una, ed un padre che lavora lontano e che torna a casa ogni quindici giorni esatti), ai nonni (lei più ruvida, il vecchio nonno pieno d’affetto e malato, gran filosofo della vita, che guida il ragazzino nei suoi compiti di aritmetica, così che il nipotino possa eccellere in classe e guadagnare i primi banchi, vicino alla cattedra, soprattutto vicino alla compagna Catherine per cui già stravede: e qui, diciamolo subito, Judi Dench e Ciaràn Hinds sono le chicche del film, capaci di portarsi a casa ad occhi chiusi quegli Oscar quali migliori attrice e attore non protagonisti – vivaddio a Hollywood fanno ancora una distinzione! – cui sono candidati). Al suo amore per il cinema, via di fuga domenicale dalla tragedia che sta per sopraggiungere, gli occhi sgranati e le bocche spalancate verso lo schermo grande (o su quello ridotto della tivù), che scorrano le immagini di “Mezzogiorno di fuoco” o di “Citty cittty bang bang” o di Raquel Welch in bikini preistorico in “Un milione di anni fa” è la stessa cosa: e visto che Buddy è Branagh, un alter ego biondo e già maturo, quel bambino sa, dentro quella sala, cosa farà da grande.

Poi, il 15 agosto 1969, i “troubles” tra Cattolici e Protestanti riducono in cenere la convivenza tra le persone, improvvisamente. La famiglia di Buddy ne è coinvolta, loro sono protestanti ma non sicuramente accesi, le invasioni e i saccheggi (certo la tentazione c’è, il fustino di polvere per lavare fa gola anche a lui ma ci pensa sua madre a farglielo restituire) li lasciano al teppistello che, tra macchine bruciate e barricate a difendere l’entrata della strada, cerca di imporre a tutti la propria legge. Il mondo in un attimo è cambiato, magari si buttano in un angolo i giochi con l’obbligo di scendere in strada. Ahimè, è anche il mondo in cui il film presenta delle crepe, accusa il “non tutto è perfetto”, diventa a tratti retorico o troppo sentimentale o anche furbetto e “facile”. E ancora: si rivela un susseguirsi di episodi, di momenti, alcuni eccellenti nel grande valore delle immagini, nella ricercatezza che è propria del regista (lo notavamo anche nel recente “Assassinio sul Nilo”), altri di tono minore. Vuol dire troppo e fa vedere troppo, in una realtà che a volte non sai se intendere come tale o rivoltarla in gioco o immaginazione del piccolo protagonista: la scena in cui il padre, da sempre considerato un eroe, colpisce il cattivo di turno con un sasso e gli toglie la pistola di mano, è un momento francamente non del tutto apprezzabile o credibile. Come, per alcuni tratti, ne soffre lo sguardo del Buddy del più che volenteroso ma ancora inesperto Jude Hill, con i suoi stupori, le sue ansie, i suoi pianti, la sua allegria, il suo dire sì alla decisione dei genitori di lasciare Belfast, un ragazzino di oggi che s’impegna a “costruire” il Branagh ragazzino di nove anni di ieri mentre lo stesso Branagh avrebbe dovuto avere il coraggio di lasciarlo andare a briglia sciolta, recuperando con maggior sincerità, con più efficace naturalezza i tanti diversi sentimenti secondo la sua “inesperienza”.

Il film è dedicato a coloro che sono partiti e a quanti sono rimasti, anche a quelli che si sono persi lungo il percorso: Branagh è ormai un beniamino di Hollywood (e una macchina per far soldi) e il suo “Belfast” non rimarrà a mani vuote nella notte degli Oscar (sono sette le candidature, oltre a quelle a cui già abbiamo accennato, quelle per migliori film e regia, miglior sceneggiatura originale, miglior sonoro e migliore canzone, “Down to Joy” di Van Morrison, ma tutta la colonna sonora è godibilissima). Chissà con quanta nostalgia guarda oggi a quella strada, a quella nonna lasciata sulla porta di casa ancora a sentenziare, a quel nonno sepolto e festeggiato subito dopo, a quella biondina che aveva giurato di voler sposare? Chissà.

I concerti di primavera dell’Orchestra Polledro, diretta dal maestro Federico Bisio

In programma al teatro Vittoria, si richiamano alla dicitura di una sinfonia di Haydn “Tempora mutantur”

Proseguirà con tre concerti di primavera la stagione 2021/2022 dell’orchestra Polledro, con Federico Bisio sul podio quale direttore stabile, nella cornice torinese del Teatro Vittoria.
I concerti , in programma rispettivamente martedì 1 marzo  alle 21, martedì 5 aprile, sempre alle 21 e martedì 17 maggio alle 21, prendono il titolo dal brano sinfonico che verrà eseguito nell’ultimo degli appuntamenti, “Tempora mutantur”, la Sinfonia n. 64 in La maggiore di Joseph Haydn, composta tra il 1773 e il 1775, quasi al termine del periodo dello Sturm und Drang, durante il quale Haydn produsse i brani più significativi del suo repertorio.
Il primo concerto di primavera, in programma martedì 1 marzo al teatro Vittoria, alle 21, vedrà l’Orchestra Polledro, diretta dal direttore stabile Federico Bisio, con il violino solista Tommaso Belli, impegnata nell’esecuzione del Concerto per Violino e Orchestra in Re maggiore n. 4 Kv 218 di Wolfgang Amadeus Mozart e in quella della Sinfonia in La maggiore n. 29 KV 201. Il primo concerto si richiama alla matrice della scuola italiana cui Mozart aggiunse il suo inconfondibile estro melodico; pare, infatti, che egli si sia ispirato a un concerto di Boccherini scritto nella stessa tonalità, presumibilmente nel 1768, e da lui stesso apprezzato dopo averlo ascoltato in Italia. La Sinfonia n. 29 in La maggiore K 201, completata a Salisburgo nell’aprile del 1774, rappresenta una tra le più note sinfonie giovanili mozartiane. Questo brano, insieme alla Sinfonia in do maggiore K 200 e a quella in sol minore K 183, rappresenta una svolta nel processo di affrancamento dall’influenza dominante del gusto italiano, anche grazie ai contatti proficui che la capitale imperiale viennese sviluppò con le tendenze contemporanee più significative. Mozart in questa sinfonia sicuramente si ispirò a Haydn, al carattere dialettico del suo bitematismo e alla sua solida costruzione, proseguendo la ricerca verso nuovi riferimenti stilistici. I risultati espressivi vanno in direzione di una rielaborazione del modello originale e di un’impronta che rende Mozart piuttosto vicino alla nascente poetica dello Sturm und Drang.
Il secondo concerto primaverile dell’orchestra, in programma martedì 5 aprile alle 21, per la direzione del maestro Federico Bisio e Carlo Romano quale primo oboe, sarà incentrato sull’esecuzione della Serenata in Si bemolle maggiore KV 361 di Mozart, detta “Gran partita”. Si tratta di una composizione considerata, per la sua scrittura innovativa, “un vero monumento della musica per strumenti a fiato”. Non si conosce esattamente quando Mozart compose questa serenata e una datazione certa di quest’opera rivestirebbe certamente una grande importanza, in quanto consentirebbe di chiarire alcuni particolari della stessa biografia mozartiana. Nel catalogo mozartiano, tuttavia, la “Gran Partita” occupa una posizione di particolare rilievo per la grandiosità della sua struttura formale, che conta sette movimenti, per la genialità dell’invenzione melodica e armonica e per l’originalità dell’organico strumentale. Mozart, al tradizionale complesso di due oboi, due clarinetti, due fagotti e due corni, aggiunse una seconda coppia di corni, il contrabbasso e due corni di bassetto, che qui fanno la loro prima comparsa nella sua opera, per poi riapparire nel primo atto del Ratto del Serraglio. Di rara bellezza è il terzo tempo di questa Serenata, l’Adagio, una pagina notturna e appassionata, contraddistinta da un canto di grande dolcezza e melanconia, introdotto da una coppia di corni.
Il terzo concerto, in programma martedì 17 maggio prossimo, alle 21 sempre al teatro Vittoria, e diretto dal maestro Federico Bisio, si articolerà in tre diversi ascolti. Di Joseph Myslivecek verrà eseguita la Sinfonia in Sol maggiore ED. 10:G10; di Luigi Boccherini la Sinfonia in re minore Op. 12 n. 4 G 506 intitolata “La casa del diavolo” e di Franz Joseph Haydn la Sinfonia in La maggiore n. 64 Hob I :64, dal titolo “ Tempora mutantur”.
Myslivecek è stato un compositore ceco, attivo in particolar modo in Italia, dedito soprattutto alla lirica e rimasto sempre fedele alle convenzioni dell’opera seria italiana. Come compositore spazio’ anche al di fuori dell’ambito lirico, componendo molteplici sinfonie, concerti, trii, quartetti, quintetto, ottetti, sonate per violino e musica per tastiera.
La Sinfonia in Re minore opera 12 n. 4 (G 506), detta “La casa del diavolo”, fu composta da Luigi Boccherini nel 1771 mentre il musicista era al servizio dell’Infante Don Luis di Spagna. Nel manoscritto è riportato, per quanto riguarda l’ultimo movimento, che “Chaconne rappresenta l’inferno ed è stato fatto a imitazione di quello di Mr Gluck nel Convitato di Pietra”.
Infine la Sinfonia n. 64 in La maggiore, nota anche come “Tempora mutantur”, di Franz Joseph Haydn, è stata composta tra il 1773 e il 1775, al termine di quel periodo dello Sturm und Drang durante il quale lo stesso Haydn compose i brani tra i più importanti del suo repertorio. Il soprannome “Tempora mutantur” è stato dato dallo stesso compositore. Si tratta di una dicitura che egli appose sulle partiture orchestrali preparate per la prima esecuzione di questa sinfonia al Castello Esterhazy. Questa dicitura proviene dalla popolare raccolta di Epigrammi di John Owen, pubblicata nel 1615.
La strumentazione prevede due oboi, due corni e archi. I movimenti della sinfonia sono quattro, coerentemente con i canoni della sinfonia del Classicismo.
Biglietti in prevendita presso www.ticket.it e la sera stessa del concerto presso il Teatro Vittoria, in via Gramsci 4, a Torino, a partire dalle ore 20.
Ente organizzatore Orchestra da Camera Giovanni Polledro

Mara Martellotta

La pandemia non ha fermato il grande Carnevale di Saluzzo

Un successo oltre ogni più rosea aspettativa. Anche per l’edizione 2022 sono i numeri a certificare l’ottima riuscita del 94° Carnevale Città Saluzzo 68° Carnevale di Rivoli – “Il Carnevale delle 2 Province”, svoltosi lo scorso fine settimana a Saluzzo. Un’edizione partita con ancora il timore della pandemia, ma che gli organizzatori della Fondazione Amleto Bertoni, organizzatrice dell’evento in sinergia con la Proloco di Rivoli, hanno saputo adattare in sicurezza con tanti eventi anche in presenza, per la gioia di grandi e piccoli che sabato 27 e domenica 28 febbraio hanno così potuto vivere un Carnevale quasi normale ammirando le maschere di Saluzzo, con Castellana e Ciaferlin in testa, passeggiare in alcuni punti nevralgici della Città, dove sono anche apparsi alcuni elementi delle fantastiche realizzazioni dei carristi. Le foto e i contributi video di 30 gruppi tra famiglie, carristi e oratori hanno animato il grande contest on-line, con le premiazioni svoltesi in presenza dagli spazi de “Il Quartiere” – Ex Caserma Mario Musso di Saluzzo e in contemporanea sulla pagina Facebook della Fondazione Amleto Bertoni, che durante l’evento, profilo compreso, ha toccato le 6.600 visite totali. Oltre 43.400 le interazioni con i followers, più di 34mila le visualizzazioni video di almeno 3” con oltre 4.700 interazioni con gli stessi. Più di 350mila, infine, le persone raggiunte dalla pagina Fb tra il 25 gennaio e il 27 febbraio, periodo di evento.

I Pinguini Tattici Nucleari per la prima volta sul palco di Collisioni

Domenica 10 Luglio ad Alba.

FEAT. LA RAPPRESENTANTE DI LISTA

NELL’UNICA TAPPA PIEMONTESE DOPO IL SUCCESSO DI SANREMO

 Dopo il sold out in 20 minuti di Blanco, finalmente annunciati gli headliner della domenica di Collisioni: saranno i Pinguini Tattici Nucleari, reduci dal successo di Sanremo 2020 con Ringo Starr, e autori di pezzi diventati classici come Scrivile ScemoPastello Bianco e Ridere a salire per la prima volta sul palco di Collisioni.

DOVE ERAVAMO RIMASTI TOUR sintetizza tutta la voglia della band di andare avanti e ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle questi due anni di stop ai grandi eventi, una parentesi rubata da cancellare e dimenticare per ripartire -appunto- da dove si era rimasti. Se è vero che i PINGUINI TATTICI NUCLEARI non si sono mai fermati, con un’autentica collezione di Dischi d’Oro, di Platino, Doppio e Triplo Platino ad accompagnare il loro incredibile successo, è altrettanto vero che DOVE ERAVAMO RIMASTI TOUR è il modo più bello per tornare ai concerti all’aria aperta ed estendere l’abbraccio ai fan che non hanno mai smesso di sostenerli.

Ad aprire il concerto sul palco di Collisioni, avremo il piacere di ascoltare La Rappresentante di Listanell’unica tappa piemontese del suo MY MAMMA – CIAO CIAO EDITION dopo il successo a Sanremo con la canzone che già si annuncia un tormentone estivo. Un successo su tutti i livelli, con numeri in crescita sui social media, sin dall’inizio della settimana sanremese: i follower su Instagram sono più che raddoppiati, quelli su Tik Tok arrivati a 50mila, con più di 6 milioni di visualizzazioni, il brano è stato utilizzato in oltre 50mila video, rendendo “CIAO CIAO” il terzo brano sanremese più utilizzato sulla piattaforma.

Il festival è reso possibile dal sostegno di Comune di AlbaBanca D’AlbaRegione PiemonteEgeaConfederazione Italiana Agricoltori CuneoLatterie InalpiDistillerie Berta.

I biglietti per il concerto dei Pinguini Tattici Nucleari saranno disponibili in prevendita a partire dalle ore 14 di lunedì 28 Febbraio sui circuiti di Ticketone.itTicketmaster.it, e Ciaotickets.com

Rock Jazz e dintorni: Loredana Bertè e Pippo Pollina

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al Jazz Club suona il pianista Massimo Danilo Ilardo. Al Folk Club è di scena Pippo Pollina con il Palermo Acoustic Quintet.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana suona il Trio de Janeiro con la cantante Sabrina Mogentale, Gilson Siveira e Fabrizio Forte. Al Jazz Club jam session con Big Harp e Vinny Petrone.

Giovedì. Al Cafè Neruda suona il quartetto del sassofonista Luca Biggio mentre al Dash si esibisce il quartetto di Fuat Sunay. Al Teatro Colosseo recital di Loredana Bertè. Al Jazz Club sono di scena i Dipinti di Blues.

Venerdì. Al Jazz Club suona il trio del pianista Emanuele Sartoris. All’Arteficio si esibiscono Dodo &Charlie. Al Teatro Colosseo arrivano i Tiromancino. Al Magazzino sul Po suona il quintetto del sassofonista Pietro Santangelo. Al Blah Blah si esibiscono gli Estetica Noir.

Sabato. Al Capolinea 8 è di scena il quartetto Black Inside. Al Teatro Colosseo suona Jimmy Sax con la Symphonic Dance Orchestra. Al Jazz Club si esibisce il quartetto di Gigi Venegoni e Roberta Bacciolo. Al Magazzino sul Po suonano i Baklava Klezmer Soul.

Domenica. Al Jazz Club è di scena il quartetto Tchelegooro.

Pier Luigi Fuggetta

Gassmann e i rapporti familiari fatti di parole mai dette

“Il silenzio grande” di Maurizio De Giovanni al Carignano per la stagione dello Stabile

 

Il primo incontro tra i due avvenne sette anni fa allorché Maurizio De Giovanni adattò per il palcoscenico “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Kesey, poi arrivò il successo del commissario Lojacono e dell’avamposto poliziesco dei “Bastardi di Pizzofalcone” (una sorta di 87° distretto newyorkese con stanza a Napoli), con le sue facce, con i drammi personali, con i casi da risolvere. Una collaborazione, fatta di amicizia e di desiderio di sperimentare su più fronti, quella nata tra Alessandro Gassmann e il giallista più acclamato di casa nostra (il pubblico che corre in libreria o punta gli occhi sulla tivù di casa per i casi del commissario Ricciardi, di Mina Settembre o dell’ex agente segreto Sara), da cui è nato “Il silenzio grande”, visto al cinema e giunto finalmente al Carignano per la stagione dello Stabile torinese.

In un’antica villa, poco sopra Posillipo, nella Napoli della fine degli anni Sessanta, vivono Valerio Primič, un acclamato scrittore già vincitore di tre Premi Strega, di un Bancarella e di un Campiello, lontano da ogni contatto esterno (la finestra che dà sul golfo è l’unico sguardo, ma “chiudila perché fa freddo”), appartato nella sua ampia biblioteca, dove ogni volume ha uno suo spazio religiosamente codificato, davanti alla macchina da scrivere che da un po’ di tempo non fa sentire il ticchettio dei tasti: un uomo che alla propria famiglia non ha mai fatto mancare nulla e che il successo fatto di tanti titoli e i diritti d’autore hanno brillantemente e agiatamente supportato. Con lui la moglie Rose, pratica, decisa, attenta a far quadrare i conti di casa, i due figli Adele e Massimiliano e la cameriera Bettina, una donna che lo rimprovera di aver taciuto troppi accadimenti del passato, fatta allo stesso tempo di saggezza e di ignoranza (per lei “pragmatica” è una parolaccia), un po’ l’anima della casa e soprattutto punto d’appoggio per lo scrittore, la sola con cui confrontarsi.  L’unica capace di ristabilire con il padrone di casa un quadro esatto dell’esistenza. Un quadro domestico in apparenza come tanti, rassicurante. Sembrerebbe, perché così non è. Il vecchio tenore di vita non è più sostenibile e la decisione di vendere la casa (il bell’ordine del primo tempo, i libri, il tappeto, il vogatore per i momenti di relax, ogni cosa verrà squinternata, imballata nel secondo negli scatoloni che i facchini verranno a ritirare: la scena, davvero bella, è di Gianluca Amodio) risveglia in quanti la occupano il desiderio e il coraggio di confrontarsi con il padre, formandosi all’interno della stanza un intreccio di rapporti familiari, di parole mai dette (“tanti piccoli silenzi danno vita a un silenzio grande”, dice Bettina), della cognizione del dolore e del tempo che se ne è pacatamente scivolato via; uno spazio chiuso dove il figlio, una gioventù a inventarsi professioni affatto interessanti e a sottrarsi ad un nome prestigioso e sempre imbarazzante, confessa la sua omosessualità e la figlia, che del padre ha fatto un supereroe, scegliendo avventure con uomini molto più maturi di lei che gliene ricordassero la figura e l’importanza, prende la decisione di confessare di aspettare un bambino. Si scalfisce quel grande silenzio che ha sempre ricoperto quei rapporti, dando l’opportunità all’autore di dare vita ai sentimenti, alle tante voci di ieri, alle speranze verso il futuro che sono il perno di una commedia che convince pienamente.

Da buon giallista, anche in quella biblioteca che parrebbe immersa nella vivace linearità del racconto, De Giovanni trova modo di costruire inaspettatamente l’essere e l’apparenza, di unire il mondo dei vivi e quello dei morti (ma più non si può dire, scoprirà felicemente ogni cosa lo spettatore). La regia di Gassmann srotola a poco a poco lo svolgersi della vicenda, le cose mai dette, gli angoli dei sentimenti negati, a volte con piccoli particolari, con gesti o con giochi di luci, con gli attimi di un tempo impressi nel velo che divide il pubblico e la scena. Il teatro mette ancora più a fuoco l’ambiente claustrofobico che il cinema poteva spezzare in qualche respiro all’esterno, forse qui spinge il pedale della comicità ma senza mai interrompere il clima di drammaticità sottile che riempie il palcoscenico. Ha un prezioso alleato in Massimiliano Gallo, chiuso saldamente nel bozzolo di Valerio, nella sua moderna misantropia, nella propria ingenuità, nella volontà di voler rimanere intimamente ancorato al passato, e pronto a esplodere nelle verità che gli si concretizzano davanti, dialogo dopo dialogo, una prova davvero matura, giocata tra mille sfumature, dove l’attore attinge, nella parola e nei gesti, nel modo di muoversi attraverso la scena, al panorama eduardiano o a certi dialoghi spezzettati che ricordano da vicino il compianto Troisi. Accanto a lui, Stefania Rocca, Pina Giarmanà dalla schietta umanità, e i figli Paola Senatore e Jacopo Sorbini, capaci di costruire nei loro interventi due personaggi pieni di precisi, apprezzati  chiaroscuri. Un vero successo alla prima. Repliche sino a domenica 6 marzo.

 

Elio Rabbione

 

Le immagini dello spettacolo sono di Manuela Giusto