SPETTACOLI- Pagina 10

Giuseppe Scalco, baritono. Da Casale Monferrato a Teheran 

Il baritono Giuseppe Scalco (1933-1983) dalle eccellenti dote canore nato a Cittadella di Padova si stabilí a Casale con la famiglia, si dedicò allo studio del canto con il maestro Bruno Riboni scopritore di giovani talenti che lo indirizzò al conservatorio Verdi di Milano sotto la guida del maestro Ettore Campogalliani, pagandosi gli studi interpretando fumetti del cinema. Diplomatosi con lode, nel 1960 vinse i concorsi internazionali Voci Nuove di Milano, Voci Verdiane di Busseto, Achille Peri di Reggio Emilia, Lirico Sperimentale Beniamino Gigli di Macerata e Giovan Battista Viotti di Vercelli. Queste vittorie gli consentirono di debuttare nel 1961 con I Pagliacci al Teatro Nuovo di Milano e nel 1965 partecipò all’inaugurazione della stagione lirica di Busseto con Lucia di Lammermoor.

L’anno seguente a Reggio Emilia e Bologna avvenne il suo battesimo nella Bohème con un gruppo di giovani artisti, opera sempre pronta all’eccitazione dei sentimenti, guidati dalla sensibilità del maestro Gianandrea Gavazzeni e riproposta a Carpi, Modena e Bolzano. Nei giorni 8 e 10 settembre 1966 la Bohème fu rappresentata a Sarajevo da interpreti d’eccezione, Luciano Pavarotti nel ruolo di Rodolfo, Giuseppe Scalco in Marcello e Mirella Freni in Mimì diretti dal maestro Leone Madjera, segnando il lancio definitivo del baritono casalese.

Nel 1968 si esibì nella Traviata ad Ancona e nel Signor Bruschino a Pesaro e Reggio Emilia, terra della tradizione lirica. Il Don Pasquale ad Avignone e Reggio Emilia nel 1969 e le recite multiple del Ballo in Maschera ad Istanbul costituirono un ambìto traguardo ma le quattro recite del Nabucco al Gaiety Theatre di Dublino segnarono un evento sensazionale e determinante nella classifica dei baritoni all’altezza del biblico personaggio, la cui statura rappresentò un lancio decisivo nella ambiziosa carriera di Scalco. Con le successive e superlative esibizioni nell’Aida, Tosca e Andrea Chenier di Dublino fu richiesto dalla Scala di Milano, dove apparì nell’Ulisse di Luigi Dallapiccola. Nel cast stellare della Scala nella stagione lirica 1969-70 figuravano, oltre al nostro baritono monferrino, Placido Domingo, Mirella Freni, Luciano Pavarotti, i direttori d’orchestra Claudio Abbado e Riccardo Muti.

Il 1971 fu l’anno della definitiva affermazione con una ventina di rappresentazioni di Haensel e Gretel, il mondo delle fate di Himperdinck, Manon Lescaut e Capitan Spavento di Gian Francesco Malipiero. Nel 1973 ad Ankara apparve in Otello e Andrea Chenier, a Rouen nella Traviata e nel Teatro Roudaki di Teheran interpretò magistralmente l’Elisir d’Amore, i pucciniani Tabarro e Gianni Schicchi davanti allo Sciá di Persia, confermato per l’anno successivo con tre opere liriche. A Trieste fu interprete in Maria Golovin di Gian Carlo Menotti e a Brema nel Nabucco. Nel piazzale del Santuario di Crea fu protagonista di un concerto lirico, purtroppo molto disturbato dal pubblico, organizzato nel 1982 dal Teatro Nuovo di Torino e Regione Piemonte con il soprano Edda Piccinini e il tenore Franco Previdi dell’Associazione Lirica Alto Milanese. La Bohème fu l’opera pucciniana preferita da Scalco che da piccolo aveva provato la miseria e disse di Verdi “Il maestro di Busseto fu un grande imprenditore, ancora oggi ci permette di lavorare”.

Partecipò a foto e cineromanzi, incise per la Rai di Torino e per la Radio Svizzera Italiana. Giornali internazionali, tra cui Le Figaro, The Irish Times, Il Resto del Carlino, Gazzetta di Modena, Journal de Teheran, Gazzetta di Parma, Cronaca di Siena, Paris-Normandie, Rassegna Melodrammatica di Milano, gli attribuirono ottimi consensi. La piena maturità baritonale in un eclettico repertorio operistico dell’ottocento e novecento, la capacità di rilevare i contorni umani dei personaggi diabolici per i quali l’interpretazione è indispensabile, il volume e il colore di cantante moderno fecero di lui un interprete richiesto ad alto livello. Dalla moglie Lidia Radessich, conosciuta durante una tournée in Jugoslavia ebbe due figli, Raffaella e Andrea. Solo un male incurabile poteva segnare il tramonto delle illusioni e  fermare l’incredibile vertiginosa ascesa artistica di Giuseppe Scalco, antidivo e grande lavoratore dello spettacolo nel senso nobile dell’espressione, scomparso martedì 6 settembre 1983 e sepolto nella tomba di famiglia di Casale Popolo.
Armano Luigi Gozzano 

Gisellə reinterpretato da Nyko Piscopo per esaltare il tema dell’amore oltre il genere

Venerdì 7 e sabato 8 febbraio 2025 al teatro Astra TPE per Palcoscenico Danza 2025 Il gioco delle ombre andrà in scena “Gisellə”, con la Cornelia Dance Company, per la coreografia di Nyko Piscopo.

Ispirato al balletto romantico per antonomasia, Gisellə viene reinterpretato dal coreografo Nyko Piscopo per esaltare il tema dell’amore oltre il genere, il pregiudizio e l’inganno, in un tempo attuale ancora stigmatizzato. I danzatori e le danzatrici della Compagnia Cornelia ballano tra il reale e il virtuale questo capolavoro intramontabile, che trova qui una nuova narrazione e dimensione contemporanea grazie anche alle musiche elaborate dal compositore Luca Cancello. Insieme al Codice Coreutico, la seconda parte dello spettacolo si sviluppa anche in una dimensione digitale, con l’inserimento del progetto video “La danza delle Villi” realizzato nell’ambito del Festival AstiTeatro46, esito con danzatori e amatori della danza over 50. Le Villi, che secondo le leggende slave sono spiriti di don e morte prima di convolare a nozze che, di notte, popolano i boschi dove si vendicano con qualunque uomo facendolo danzare fino allo stremo, appaiono in Gisellə inermi e inafferrabili. Solo quando il loro sguardo si posa su Albrecht riescono a entrare in contatto con la realtà per portare a termine la loro missione vendicativa. La relazione è tra virtuale e reale ideata dal coreografo vuole sottolineare come il digitale, benché sia uno strumento straordinario per la condivisione, la memoria e l’accesso alle informazioni possa trasformarsi in una prigione e invisibile in cui intere generazioni rischiano di rimanere intrappolate.

“Quando ho deciso di lavorare su un classico romantico ho pensato alla mia città, Napoli, e alla sua tradizione musicale – afferma Nyko Piscopo – per raccontare quel sentimento che accomuna popoli e classi sociali, il tema dell’amore eterno, presente da sempre nella vita di ogni essere umano, è protagonista di testi scritti, canzoni, raffigurazioni visive e in tutte le altre discipline artistiche. È una tematica contemporanea e anche, direi, futura: quella di Gisellə è una storia di relazioni umane che io voglio riportare in scena all’interno di dinamiche sociali più vicine al nostro periodo storico toccando tematiche come la questione di genere. In senso drammaturgico, l’equivoco ed il ribaltamento del genere dei personaggi sono i meccanismi con i quali voglio raccontare un dramma come quello di Giselle: il concetto di en travesti, per esempio, è una trovata scenica e performativa molto interessante se pensiamo che il costume, nella dimensione attuale, non decreta più il genere di una persona. Allo stesso modo anche il mezzo digitale usato come teatro nel teatro, è uno sviluppo che mi interessa per evidenziare lo status attuale di una società troppo dipendente da uno schermo. Il capolavoro originale si basa proprio sulla contrapposizione di due caste differenti e sull’impossibilità comunicativa tra di esse; in questo caso sono due generazioni che non comunicano: una poco propensa all’ascolto ed una molto confusa. E in mezzo c’è chi guarda, chi giudica, chi si pone al di fuori di ciò che è attualità”.

 

Mara Martellotta

Rock Jazz e dintorni a Torino: Alberto Fortis e i Birkin Tree

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana suonano gli Smallable Ensemble per un tributo ai Beatles.

Giovedì. Al Cafè Neruda suona la Easy Big Band Orchestra. Al Magazzino sul Po si esibisce Francesca English+Awa Fall e Abram Fall Mirone. All’Off Topic è di scena Alessio  Bondì. Al Blah Blah si esibisce Gianni Tbay. Allo Ziggy suona Ottone Pesante. Al Polo delle Rosine per 3 giorni consecutivi, Alberto Fortis suona e si racconta. Un viaggio tra musica e storia con ospiti attorno al pianoforte.

Venerdì. Al Circolo Sud si esibisce Loris Dalì. All’Hiroshima Mon Amour suona la Rino Gaetano Band. Al Magazzino sul Po è di scena Jesse The Faccio. All’off Topic si esibisce Lamante. Allo Spazio 211 suonano i Navenera. Al Blah Blah sono di scena i Fase. Allo Ziggy suonano i Slug Gore+ Thirst Prayer. Al Cafè Neruda tributo a Wes Motgomery & Jimmy Smith eseguito dal Max Gallo Trio.

Sabato. Al Magazzino di Gilgamesh suona Egidio “Juke” Ingala & The Jacknives ft. Alberto Marsico. Al Capolinea 8 sono di scena i Fratelli Lambretta Ska Jazz. Al Folk Club suona Birkin Tree Feat.Aoife Nì Bhrìain. Al Blah Blah sono di scena i Dobermann.

Pier Luigi Fuggetta

Al Marenco di Novi Ligure una nuova rassegna di danza contemporanea

“La memoria non si ferma mai. Appaia i morti ai vivi, gli esseri reali a quelli immaginari, il sogno alla storia”. Parole che sono tra quelle iniziali de “Gli anni” che Annie Ernaux, nata in Normandia, nella cittadina di Lillebonne, nel 1940, ha scritto sessantottenne, “autobiografia impersonale”, immagini per un affresco che accompagni il lettore dal dopoguerra ai giorni nostri, tappa importante di quel cammino che la condurrà al Nobel per la Letteratura del 2022. In una coproduzione che vede tra gli altri gli apporti del Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sieni e della Fondazione CR Firenze, del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, di Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale e ancora di Tanzhaus di Düsseldorf, “Gli anni” sfidano oggi lo spazio del palcoscenico nella scrittura coreografica di Marco D’Agostin – successi in Italia e all’estero e vari riconoscimenti come tra gli altri il Premio Ubu e il BEFestival – e l’interpretazione di Marta Ciappina – formatasi a New York al Trisha Brown Studio e al Movement Research, docente alla Scuola Luca Ronconi del Piccolo milanese, premio Danza&Danza nel 2022 come interprete e nel 2023 il Premio Ubu come Performer. “Gli anni” è uno dei tre titoli che riuniti in rassegna di danza contemporanea vengono ad arricchire la attuale stagione del teatro Marenco di Novi Ligure, sinergia tra Piemonte dal Vivo e il Balletto Teatro di Torino, compagnia diretta da Viola Scaglione, a cui è stata affidata la curatela della selezione degli spettacoli, progetto che vede il soddisfacente e sempre più auspicabile uso di spazi teatrali e che è la piena conferma della volontà di ampliare e diversificare l’offerta culturale del territorio. La rassegna che si è aperta l’11 gennaio – con “White Pages – Dedica al dinamismo” e “Play_Bach divertissement”, coreografie di Manfredi Perego per una produzione del Balletto Teatro Torino, ospitando in chiusura la compagnia “Larreal” del prestigioso Real Conservatorio di Danza “Mariemma” di Madrid con la serata “Race/Eleven11/Galea”, danzatore ospite Pablo Vàzquez, ad unire tradizione e innovazione coreutica, con la valorizzazione di giovani talenti della danza contemporanea spagnola – ha la sua centralità (7 febbraio) nella proposta de “Gli anni”. Sottolineano i responsabili della proposta: “Qualcuno ha scritto che c’è una distanza incolmabile tra quel che è successo un tempo e il modo in cui ci appare ora, ammantato di una strana realtà. La coreografia de “Gli anni” è costruita per tentare di ricucire questo strappo: l’incandescente storia di un singolo – Marta Ciappina, interprete unica per itinerario artistico e peculiarità tecniche nel panorama della danza italiana – invita gli spettatori a giocare con la propria memoria. Il corpo di Marta e gli occhi di chi guarda intraprendono un viaggio che fa la spola tra il presente – il momento della performance, irripetibile incontro romantico – e il passato di ognuno, in una trama di andate e ritorni che confonde le storie, le canzoni e i ricordi. Su palco e platea si stende lenta l’ombra di un romanzo: l’invito è a scriverlo insieme, un’opera a cento mani che ci esorti ad attraversare le rovine guardando in alto.” Inserito tra le ospitalità della stagione del teatro Astra, “Gli anni” potrà essere già visto nella sala di via Rosolino Pilo nella serata del 5 febbraio, alle ore 21. Fedele al percorso portato avanti da Marco D’Agostin, “lo spettacolo si distacca dai consueti canoni di “messa in scena” che la danza, anche quella contemporanea, ci ha abituati a seguire e porta in scena una intensa riflessione coreografica sui tempi del tempo e della memoria intrecciando racconti di vita e dinamismo corporeo coinvolgendo gli spettatori in un’esperienza intima e universale”.

e.rb.

Con l’immagine della rassegna, due momenti di alcuni spettacoli: Marta Ciappina ne “Gli anni” (foto di Michelle Davis) e “Galea” (foto di Alfonso Sastre).

I ragazzi irresistibili del teatro Orsini e Branciaroli nella commedia di Neil Simon “The Sunshine boys”

 

 

Umberto Orsini e Franco Branciaroli, i due ragazzi irresistibili del teatro italiano, sono i protagonisti dal 4 al 9 febbraio prossimo della commedia di Neil Simon intitolata “I ragazzi irresistibili”, per la regia di Massimo Popolizio.

Il debutto avverrà martedì 4 febbraio alle ore 19.30 presso il teatro Carignano. Si tratta di una produzione del Teatro degli Incamminati, Compagnia Orsini, Teatro Biondo di Palermo.

Commedia brillante scritta nel 1972 dal drammaturgo americano, intitolata “Sunshine boys” e ispirata alla vita di una vera coppia di attori di vaudeville, Joe Smith e Charles Dale, narra di due anziani attori di varietà che hanno lavorato insieme tutta una vita per poi separarsi a causa di incomprensioni insanabili, e che sono invitati a riunirsi per un’unica serata, in occasione di una trasmissione televisiva dedicata alla storia del varietà americano. Gli antichi contrasti tra i due attori non tardano a riapparire, dando luogo a un meccanismo teatrale di grande comicità ma anche di profonda malinconia, che rende il testo parzialmente vicino al teatro di Beckett ( Finale di partita) e a quello di Cechov ( Il canto del cigno).

Questa che è una delle più famose commedie di Neil Simon è stata oggetto di numerosi allestimenti e di celebri versioni cinematografiche e televisive, tra cui quella con Woody Allen e quella con la sceneggiatura dello stesso Neil Simon, del 1975, diretta da Herbert Ross, protagonisti Walter Matthau e George Burns.

Teatro Carignano

Martedì 4 febbraio 2025 ore 19.30

I ragazzi irresistibili di Neil Simon

 

Mara Martellotta

Racconti disumani, tratto da Franz Kafka, regia di Alessandro Gassman

Debutta martedì 4 febbraio, alle ore 19.30, al teatro Gobetti di Torino, la pièce teatrale “Racconti disumani”, tratta da Franz Kafka, per la regia di Alessandro Gassman e con Giorgio Pasotti in scena, che si confronteranno con due Racconti di Franz Kafka, dal titolo “Una relazione accademica “ e “La tana”, per affrontare temi universali legati all’uomo e alla sua natura.

Questo dittico narrativo pone al centro vicende animalesche o “disumane” e smaschera la superficialità di banalizzazioni e di stereotipi in cui troppo spesso si finisce per inciampare. I luoghi comuni che emergono rivelano il nostro bisogno istintivo di un rifugio sicuro, capace di proteggerci dalle complessità della vita. Non si tratta solo di una narrazione di storie apparentemente lontane dal nostro quotidiano, ma di una metafora potente delle nostre paure più profonde.

Le parole di Kafka, con la loro ineguagliabile capacità di sondare le inquietudini dell’animo umano, diventano uno strumento per affrontare ciò che ci spaventa.

Alessandro Gassman scrive nelle sue note: “ Franz Kafka nei suoi racconti, ma come in tutto ciò che ha scritto , sorprende, lavora sulla parte profonda di noi stessi, sempre con una visione personale, riconoscibile, inimitabile. Nei due racconti che ho scelto, “Una relazione accademica” e “La tana”, descrive due umanità disumanizzate. Nel primo presenta una scimmia divenuta uomo, che descrive questa metamorfosi, nel secondo parla di un uomo che, terrorizzato da ciò che non conosce, vive come un animale sotterraneo, in attesa di un nemico del quale è terrorizzato, appunto, ma del quale sa molto poco. Penso sia il momento giusti per dare la parola a questo gigante del teatro e della letteratura, quando molte delle paure da lui raccontate trovano posto nella realtà che viviamo. Penso che andare in profondità in noi stessi e guardare attraverso le parole di Kafka ciò che ci spaventa possa aiutarci a capire meglio chi è intorno a noi”.

 

Teatro Gobetti, via Rossini 8, Torino.

Dal 4 al 9 febbraio

Racconti disumani

Di Frank Kafka, adattamento di Emanuele Maria Basso

Con Giorgio Pasotti

Regia e scene di Alessandro Gassmann

Orario spettacoli martedì e giovedì ore 19.30, mercoledì e venerdì ore 20.46, domenica ore 16.

Sabato 8 febbraio doppia recita ore 16 e ore 19.30

 

Mara Martellotta

Note di Classica: Martha Argerich, Robert Trevino e il duo Isaia-Kaihara, le “stelle” di febbraio

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Sabato primo febbraio alle 18, al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, Caterina Isaia violoncello e Yukino Kaihara pianoforte, eseguiranno musiche di Beethoven, Britten, Piazzolla. Domenica 2 alle 16.30 al teatro Vittoria, il Duo Evocaciones eseguirà musiche di Granados, Albèniz, Cassadò, Falla.

Mercoledì 5 alle 20.30, al Conservatorio per l’Unione Musicale, Christian Gerhaher baritono, Tabea Zimmermann viola e Gerld Huber pianoforte, eseguiranno musiche di Schumann, Rihm, Fuchs, Kuràg, Schoeck, Brahms. Giovedì 6 alle 20.30 e venerdì 7 alle 20, all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Andrès Orozco-Estrada, eseguirà musiche di Sostakovic. Venerdì 7 alle 20.30 per I Pianisti del Lingotto, nella Sala 500 , il pianista Leif Ove Andsnes eseguirà musiche di Grieg, Janàcek, Chopin. Martedì 12 alle 20.30 per Lingottomusica all’Auditorium Agnelli, l’Orchestre Philharmoniqhe de Monte-Carlo diretta da Charles Dutoit e con Martha Argerich al pianoforte, eseguirà musiche di Ravel e Musorgskij. Mercoledì 12 alle 20.30 al Conservatorio, Massimo Quarta violino, Enrico Dindo violoncello e Pietro De Maria pianoforte, eseguiranno un programma tutto dedicato a Ravel. Giovedì 13 alle 20.30 e venerdì 14 alle 20 all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Robert Trevino, eseguirà musiche di Mahler. Sabato 15 alle 18 al teatro Vittoria, Andrea Scapola violino con Antonio Valentino, eseguirà musiche di Paganini. Lunedì 17 alle 20 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, l’Ensemble Terra d’Otranto, eseguirà un programma dal titolo “Tarantulae, Antidoti e Follie”. Mercoledì 19 alle 20.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale, il Quartetto Jerusalem con Sharon Kam clarinetto, eseguirà musiche di Mozart, Sostakovic, Brahms. Giovedì 20 alle 20.30 e venerdì 21 alle 20, all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Marc Albrecht e con Marie-Ange Nguci al pianoforte, eseguirà musiche di Richard Strauss. Martedì 25 alle 20 al teatro Vittoria, Daniele Di Gregorio percussioni ed elettronica, eseguirà il “concerto per marimba e computer” . Il concerto sarà preceduto alle 19.30 dall’aperitivo. Giovedì 27 alle 20 al teatro Regio, debutto di “Rigoletto” di Giuseppe Verdi. Melodramma in 3 atti. L’Orchestra del teatro Regio sarà diretta da Nicola Luisotti. Repliche fino a martedì 11 marzo.

Pier Luigi Fuggetta

Alla ricerca del vero Bob Dylan sbarcato nella Grande Mela

“A complete unknown” di James Mangold sugli schermi

 

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

 

La sua fermata d’autobus fu New York, in quella Grande Mela che era simbolo di grandi fermenti, era il 1961, un paio di jeans e una striminzita giacchetta addosso, il berretto a visiera e una sciarpa a coprire niente, uno zaino sulle spalle e la chitarra nella custodia scura, tra le mani come portafortuna il taccuino delle parole, delle frasi, dei momenti da ricordare, quando il ragazzo Robert Zimmerman aveva vent’anni tondi tondi, veniva da Hibbing, città mineraria del Minnesota e aveva già scelto il nome di Bob Dylan. Il suo primo amore era stato il rock’n’roll ma come per una folgorazione si convertì ben presto al folk. Ebbe a scrivere un giorno: “La questione principale a proposito del rock and roll, per me, era che comunque non era sufficiente. Sapevo bene, quando mi sono dedicato alla musica folk, che si trattava di una cosa molto più seria. Le canzoni folk sono colme di disperazione, di tristezza, di trionfo, di fede nel sovrannaturale, tutti sentimenti molto più profondi. C’è più vita reale in una sola sola frase di queste canzoni di quanta ce ne fosse in tutti i temi del rock’n’roll. Io avevo bisogno di quella musica.” Sino al tradimento, di quella stessa musica, soltanto quattro anni dopo, sino alla svolta “elettrica”, sino a quel mese di luglio quando al Newport Folk Festival Dylan tornava a partecipare e alle note di quella musica un pubblico ostile lo aveva sonoramente fischiato. Lui abbandonò il palco e se ne andò via. Mentre sentiva qualcuno gridargli alle spalle “giuda!”. Tra un arrivo e una fuga – non più la parcellizzazione di un unico personaggio visto e scomposto nello sguardo di sei diversi attori come in “I’m Not There” di Todd Haynes, Leone d’oro veneziano nel 2007 – quattro soli anni di vita, il ritratto di un ventenne nella ricerca quotidiana della sua strada, delle parole e delle note, della chitarra e dell’armonica a bocca, delle insicurezze e dei cedimenti, dei sentimenti instabili e distruttivi, in questo “A complete unknown” che James Mangold ha scritto, con alla base la biografia “Dylan Goes Electric!” di Elijah Wald, e diretto con estrema esattezza e di cui Timothée Chalamet s’è innamorato e ha voluto fortemente sino a diventarne coproduttore: con la più piena benedizione del cantante se le cronache ci dicono che, alla fine dei tanti incontri di lettura della sceneggiatura fatta a due voci, il regista sentiva di fronte a sé un sonoro quanto convinto “vai con Dio”. Il primo incontro è con il suo idolo Woody Guthrie – cantore della Grande Depressione, anche lui ha il suo passato cinematografico: sta ancora nella memoria di qualcuno il vecchio “Questa terra è la mia terra” del ’76 e firmato da Hal Hashby? -, in un letto d’ospedale per il morbo di Huntingdon che gli impedisce di parlare, e in quella stessa stanza l’amicizia e l’interesse del musicista Pete Seeger (un ottimo Edward Norton, entrato di diritto nella cinquina degli Oscar come migliore attore non protagonista, una delle otto candidature del film), che lo prende sotto la sua ala protettrice, proprio lui anima di quel folk. Sono le serate nei piccoli locali del Village, sono il primo album e il primo incontro con Joan Baez, è l’inizio della relazione con Sylvie Russo (che adombra la vera Suze Rotolo, prima musa ispiratrice di Bob, fatta di passioni artiche e movimenti di protesta), capace di guardare in avanti, in una relazione una lunga serie di prendi e scappa che alla ragazza fa male al cuore.

Sono soprattutto la prima metà di quei Sessanta in cui l’America kennediana e di Johnson va incontro alle “covert operations” e alle incursioni aeree in Vietnam, al tentativo di rovesciare Castro con l’operazione della Baia dei Porci, all’assassinio di un presidente e all’impegno di Martin Luther King dentro il movimento per i diritti civili e le marce e il Nobel del ‘64: sono gli anni in cui si costruiscono le canzoni dell’impegno civile, con parole del tutto diverse, ma sono anche gli anni dell’oppressione dei fan per cui ti devi all’improvviso rifugiare in taxi e dei contratti e inverosimilmente del dire altro, sotto lo sguardo di Joan (con cui ha altresì una quantomai forzosa relazione), abituata più di lui a restare ben salda e a combattere. Non soltanto l’appoggio di Johnny Cash, ma il suo senso di maggiore libertà forse, forse una innata e inconsapevole o non accettata insicurezza, lo portano ad abbracciare la chitarra elettrica. Serve quell’ultima esibizione di una canzone folk a rimettere in pace se stesso e il suo pubblico? Materia per intenditori, per chi da sempre ha cercato le basi e lo sviluppo di un grande autore, di un grande scrittore, sino all’ultima corona d’alloro, del proprio idolo. E l’appassionato di cinema trova nella scrittura e nella direzione di Mangold un che per cui appassionarsi e darsi un perché di quelle otto nomination? Pur, una volta usciti dal cinema, non rintracciando amore per il personaggio (ma forse è colpa mia), c’è da dire senza se e senza ma, del tutto credibilmente, che il regista “rende”, attraverso i suoi tanti materiali, uno studio approfondito e severo, un affresco corposo di un’epoca che è il primo ad apparire agli occhi, un racconto linearmente corretto esente da santini – sempre nella speranza (da non intenditori) che quelle esposta sia la verità e non la “sua” verità: i reportage, i vecchi documentari convincerebbero di più? o allora già si dovrebbe tornare a Haynes e a quel volto diviso e sfaccettato tra i diversi interpreti? Forse per nostra tranquillità dovremmo aggrapparci a quel che lo stesso Dylan ha scritto un giorno: “L’unica verità sulla terra è che non c’è verità”. È una storia di canzoni – viene il dubbio che siano persino troppe – ma è soprattutto il ritratto di un giovane uomo e delle donne, altrettanto giovani che lo hanno circondato, assistito, amato e fuggito, storia di sguardi d’amore e di rimprovero (anche Monica Barbaro è una delle candidature, ma allora perché non Elle Fanning?), di letti sfatti e di abbandoni e di ritorni mentre il tuo posto è già stato occupato da qualcun altro. È una storia di grande onestà, dove Dylan pone il proprio placet su una personalità controversa, sul cancellare e riprendere legami, su quel tanto di egocentrico che disturba e allontana, su quell’ego e quei sorrisi canzonatori, quell’alterigia e quella sfida a nascondersi al mondo che ne hanno fatto un artista fuori da ogni regola e da ogni etichetta. Ogni atteggiamento dietro quelle lenti scure che lo hanno messo al riparo da tutto e da tutti, da sempre.

All’interno della cornice che rassicura appieno l’appassionato di cinema, l’imperioso punto focale, il punto di centro entro cui immergere (quasi) ogni proprio sguardo, è Timothée Chalamet, che i quattro anni di preparazione al film hanno in primo luogo reso sicurissimo, per nulla intimorito da un progetto che poteva essere considerato oltre la portata di chiunque, capace di cantare le canzoni “di” Dylan “alla” Dylan, con una sigaretta perennemente tra le dita e gli sguardi e il fraseggio del viso e l’attenzione estrema dei più intimi momenti e i rapporti con gli altri, con gli amori di una gioventù e con i suoi mentori in primo luogo, senza dimenticare la grande, variopinta carovana che tenta di guidarlo e piegarlo, tutto ce lo fa sembrare un Dylan che va dritto (calmiamoci: rasenta?) alla perfezione, l’attore che avverte ogni momento della scena sulle proprie spalle ed è pronto ad affrontare il rischio e scava e vuole arrivare alla radice e alle cause di ogni cosa.

IN.CON.TRA a Torino. La Danza diventa inclusiva e vicina alla comunità

Due appuntamenti imperdibili del progetto

 

Nell’ambito del progetto IN.CON.TRA, vincitore dell’avviso pubblico “Torino che cultura!” promosso dalla Fondazione Egri per la Danza, dal Balletto di Torino e da Guitare Actuelle, si svolgeranno due straordinari appuntamenti dedicati alla danza e alle arti performative.

IN.CON.TRA è l’innovativo progetto triennale che, affiancandosi a Danza oltre le Barriere 3.0, si pone come scopo quello di trasformare Torino in un palcoscenico a cielo aperto, avvicinando le arti performative ai cittadini. Il progetto ruota intorno alle sedi dei soggetti promotori, i quartieri Crocetta e Aurora, e si propone, attraverso il lavoro di due contesti profondamente diversi, di ridurre le distanze tra artisti e comunità, favorendo il benessere attraverso esperienze artistiche immersive.

Presso il laboratorio Coreografico della Compagnia EgriBiancoDanza, in via G. G. Vico 11, venerdì 31 gennaio, alle 20.45, si terrà un appuntamento speciale in apertura di serata in cui il pubblico potrà scoprire AFED, il nuovo incubatore di talenti della Fondazione Egri, che presenterà un estratto del repertorio della compagnia. A seguire un nuovo incontro con il progetto “Cercare la bellezza”, dove il pubblico avrà l’opportunità di assistere in anteprima alla creazione ‘M’illuminò d’immenso’, ispirata al celebre verso ungarettiano. Durante questa serata unica il pubblico sarà parte attiva del dialogo con i danzatori, contribuendo al processo creativo.

Il 7 febbraio, alle 20.45, presso la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, andrà in scena ‘Ring of Love’, spettacolo multimediale che esplora le infinite sfumature dell’amore attraverso Danza, musica dal vivo e canto. Con le coreografie di Raphael Bianco , lo spettacolo si snoderà sulle musiche di grandi artisti quali David Bowie, Radiohead, Amy Winehouse e altri, portando in scena una riflessione potente su relazioni umane e intimità.

Per informazioni e biglietteria

biglietteria@egridanza.com 3664308040

 

Mara Martellotta

“Condominio mon amour” con Daniela Cristofori e Giacomo Poretti

Venerdì 31 gennaio, ore 21

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

 

 

 

Daniela Cristofori e Giacomo Poretti in “Condominio mon amour” si cimentano in una moderna pochade, una commedia brillante dal ritmo incalzante che affronta l’immensa confusione che vive oggi il mondo del lavoro.

Da oltre trent’anni, il vecchio custode Angelo svolge il proprio lavoro con dedizione presso la portineria di un condominio della “Milano-bene”. Chiama gli inquilini per nome, si occupa della spesa dell’anziano Gaspare e delle paturnie della Signora Biraghi. Custodisce le loro chiavi e i loro ricordi. Quand’ecco che irrompe nella sua vita un imprevisto. Caterina, un’affascinante signora attraversa di volata l’atrio, spalanca la porta d’ingresso e si para di fronte a lui per annunciargli che… è licenziato. La sua presenza non è più richiesta e verrà presto sostituito da un’App! Un’App?! Gli azionisti parlano chiaro: bisogna capitalizzare, fatturare e quindi automatizzare.  Tuttavia, il buon Angelo non è tipo da farsi intimidire e punta i piedi, in una lotta per la sopravvivenza senza esclusione di colpi.

L’atrio del condominio si trasforma, d’incanto, in una scacchiera. Ogni giocatore muove i propri pedoni cercando di prevalere sull’altro, ricama le proprie strategie per restare a galla in questa folle corsa chiamata “progresso”. Chi vincerà la partita? Lo spettacolo racconta, in un susseguirsi di situazioni comiche e poetiche a ritmo incalzante, l’immensa confusione che vive oggi il mondo del lavoro. Il lavoro, un mostro a mille teste, tra orari impossibili, nuove e paradossali occupazioni e, sempre più spesso, perdita di contatto con la realtà. In questo mondo incontriamo la giungla degli inglesismi tra rider, smart working, pet sitter, media manager e chi più ne ha più ne metta. Ultimo e non ultimo il grande Convitato di pietra: l’intelligenza artificiale, una sorta di fantasma che sembra un giorno dover seppellire ogni relazione umana e ogni capacità critica. Il tutto è raccontato dal punto di vista di Angelo e Caterina. I due si scambiano di continuo i ruoli di vittima e carnefice, in un piccolo condominio, spaccato rappresentativo della nostra vita di ogni giorno.

Info

Teatro della Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Venerdì 31 gennaio, ore 21 (sold out)

Condominio mon amour

Di Daniela Cristofori, Giacomo Poretti, Marco Zoppello

Con Daniela Cristofori, Giacomo Poretti

Regia Marco Zoppello

Scenografia Stefano Zullo

Costumi Eleonora Rossi

Disegno luci Matteo Pozzobon

Musiche originali ed effetti sonori Giovanni Frison

Assistente alla regia Irene Consonni

Produzione Teatro de Gli Incamminati, con il sostegno di GiGroup

Biglietti: intero 22 euro + ridotto 20 euro

www.teatrodellaconcordia.it

011 4241124 – info@teatrodellaconcordia.it