Serata esclusiva lunedì all’insegna della moda e della beneficenza alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo con Crida Milano, astro nascente della moda firmato da Cristina Parodi e Daniela Palazzi.
La giornalista Cristina Parodi insieme alla storica amica stilista Daniela Palazzi hanno presentato a Torino il loro brand, CridaMilano, nel tempio dell’arte contemporanea e a fare gli onori di casa non poteva che essere un’altra icona di stile, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.

L’azienda, nata tre anni fa a coronamento di un’amicizia ventennale, ha assunto nel giro di poco tempo una propria identità ben definita superando lo scoglio della pandemia. L’evento è stata l’occasione non solo per presentare la collezione Primavera-Estate 2023, ma anche per vendere una selezione dei propri capi a scopo benefico. Il 10% del ricavato sarà, infatti, devoluto all’IEO-CCM, l’Istituto Europeo Oncologia-Centro Cardiologo Monzino, di cui è presidente Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, per continuare a promuovere la ricerca su malattie che, proprio grazie ai ricercatori e al sostegno che ricevono, sono sempre più curabili.

Il marchio si contraddistingue per una femminilità sussurrata e raffinata, con i suoi abiti di un’eleganza senza tempo che ignorano i capricci della moda e che richiamano la sobrietà sabauda (sarà per via delle origini piemontesi di Cristina Parodi?). Grande anche l’attenzione alla qualità dei tessuti naturali al 100% con un occhio alla sostenibilità e alla durata dei modelli. Gli abiti lunghi e gli chemisier si prestano ad una grande versatilità, ad essere indossati dal giorno alla sera a seconda degli accessori abbinati.

L’idea è quella di abbracciare comodità ed eleganza venendo in contro a tipologie di donne diverse per fisico e per età. “Riviera” è il nome della proposta di stagione, che ci catapulta immediatamente nella scanzonata Emilia-Romagna, quindi un tripudio di colori brillanti: rosa acceso, verde mela, giallo oro, bruciato ma anche azzurro e blu elettrico. Fa capolino anche il rosso del modello Maranello, un omaggio alla terra simbolo della velocità e dei motori. Spazio poi anche le anticipazioni della prossima stagione, con i modelli della collezione autunno-inverno 2023-2024, dedicata proprio al capoluogo piemontese ed ispirata ad una donna che in questa regione ha lasciato il segno con la sua eleganza unica: Marella Agnelli. Raffinatissima, mai sopra le righe, dotata di uno stile personale e riconoscibile, Marella Caracciolo di Castagneto è stata molto più della moglie dell’avvocato Agnelli. Cosmopolita, collezionista e appassionata d’arte, designer e fotografa è stata l’incarnazione stessa di uno stile ancora attualissimo e contemporaneo che ha fortemente ispirato il brand.
GIULIANA PRESTIPINO


Ho provato a ricordare scrivendoli su un foglietto i ristoranti chiusi negli ultimi anni a Torino. Si tratta di un numero altissimo: il “San Giorgio “ al Castello Medievale ,la “ Vecchia Lanterna “,i “ Due lampioni” ,” Cuculo”, il “Giardinetto“, il “Gran Giardino”, poi diventato la “Rotonda“, la “Cittadella“, ”Cucco“, l ’”Antico cervo“, “La smarrita“, “Ferrero“ ,il “Rendez – Vous“ , il Tiffany, Villa “Sassi“, la “Fontana luminosa“ ,il “Baccarat“ , il “Firenze“, il “Pavia“, il “Passator cortese“, il “Ciacolon “, il “Bastian Contrario“, “il Muletto“, il “RistoDante”, il “Giancarlo“, la “Capannina”, ”la Pace,” l’”Appennino pistoiese”, ”l’Abetone“, il “Bridge“, “Calandrino”, “Mon Ami”, “Osvaldo”, “La fontana dei francesi”, “Perbacco”, “Montecarlo”. E qui mi fermo, anche se potrei continuare con altri nomi come il ristorante friulano il “Camin“ che prese il posto di Gipo in corso Francia, un locale dove non volli mai mettere piede per antipatia verso il cantautore allora apertamente comunista. Ogni nome mi ricorda una storia, degli amici con cui andavo a cena ,degli episodi piacevoli di serenità, di allegria, di intimità. Mio padre amava le cene al ristorante e ogni settimana si andava a cenare. Mi ha abituato al piacere della civiltà della tavola. Sicuramente una giovinezza dorata per parafrasare Elena Croce. Lui ci andava in giacca e cravatta anche d ‘estate e voleva che tutti seguissimo il suo stile che allora non era solo nostro, ma di tanti torinesi. E poi ho cominciato ad andarci io con compagne di liceo e con le prime amiche. Capisco bene di essere stato un privilegiato. Un privilegiato soprattutto perché ho conosciuto una Torino che non c’è più. Ogni locale con il ricordo di uno stile e con un’ eleganza scomparsa. Ogni esame superato all’ università ,andavo a festeggiarlo al ristorante. Un passato che forse oggi idealizzo e che non c’è più, ma che è motivo di piacere ricordare, anche se devo constatare che quegli ambienti eleganti o anche semplici ,ma sempre accoglienti, appartengono ad un passato, ad una civiltà torinese, come avrebbe detto Mario Soldati, che è stata travolta dai tempi nuovi e non sempre felici. Era bello cenare con il filosofo Oscar Navarro che si dilettava di cucina insieme al latinista Vincenzo Ciaffi, come era bello ritrovarsi insieme a Mario Bonfantini e a Liana De Luca, la poetessa di cui il grande francesista si era follemente innamorato . Era piacevole ritrovarsi la sera con Edoardo Ballone, sociologo e giornalista che diventava la “forchetta curiosa“ del giornale “La stampa“, sempre alla ricerca di nuovi locali. Anche loro appartengono ad un tempo perduto che non tornerà mai più.
