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L’avventura controcorrente di Radio Caroline, la più famosa radio pirata del mondo

Era il 28 marzo 1964, quasi all’ora di pranzo. I due “ragazzi terribili” alla consolle, Chris Moore e Simon Dee, sapevano bene che in acque internazionali le leggi inglesi non valevano e che la musica poteva librarsi nell’etere senza ostacoli

Questa è Radio Caroline sul 199, la vostra stazione musicale 24 ore su 24”. Con questo messaggio pre-registrato, lanciato da una vecchia nave passeggeri danese, la MV Caroline , al largo delle coste dell’Essex, a sudest dell’Inghilterra, venne annunciato l’inizio delle trasmissioni della prima “radio libera” ( “pirata”, si diceva al tempo) del mondo, di gran lunga certamente la più famosa. Era il 28 marzo 1964, quasi all’ora di pranzo. I due “ragazzi terribili” alla consolle, Chris Moore e Simon Dee, sapevano bene che in acque internazionali le leggi inglesi non valevano e che la musica poteva librarsi nell’etere senza ostacoli.

La prima canzone che venne mandata in onda fu Not Fade Away dei Rolling Stones. A quel tempo, in Gran Bretagna, suonavano, tra gli altri, i Beatles, i Moody Blues, gli Who, i Rolling Stones, gli Yardbirds di Eric Clapton e i Kinks. Pur in presenza di uno scenario unico e straordinario nella storia della musica pop e rock, le trasmissioni radiofoniche erano dominate dai tre canali radio dellaBBC, che confinava questi gruppi e le loro canzoni  nello spazio angusto e risicato di pochissime ore la settimana e non voleva saperne di ospitare  le band delle etichette indipendenti, mostrando di subire l’influenza delle grandi case discografiche come EMI e Decca. Quest’approccio piuttosto grigio in stile “old british” della radio pubblica e le regole piuttosto strane che, ad esempio,  limitavano a cinque ore il  tempo massimo in cui si potevano suonare dischi in diretta  o la scelta di  mandare in onda canzone cantate da altri interpreti o in versioni solo strumentali, fece guadagnare a Radio Caroline un successo incredibile. L’idea  della stazione “galleggiante” era venuta a Ronan O’Rahilly, un ragazzo irlandese di 24 anni, con l’ambizione di diventare un imprenditore musicale. O’Rahilly .

Così venne riadattata una nave passeggeri danese di 700 tonnellate, la MV Fredericia ( formalmente registrata a Panama). La sua famiglia, benestante, era  proprietaria di un piccolo porto privato a Greenore, nel nord dell’Irlanda. Le apparecchiature radio vennero installate con l’aiuto di un ingegnere svedese, Ove Sjöström, che aveva lavorato in una esperienza simile in Svezia. O’Rahilly disse che, per il nome, si ispirò a una delle celebri foto di Caroline Kennedy che gioca nello Studio Ovale. Radio Caroline trasmetteva musica pop tutto il giorno e arrivò a raggiungere, dopo pochi mesi dall’inizio delle trasmissioni, quattro milioni di ascoltatori. Si apriva così una stagione del tutto nuova e molte altre radio “libere” iniziarono l’attività al punto che, in un sondaggio del 1966, quasi metà dei sudditi di Sua Maestà, dichiarava di sintonizzarsi regolarmente su una radio pirata o su Radio Luxembourg, la potente emittente lussemburghese che era una specie di antenata delle radio pirata. Il governo britannico non stette con le mano in mano e pose di fatto fine all’epoca delle radio pirata con il Marine Offences Act, che entrò in vigore il 15 agosto 1967. La legge, tuttora in vigore, “proibisce di trasmettere dalle navi, dalle strutture off-shore e dagli aerei in acque territoriali britanniche, o da navi e aerei registrati nel Regno Unito dovunque si trovino”. Quasi tutte le radio pirata smisero di trasmettere ma il testardo O’Rahilly, da buon irlandese, decise di andare avanti e, poco dopo la mezzanotte di quel ferragosto di quarant’otto anni fa, disse “Radio Caroline continua” e mandò in onda  All You Need Is Love dei Beatles.  Qualche anno dopo Radio Caroline ripartì a bordo di una nuova nave,l’ex rompighiaccio Ross Revenge, dalle quali le trasmissioni continuarono fino al 1989quando il ministro inglese Margaret Thatcher ordinò la presa di forza della nave con successiva chiusura della radio. Ma nemmeno la Lady di Ferro riuscì a zittire l’emittente. Da allora Radio Caroline ha ripreso e interrotto le trasmissioni diverse volte ed oggi è ancora sulla breccia, trasmettendo via satellite.

 

Marco Travaglini

 

“Parliamo di soldi” In avvio a Biella la quarta edizione del Festival “ContemporaneA“

“Parole e storie di donne”

Dal 22 al 24 settembre

Biella

Non poteva scegliersi immagine – guida migliore per la quarta edizione di “ContemporaneA”, progetto di “BI-Box – APS” (a cura di Irene Finiguerra e Barbara Masoni) che, per tre giorni, da venerdì 22 a domenica 24 settembre, porterà a Biella alcune delle più interessanti protagoniste del mondo finanziario, letterario, artistico, storico e giornalistico di oggi, impegnate a confrontarsi – a Palazzo Ferrero, al Lanificio Sella e all’Auditorium di “Città Studi” – sul tema “Parliamo di soldi”, di “denaro” e senza reticenze, perché è intorno a questo che si gioca una partita fondamentale: quella dell’emancipazione femminile. E’ dunque il non plus ultra l’illustrazione – logo del “Festival edizione 2023” realizzata dall’artista torinese Elisa Seitzinger, che si è ispirata alla leggendaria Regina di Saba, sovrana di straordinaria ricchezza, adoratrice del Sole, dunque personificazione al femminile sia di potere che di sapienza.

“L’ho rappresentata – spiega l’artista – con un libro e un Oro in mano su un cavallo, colmo d’oro. Il cavallo infatti, emblema di vitalità, è l’animale che in mitologia è in stretto contatto con il Sole e di conseguenza con l’elemento Oro … Il simbolo degli Ori, o Denari, nei tarocchi e in generale nei mazzi di carte a semi latini, è legato alla realtà materiale, all’abbondanza e alla generosità. Questo ‘visual’ può essere interpretato anche come la fusione tra la ‘Regina di Denari’ con il ‘Cavaliere di Denari’. Ultimo dettaglio: anche il fiore di zafferano, che fa da pennacchio al cavallo, è un simbolo di prosperità”.

Tema trasversale, quello del “denaro” verrà affrontato nella tre giorni biellese, attraverso diverse lenti, dalla finanza al teatro, dalla letteratura alla moda com’anche dalla scienza ai “tarocchi”.

Per l’intero programma, le locations e gli orari, consultare www.contemporanea-festival.com .

38 le/gli ospiti per 28 appuntamenti. Di seguito alcuni, fra i più interessanti.

La serata inaugurale è all’insegna della comicità: venerdì 22 settembre, con “Uno spettacolo esecrabile al sole”, le due autrici di Mammadimerda”, al secolo Sarah Malnerich e Francesca Fiore, portano all’Auditorium di “Città Studi” (corso Pella, 10), la tappa conclusiva del loro tour estivo: una fotografia della condizione femminile attuale, uno “spettacolo esecrabile” appunto, con un’operazione di satira sociale nello stile dissacrante che le contraddistingue.

Di particolare interesse, anche quest’anno, gli incontri dedicati alla “letteratura” e al “giornalismo”. Due su tutti: quello con Annalena Benini, (scrittrice e direttrice del “Salone del Libro di Torino”) che dialogherà con Marco Cassini ( direttore editoriale di “Sur” e co-curatore del Festival “La grande invasione”) e, per quanto riguarda il “giornalismo”, quello con Carmen Lasorella, prima giornalista italiana a ricoprire il ruolo di “inviata di guerra” televisiva, anchor-woman e autrice di reportage, che  racconterà del suo approdo in libreria con il suo primo romanzo “Vera e gli schiavi del Terzo Millennio”(“Marietti1820”, 2023).

Novità di questa edizione, il “Salotto di ContemporaneA”: uno spazio informale allestito in una delle sale dello storico “Palazzo Ferrero”, costruito tra il XV e il XVI secolo, sede del festival dalla sua seconda edizione. Qui si terranno incontri e laboratori con alcuni degli ospiti e le ospiti di questa edizione: la poetessa e saggista Francesca Genti (editore per i tipi di “Sartoria Utopia”) con “Istantanee dal destino” effettuerà una lettura poetica dei tarocchi “ad personam”, intesi come mappe per orientare i propri desideri. In questa stessa location avrà luogo anche il laboratorio a cura di “Gomitolorosa”, tenuto da esperte maestre volontarie del “knit&crochet” (lavoro a maglia e all’uncinetto): un’occasione di condivisione, benessere e solidarietà volto alla realizzazione di “tante piastrelle colorate” che insieme comporranno una coperta da donare a persone in stato di fragilità.

Non mancherà un format molto atteso dal pubblico di “ContemporaneA”, quello del “Pranzo con la scrittrice”. Sabato 23 settembre, la scrittrice e traduttrice Franca Cavagnoli terrà un intervento sulla scrittrice neozelandese Katherine Mansfield (di cui ha curato l’edizione completa di “Tutti i racconti”(Mondadori, 2013), mentre domenica 24Marco Cassini parlerà di Grace Paley (1922 – 2007), scrittrice, poetessa ed attivista statunitense considerata una maestra delle “short stories”.

Info e location: venerdì 22 settembre gli incontri si tengono nella “Sala Mostre” del “Lanificio Sella” (via Corradino Sella); mentre gli eventi in programma nelle giornate del 23 e 24 settembre si svolgono a “Palazzo Ferrero”(corso del Piazzo 25, Biella) e sono a ingresso libero fino a esaurimento posti. Prenotazione obbligatoria per lo spettacolo di “Mammadimerda” all’“Auditorium” di “Città Studi” (Corso Giuseppe Pella, 10) e i due “Pranzi con la scrittrice” : segreteria.contemporanea@gmail.com o tel. 392/5166749.

g. m.

Nelle foto: Illustrazione Elisa Seitzinger; Annalena Benini; Carmen Lasorella

 

Cinque giorni di incontri per il Festival delle Migrazioni

 V EDIZIONE
CHE CLIMA C’È?
A Torino cinque giorni di incontri, arte, teatro e letteratura,
dal 20 al 24 settembre 2023.

Massimo Giannini, Espérance Hakuzwimana, Gad Lerner, Marzio G. Mian, Nancy Porsia, Gabriele Proglio, Bintou Touré sono alcuni degli ospiti della quinta edizione.

Un festival diffuso tra San Pietro in Vincoli, Scuola Holden, Valdocco, Ufficio Pastorale Migranti, Polo del ‘900, Giardino Pellegrino e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.

Più di quaranta ospiti e oltre trenta eventi in cinque giorni, tutti a ingresso gratuito, tra spettacoli teatrali, concerti, proiezioni, incontri interattivi, laboratori, mostre e momenti conviviali: torna a Torino il Festival delle Migrazioni, quest’anno alla quinta edizione, dal 20 al 24 settembre 2023.
Il Festival delle Migrazioni, ideato e organizzato dalle compagnie teatrali Almateatro, A.M.A. Factory e Tedacà, è sostenuto da Fondazione Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore), Fondazione CRT, Ministero della Cultura – Direzione Generale Spettacolo Città di Torino, patrocinato da Città di Torino e Circoscrizione 7.Che clima c’è è il fil rouge scelto per questa edizione, con “clima” inteso con un’accezione doppia, in rapporto all’ambiente e alla politica: due argomenti particolarmente urgenti, considerata da un lato la drammatica situazione legata all’accoglienza e dall’altro la rapidità dei cambiamenti atmosferici in tutto il mondo, che va inevitabilmente a incidere su nuovi flussi migratori.Il Mali. Novità di questa edizione, la scelta di approfondire le questioni che riguardano un Paese o un’area geografica specifica, che cambierà di anno in anno. In questa edizione, diversi eventi avranno come focus il Mali, paese cruciale di cambiamenti ed equilibri politico sociali dell’Africa sub sahariana. Tra questi, Raccontare il Mali oggi con esperti quali Andrea De Georgio, Nicola Gallino, Nouhoum Traoré e il concerto Ma Lì? Visioni e suoni dal Mali di Trio Suoni d’Africa con la voce di Silvia Papa e le immagini del suo reportage.
Nell’ambito della tradizionale Cena delle cittadinanze di sabato 23, sarà inoltre proposto un piatto della tradizione culinaria maliana.Gli incontri. Clima e politica sono al centro dell’incontro tra Gad Lerner e Massimo Giannini; temi che saranno affrontati anche da Marzio Mian, giornalista di Internazionale, Giorgio Brizio (Fridays for Future), Stefania Tamea e Marta Tuninetti (rispettivamente professoressa e ricercatrice al Politecnico di Torino), moderati da Gabriele Proglio, nell’appuntamento Acqua, risorse alimentari e migrazioni nell’era dei cambiamenti climatici che coinvolgerà alcune persone migranti, che hanno dovuto lasciare il proprio Paese a causa dei cambiamenti del territorio da cui provengono. Quella Libia così difficile da raccontare è il titolo del dibattito tra Nancy Porsia, giornalista freelance e producer specializzata in Medio Oriente e Nord Africa e Maria Luisa Coppo, di Stop Border Violence. Tunisia: porto sicuro? è un dialogo sull’attuale e contrastato tema della frontiera tunisina, tra Marco Grimaldi, vicepresidente di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera, Bintou Touré, attivista di FreeFemmes e Luca Ramello, ricercatore per FTDES e OnBorders; l’incontro è organizzato in collaborazione con Melting Pot.Il modo in cui le migrazioni vengono narrate è fondamentale per evitare luoghi comuni e pregiudizi. In Notizie notiziabili Paola Barretta, Valerio Cataldi, Espérance Hakuzwimana forniscono strumenti utili e deontologici per una corretta narrazione del fenomeno migratorio, con particolare attenzione alla situazione politica e migratoria africana. Di come sia cambiato il volto della città negli ultimi quarant’anni, si parla in Torino e migramorfosi: migrazioni in città, ieri oggi e domani. Il tema dell’antirazzismo quotidiano, tra riflessioni, pratiche e sfide mette in dialogo la giornalista Veronica Ferrandes, lo psicoterapeuta Ronke Oluwadare, il regista Suranga Katugampala, la praticante avvocata Fatima Zahra El Harch.
L’incontro Ferrovie sotterranee è l’agorà organizzata al Festival delle Migrazioni con i rappresentanti di più di dieci realtà e associazioni che in tutta Italia si occupano di accoglienza e solidarietà, operando nelle zone di confine e in quelle di passaggio delle rotte dei migranti. Un’occasione importante sia per i soggetti della rete, che avranno uno spazio di scambio dal vivo, sia per il pubblico che potrà conoscere da vicino chi quotidianamente si impegna in prima persona con azioni umanitarie concrete.

Il teatro. Ogni focus tematico sarà esplorato anche dal punto di vista artistico attraverso i sette spettacoli teatrali di rilievo nazionale in programma. La mise en espace Free Yevgenia e Svetlana – La storia di un testo incriminato: “Finist il chiaro falco”, di Svetlana Petriychuk, si basa sulla sentenza di un tribunale moscovita, che lo scorso maggio ha posto in detenzione provvisoria la regista Yevgenia Berkovich e la drammaturga Svetlana Petriychuck, accusate di ‘giustificazione del terrorismo’ per il testo Finist, il chiaro falco, che racconta storie vere di donne russe, kazake e uzbeke che hanno sposato virtualmente estremisti islamici. Domenica, al Festival delle Migrazioni, verrà proposta la lettura scenica di questo testo: un esempio di attivismo realizzato attraverso il linguaggio teatrale.
In Perfect Match della compagnia portoghese Hotel Europa, in cui si racconta l’amore possibile all’interno dei nuovi movimenti migratori, il testo è costruito attraverso le testimonianze, le storie e le esperienze di vita degli interpreti, nati in paesi diversi: Portogallo, Colombia, Repubblica Ceca, Francia, Gran Bretagna e Italia. In programma anche Kakuma. Fishing in the Desert (Teatro Nazionale di Genova), che nasce dall’esperienza della regista Laura Sicignano in uno dei più grandi campi profughi al mondo, rinnovando così la tradizione del teatro-documento con un forte impatto emotivo. Sparato, (s)concerto per Sankara è tratto dalla storia di Thomas Isidore Noël Sankara, leader politico e rivoluzionario del Burkina Faso, “il Che Guevara africano”. Passaggi e nuovi approdi è un reading di e con Alba Maria Porto con l’accompagnamento musicale dell’Orchestra Terra Madre, in cui si racconta l’esperienza del viaggio come passaggio da un prima a un dopo. Testimonianze ed estratti di letteratura si mescolano, i loro protagonisti si raccontano attraverso racconti intimi, ed esperienze vissute, uniti dal comune desiderio di conquistare una nuova libertà.

Cena delle cittadinanze. Nella serata di sabato, un appuntamento molto amato dal pubblico, che a ogni edizione coinvolge cittadini, istituzioni, operatori e associazioni nel ritrovarsi insieme in un clima di convivialità. Una lunga tavolata nel cortile di San Pietro in Vincoli è l’occasione per condividere insieme il cibo portato da casa e i piatti proposti dalle cucine dal mondo presenti al festival, vivendo l’emozione di una cena tutti insieme.

Il cinema. Come da tradizione, la serata di avvio del festival è dedicata alla settima arte. In programma mercoledì 20 settembre il format Ortometraggi in Odissea. Percorsi di migrazione. Un’esperienza interattiva che invita il pubblico a proiettarsi in un futuro pericolosamente vicino, chiamando i partecipanti a esprimere le proprie scelte e a sperimentare il significato di quelle collettive. A seguire, la proiezione di Europa, regia di Haider Rashid, che racconta la storia di Kamal, un giovane iracheno che sta cercando di entrare in Europa a piedi, attraverso la rotta balcanica. In apertura della serata, un incontro in collaborazione con Associazione Quore per approfondire l’attuale situazione dei richiedenti asilo LGBTI+.

La danza e la musica. Nello spettacolo La mia ipocondria mi fa avere paura della guerra, l’attivista Ambra Gatto Bergamasco riflette attraverso la danza sull’overload delle immagini che narrano la guerra. L’opera artistica performativa viene creata in risposta a una foto apparsa sul Times nel 2015 che rappresentava una donna nel mare con il feto ancora attaccato al cordone ombelicale. La performance è un’azione di cerimonia per ricordare e portare dignità di memoria e alleanza, sotto forma poetica, a tutte le persone che quotidianamente oltrepassano confini.
Numerosi i momenti dedicati alla musica dal vivo: dal concerto di tamburi del LabPerm di Castaldo con il griot e polistrumentista Ady Thioune, in un evento che coinvolgerà tutto il pubblico in un viaggio di ritmi e pulsazioni, al dj set dj set di AنS (Shamss Collective): onde elettroniche ed echi linguistici tribali in un viaggio che mescola musica, linguaggio e corporeità. L’evento conclusivo di questa edizione del festival è affidato a Bandaradan, con il suo repertorio originale ispirato alla musica balcanica, klezmer e circense, inframmezzato da gag esilaranti.

Le mostre. Durante le cinque giornate del festival, al Polo del ‘900 sarà allestita la mostra Name climate Change. Diamo un volto al cambiamento climatico. Venti volti per mettere in risalto l’intensità e la materialità di altrettanti percorsi, fatti di scelte, in parte rese necessarie dalle contingenze, in parte motivate dalla consapevolezza di voler cambiare il futuro, a beneficio di tutte e tutti. I testimonial sono venti giovani cittadine e cittadini comuni, italiani e stranieri, che hanno vissuto il cambiamento climatico, ma anche persone che si battono attraverso l’attivismo, l’arte, la ricerca, il proprio lavoro in ambito agricolo per contrastare le problematiche dettate dal cambiamento climatico.
A San Pietro in Vincoli sarà visitabile l’esposizione Benvenuti in bianco e nero, voci e immagini del lavoro di accoglienza a cura di Tra Me e con le fotografie di Orlando Morici, che attraverso le immagini racconta cosa voglia dire essere oggi un operatore sociale nel settore dell’accoglienza ai migranti.
Si inserisce all’interno delle proposte del festival anche la mostra attualmente in corso alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, The Butterfly Affect, un percorso espositivo articolato attraverso le opere di undici artiste e artisti internazionali, dalla scultura all’installazione, dalla pittura al video. Dal 20 al 24 settembre sarà a ingresso gratuito per tutti i partecipanti al festival.

I luoghi del festival. Come ogni anno, il festival si svolge in più sedi della città, tutti luoghi simbolo della convivenza multietnica, tra Porta Palazzo e Borgo Dora, negli spazi di San Pietro in Vincoli – Zona Teatro, Scuola Holden, Valdocco, Ufficio Pastorale Migranti, Polo del ‘900, oltre a Giardino Pellegrino e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, soggetti culturali e sociali di rilievo nel tessuto cittadino.

Per tutte le giornate del festival sarà presente un punto ristoro presso San Pietro in Vincoli a cura di realtà del territorio. Tutte le iniziative sono a ingresso gratuito. Gli spettacoli, i concerti e la cena sono prenotabili attraverso il sito www.festivaldellemigrazioni.it

Gli incontri Raccontare il Mali oggiQuella Libia così difficile da raccontareRaccontare le migrazioni tra Africa ed Europa sono validi per ottenere i crediti formativi per giornalisti, iscrivendosi tramite la piattaforma www.formazionegiornalisti.it.

Il Festival delle Migrazioni utilizza il teatro, arte e letteratura come strumenti privilegiati di coinvolgimento, approfondimento e riflessione, un punto di riferimento nazionale che dà voce a nuovi sguardi e narrazioni sul fenomeno migratorio. Da sempre i grandi avvenimenti storici e sociali, come quello della migrazione, generano nuovi immaginari e nuovi fenomeni narrativi. Artiste e artisti, intellettuali, scrittrici e scrittori, compagnie teatrali nazionali e internazionali in questi anni hanno elaborato processi e storie che stanno cambiando il mondo in rapporto alla migrazione, aiutando a capire la complessità del fenomeno, con le sue contraddizioni e problematiche, ma anche bellezza e ricchezza.

Il Festival delle Migrazioni 2023 è un evento organizzato da Almateatro, A.M.A Factory, Tedacà e con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore), Fondazione CRT e MiC; con il patrocinio di Città di Torino, Città metropolitana, Circoscrizione 7, Ordine degli Assistenti sociali consiglio nazionale; con la partecipazione di Riforma, Scuola Holden, Polo del ‘900, Associazione Stampa Subalpina, Salesiani Don Bosco Pastorale Giovanile, Ufficio Pastorale Migranti, Fondazione Comunità di Palazzo, St’Orto, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Coldiretti, Arci Torino; con la collaborazione di ASLM, Melting Pot, Carovane Migranti, Emergency, MSF, Quore, Lovers, Lingua Madre, Lab Perm, Fuori di Palazzo, Fertili Terreni Teatro, Articolo 21, Fieri, Psicologia Film Festival, Crocevia di sguardi, Cambalache, Wanderlust, Balon Mundial, Rete 7, Giguya.

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A San Mauro Torinese Jessica Pasqualon racconta la Siria e i bimbi che non sanno sorridere

Inaugura oggi 19 Settembre presso il Cinema Teatro Gobetti, in Via Martiri della Libertà 17, alle 18 la mostra fotografica sulla Siria della reporter Ansa Jessica Pasqualon.

 

Jessica Pasqualon è una fotoreporter e quello che inaugura al Cinema Teatro Gobetti di San Mauro è un viaggio per immagini del reportage realizzato in Siria per l’Agenzia Ansa, con cui collabora.

Lo scopo del viaggio era quello di documentare gli effetti del terremoto del febbraio 2023 che ha colpito Turchia e Siria. Le stime ufficiali parlano di 57.000 morti a causa del sisma, 7.250 solo quelli in Siria. Le aree più colpite dal sisma sono state nella zona nord occidentale. Aleppo ha contato oltre 4.000 decessi e Latakia, a 15 km dal confine con la Turchia e da Ankara, il suo epicentro. Il terremoto è stato devastante, ma altrettanto devastanti le successive scosse di assestamento che hanno raggiunto picchi di 6 gradi di magnitudo. Anche queste hanno provocato morti, soprattutto per infarto a causa della paura o per schiacciamento dovuto a nuovi crolli. Degli effetti e delle vittime sappiamo molto poco a causa di una dittatura che rende impossibile il passaggio di informazioni e soccorsi.

Stiamo parlando di un Paese già compromesso dalla guerra, che ha fatto 610 mila morti in dieci anni di conflitto civile. Sono 4 mila i bambini curati ad Aleppo nell’ospedale dove hanno aperto una campagna di aiuto alle famiglie per i bambini malnutriti. A raccontarcelo è la stessa Jessica.

Quando sei stata in Siria e come hai fatto ad arrivarci?

In tanto siamo partite in due grazie all’ONG Terre des Hommes Italia, lo scorso aprile 2023.

Loro conoscono bene quelle zone e dunque mi hanno aiutato a partire e poi mi hanno anche ospitato. Della Siria sappiamo davvero poco. Io stessa prima del viaggio ho fatto fatica a documentarmi.

Perché hai deciso di partire?

L’intento del mio viaggio era quello di raccontare il terremoto in un paese dove i soccorsi non sono arrivati a causa delle sanzioni e della dittatura. Anche se loro non vogliono che si parli di dittatura. Subito dopo il sisma la gente ha letteralmente scavato con le mani per tirare fuori dalle macerie quante più persone possibili senza avere un supporto da nessuno e sentendosi abbandonati dal momento che non potevano sapere perché nessuno arrivasse in loro soccorso.

Volevo capire cosa fosse successo e capire come fosse la situazione e invece ho raccontato molto altro.

E com’è la situazione?

 

Molto complessa perché hanno una situazione politica di rapporti con i paesi limitrofi che cambia nel giro di quarantott’ore.  Lì ogni giorno è diverso da quello precedente perché saltano gli accordi, gli eventi si susseguono velocemente e al paese non viene garantita nessuna stabilità nonostante la dittatura vada avanti da 50 anni. La sensazione che ho avuto è che lì si compie la storia tutti i giorni.

Quali sono i temi ricorrenti di questo lavoro?

 

Ho cercato di documentare la guerra. Un conflitto lungo di cui ora non si riesce nemmeno più a ricordare come sia scaturito. Quella che doveva essere una grande ribellione iniziale non è andata in porto. I piani non sono andati come previsto. Dal 2018 non ci sono bombardamenti ma la situazione è tutt’altro che tranquilla.

La guerra ha decimato vite, ha devastato e distrutto città e chi prima si è trovato senza casa a causa della guerra ora si ritrova senza casa per via del terremoto.

Ma c’è anche chi è tornato a vivere in edifici pericolanti. Dunque vedi condomini giganti senza mura ma con le luci di coloro che ci vivono.

Te lo aspettavi?

No, affatto. Sono cose che se non le vedi, difficilmente riesci a immaginarle. È una situazione davvero complessa.

Nel viaggio ho visitato la parte nord ovest del paese. Siam partiti da Damasco e siamo stati ad Aleppo. Abbiamo anche attraversato zone in mano all’Isis. E infine siamo stati a Latakia, a soli 15 km dall’epicentro del terremoto, in zona turca.

Ad Aleppo cos’avete trovato?

 

Ad Aleppo abbiamo visitato un ospedale gestito dalla Croce Rossa Internazionale. Lì curano bambini mal nutriti. Questi bambini, che giungevano con le famiglie dalle zone rurali, oltre ai traumi riportati dal terremoto, dai crolli, presentavano forte malnutrizione.

Ho scattato foto a questi bimbi per documentare come vengono curati, a partire dalla terapia intensiva sino alle dimissioni. Il primario mi ha detto una frase che descrive in pieno il dramma di questo paese. Mi ha detto che quei bimbi non sanno sorridere. Sono talmente affamati che tendono a mordersi le labbra e le tengono serrate. Quando vengono nutriti e curati, e riprendono le forze, ecco che imparano a sorridere. Imparano a curvare le labbra.

Ho la pelle d’oca a raccontartelo. Ci sono foto di un bimbo molto piccolo nel letto con la mamma e poi ne ho una dello stesso bimbo che sorride poco prima di essere dimesso.

Immagino che sia stato anche pericoloso.

 

Si, siamo entrati a Ma’aarrat, una città deserta e i militari dei presidi ci hanno esortato a non scendere per via di possibili mine inesplose. È stato impressionante sentire che, nonostante i bombardamenti siano finiti nel 2018, si sente ancora chiaramente odore di bruciato in quegli edifici dove circola meno aria. Siamo entrati in una moschea e abbiamo visto dei corani abbandonati. Io non sono religiosa ma sono stata colpita dal fatto che nonostante le macerie quei corani sono rimasti intatti. La nostra guida si è fiondata a toccarli e baciarli. Sono rimasta toccata e profondamente colpita.

La mostra comprende 10 fotografie e racconta intensamente con altrettante didascalie il racconto di Jessica. È patrocinata dal comune di San Mauro Torinese e vede la collaborazione di E20inscena e Un sasso nello stagno, associazioni culturali locali. L’ingresso è libero e la mostra resterà aperta un mese, salvo proroghe.

In esposizione è possibile trovare anche “Aleppo: nonostante la guerra un mercato”, un dipinto della pittrice sanmaurese Tina Iuorio. Alcuni anni fa, ispirata dalle cronache in arrivo dalla Siria è rimasta colpita da alcune immagini in cui si vedevano spiragli di vita “normale” in scenari imbruttiti dalla guerra e ha deciso di interpretare le sue sensazioni nel suo stile artistico. Appena ha saputo della mostra di Pasqualon si è data disponibile per mettere in mostra il suo dipinto.

Cinema Teatro Gobetti, in Via Martiri della Libertà 17, San Mauro Torinese.

Gli orari:

Martedì dalle 16 alle 19

Mercoledì dalle 17.30 alle 19.30

Giovedì dalle 19 alle 22

Venerdì e sabato dalle 17 alle 22

Domenica dalle 15 alle 20.

Lori Barozzino

Il festival del digitale popolare si presenta

FESTIVAL DEL DIGITALE POPOLARE
Presentazione seconda edizione 6 > 8 ottobre 2023, Torino
Futura, a misura d’umanità
 
Martedì 19 settembre
Gallerie d’Italia – Sala Turinetti 
Piazza San Carlo, 156 si tiene la presentazione riservata ai giornalisti e agli invitati
 
Dal 6 all’8 ottobre Torino ospita la nuova edizione del Festival del Digitale Popolare, organizzato da Fondazione Italia Digitale con il patrocinio della Città di Torino. Dopo un debutto di successo nel 2022, che ha visto duecento ospiti e oltre duemila presenze, per l’evento nazionale torneranno a confrontarsi personaggi della cultura, dello sport, dell’innovazione e delle istituzioni in una fitta agenda di incontri, seminari e dibattiti. Quest’anno il tema del Festival sarà Futura, a misura d’umanità, ovvero la persona al centro dei processi di innovazione.
 
Intervengono
Chiara Foglietta, assessora Transizione digitale e Innovazione 
Francesco Di Costanzo, presidente Fondazione Italia Digitale

L’importanza della memoria europea: il “Pannunzio” ricorda la risoluzione parlamentare

 

19.9.2019  LA STORICA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO CHE ANCORA INCONTRA INCOMPRENSIONI

Il Centro Mario Pannunzio nella giornata odierna vuole ricordare la Risoluzione P.E. “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”. Adottato nell’ottantesimo anniversario del Patto Ribbentrop – Molotov, questo fondamentale documento afferma cose importanti.

1.      Con il 1945 NON abbiamo avuto la totale liberazione dell’Europa (punto D).«Dopo (…) la fine della Seconda guerra mondiale (…) per mezzo secolo altri paesi europei (…) occupati dall’Unione sovietica o soggetti alla sua influenza, hanno continuato a essere privati della libertà, della sovranità, della dignità, dei diritti umani e dello sviluppo socioeconomico»

2.      C’è stata la Norimberga del Nazismo ma rimane la «urgente necessità» di una Norimberga del comunismo (punto E).

3.      Mentre in alcuni Stati membri la legge vieta le ideologie comuniste e naziste, in altri si vietano le prime ma non le seconde. (punto F).

Poi la Risoluzione consegna raccomandazioni agli Stati membri.

A) Ricordare «l’orrendo crimine dell’Olocausto perpetrato dal regime nazista (…) invita gli Stati membri a condannare e contrastare ogni forma di negazione dell’Olocausto».

B) «Celebrare il 23 agosto come la Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari»: data che già esisteva dal 2008 ma da alcuni paesi (fra cui il nostro) poco osservata.

C) «Sensibilizzare le generazioni più giovani su questi temi, inserendo la storia e l’analisi delle conseguenze dei regimi totalitari nei programmi didattici e nei libri di testo di tutte le scuole».

D) Quindi l’indigesta equiparazione di tutti i regimi totalitari. «I regimi nazisti e comunisti hanno commesso omicidi di massa, genocidi e deportazioni, causando, nel corso del XX secolo, perdite di vite umane e di libertà di una portata inaudita nella storia dell’umanità (…) Invita tutti gli Stati membri della UE a formulare una valutazione chiara e fondata su principi riguardo ai crimini e agli atti di aggressione perpetrati dai regimi totalitari comunisti e dal regime nazista».

Infine il Parlamento si rivolge ai capi della Federazione Russa. «Invita la società russa a confrontarsi con il suo tragico passato. [Il P. E. è] profondamente preoccupato per gli sforzi dell’attuale leadership russa volti a distorcere i fatti storici e a insabbiare i crimini commessi dal regime totalitario sovietico. Parole profetiche, se si pensa che nel 2019 in Occidente nessuno pensava alla piega che avrebbe preso la storia; ma evidentemente ben diversa era la percezione di quei popoli che con Russia confinano, i quali riuscirono a portare i loro stati d’animo nell’aula di Bruxelles.

Il Centro Pannunzio, agenzia culturale di un Paese occidentale, ribadisce l’importanza di una Memoria europea che, abbracciandone le sofferenze, accolga anche le sensibilità di tutte le genti di quell’Europa che chiamavamo d’Oltrecortina.

“Take Care”: 8 sportelli sociali promossi dalla Rete delle Case del Quartiere di Torino

Con il sostegno dell’8xmille dell’Unione Buddhista Italiana

 

Gratuiti e aperti a tutti, gli sportelli di comunità recepiscono i bisogni del territorio lavorando in rete con altre realtà del territorio. Oltre 2.200 le persone prese in carico nell’ultimo anno.

 

“Take Care. La cura è di Casa” è un progetto innovativo sostenuto dai fondi 8xmille dell’Unione Buddhista Italiana: 8 sportelli sociali di comunità, gratuiti e aperti a tutti, anche persone in grave stato di marginalità sociale, in altrettante Case del Quartiere di Torino. Gli operatori degli sportelli forniscono informazioni e orientamento sui servizi della città, tra cui il supporto alimentare in casi di indigenza; garantiscono supporto nelle pratiche burocratiche e strutturano percorsi di inclusione personalizzati, attivando reti e risorse locali e offrendo opportunità sociali, formative ed educative.

Take Care nasce con un duplice obiettivo: l’empowerment delle persone e delle famiglie in difficoltà, per potenziare la loro capacità di uscire dalla condizione di disagio, e la creazione di un network di soggetti pubblici e privati e servizi territoriali che si occupano di welfare e cura.

 

 “Take Care è una rete territoriale di ascolto, cura e cittadinanza attiva il cui obiettivo è integrare le modalità di intervento sperimentate in un sistema di welfare di prossimità più ampio, dove le reti territoriali siano in grado di accogliere cittadini e famiglie fragili, specie con minori 0-18 anni” spiega Sara Medici, coordinatrice del progetto per la Rete delle Case del Quartiere.

Nell’ultimo anno sono state accolte e prese in carico 2.260 persone, un numero in costante crescita: i dati raccolti dalla Rete raccontano di una persistente povertà diffusa sul territorio cittadino e di fragilità multiple, a partire dalla richiesta di sostegno alimentare, la più frequente (20%). Il 73% degli utenti sono donne, il 55% è disoccupato e il 64% è costituito da cittadini extracomunitari; due persone su tre non sono prese in carico dai servizi sociali.

Grazie anche al finanziamento ricevuto dall’8xmille di Unione Buddhista Italiana, la Rete delle Case del Quartiere ha potuto creare la “dote per l’inclusione”: un fondo che ha permesso di offrire un supporto economico a 284 persone e nuclei familiari che, presi in carico dagli sportelli, si trovano a dover fronteggiare situazioni di emergenza sanitaria, lavorativa e abitativa.

 

È dal 2016 che l’Unione Buddhista Italiana sostiene progetti umanitari e sociali in Italia e all’estero, grazie ai fondi 8xmille che, attraverso la dichiarazione dei redditi, si può destinare a una confessione religiosa o allo Stato. Nel 2022 sono stati più di 150 i progetti umanitari sostenuti dall’Unione Buddhista e 40mila i beneficiari raggiunti. Ciascun progetto è selezionato in coerenza con l’idea, che sta alla base del pensiero buddhista, dell’interdipendenza e del prendersi cura, perché ogni essere senziente, umano o animale che sia, è interconnesso e quando ci si prende cura di qualcuno si agisce a favore dell’intera collettività.

L’Unione Buddhista predilige piccole realtà non profit che sviluppano progetti concreti sul territorio rivolti alle categorie più fragili, con particolare attenzione ai diritti umani, al rispetto dell’ambiente e allo sviluppo di una cultura della sostenibilità umana, sociale ed economica. Si tratta di progetti non confessionali a favore della pluralità e della responsabilità sociale, dove l’Unione Buddhista porta un aiuto concreto supportando le reti territoriali esistenti.

Tra gli esempi nel 2023: la produzione di salsa di pomodoro caporalato-free nel leccese; la liberazione dalle reti illegali da pesca che provocano la morte di preziose specie marine nell’arcipelago delle Eolie; i percorsi di meditazione in carcere, da Milano a Palermo, per acquisire consapevolezza e agevolare il reinserimento sociale; gli sportelli di ascolto, cura e cittadinanza attiva presenti in diversi quartieri di Torino; il rifugio in provincia di Rimini dove centinaia di cani, gatti e capre sono accolti e curati; il laboratorio tessile di prodotti artigianali creati dalle donne migranti accolte nel piccolo borgo calabrese di Camini.

L’impatto delle attività finanziate con l’8xmille è evidenziato nell’Impact Report 2022, il primo rapporto di sostenibilità realizzato da una confessione religiosa in Italia. Stilato sulla base degli indicatori dell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il rapporto è uno strumento di trasparenza nei confronti dei cittadini, utile per pianificare le future azioni di sostegno.

È disponibile sul sito: https://unionebuddhistaitaliana.it/news/impact-report-2022/

 

Per info:

https://unionebuddhistaitaliana.it/

https://8xmilleunionebuddhista.it/progetti/a-torino-la-cura-e-di-casa/

www.retecasedelquartiere.org

 

L’Unione Buddhista Italiana nasce nel 1985 come associazione che raggruppa i vari centri buddhisti presenti in Italia, proponendosi come rappresentante unico dell’insieme del movimento buddhista, nel rispetto di tutte le tradizioni storiche. Dai 9 centri buddhisti iniziali, il numero è cresciuto oggi a 64. L’Unione Buddhista Italiana contribuisce alla diffusione degli insegnamenti e delle pratiche della dottrina buddhista, sviluppa la collaborazione tra le diverse scuole, favorisce il dialogo con le altre comunità religiose e le istituzioni, l’Unione Buddhista Europea (di cui fa parte dal 1987) e la Federazione mondiale dei buddhisti. Il buddhismo rappresentato dall’Unione Buddhista Italiana si connota per un forte spirito di apertura e dialogo verso le altre religioni, a partire da quella cattolica. https://unionebuddhistaitaliana.it/

Bar straordinari!

In giro per il mondo alla ricerca dei locali più singolari 

 

Il viaggio è scoperta, conoscenza e arricchimento. Attraversare il mondo equivale ad immergersi in culture diverse ed abitudini insolite consentendoci di conoscere vite e luoghi straordinari. Monumenti, vestigia di antiche civiltà, siti di spirituale e religiosa vocazione, opere architettoniche, tutto questo ci attrae e crea in noi la curiosità e l’interesse che ci spinge all’esplorazione.

Il patrimonio e la cultura di un luogo sono rappresentate però anche da quelle consuetudini, da quei momenti e da quegli spazi dedicati al relax, alla convivialità e ai piaceri che coinvolgono il palato, il gusto e le gioie dei sapori, soprattutto se tutto ciò avviene in location uniche e piene di fascino come alcuni deliziosi e originali bar.

Da una parte all’altra del globo possiamo trovare locali davvero incantevoli, espressione dell’estro e della genialità,   frutto della fantasia e della creatività folcloristica, sedi indiscusse di incanto per gli occhi e per il gusto.

Tra i locali più mirabolanti troviamo lo Sky Bar a Bangkok, in Thailandia. Una vista mozzafiato e ipnotica al sessantatreesimo piano del Lebua Hotel a 250 metri di altezza. Il bancone psichedelico cambia colore, una esperienza unica librati e brilli dei magnifici panorami tailandesi.

Cambiando decisamente stile e continente, in Svizzera e precisamente a Gruyères, c’è l’H.R. Giger Museum Bar un omaggio all’omonimo all’artista elvetico   creatore del personaggio principale del film Alien. L’atmosfera, gelidamente metallica, è assolutamente in tema con la famosa pellicola cinematografica, si ha la suggestiva sensazione infatti di stare nella pancia di una creatura preistorica spaventosa.

Spostandoci verso ovest, negli USA, a New York, abbiamo un bar dai toni decisamente old fashion: il Bemelmans Bar, all’interno del Carlyle Hotel le cui pareti sono state decorate da Ludwig Bemelmans, celebre autore di libri per bambini. Le immagini iconiche delle opere dell’autore sono colorate e piacevoli, gli arredi di eleganza decò, le luci soffuse, la musica jazz regala serate magiche. Per gli amanti del Martini, la soddisfazione è garantita, sembra infatti che, in questo luogo incantato, che sia uno dei migliori di New York.

Continuando il nostro viaggio verso ponente, a San Francisco, in California, c’è lo Smuggler’s Cove, un divertentissimo bar in stile piratesco. Navi da corsari in pieno stile Disney, 400 tipi di rum, 70 cocktail tropicali. Puro divertimento e serate da bucaniere!

Tornando in Asia, esattamente in India a Mumbai, il Blue Frog Lounge regala un ambiente moderno, avveniristico: una configurazione hi-tech di cerulei cerchi incapsulati. Una struttura centrale avvolta da cabine cilindriche dove accomodarsi, pavimento ondeggiante in plexiglass trasparente con effetti di luci LED. Una “acoustic lounge” dove mangiare, ascoltare musica ma anche uno studio di registrazione.

Rientrando nel vecchio continente, nella meravigliosa Dubrovnik, in Croazia, all’interno di una spettacolare caverna naturale è situato il Cave Bar. Un caffè o un aperitivo al tramonto seduti internamente al fresco o sulle terrazze sono una esperienza di sicuro fascino e ristoro, un tuffo in mare proprio lì davanti poi completa definitivamente un piacere di rara meraviglia.

 

Anche nella nostra bella penisola possiamo trovare magnifici bar, antichi e storici, di design, dal gusto retrò. Tra i più gettonati c’è il Riad Yacout di Milano, stile marocchino raffinato, ambientazioni che ci riportano nella splendida Marrakech. Un “laboratorio del gusto”, un ristorante dove deliziarsi con le specialità culinarie del Maghreb e una atmosfera esotica, misteriosa e ammaliante.

 

Maria La Barbera

 

 

Venti Mediterranei soffiano ad Agrigento e Torino

 

Le due città gemellate per il festival di Slow Food organizzato nell’ambito del progetto Youth&Food – Il cibo veicolo di inclusione per i minori stranieri non accompagnati

 

Incontri, laboratori, cene e momenti musicali: è il festival Venti Mediterranei – culture, cibo e società -, che si terrà ad Agrigento dal 29 settembre al 1 ottobre per poi passare il testimone a Torino dal 27 al 29 ottobre in un gemellaggio ideale che unisce le due città.

 

Chiavi di lettura differenti l’una dall’altra, che tutte insieme raccontano l’essenza del Mediterraneo, culla di civiltà, luogo di incontro di culture che si ritrovano ancora oggi nei sapori e nelle tradizioni culinarie, ma soprattutto sentiero di migrazioni e spazio di contaminazioni che ha ricoperto un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’umanità.

Protagonisti del festival sono alcuni dei minori stranieri non accompagnati coinvolti in Youth&Food – Il cibo veicolo di inclusione, il progetto di Slow Food selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il Contrasto della Povertà Educativa Minorile. Giovani e giovanissimi che da due anni seguono un percorso di formazione che, attraverso l’alimentazione e la gastronomia, li aiuti a entrare a far parte delle comunità che li accolgono.

Agrigento, 29 settembre-1 ottobre

 

La tre giorni di Agrigento si svolgerà tra il Teatro Pirandello, il chiostro di Palazzo del Comune, la Biblioteca comunale e piazza Ravanusella, nel quartiere più multietnico della città.

 

I palcoscenici mediterranei

 

Il Foyer “Pippo Montalbano” del Teatro Pirandello sarà il palcoscenico di conferenze e incontri. Si comincia con uno degli elementi di base della cultura alimentare mediterranea, e non solo. Nel talk Le rotte del pane, a cura di Slow Grains e Slow Food Sicilia, partecipano coloro che lavorano le farine per realizzare pane e pasta, gli agricoltori che custodiscono i semi e producono in modo sostenibile e coloro che scelgono di sostenere la biodiversità locale.
Non solo incontri ma anche laboratori. Per rimanere in tema di farine e pani, fatti stuzzicare dalla voglia di mettere le mani in pasta e imparare l’arte della panificazione e quali sono le differenze tra le varie culture e le ricette antispreco a base di pane raffermo. Tutto questo nel Laboratorio del pane mediterraneo, a cura della Comunità dei Grani Antichi Slow Food che si terrà nella Terrazza del ristorante Ginger-people&food

 

Nella Biblioteca Comunale “La Rocca” si terrà uno dei talk centrali della tre giorni agrigentina: Persone migranti e rifugiati con disabilità: per il rispetto dei diritti umani previsti dalla Convenzione ONU. Momento di riflessione per parlare di persone migranti e rifugiati con disabilità e della mancanza, nel nostro sistema di accoglienza, di sufficienti accessi e percorsi specifici. Bambini, donne e uomini con disabilità presenti già prima della partenza ma anche vittime, durante il viaggio, di violenze e torture che provocano cicatrici impresse nei corpi e nell’anima. Disabilità che legate all’essere migrante finiscono per moltiplicare l’effetto discriminatorio di queste persone. L’evento è realizzato in collaborazione con CAPP cooperativa sociale. Interverranno, tra  gli altri, Giampiero Griffo dell’European disability forum, Eleonora Vanni, Presidente nazionale di Lagacoop sociali, Fausto  Melluso di Arci Sicilia insieme a funzionari governativi e della Regione siciliana e verrà condotto dalla giornalista Lidia Tilotta.

 

Un importante confronto si terrà , nel Foyer del Teatro, domenica mattina, con i rappresentanti delle ONG insieme a Vittorio Alessandro, Contrammiraglio della Capitaneria di Porto a riposo, Roberta Billitteri, vice presidente di Slow Food Italia, Andrea Volterrani, Direttore Master comunicazione sociale di Tor Vergata Roma, Ibrahim Ahmed, consigliere comunale Comune di Torino e verrà condotto dal giornalista  Sergio Scandura.

 

Cibo, cultura e…

 

Altri temi centrali della tre giorni agrigentina saranno la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale. Momenti per riflettere sul rapporto indissolubile tra natura e modello di produzione, transizione ecologica e agricoltura e il peso delle esternalità negative su contadini e contadine. Il talk La Transizione ecologica parte dall’agricoltura  in collaborazione con Legambiente, Circolo Rabat Agrigento vede il coinvolgimento di Federico Butera, professore emerito del Politecnico di Milano, e Francesco Sottile dell’Università di Palermo e di slow food internazionale.

Infine, verrà presentato il progetto Ecotours a cura della Fondazione Comunitaria di Agrigento e Trapani: un lavoro che coinvolgerà imprese tra Italia, Francia, Cipro, Spagna, Grecia ed Ungheria per definire itinerari turistici integrati assieme alle comunità locali delle destinazioni turistiche di riferimento e che fungeranno da laboratori di co-progettazione per ecosistemi turistici basati sul paradigma del turismo circolare e sostenibile.

 

Agrigento sotto le stelle

 

Con il calare del sole si alzano i sipari dell’intrattenimento notturno tra proiezioni, aperitivi, musica e cene di strada. Gustati l‘happy hour in compagnia dei ragazzi msna – minori stranieri non accompagnati – del progetto Youth&Food – Il cibo veicolo di inclusione che prepareranno l’aperitivo grazie alle competenze acquisite attraverso i Corsi di formazione seguiti durante l’anno. Se hai ancora un languorino, nella piazza Ravanusella, situata nel quartiere più multietnico della città, potrai trovare lo street food made in mar Mediterraneo con cucine provenienti da diverse culture e territori. Nella stessa piazza, nelle serate di sabato, si terranno i concerti di world music con cori e percussioni dal Marocco, musica balcanica, gruppi misti siculo-senegalese a cura delle associazioni giovanili, protagoniste in questa due giorni, tra cui TTT, Immagina, Sbem, Yalla Aurora, Consulta giovanile. Non perderti anche la rassegna cinematografica Italiani brava gente, organizzata in collaborazione con il circolo ARCI- J. Belushi. Sul palcoscenico del teatro della Posta Vecchia, verranno proiettati diversi corto e medio metraggi che proverà a scavare nell’inconscio italiano, ancora profondamente pregno dell’ideologia colonialista e suprematista e con cui non abbiamo mai fatto i conti.

 

Il Festival si concluderà domenica sera con tutti i ragazzi, con un aperitivo in Piazza Ravanusella e dj set di world music.

 

Scopri i dettagli del programma qui

Torino, 27-29 ottobre

Dalle Fonderie a Porta Palazzo, i luoghi del Mediterraneo a Torino

 

Tra conferenze, musica, degustazioni e incontri, gli spazi protagonisti dell’edizione torinese del festival, dal 27 al 29 ottobre, saranno due luoghi simbolo dell’incontro tra culture: le Fonderie Ozanam, il luogo che per i giovanissimi protagonisti del progetto Youth&Food è stato scuola, casa e centro ricreativo, dove hanno imparato la cucina italiana e ritrovato quella del proprio Paese d’origine; e Porta Palazzo, il cuore multietnico di Torino.

 

Il giro del mondo in una piazza (o poco più)

 

A Torino i Venti Mediterranei soffiano intorno a Porta Palazzo: sede del mercato all’aperto più grande d’Europa, fra i suoi banchi giovani rifugiati politici (o richiedenti asilo) da anni svolgono una esemplare azione di contrasto allo spreco alimentare, con l’associazione Eco dalle Città. E proprio gli alimenti recuperati, salvati perché sottratti alle dinamiche che ne farebbero surplus, diventeranno una cena, proposta open air presso il Giardino “Pellegrino”, al Balôn.

Insieme ai temi dell’incontro e dello scambio, immancabile quello del viaggio grazie a Migrantour che organizza da anni visite guidate e mirate sull’area di Porta Palazzo. Un paio d’ore e pochi chilometri quadrati per esplorare almeno una decina di nazioni diverse! I luoghi delle diverse culture, la storia antichissima della zona, le botteghe dei migranti con i relativi assaggi.

E proprio di Porta Palazzo, delle diverse esperienze di migrazione e cooperazione di cui è fulcro, si discuterà in un incontro fra i Consoli Generali di diverse nazioni che si affacciano sul mare comune, con la partecipazione dei nuovi cittadini di GenerAzione Ponte e Codiasco.

Oltre al viaggio…un popolo in viaggio. Il popolo dei rom, di casa in tutto il Mediterraneo, ma per qualcuno mai vicini di casa. Eppure, un popolo portatore di un bagaglio culturale che è forse il più voluminoso fra i vari che sono usi a portarsi nei loro movimenti nomadi di città in città, e che verrà presentato in una breve conferenza con la presidente di Aizo, Carla Osella. Il nomadismo ha creato una cultura gastronomica stratificata e variegata, proposta in una cena (elaborata da chef Igor Stojanovic) che animerà questo festival al suono delle musiche gitane condotte da Orchestra Terra Madre.

 

Anche a Torino cibo, cultura e…

 

I Venti Mediterranei profumano di cibo, viaggio e scambio. A Torino l’incontro di sapori e tradizioni è messo in campo – e a tavola – da aperitivi, degustazioni e conferenze.

Il festival accenderà le luci su molti falsi miti che, incancrenitisi nel tempo, hanno creato presunte diversità gastronomiche laddove invece l’humus culturale è il medesimo: lo farà con “Gastronazionalismi“, opera seminale per una narrazione che sottolinei il valore delle diversità culinarie senza teorizzare primati delle une sulle altre, presentata dagli autori Michele Antonio Fino e Anna Claudia Cecconi. Parallelamente, con la professoressa Maria Giovanna Onorati conosceremo il valore aggiunto che i migranti apportano alle produzioni agricole italiane, anche di eccellenza, in termini di competenze tecniche la cui presenza alle nostre latitudini si va rarefacendo.

Ingredienti centrali del nostro mare sono il pane e l’olio d’oliva, cui sono dedicati due momenti diversi. Il pane, con la sua presenza sulle tavole di tutti e le mille forme che può assumere, sarà preparato nelle sue versioni marocchine, italiane, turche, algerine, siriane, egiziane e accompagnato da deliziosi intingoli nell’aperitivo che seguirà, accompagnato dalla musica di orchestra Terra Madre. Sull’olio d’oliva una conferenza tematica che ne analizza l’essenza grazie ai contributi di esperti relatori presso la Sala Meeting di Combo Torino.

Infine, colazioni, pranzi e cene multietniche. Nei tre giorni di evento i ragazzi protagonisti di Youth&Food – Il cibo veicolo di inclusione realizzeranno una colazione, un pranzo e una cena con piatti tipici delle tradizioni di luoghi lontanissimi fra loro, qui riuniti nel segno della fratellanza, della formazione e della cultura, supervisionati dai cuochi del progetto.

 

Il mare in una tazzina

 

Anche il caffè avrà il suo spazio. Lavazza, che ne è il maggior produttore europeo, ha instaurato la sua innovativa sede Nuvola proprio a poche centinaia di metri da Porta Palazzo; ed è presso il Museo Lavazza che la polvere marrone verrà raccontata, spiegata nella sua origine ed estrazione, col contributo di Emanuele Dughera di Slow Food Coffee Coalition. E il caffé non sarà solo narrato, ma anche assaggiato, nelle sue varie declinazioni, forse meno conosciute dell’espresso quotidiano: il caffé siriano, quello del popolo rom, quello etiope…

Presso le sale di Combo il Caffè Turco è protagonista di un talk fra il giornalista turco Murat Cynar e il professor Francesco Pongiluppi, profondo conoscitore delle tematiche anatoliche. I profumi del caffè ci seguiranno in un percorso storico di migrazioni a ritroso: quelle che, nei secoli passati, hanno portato un’insospettabile quantità di italiani a trasferirsi a Istanbul e dintorni.

Youth & Food – Il cibo veicolo di inclusione è un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Messo a punto da Slow Food, si svolge nell’arco di tre anni e coinvolgerà in tutto 60 minori stranieri non accompagnati nelle città di Agrigento e Torino, grazie alla collaborazione con Al Kharub cooperativa sociale, Sanitaria Delfino Società Cooperativa Sociale, Coop.Meeting Service Catering, Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali (AMMI), Comune di Torino, Servizio VIII – Centro per l’Impiego di Agrigento, C.P.I.A. di Agrigento.

Il capo sei tu

E’ convinzione comune che un cliente (di supermercato, di azienda, di negozio, di ristorante) sia una semplice pedina che cerca qualcosa, non sempre la trova, e adatta le sue esigenze all’offerta (una certa marca non sarà più presente, mi adatto a qualcos’altro).

Il cliente in realtà è molto di più: è il vero padrone dell’impresa, perché senza clienti l’impresa non ha senso di esistere e non ha ricavi per coprire i costi e, quando va bene, generare utili per l’imprenditore.

Sam Walton, fondatore dell’azienda Walmart (la più grande rete di negozi al mondo) insegnava ai suoi dipendenti:

‘Io sono l’uomo che va in un ristorante, si siede a tavola e aspetta pazientemente, mentre il cameriere fa tutto, tranne annotare la mia richiesta.

Io sono l’uomo che va in un negozio e aspetta in silenzio, mentre i venditori terminano le loro conversazioni private.

Io sono l’uomo che entra in un distributore di benzina e non usa mai il clacson, ma aspetta pazientemente che il gestore finisca la lettura del suo giornale.

Sono l’uomo che spiega la sua disperata urgenza per un pezzo, ma non si lamenta quando la riceve solo dopo tre settimane di attesa.

Io sono l’uomo che, quando entra in uno stabilimento commerciale, sembra chiedere un favore, implorando un sorriso o sperando solo di essere notato.

Stai pensando che sono una persona tranquilla, paziente, del tipo che non crea mai problemi… ti sbagli: sai chi sono? Sono il cliente che non torna mai più!

Mi diverto vedendo milioni essere spesi ogni anno in annunci di ogni ordine, per portarmi di nuovo alla tua azienda, essendo che quando ci sono andato per la prima volta, tutto quello che avrebbero dovuto fare era solo una piccola gentilezza, semplice ed economica: trattare con un po’ più di cortesia.

Esiste un solo capo: il cliente. E può licenziare tutte le persone della società, dal presidente al bidello, semplicemente prendendo i suoi soldi da spendere altrove.’

Purtroppo la maggior parte delle persone è abituata a lasciarsi maltrattare, sfruttare, ingannare, rischiare la salute acquistando prodotti scaduti mentre basterebbe, anche solo per un certo periodo, tornare a servirsi nei negozi di prossimità, quelli dove puoi lamentarti se qualcosa non era di tuo gradimento, per obbligare quei colossi a migliorarsi, a modificare la loro politica delle vendite se non vogliono ritrovarsi senza clienti.

La maggior parte dei grossi nomi della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) cerca, infatti, di acquisire sempre nuovi clienti, finge di coccolarli con le fidelity cards che concedono sconti particolari ai possessori anziché pensare a fidelizzarli, cioè farli tornare dopo la prima volta. Le fidelity cards sono nate per profilare i clienti e capire la variazione, nei mesi dell’anno, di acquisti di determinati generi, quale siano i gusti in base all’età e altri indicatori. Non hanno pensato, però, che visto lo sconto riconosciuto ai possessori, quelle cards vengono prestate ad amici e parenti falsando totalmente le statistiche.

Che dire, poi, dell’educazione delle addette alla cassa? Io frequento alternativamente 5 ipermercati di brand diversi e, all’incirca, conosco gli orari delle addette alla cassa; se tutti ci recassimo soltanto dalle cassiere simpatiche, riducendo l’afflusso a quelle scorbutiche, scortesi o indisponenti, l’azienda sicuramente modificherebbe il servizio alla clientela.

Fino a qualche anno fa, un marchio di ipermercati non consentiva alle cassiere di sedersi durante il servizio obbligando così le donne che, ad esempio, soffrivano di dismenorrea o di lombalgia o di altri problemi legati alla postura eretta a porsi in malattia, piuttosto che lasciarle lavorare da sedute. Qualche procedimento giudiziario contro il titolare ha permesso alle cassiere di lavorare sedute; il brand è stato ceduto ad altra azienda perché anche altri aspetti della gestione è stato fallimentare.

SERGIO MOTTA