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Intesa Sanpaolo: in banca solo su appuntamento

La continuità operativa è assicurata dalla filiale online e dalla piattaforma di home banking. Sportelli automatici e bancomat continueranno a mantenere la consueta operatività e accessibilità

 Intesa Sanpaolo rende noto che, nell’assicurare la tutela del proprio personale e il costante presidio dei servizi alla propria clientela,  sarà possibile accedere alle filiali del Gruppo esclusivamente su appuntamento.

Per i clienti sarà possibile richiedere l’appuntamento telefonicamente, per le sole operazioni indifferibili e non altrimenti eseguibili attraverso i canali diretti e digitali della banca, come gli sportelli automatici, la filiale online (telefonica) e la piattaforma di home banking. Come già comunicato in data 12 marzo 2020, la tutela delle nostre persone, nel rispetto della garanzia della continuità e qualità del servizio, è una delle priorità di Intesa Sanpaolo anche in questa delicata fase di emergenza. Per questo motivo, invitiamo pertanto i clienti a verificare, attraverso il numero verde 800.303.303 (dall’Italia) e +39.011. 8019.200 (dall’estero) o sul sito internet www.intesasanpaolo.com, l’effettiva esigenza di recarsi in filiale per le operazioni che necessitano di svolgere.

Il finto patriottismo della paura. Risposta a Galli della Loggia

IL COMMENTO  di Pier FRanco Quaglieni / Ernesto Galli della Loggia, lo stesso che scrisse il fortunato e citato libro “La morte della Patria” sul Corriere della Sera di oggi inneggia al nuovo patriottismo che sarebbe rinato in questi giorni con l’esposizione di tricolori e con il canto in strada  dell’Inno nazionale. Egli giunge a scrivere che  “in tempi di vita e di morte” rinasce l’identità nazionale. Per uno storico come lui  il suo mi sembra un  discorso banalizzante e fuori tempo

Per decine e decine di anni ci siamo sentiti ripetere che la Nazione e la Patria erano parole retoriche e tutti hanno usato il ben più banale e democratico Paese. Solo Ciampi tentò come presidente di farci riappropriare del nostro orgoglio di essere e di sentirci italiani. E solo in minima parte ci riuscì. Chi scrive si è sempre considerato un patriota e potrebbe vantare qualche benemerenza in fatto di inni nazionali e di bandiere tricolori. Nelle occasioni  solenni ho fatto aprire le manifestazioni del Centro Pannunzio con il suono e persino il canto dell’ Inno di Mameli ; in tante occasioni ho promosso concerti patriottici ed uno era stato  programmato proprio per il  prossimo 17 marzo anniversario dell’Unità d’Italia, una festa mal concepita e frettolosamente realizzata  da un sottosegretario di Monti che fu alle dipendenze di Ciampi. Ho sempre esposto il tricolore al mio balcone ,preferendo però quello con lo stemma sabaudo, la bandiera del Risorgimento ,la bandiera ereditata da mio nonno.
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Ho in più occasioni commemorato le  date di anniversari e di feste nazionali in giro per l’Italia, da Bolzano a Trapani.Partecipando sempre a titolo gratuito. E potrei aggiungere tanti altri ricordi riferibili fino agli anni della mia giovinezza, quando scelsi a 14 anni di andare ad El Alamein e non a Luxor, come tanti miei compagni di scuola del Collegio San Giuseppe nel corso di un viaggio in Egitto. Ho ricordato queste cose non certo per vantare dei meriti che non ho, perché ho solo seguito le tradizioni della mia famiglia. Ho voluto ricordare queste cose perché non credo all’ improvvisato patriottismo di gente che ha sempre calpestato la storia e, se non la ha calpestata, è solo perché l’ha sempre ignorata. Mussolini cercò di “galvanizzare” gli  italiani dopo le clamorose sconfitte delle armi italiane in Africa, in Russia, nei Balcani , con le parole d’ ordine patriottiche. Fu un inutile richiamo che rese la dittatura intollerabile.
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Oggi non abbiamo bisogno di tricolori alle finestre, ma di disciplina nel non uscire di casa. I patrioti dell’emergenza virus sono dei finti patrioti. Oggi di fronte alla pandemia che non guarda alle frontiere nazionali, abbiamo bisogno di spirito umanitario, capace di farci sentire cittadini del mondo. Non dobbiamo cantare inni che la maggioranza dei cittadini non conosce, ma dobbiamo cercare di essere solidali, donando soldi e sangue. Oggi i veri eroi sono i medici e gli infermieri che cercano di salvare vite umane. Il prof. Galli dovrebbe scrivere queste cose e non esaltarsi di una Patria  di cui lui stesso ha dichiarato la morte. Anche la patria europea, in cui pure abbiamo creduto, si è rivelata un miraggio e nessuno penserebbe di cantare oggi   l’inno alla gioia. Sentirci uomini solidali e sofferenti, a fianco di altri uomini solidali e sofferenti, è l’ imperativo categorico di questi tempi così difficili e inediti.
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La retorica,buona o cattiva, non ha senso. Il “Cuore” di De Amicis riprende vigore  e significato nel senso  della rivalutazione dei valori umani che debbono legarci, per la vita e per la morte. Ed anche il senso più modesto ma indispensabile della rivalutazione   dei valori civici che molti nostri connazionali hanno dimostrato di non possedere affatto. Quando ho letto che in una cittadina ligure che pure amo, è passata un ‘auto della protezione civile con gli altoparlanti a tutto volume con l’Inno di Mameli, ho pensato che quell’auto doveva  essere utilizzata per ben altri ed urgenti scopi.
scrivere a quaglieni@gmail.com

Nosiglia chiede di aprire le parrocchie a senzatetto e bisognosi

L’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, ha rivolto un appello alle parrocchie della diocesi  per le persone che si trovano in situazione di grave emarginazione come senza dimora, anziani soli e richiedenti asilo

“Molti ospiti dei dormitori, la maggioranza, non possono restare in sede durante la giornata: passano il tempo in strada, compreso quello dedicato a consumare il pasto da asporto che le mense consegnano loro. Una situazione oggi particolarmente difficile”, dice l’arcivescovo, che aggiunge: ” l’aiuto delle parrocchie, soprattutto del centro cittadino, può essere quello di mettere a disposizione una sala, ad esempio, dell’oratorio, con servizi igienici per ospitare, tra le 9 e le 17 di ogni giorno, un piccolo gruppo di tre o massimo quattro persone senza dimora in modo che restino riparate. E la  fantasia della Carità di ciascuna parrocchia potrà arricchire il soggiorno diurno, ad esempio, con un piatto di pasta al momento del pranzo o di un caffè a metà mattina e metà pomeriggio, sempre nel rispetto delle norme di distanza e igieniche per la prevenzione”.

Io prego da casa

#iopregodacasa. E’ questo l’appello rivolto a tutti i credenti, dal “Coordinamento Interconfessionale Piemontesee dal “Comitato Interfedi  della Città di Torino “ al tempo del coronavirus.

Nell’intimità delle nostre abitazioni, da soli o con i nostri cari, oggi più che mai la preghiera può consolare un mondo spaventato e smarrito, sa parlare ai cuori, sa confrontarsi con il grande mistero che ci circonda. Per prepararsi a riprendere il cammino con più forza e umiltà.

Per il “Coordinamento Interconfessionale del Piemonte “ il portavoce Giampiero Leo e per “il Comitato Interfedi della Città di Torino” il presidente Valentino Castellani

Salvare l’anno scolastico con Westudents. Se le istituzioni si svegliano…

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Salvare l’anno scolastico con WeStudents. Se le istituzioni si svegliano..

Mercoledì sul web 40 volti noti nella maratona social di solidarietà

12 ore di diretta social no stop, 43.200 istanti di solidarietà, più di 40 personaggi famosi per la maratona web di solidarietà “Webathon per il Piemonte”. Per la prima volta il web si trasforma in una vera televisione interattiva per arrivare in modo capillare nelle case di tutti gli italiani

A partire dalle ore 12 e fino alle ore 24 di mercoledì 18 marzo volti noti del mondo dello spettacolo, della musica, dello sport, della letteratura, dell’imprenditoria si alterneranno in una vera e propria staffetta social per una sola causa: trovare risorse per sostenere gli ospedali del Piemonte, il personale sanitario e acquistare nuovi dispositivi medici, necessari ad affrontare l’emergenza Coronavirus.

Webathon, la maratona benefica nata da un’idea di Walter Rolfo, autore e conduttore televisivo e organizzata dalla Giunta e dal Consiglio regionale su una piattaforma replicabile anche per le tante altre Regioni colpite dall’emergenza, intende non solo sensibilizzare su quanto, in questo momento, anche una piccola donazione possa essere utile all’intero sistema sanitario regionale ma anche sull’importanza di aderire alla campagna #iorestoacasa.

Tutto l’evento, le riprese, il contributo dei personaggi che hanno aderito è stato pensato affinché ognuno dia il suo personale aiuto, semplicemente restando tra le mura di casa, senza entrare in contatto con altre persone e senza dover uscire. Un messaggio importante ma semplice per dire che si può realizzare l’impossibile anche dal salotto di casa.

 

Da “Il Milione” di Marco Polo al Coronavirus

Un viaggio a ritroso nel tempo ci riporta al fantastico viaggio di Marco Polo fino all’attuale contagio e alla nuova gaffe di Christine Lagarde della BCE (Banca Centrale Europea)

Tutti conoscono il libro “Il Milione”” di Marco Polo e moltissimi lo hanno letto o ne hanno visto  uno dei tanti film che ne sono stati tratti.

Le memorie dei suoi viaggi attraverso l’Asia e la via della seta, nonché le cronache del Catai (Cina) di cui fu alto funzionario (nonché amico dell’imperatore), vennero dettate a Rustichello da Pisa (suo compagno di cella) che le trascrisse nella lingua franco-veneta di allora, ma di difficile comprensione oggi. Dal carcere dove fu rinchiuso a Venezia, per tre anni, a partire dal 1296 , parte l’epopea di un mondo sconosciuto e affascinante e per la prima volta si parla della Via della Seta. Il viaggio nell’allora Catai durò dal 1271 al 1295. Ventiquattro anni densi di scoperte, di conoscenze, nuovi saperi e nuovi sapori.

L’Europa di quel tempo scoprì il Celeste impero venendo, per la prima volta, “contaminata” da seta, polvere da sparo, carta, bussola, carte geografiche e spaghetti, ma dopo arrivò anche la peste, il contagio portato dai tartari e avvenne la prima “globalizzazione”. Cristoforo Colombo, sempre per raggiungere la Cina di Marco Polo, ma per una via più breve, scoprì l’America e da allora cambiò nuovamente la storia del mondo. La copia del Milione che recava con sé, durante la traversata, non lo portò nelle Nuove Indie, ma nel nuovo Mondo.
A settecento anni di distanza dal primo viaggio di Marco Polo una nuova contaminazione arriva dalla Cina.

Nuovamente il mondo cambia (stavolta in peggio) e l’Unione europea e il fantasma Europa, dimentica dei suoi grandi fondatori, è il simulacro di allora e non riesce a gestire il contagio, se non in ordine sparso, Paese per Paese. L’Europa sta alla finestra ad aspettare che tutto finisca e Christine Lagarde della Banca Centrale Europea, in mondo visione, lancia la sua più grande corbelleria ed epica gaffe.  Praticamente uno gnomo!!! Per contro, chissà se la Cina – con la sua nuova contaminazione – non dia la stura anche al “Nuovo Rinascimento” italiano?
Fra le stranezze che ci riserva la vita, un nuovo rapporto può nascere nello scambio Italia e Cina. Come in tutti i gialli, il finale è incerto e non prevedibile.

Tommaso Lo Russo

Quel 16 marzo del ’78 a Torino e in Italia

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16 marzo 1978, Aldo Moro rapito in via Fani a Roma e massacrata la sua scorta. Colpevole di dialogare con i comunisti di Enrico Berlinguer. Le brigate rosse esecutori delle volontà reazionarie mondiali. Molti servizi segreti gongolavano. Statunitensi, inglesi, israeliani e russi e bulgari sodali nel produrre caos. E perché no, almeno una parte dei nostri servizi

Oramai una tragica ed acclarata verità. Con gli uomini della P2 di Licio Gelli come immondi coordinatori di questo progetto. Torino reagì con forza e determinazione. Torino, suo malgrado, una delle capitali del terrorismo rosso. Torino reagì bene e fu  poi determinante per la sua sconfitta. Fu determinante tra il popolo e tra la classe dirigente.

Lo stesso sindacato, maggiormente infiltrabile dalle Br, capì e reagì. Studente universitario di Palazzo Nuovo conoscevo diversi individui che, dopo aver accusato il PCI di tradimento del proletariato, si davano alla clandestinità credendosi grandi rivoluzionari ed essendo grandi stupidi. Utilizzabili ed utilizzati. Il ciarpame non finiva qui. Mentre Enrico Berlinguer sosteneva: difendere le istituzioni per rinnovarle, loro sostenevano nè con lo Stato ne né con le Br. Stupidaggini che davano, però, linfa vitale ai delinquenti brigatisti. Alla sera manifestazione in piazza Castello. Il corteo doverosamente aperto con i democristiani e le loro bandiere. Un simbolismo non da poco. Forse la prima volta nella storia repubblicana. Reagì bene con i suoi uomini più rappresentativi. Il magistrato Luciano Violante era stato parcheggiato a Roma in Cassazione. Le sue indagini contro Edgardo Sogno avevano dato fastidio a molti. Enrico Berlinguer si consultò con il partigiano Ugo Pecchioli ministro ombra dell’Interno del PCI.Nel pieno riserbo fu organizzata una riunione con Violante. Dopo la direzione nazionale decise la scelta di bon trattare con Br. Scelta dolorosa ma necessaria. Benigno Zaccagnini telefonò distrutto a Berlinguer per conoscere la posizione del PCI. Ne venne fuori anche un incontro tra Luciano Violante ed il segretario democristiano. Ancora adesso, molti si chiedono il perché della linea trattativista di Bettino Craxi. Si può anche spiegare con la vicinanza e conoscenza tra socialisti e appartenenti alla cosiddetta Autonomia Operaia che, a loro volta conoscevano i terroristi rossi. Forse Moretti capo Br aveva già deciso. Tanti e troppi i poteri occulti e non occulti italiani ed internazionali che voleva la morte di Aldo Moro. In quei tragici giorni, di fatto si ponevano le basi per sconfiggere il terrorismo rosso. Grazie a molti. Grazie a quegli impiegati ed operai che scioperarono partecipando ai cortei. Grazie anche a magistrati e politici di Torino. Grazie anche a tutta la nostra città. Non è da poco. C è da esserne fieri.

Patrizio Tosetto

Il fattore “C”

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PAROLE ROSSE di Roberto Placido / Neanche tanti anni fa si sarebbe detto il fattore “K” ma oggi non può che dirsi, pena l’incomprensione da parte di molti, il fattore “C”. Naturalmente la lettera sta ad indicare il Corona Virus o Covid 19 che dir si voglia ma anche, aggiungo io, Cina e Cuba

Non ritorno sulla gestione iniziale, altalenante, della Pandemia ma su quello che stiamo vivendo in questi giorni di chiusura totale di tutto il paese. Il provvedimento, dopo le critiche o le sottovalutazioni di altre nazioni, penso che sarà il riferimento per molti governi e stati ma su quanto è emerso, sono venuti a galla tutti gli errori di gestione della Sanità pubblica degli ultimi dieci anni. Alcuni gravi e che rischiano di diventare tragici, altri meno ma che pesano terribilmente nella situazione che si è creata a causa della pandemia da Covid 19.

Il decennio indicato è stato costellato da tagli indiscriminati e pesanti alla sanità pubblica. Dove più dove meno le regioni, sia quelle di sinistra che di destra, hanno calcato pesantemente la mano. Senza un piano strategico nazionale e nemmeno nelle singole regioni. Si è permesso così di non difendere, ma questo purtroppo è avvenuto sciaguratamente in tutti i settori. Aziende strategiche per l’interesse nazionale che non vuol dire solo i camion pesanti o qualche infrastruttura ma, abbiamo scoperto ora, anche la produzione di mascherine o di respiratori, vendute o delocalizzate senza che i vari governi avessero nulla da obiettare. In Piemonte ha risposto in uno slancio di generosità il Gruppo Miroglio Tessile di Alba, marchi Vestebene , Elena Mirò ed altri, con la produzione straordinaria e manuale di circa 700.000 mascherine di stoffa lavabili e riutilizzabili una decina di volte. A costo zero per la Regione Piemonte! Il tutto coperto da “monsù” Miroglio e d altre realtà cuneesi. In tema di mascherine fanno da contraltare quelle, incredibili, inviate dalla Protezione Civile nazionale nelle varie regioni ed anche in Piemonte, una specie di striscia di carta igienica inutilizzabile, che tanto hanno fatto infuriare il mitico presidente lombardo, quello del video della mascherina, Attilio Fontana ed il suo assessore alla sanità Giulio Gallera. La Lombardia paga la scelta di avere puntato tanto e per tanti anni sulla sanità privata ed ora si trova drammaticamente senza posti letto sufficienti, senza posti di terapia intensiva e tutto il seguito ad essi legati. La situazione piemontese merita qualche approfondimento, sia per i posti letto che per la gestione complessiva. Scrivevo prima del dissennato taglio dei posti letto e degli investimenti degli ultimi dieci anni, va bene scendere da quasi 4 posti letto ospedalieri ogni mille abitanti alla media europea di tre ma , in una gara suicida, negli ultimi anni sono arrivato a 2,5 e di conseguenza il numero dei letti di terapia intensiva. Alle critiche ed osservazioni che molti a sinistra facevamo le risposte erano i dati del bilancio che imponevano i tagli quando andava bene se non risposte a noi di essere “statalisti e passatisti” se non spallucce di scherno in qualche caso.

Così senza i numeri della Lombardia abbiamo Torino che regge, in affanno il Maria Vittoria ed in parte il San Giovanni Bosco, ancora bene le Molinette, saturo un reparto su tre, mentre in difficoltà sono le altre parti della regione. Ad Alessandria sono bastate poche monache con alcune linee di febbre o risultate positive per intasare l’ospedale. Ospedali che hanno i Pronto Soccorso praticamente vuoti in quanto non solo i codici bianchi e verdi sono scomparsi, ma anche molti codici gialli. Per paura del contagio non portano le persone o non vanno in ospedale e molte di queste persone muoiono di altre patologie ma hanno evitato, “per fortuna”, il contagio. Anche in Piemonte una protezione civile debole e non guidata lascia le farmacie senza mascherine da oramai un mese per non parlare degli operatori, dai quali dipende tutto il funzionamento del sistema, lasciati quasi completamente senza strumenti come mascherine, guanti, occhiali ecc. Pensiamo che al tempo della SARS (Severe Acute Respiratory) sindrome acuta respiratoria grave, che nel 2002-2003 causò circa 8 mila casi e oltre 700 morti nel mondo, tutti i medici di famiglia ricevettero, mai usate, una tuta con tanto di casco scafandro tipo Guerre Stellari che ancora fanno mostra di se in qualche armadio o vetrina di studi medici. In compenso si sta dimostrando all’altezza della situazione il presidente della Regione Alberto Cirio che seppur positivo al Covid 19 ed in quarantena domestica interviene con toni adeguati, positivi, nel senso non medico, e determinati. Ma tornando al “fattore C” assistiamo al comportamento della Cina, di sostegno materiale, un intero aereo carico di respiratori, mascherine ed altro materiale medico ed una squadra di nove medici esperti nella lotta al Virus. Esperienza fatta al centro del problema e cioè nella città di Wuhan. L’iniziativa dell’Associazione Italia-Cina che ha destinato un importante quantitativo di materiale sanitario alla nostra regione ed il bel video di sostegno ed incitamento all’Italia ed agli italiani di decine di cinesi di ogni età. Questo da un paese al quale, unici, abbiamo chiuso i voli diretti e mentre i paesi amici ci hanno rifiutato persino quantitativi di mascherine già ordinate e pronte alla spedizione.

E poi l’offerta arrivata dalla storica associazione Italia-Cuba di medici cubani, formatisi in Africa nella lotta all’Ebola. Dal comportamento e dall’atteggiamento di Cina e Cuba una riflessione viene spontanea, in quei paesi dove il servizio sanitario è garantito dallo stato la lotta a fenomeni come il Corona Virus sono più facili da contrastare alla faccia del liberismo e del mercato regolatore. La cosa positiva, l’ho già scritto, è la risposta della stragrande maggioranza degli italiani, al netto dei deficienti di ritorno, quelli che sono tornati al sud e nelle isole da mammà, o degli imperterriti di parchi e camminate inutili, degli operatori della sanità pubblica e dei lavoratori delle aziende che, giustamente, pretendono maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro. In attesa di vedere cosa succede nel sud Italia, potrebbe essere drammatico l’evolversi della pandemia per la carenza e la colpevole inadeguatezza delle strutture mediche, bisogna incominciare a pensare al dopo. Il comportamento e la reazione degli italiani con video, canzoni, messaggi da l’idea di un senso di paese quanto mai utile in un momento molto difficile e per certi versi drammatici per il nostro paese. Mi è tornata in mente una frase molto bella di Enrico Berlinguer: ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno. Speriamo che la lezione serva ad invertire la riduzione dei posti letto negli ospedali, dei posti di terapia intensiva, ne abbiamo molto meno di Francia e Germania e degli stessi Stati Uniti dove la sanità pubblica di fatto non esiste. Speriamo si faccia un piano sulle aziende strategiche dei vari settori del nostro paese e non solo quello medico-sanitario, si utilizzino risorse nel medio lungo periodo per modernizzare il paese e le strutture ed infrastrutture altrimenti ancora una volta avremo sprecato risorse ingenti sempre e solo in termini emergenziali.

E’ tempo di smartworking anche in gelateria

Mentre le gelaterie sono chiuse Alberto Marchetti ha lanciato ai suoi collaboratori un’idea che ha subito conquistato tutti: due ore di collegamento ogni giorno, dedicata alla formazione

Anzitutto un modo per fare squadra, anche ai tempi del Coronavirus. E poi l’occasione, preziosa, per dedicarsi alla conoscenza delle materie prime e di tutti i produttori grazie ai quali le gelaterie di Alberto Marchetti riescono ad offrire un gelato così amato e apprezzato.

Da anni Alberto Marchetti studia e ricerca per portare le piccole storie e i prodotti eccezionali del territorio all’interno delle proprie gelaterie, per fare in modo che la gente conosca, apprezzi, assaggi tutto ciò che di buono la natura ci regala e rischia di scomparire.

“Voglio approfittare di questa pausa per aiutare i miei ragazzi a capire ancora meglio ed in maniera più approfondita cosa c’è dietro (e dentro!) il mio gelato. Qualche volta la frenesia della quotidianità non ci permette di approfondire argomenti che per me sono la vera base di un buon gelato e questa è l’occasione giusta per farli innamorare del mestiere più bello del mondo!

Tutti i giorni, puntuali alle 10.30, ci collegheremo dalle nostre case, tutti insieme per due ore di “lezione”. Parlerò della mia idea di gelato: semplice, fresco e buono. Ma non sarò solo perché collegati con me ci saranno, giorno dopo giorno, tutti i produttori con i quali collaborano. E sarà dalla loro voce che ascolteremo tutto quello che c’è da sapere sullo zucchero, sulla nocciola, sul latte…

Contadini, imprenditori e anche chef…il sabato e la domenica saremo infatti collegati con degli chef che ci insegneranno qualche trucco in cucina!

Alla formazione non mancheranno anche i momenti di didattica più leggera ed esperienziale, con protagonisti della scena torinese non necessariamente legati al cibo, ma che ci fanno capire che la bellezza, l’allegria e la creatività non vengono a mancare nemmeno nelle situazioni fuori dall’ordinario cime quella che stiamo vivendo.
Ci sono momenti che paiono lunghi, invece sono dei trampolini utili per lanciarsi nel futuro che sarà”