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A Monteu Da Po una “giornata sui binari della storia con il ferrociclo”

Con visite al sito archeologico di Industria

“La stazione ferroviaria di Monteu Da Po, e così questa tratta della linea Chivasso-Asti, sabato 3 settembre riprenderà vita con l’esperienza del ferrociclo per grandi e piccini, sulle rotaie rimesse a nuovo da RFI e su iniziativa della Fondazione FS Italiane – commenta Gianluca Gavazza, consigliere regionale del Piemonte -. La stessa iniziativa era stata organizzata nel settembre dello scorso anno a Cavagnolo con un successo in termini di partecipazione davvero straordinario, che aveva dato un segnale forte a tutte le Istituzioni”.

Sabato 3 settembre alla stazione di Monteu Da Po si ritorna a un primo utilizzo della ferrovia con le corse sui ferrocicli, mezzi su rotaia utilizzati sulle ferrovie turistiche di tutta Europa, attrazione per bambini e famiglie proposta dal Museo Ferroviario Piemontese, con il patrocinio del Consiglio regionale del Piemonte e del Comune di Monteu Da Po, in collaborazione con la Direzione Regionale Musei Piemonte, l’Associazione Culturale Athena, Co.M.I.S. – Coordinamento per la Mobilità Integrata e Sostenibile, Pro Loco Monteu Da Po, Circolo La Nostra Collina, grazie alla disponibilità di RFI – Rete Ferroviaria Italiana.

“Sarà un’occasione per provare sui binari della linea Chivasso – Asti, attualmente sospesa, il ferrociclo, mezzo di locomozione realizzato dai volontari del Museo Ferroviario Piemontese utilizzato per fini turistici e ambientali – spiega nel dettaglio il consigliere regionale del territorio Gianluca Gavazza -. Si tratta di un carrello con ruote ferroviarie, struttura in tubi metallici e propulsione a pedali o a pedalata assistita, in grado di trasportare due o più persone, che prende spunto dalle vecchie “draisine a pedali”, un tempo utilizzate per la manutenzione lungo le linee ferroviarie e soprannominate dai ferrovieri “biciclette”.

L’appuntamento con i ferrocicli è dalle ore 10 alle 12.30, e nel pomeriggio dalle ore 15 alle 18 presso la stazione ferroviaria di Monteu Da Po e l’iniziativa è a titolo gratuito.

Nel contempo dalle ore 10 alle 16 sarà possibile effettuare visite guidate al sito archeologico di Industria, adiacente alla stazione. Si tratta di una città romana sorta in posizione strategica sulla riva destra del Po, quasi alla confluenza con la Dora Baltea, tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C., in seguito alla romanizzazione dell’area che in precedenza era abitata da popolazioni celto – liguri.

Industria deve la sua importanza alla funzione di polo commerciale sulle rive del Po e, a partire dalla seconda metà del I secolo d.C., al santuario dedicato alle divinità orientali di Iside e Serapide, motivo di ricchezza e di fama.

Per info e prenotazioni visite a Industria tel. 379/1592724 mail: athena.as.culturale@gmail.com.

Stalking, un fenomeno diffuso nella società

Quasi quotidianamente leggiamo sui giornali o ascoltiamo al TG notizie di stalking, di qualcuno seguito o minacciato nella propria privacy da un ex, da un innamorato respinto o da chi, comunque, impone la propria presenza non gradita in modo assillante.

Nell’ordinamento italiano, lo stalking è stato introdotto come reato dalla legge 23 aprile 2009, n. 38 che ha introdotto sostanziali novità in tema di sicurezza, in particolare aggiungendo al nostro codice penale l’articolo 612-bis dal quale si evince come lo stalking non sia, come spesso si intende, l’appostarsi sotto casa della vittima, tempestarla di messaggi e telefonate o controllare chi frequenti, ma molto più in generale “[..] chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

E’ evidente, quindi, come si possa parlare di stalking ogni qualvolta un soggetto sia costretto a modificare la propria vita, le proprie abitudini per effetto del comportamento altrui.

Possiamo parlare, quindi, di una vera e propria violenza psicologica, se non addirittura fisica, commessa da parte degli uomini sulle donne e, da parte delle donne, quasi sempre nei confronti di altre donne.

Lo stalking, al pari del mobbing e del bossing, rientra fra le forme di violenza psicologica, forma che è la più difficile da riconoscere, gestire e denunciare.

I giornali riportano, purtroppo, spesso notizie di vittime di stalking lesionate o uccise dal partner o dall’ex, perché la mania di controllo sfocia talvolta in atti violenti per punire la vittima anche quando non vi è un motivo reale (gelosia patologica, ad esempio); negli ultimi anni anche in Europa si assiste al vetriolage, cioè la deturpazione del viso commessa usando acidi, per distruggere l’identità della persona, l’immagine e la bellezza.

Complice una legislazione che spesso ha buchi, alcune vittime pur avendo presentato numerose querele non vedono assicurato alla giustizia lo (o la) stalker.

Al di là delle motivazioni psicologiche, secondo le quali almeno metà degli stalkers sono stati a loro volta vittime di abbandono o hanno vissuto un lutto, non dobbiamo pensare allo stalking unicamente tra ex partners o tra vicini di casa: a fronte di un 50 % circa di casi legati alla coppia, almeno un quarto si verifica nel condominio, un 15% sul luogo di lavoro o di studio ed un 5% in famiglia (fratelli, cognati, genitori, figli).

La vittima sperimenta una situazione costante di ansia, paura, rabbia, sensi di colpa insieme ad una sensazione di impotenza e perdita di fiducia sia nelle proprie capacità di far fronte e risolvere situazioni critiche sia nei confronti dei rapporti sociali in genere.

Quando lo stalker appartiene alla cerchia famigliare o delle amicizie, chi subisce questo genere di violenza tende a colpevolizzarsi e a cercare in sé stesso le cause del comportamento dell’aggressore e tende a ritardare contromosse difensive.

I molestatori sono spesso ex partner della vittima che non riescono ad accettare la fine della relazione, corteggiatori con difficoltà di interazione e comunicazione incapaci di avviare rapporti interpersonali in modo convenzionale o anche pazienti psichiatrici che travisano la relazione terapeutica interpretando l’aiuto fornito come una dimostrazione di interesse affettivo.

Lo stalker che può rivelarsi particolarmente pericoloso è il cosiddetto “predatore” il cui scopo è quello di riuscire ad avere rapporti sessuali con la vittima che viene quindi pedinata,inseguita, spaventata così da sentirsi costantemente in situazione di pericolo, mentre il persecutore si sente esaltato ed eccitato dal potere che esercita sull’altro. Si tratta in genere di presone affette da disturbi psicopatologici che riguardano la sfera sessuale (erotomani, pedofili, feticisti).

Per la vittima di azioni di stalking è essenziale dare il giusto peso a comportamenti assillanti o fuori luogo e non sottovalutare il rischio, così da mettere in atto immediatamente strategie difensive. E’ buona norma essere sempre estremamente chiari rispetto ai propri sentimenti nei confronti del potenziale stalker poiché qualsiasi tentennamento viene percepito non come “semplice comportamento dettato dall’educazione” bensì come interesse nei suoi confronti e quindi come incentivo ad intensificare i tentativi di avvicinamento. Importante anche reagire con indifferenza ai comportamenti messi in atto per spaventare o suscitare collera, così da scoraggiare la reiterazione di questi comportamenti poiché, se non genera sentimenti sgradevoli lo stalker non raggiunge il suo scopo.

Ovviamente, se ci si sente minacciati ci si deve rivolgere alle autorità competenti e in questo caso è consigliabile avere preventivamente preso nota/registrato comportamenti, mail, telefonate ecc. da esibire al momento della querela.

C’è da dire però che non sempre i comportamenti difensivi sono sufficienti a disincentivare lo stalker che può arrivare ad agire in maniera molto aggressiva anche ignorando i provvedimenti emessi dalle Autorità.

Per questo è utile riflettere sul fatto che siamo abituati a dare indicazioni alle vittime perché imparino a difendersi, quando sarebbe probabilmente più efficace, anche se più complesso, agire a livello dell’educazione di base e impiegare risorse economiche, tempo e competenze professionali nella formazione e nel sostegno degli educatori (genitori ed insegnanti) e delle nuove generazioni, così da promuovere una crescita equilibrata nel rispetto di ciascun individuo.

Sergio Motta

Cristiana Francesia

 

Sergio Motta nel suo libro “Ventiquattro sfumature di vita” invita proprio le persone, donne in primis, a non sottovalutare i primi cenni di violenza psicologica, le prime richieste immotivate (“perché vai sempre da tua madre?”, “che bisogno hai di vedere le amiche?”) ed adottare le opportune strategie difensive.

Ridurre la fibrosi cardiaca: una ricerca del Politecnico

Un gruppo di ricerca interdipartimentale dell’Ateneo ha collaborato con il Centro Cardiologico Monzino e con altri sette partner in Italia e all’estero a uno studio sulle modalità di sviluppo delle fibrosi cardiache, meritandosi la pubblicazione in copertina sulla prestigiosa rivista internazionale ‘Circulation Research’

 

 

Esiste la possibilità di ridurre la fibrosi cardiaca e, di conseguenza, i casi di insufficienza cardiaca. È quanto stabilisce uno studio multidisciplinare condotto dall’Unità di Ingegneria Tissutale del Centro Cardiologico Monzino di Milano (coordinata dal dottor Maurizio Pesce), a cui ha partecipato un team di bioingegneri del Politecnico di Torino, costituito da Massimo Salvi e Filippo Molinari del Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni-DET e da Dario Carbonaro, Diana Massai e Umberto Morbiducci del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale-DIMEAS.

Lo scompenso cardiaco è la principale causa di ricovero ospedaliero ed è caratterizzato da un’elevata mortalità. Questa patologia origina da un eccesso di fibrosi del muscolo cardiaco, che ne altera il suo normale funzionamento. L’obiettivo dello studio – pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale “Circulation Research” come articolo di copertina – è stato quello di valutare il ruolo degli stimoli meccanici nel rimodellamento cellulare in soggetti affetti da fibrosi cardiaca.

La ricerca ipotizza infatti che la comparsa di fibrosi possa essere causata dalla risposta delle cellule a particolari stimoli meccanici. I ricercatori hanno utilizzato tecniche di imaging e metodi molecolari per la valutazione della deformazione cellulare. In particolare, il team del Politecnico ha svolto le analisi quantitative su modelli murini e su cellule cardiache umane.

Il lavoro ha portato alla scoperta di un meccanismo in grado di ridurre la fibrosi attraverso l’inibizione degli stimoli meccanici sulle cellule cardiache, prevenendo così la progressione dello scompenso cardiaco.

“Comprendere i meccanismi cellulari alla base dello scompenso cardiaco risulta fondamentale per lo sviluppo di farmaci innovativi in grado di contrastare l’avanzamento della fibrosi e di ripristinare la funzionalità cardiaca” spiegano i membri del team di ricerca del Politecnico.

Circulation Research (h-Index: 352) è la rivista di ricerca di base e traslazionale dell’American Heart Association che abbraccia tutti gli argomenti della cardiologia e della biologia cardiovascolare. La rivista mira a migliorare la comprensione dei meccanismi delle malattie cardiovascolari e le prospettive di innovazione.

Partner coinvolti: Unità di Ingegneria Tissutale Cardiovascolare – Centro Cardiologico Monzino, IRCCS, Milano; Politecnico di Torino; Università di Roma La Sapienza; Mediterranea Cardiocentro, Napoli; Elettra Sincrotrone ScPA, Trieste; Policlinico San Donato, IRCCS; Università di Milano; National Council of Research (IBBC-CNR), Monterotondo; Hokkaido University, Sapporo (Giappone).

 

Al via l’Ikea Festival: nuova vita agli spazi domestici

UN CALENDARIO DI APPUNTAMENTI GRATUITI CON GLI INTERIOR DESIGN IKEA PER CELEBRARE LA VITA IN CASA E DARE NUOVA VITA AGLI SPAZI DOMESTICI

 Trasformare gli angoli di casa e rinnovare gli spazi, è questo il tema centrale dell’IKEA FESTIVAL, l’evento che a partire dal 26 agosto animerà lo store di Collegno con attività e seminari a tema design e creatività: per tre weekend un denso calendario di attività, volte a raccontare come creare, con una piccola spesa, un ambiente bello e funzionale. Con pochi ma essenziali consigli, gli interior designer IKEA aiuteranno i clienti a sprigionare la propria creatività per dare nuova vita ai propri prodotti e spazi domestici.

IKEA FESTIVAL – APPUNTAMENTI IN STORE

 

Seminario IKEA Family “Arredare con gusto” – 26 agosto ore 18.00 – I soci IKEA Family potranno partecipare ad un appuntamento speciale in cui gli esperti IKEA condivideranno tips&ideas per arredare la propria libreria di casa in modo non convenzionale. Alla fine del seminario, i soci potranno partecipare ad una food experience al Ristorante, con una degustazione dedicata alle iconiche polpette svedesi.

Iscrizione al seminario, fino a esaurimento posti, su IKEA.it/festival

 

Seminari sul sistema componibile IVAR – Ogni venerdì e sabato dalle ore 16.00 alle ore 19.00 – Gli esperti IKEA mostreranno ai presenti il sistema IVAR, evidenziando come si presti ad essere utilizzato per diverse attività e come, grazie alla sua versatilità, all’utilizzo sapiente degli accessori e ad alcune piccole modifiche, sia possibile adattarlo al proprio stile e ai propri spazi.

Non è necessaria l’iscrizione

 

Seminari su come creare un ambiente creativo e funzionale – Ogni venerdì e sabato dalle ore 16.00 alle ore 19.00 – Gli esperti IKEA mostreranno ai partecipanti come è possibile ottimizzare e personalizzare gli spazi domestici con creatività, focalizzandosi su punti chiave essenziali quali la scelta degli accessori e del colore, il layout, lo storage e l’illuminazione. I visitatori potranno lasciarsi ispirare per trasformare la propria casa, risolvendo le problematiche di arredo con sistemi  innovativi e accessibili.

Non è necessaria l’iscrizione

 

Appuntamento con l’ispirazione – Ogni venerdì e sabato dalle ore 16.00 alle ore 19.00 – Per chi lo desidera sarà possibile partecipare, nell’area Ristorante, a uno “speed date” di 20 minuti con un esperto IKEA, con cui chiacchierare di nuove possibili soluzioni per sfruttare al meglio anche i piccoli angoli di casa con decorazioni, accessori e sistemi modulari.

Iscrizione direttamente in negozio

Un nuovo look per mobili e accessori – Ogni venerdì e sabato dalle ore 16.00 alle ore 19.00 – Esperti IKEA mostreranno, attraverso delle dimostrazioni pratiche negli spazi del laboratorio della circolarità, come dare nuova vita ad alcuni prodotti, rinnovandoli con semplici accorgimenti.

Non è necessaria l’iscrizione

Fino a lunedì 29 iscrizioni test d’ingresso Corso Laurea Terapia Occupazionale

Entro il 29 agosto è ancora possibile iscriversi al test d’ingresso che si terrà il 7 settembre e darà la possibilità ad accedere al Corso di Laurea in Terapia Occupazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma, presso la sede del Trompone di Moncrivello.

Il corso universitario, di durata triennale, attivo dal 2005 sotto la direzione della dottoressa Renata Spalek e voluto dai Silenziosi Operai della Croce che gestiscono il polo sanitario del Trompone, si articola in sei semestri con lezioni frontali e tirocini. La frequenza è obbligatoria per almeno il 75% delle ore di lezione. L’esame finale consiste nel superamento di una prova pratica e nella redazione di un elaborato scritto. I posti disponibili sono 16.

Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi presso la Segreteria studenti della Casa di Cura “Mons. Luigi Novarese” al numero 0161/426.356 – 647, via e-mail a formazione@trompone.it o consultando il sito www.trompone.it.

Il vaiolo delle scimmie, alcune brevi considerazioni sulla sua diffusione recente nella nostra società

Nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’eliminazione del Vaiolo, una malattia fra le più devastanti conosciute dall’umanità che, prima di essere sconfitta e cancellata dalle nostre vite, è stata responsabile di milioni di morti e questo rappresenta uno dei più notevoli e profondi successi della storia della sanità.

Si tratta di una malattia acuta contagiosa causata dal virus Variola, un membro della famiglia degli orthopoxvirus, oggi prevenibile poiché si dispone del vaccino dedicato.

Il vaccino contro il vaiolo, realizzato da Edward Jenner nel 1796, è stato il primo vaccino sviluppato con successo. Lo studioso aveva notato che le mungitrici che avevano precedentemente contratto il vaiolo bovino, non si ammalavano di vaiolo e riuscì a dimostrare che un’inoculazione simile, poteva essere utilizzata per prevenire il vaiolo in altre persone rinforzando le difese immunitarie, al punto far si che potessero esserne immuni.

Oggi una malattia con caratteristiche simili, ma per fortuna meno gravi, si sta diffondendo nella nostra società: il vaiolo delle scimmie, un’infezione causata da un virus somigliantea quello del vaiolo, diffusa soprattutto in alcuni Paesi africani che, di tanto in tanto, ha dato vita a focolai in altre aree e da queste si è estesa sempre più.

Nel 2022, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato un’emergenza sanitaria globale poiché il vaiolo delle scimmie si era diffuso in molti Paesi attraverso interazioni sociali e contatti intimi.

Anche in questo caso siamo di fronte ad un’infezione causata da un virus; in alcuni Paesi, la malattia è endemica, cioè diffusa tra la popolazione da lungo tempo ed ora si sta diffondendo sempre più nel mondo.

Il vaiolo delle scimmie ha un lungo tempo di incubazionetanto che possono essere necessari da quattro a ventunogiorni per sviluppare la malattia dopo l’esposizione del soggetto al virus.

La malattia inizia di solito con una sensazione generale di malessere, con febbre e dolori muscolari; è questa una fase preparatoria, in cui il sistema immunitario si sta organizzando per affrontare il virus.

Caratteristica della malattia la comparsa, dopo alcuni giorni dal suo esordio, di una eruzione cutanea caratteristica

Dapprima si osservano aree di arrossamento cutaneo, successivamente si evidenziano locali ispessimenti irregolari che si trasformano in vescicole in cui si raccoglie un liquido denso e biancastro. Nel volgere di qualche giorno le vescicole si asciugano, assumono l’aspetto di croste che andranno incontro alla guarigione, si seccano e infine si staccano.

L’eruzione caratteristica del vaiolo delle scimmie, dì solito, inizia sul viso per diffondersi poi alle braccia, alle mani, alle gambe e ai piedi e al dorso.

Se acquisita durante un contatto intimo o sessuale, può anche esordire comparendo nelle aree genitali o peri-anali.

L’aspetto, in una prima fase può essere confuso con la varicella, poiché giungere ad una diagnosi differenziale con i diversi tipi di eruzione può essere complicato ed è richiesto pertanto l’obbligatoria valutazione dello specialista.
La diagnosi viene effettuata analizzando un campione di liquido prelevato dall’eruzione cutanea, per escludere affezioni che producono una eruzione cutanea, come la varicella, il morbillo o la sifilide.

Anche questa malattia, come nella maggior parte delle patologie, può essere prevenuta.

È importante sapere che la vaccinazione contro il vaiolo è efficace all’ottantacinque per cento nella prevenzione del vaiolo delle scimmie.

A chi si reca in Africa occidentale o centrale, conviene evitare il contatto con animali selvatici o con animali che possono essere portatori del virus del vaiolo delle scimmie.

L’ultima pandemia del Covid ci ha abituato ad una ottimale igiene delle mani, che assume una importanza fondamentale anche in questo caso.

Nel caso si debba venire in contatto con una persona che ha il virus saranno fondamentali i dispositivi di protezione personale, mascherine, guanti, occhiali e si dovranno indossare i camici monouso.  

Una buona igiene delle mani può proteggere dall’infezione. Se ci si prende cura di una persona affetta da vaiolo delle scimmie, è necessario utilizzare dispositivi di protezione personale come guanti, mascherine, protezioni per gli occhi e camici monouso.

Se è stato diagnosticato il vaiolo delle scimmie si è restare isolati fino alla completa guarigione, di solito fino alla fase della caduta delle croste.

La tracciabilità dei contatti e l’isolamento delle persone infette possono aiutare a prevenire la diffusione del vaiolo delle scimmie.

A differenza delle precedenti epidemie di vaiolo delle scimmie, in cui si presumeva che la trasmissione avvenisse tramite goccioline di saliva, la principale via di trasmissione si è al corrente ora, il contagio avviene tramite il contatto diretto con la pelle, come confermato da uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista “The Lancet. Per giungere a questa conclusione, gli specialisti hanno dimostrato che la carica virale nelle pustole era molto più alta che nella laringe, il che ha indebolito fino ad annullare la tesi dell’importanza dell’infezione attraverso le vie respiratorie. L’area più colpita è di solito quella che entra in contatto con il virus e, per quanto è attualmente noto la via di contatto diretto e intimo è la via preferenziale per la trasmissione del virus.

Ed è per questo motivo che la modalità di infezione più frequente in questo focolaio è la trasmissione tra partner sessuali, mentre appare meno probabile la trasmissione del virus in seguito ad un contatto casuale con un’altra persona.

La maggior parte delle persone guarisce senza problemi dal vaiolo delle scimmie. Tuttavia, le complicazioni possono includere infezioni secondarie, polmonite, encefalite e infezioni oculari con conseguente perdita della vista.

Al momento è già disponibile un vaccino il cui nome commerciale è Imvanex, negli USA commercializzato con il nome di ”Jmneos”, prodotto dalla Bavarian Nordic, consigliato dell’EMA ( European Medicines Agency ) dal luglio scorso, elemento che fa ben sperare di poter tenere sotto controllo la malattia e risolverla in tempi rapidi, evitando la sua  diffusione veloce e progressiva in larghe fasce della popolazione, specie quelle più sessualmente attive che usano intrattenere  rapporti con più partner.

Rodolfo Alessandro Neri 

Recalcati e le radici bibliche della psicoanalisi

Venerdì 19 agosto ore 21,30 nel Cortile del Museo Garda (Piazza Ottinetti) ad Ivrea,

MASSIMO RECALCATI – psicanalista tra i più noti in Italia – presenterà il suo nuovo libro

“LA LEGGE DELLA PAROLA. RADICI BIBLICHE DELLA PSICOANALISI” (Einaudi).

Ingresso libero

 

L’incontro, che sarà in forma di una lectio magistralis cui seguiranno eventuali domande del pubblico, è organizzato dalla LIBRERIA MONDADORI DI IVREA in collaborazione con MORENICA_NET e con il patrocinio di IVREA CAPITALE DEL LIBRO 2022

 

La Legge del Dio ebraico è la Legge della parola. Questa Legge non è solo scritta sulle tavole di pietra, ma intende inscriversi innanzitutto nel cuore degli uomini. Essa sancisce l’impossibilità dell’uomo di farsi Dio e, nello stesso tempo, dona a esso la possibilità generativa del suo desiderio. Si tratta di una dialettica ripresa in modo originale dalla lezione di Freud e di Lacan. In un lavoro senza precedenti, Massimo Recalcati dimostra che non solo non c’è contrapposizione tra il logos biblico e la psicoanalisi, ma che quell’antico logos ne costituisce una delle sue radici piú profonde.

La critica freudiana della religione come illusione sembra condannare il testo biblico senza alcuna possibilità di appello. La psicoanalisi è sin nelle sue fondamenta atea perché non crede all’esistenza di un «mondo dietro al mondo» se non come una favola che serve ad attutire il dolore dell’esistenza. La lettura delle Scritture che Massimo Recalcati propone in questo libro rivela invece l’esistenza inaudita di radici bibliche della psicoanalisi. Non è una tesi teologica o una dimostrazione filologica, ma un effetto del suo incontro singolare con il testo biblico. Non si tratta di psicanalizzare la Bibbia, ma di riconoscere in essa la presenza dei grandi temi che verranno ereditati dalla psicoanalisi, con particolare riferimento all’opera di Freud e di Lacan: il carattere originario dell’odio rispetto all’amore; la radice invidiosa del desiderio umano; il fallimento e la necessità della fratellanza; il rapporto dialettico tra Legge e desiderio; la funzione simbolica del Nome del padre; il lutto necessario della totalità; la centralità attribuita al resto salvifico che sottrae la vita alla morte e alla distruzione; la maledizione della ripetizione e la sua interruzione; la tentazione idolatrica come desiderio perverso dell’uomo di essere Dio; la critica al fanatismo ideologico del sacrificio; il taglio virtuoso della separazione; l’eccedenza della gioia erotica; la scissione della Legge di fronte al reale della sofferenza e al suo grido.

 

MASSIMO RECALCATI, psicoanalista tra i piú noti in Italia, dirige l’IRPA (Istituto di ricerca di psicoanalisi applicata) e nel 2003 ha fondato Jonas Onlus (Centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi). Collabora con i quotidiani «La Repubblica» e «La Stampa» e insegna all’Università di Verona e allo IULM di Milano. Dirige con Maurizio Balsamo la rivista «Frontiere della psicoanalisi». È autore di numerosi libri, tradotti in diverse lingue, tra cui L’uomo senza inconscio (Raffaello Cortina Editore), Il complesso di Telemaco (Feltrinelli) e di una monografia in due volumi su Jacques Lacan (Raffaello Cortina Editore 2012, 2016). Ha pubblicato per Einaudi, L’ora di lezione (2014), I tabù del mondo (2017 e 2018), La notte del Getsemani (2019 e 2020), Il gesto di Caino (2020 e 2021), Ritorno a Jean-Paul Sartre. Esistenza, infanzia e desiderio (2021), Il grido di Giobbe (2021 e 2022), La legge della parola. Radici bibliche della psicoanalisi (2022) e, il suo primo testo teatrale, Amen (2022).

 

Un Ferragosto particolare

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni 

Questo è un ferragosto particolare, tutto politicizzato, per la prima volta.

Persino il Ferragosto del 1943 a pochi giorni dal 25 luglio passo’ quasi nella normalità. Il Ferragosto è stato sempre una festa rispettata anche da chi non poteva andare in ferie. Tra l’Assunta e San Rocco, tutti o quasi  sospendevano il lavoro come a Natale e Santo Stefano. Il mio amico Aldo Viglione , grande avvocato e grandissimo presidente della Regione, sospendeva il lavoro solo a Ferragosto, dicendo di fare “i fucinatori “. La politica ha sempre conosciuto una tregua per agosto, solo quest’anno la direzione del Pd si riunisce oggi. Sicuramente gli aspiranti candidati sono tutti all’erta in tutti i partiti.

Ma forse all’erta dovrebbero anche essere i cittadini perché queste elezioni difficilmente ci offriranno una governabilità . Il fatto che manchi una classe politica decente e che il metodo elettorale sia rimasto lo stesso peserà anche il 25 settembre.
Milioni di italiani hanno ripreso ad andare in ferie, alberghi, campeggi, seconde case, spiagge traboccano di gente. I ristoranti sono pieni, ma pochi riescono a distendersi come un tempo. E’ quasi impossibile vedere gente che ride.
Ci sono i soliti teppistelli che gridano e si dedicano ad atti vandalici. Le discoteche hanno ripreso a pieno ritmo senza regole.

Sembrerebbe quasi un paese tornato normale,ma forse è solo apparenza. Il Covid non è debellato anche se i giornali dedicano più spazio alla Meloni che alla pandemia. La crisi economica continua ad essere evidente, anche se pochi ci pensano.
A Ferragosto abbiamo diritto a non pensare,a far vacanza. Eppure qualcosa si è infranto con la pandemia e solo i superficiali e i distratti possono vivere come se nulla fosse accaduto.
La festività religiosa dell’Assunta, considerata in passato una delle feste più importanti, ha ceduto il posto al Ferragosto paganeggiante e carnevalesco trascorso in osteria o in spiaggia. La gente va sempre meno in chiesa e per alcuni si tratta di una maturazione individuale e collettiva che ci ha liberati dalla religione. C’è oggi gente del tutto impermeabile alla religiosità comunque espressa.
L’abbattimento di tanti valori non ha in realtà fatto crescere una società che è sempre più cinica ed egoista. La guerra tra Russia ed Ucraina sembra anch’essa andata in ferie e nessuno ne parla. Esserci “abituati” alla guerra in pochi mesi, contando sulla distanza ,può sembrare un fatto sconcertante,ma è la realtà in cui siamo immersi.

Accontentiamoci di questo Ferragosto 2022 ed auguriamoci che anche quello del prossimo anno sia simile. È  difficile sperarlo migliore. L’ottimismo leibniziano è impossibile, possiamo trovare ammaestramenti solo nel “Candide” di Voltaire che ci invita a limitarci a coltivare il nostro giardino. Non è molto, ma è già qualcosa. Oggi come e’ tradizione della mia famiglia brinderemo con un ottimo champagne.  Dopo qualche calice potrei anche cambiare idea …

Buon Ferragosto e buona festa dell’Assunta a tutti!

I rischi del bodyshaming

A chi non è capitato di essere preso in giro, dai compagni di scuola o dagli amici o dai colleghi di lavoro perché grasso o calvo, affetto da acne o forfora, o perché indossa occhiali spessi o perché balbetta?

Negli ultimi anni, per fortuna, alcuni “difetti” non sono più presi in esame dai denigratori, anche perché gli occhiali spessi sono stati sostituiti da lenti a contatto quasi invisibili, l’acne si cura più facilmente di un tempo, il sovrappeso, specie nelle donne, è diventato “curvy” ed è la nuova tendenza della fotografia di ritratto.
Non sempre, tuttavia, è così e non sempre l’illazione si limita a qualche battuta sporadica: alcune persone, soprattutto se miti, pacifiche, vengono osteggiate per il loro aspetto fisico, denigrate e vengono loro precluse molte possibilità sociali e lavorative perché il loro aspetto fisico non rientra tra i canoni estetici di moda in quel momento.
Per tale comportamento denigratorio è stato creato il termine bodyshaming, dall’inglese body (corpo) e shaming (umiliazione, mortificazione), ovvero la denigrazione di un individuo a causa del suo aspetto.
L’avvento dei social e la diffusione della comunicazione multimediale ha peggiorato questo stato di cose, perché una persona, specie se famosa, viene mortificata per non aver perso i chili assunti durante la gravidanza o per aver perso peso durante la chemioterapia e in pochi giorni centinaia di migliaia di internauti si uniranno nel denigrarla, ridicolizzarla elevandosi al grado di censori quando, come spesso avviene, hanno gli stessi problemi fisici e, è evidente, ben più gravi problemi psichici del denigrato.
La cultura dell’effimero, dell’immagine ha portato con sé anche questi problemi: conta l’apparenza, l’adesione a schemi voluti dai media, il ricalcare ruoli stereotipati mentre il discostarsene, anche per breve periodo, per malattia o qualsiasi altra ragione, ti fanno passare immediatamente tra i diversi, i negativi, quelli out.
Non conta chi sei o cosa fai: conta come ti presenti; pochissimi, incontrando una persona insolita per aspetto si domandano cosa vi sia dietro a tale disagio, tale difformità dagli schemi imposti dalla società limitandosi a catalogare fra i buoni o i cattivi, tra quelli da frequentare oppure no, tra quelli da prendere ad esempio o da additare quale esempio da evitare.
E’ una difetto tipicamente italiano quello di guardare, a volte neppure troppo velatamente, l’aspetto di chi incontriamo, il suo abbigliamento, il suo incedere; nei Paesi scandinavi, già negli anni ’70, girarsi per guardare chi era passato, per giudicarlo o commentare, era fuori da ogni immaginazione perché ognuno dev’essere libero di fare ciò che vuole se non danneggia o limita gli altri e comportarsi in modo diverso rappresentava un vero e proprio stigma, come non dare la precedenza ai pedoni sulle strisce in Svizzera.
Nel libro Ishah – Elogio della donna di Sergio Motta è espresso bene il sentimento che spinge alcune donne a non accettarsi perché, inseguendo i canoni estetici imposti dalla società, ci si sente accettate, inserite in un contesto solamente se si rispecchiano alcuni parametri: assenza di rughe, capelli bianchi sempre nascosti, peso entro limiti ben precisi, depilazione costante di braccia, gambe, viso, ascelle.
Questo perché nelle società occidentali il corpo femminile è continuamente sottoposto a valutazione in quanto oggetto sessuale, a discapito della persona nella sua totalità e di fatto almeno una donna su due è vittima di “haters” che denigrano particolari fisici anche irrilevanti.
Anche se gli uomini sembrano essere meno colpiti dal disagio di un corpo non perfetto (pur non esistendo un canone assoluto di bellezza) risentono comunque delle pressioni sociali in tal senso. Si registra così un aumento generale del consumo di steroidi, della ricerca del più efficace piano dietetico iperproteico e della dedizione a sessioni estenuanti in palestra. Il tutto rivolto all’aumento della massa muscolare inseguendo l’idea che un corpo muscoloso sia percepito come più desiderabile.
Gli “haters” che si dedicano alla denigrazione di qualsiasi particolare imperfetto di un corpo hanno ampio terreno a disposizione per i propri attacchi sia per la facilità ad individuare particolari su cui focalizzarsi (tutti abbiamo una o più parti del corpo su cui ironizzare anche in maniera bonaria) sia per l’effetto spesso devastante che, con poche parole mirate, possono provocare sulla psiche del proprio bersaglio. Al tempo stesso sono proprio loro le prime vittime, in quanto hanno in prima persona interiorizzato l’auto-oggettivazione del corpo e soffrono per la loro non perfezione oltre che per la mancanza di capacità di costruire relazioni soddisfacenti, non essendo in grado di entrare in empatia con gli altri per comprendere la sofferenza che causano con i loro atti denigratori.
Far vergognare qualcuno per il proprio aspetto fisico provoca nelle vittime sensi di colpa o di vergogna che minano l’autostima, il modo in cui le persone si percepiscono, il senso di sicurezza e la fiducia in se stessi. Impedisce alle vittime di rispecchiarsi negli altri e sentirsi parte di un gruppo, promuovendo, di contro, l’esclusione sociale. Tutto questo può sfociare, ad esempio, in sintomi ansiosi dovuti ad una rappresentazione mentale distorta del proprio corpo e in sintomi depressivi fino ad idee suicidarie. Altre conseguenze sono rabbia, disturbi alimentari quali anoressia e bulimia oltre al ricorso eccessivo a trattamenti estetici, compresa la chirurgia.
Tra i disturbi alimentari il “binge eating”, il disturbo da alimentazione incontrollata caratterizzato da abbuffate e senso di vergogna verso se stessi, è una delle conseguenze più frequenti del body shaming subìto durante l’infanzia e l’adolescenza, momenti cruciali nello sviluppo della personalità di un individuo. Anche alcune forme di anoressia possono svilupparsi non solo come conseguenza di un rifiuto del proprio aspetto fisico in seguito alle denigrazioni altrui ma anche come modo per assumere fermamente il controllo sul proprio corpo non potendo controllare gli attacchi degli haters.
L’immagine corporea che abbiamo di noi stessi è cruciale nella costruzione dell’immagine di sé e del senso di autostima come anche dei rapporti con gli altri. L’instaurarsi di un’immagine di sé come “sbagliata”, non aderente ai canoni estetici della cultura in cui siamo immersi, instilla l’idea di non essere adeguati e non degni di essere guardati, apprezzati, desiderati, amati.
Per aiutare le vittime del bodyshaming diventa fondamentale incentivare la sensibilità verso l’autenticità e la libertà di sentirsi unici, in modo tale che le influenze esterne non vadano ad intaccare la consapevolezza delle proprie risorse e del proprio valore.
Ciascuno di noi è molto più di un semplice involucro e non è un volto dalla pelle perfetta, un numero sulla bilancia, la circonferenza di un bicipite o la taglia del vestito ad identificarci. La consapevolezza di ciò che siamo, delle nostre potenzialità e dei nostri limiti, di ciò che possiamo fare per gli altri e per noi stessi, la cura e il tempo impiegati nel coltivare i nostri interessi e le nostre qualità così da rendere questo nostro “passaggio sulla Terra” significativo e il più possibile piacevole è l’obiettivo da tenere sempre presente.
Quando ci accorgiamo di giudicare negativamente le altre persone o di essere troppo severi con noi stessi, forse dovremmo fermarci un attimo a riflettere e partire da questa consapevolezza per rimodulare il nostro atteggiamento anche con l’aiuto di uno psicologo se il disagio diventa troppo invadente da compromettere la serenità quotidiana.
Non dimentichiamoci che la società è composta dall’insieme di tutti gli individui e se ciascuno si prende cura del proprio sistema di valori centrandolo su cardini meno legati all’esteriorità e più rivolti all’apprendimento, alla cultura, alla valorizzazione delle qualità individuali mettendole al servizio degli altri, anche la società nel suo complesso non può che evolvere e cambiare in meglio.

Sergio Motta
Cristiana Francesia

La mancata ossigenazione del cervello e le NDE, un mistero che affascina gli studiosi

Quando si affronta l’argomento del trauma cerebrale, si pensa, in genere a un episodio violento, da impatto, derivanti per lo più da urto importante, come quello causato da gravi incidenti stradali o da caduta, eventi capaci di causare gravi deficit nell’apporto di ossigeno trasportato dal sangue alle cellule cerebrali, ma non vi sono solo i traumi diretti o indiretti; gli infarti, gli ictus possono determinare un grave stato di ipossia cerebrale.

Una situazione analoga si verifica quando una quantità insufficiente di sangue raggiunge il cervello, come quando si è costretti a respirare fumo o monossido di carbonio, ma anche nei principi di annegamento, o nei casi di abuso di farmaci o droghe, nelle gravi emorragie o nella complicazione di interventi chirurgici, o come nelle mancanze acute di ossigeno derivanti da problematiche legate all’anestesia.

La mancata ossigenazione del cervello è un’emergenza medica che può essere responsabile di lesioni cerebrali irreversibili e se tale condizione perdura senza che si possa intervenire, possono verificarsi morte cerebrale e coma.

Secondo MedlinePlus, una pubblicazione della National Library of Medicine degli Stati Uniti,

“Le cellule cerebrali sono molto sensibili alla mancanza di ossigeno. Alcune cellule cerebrali iniziano a morire meno di cinque minuti dopo la scomparsa dell’ossigeno. Di conseguenza, l’ipossia cerebrale può causare rapidamente gravi danni al cervello o la morte”.

Il cervello utilizza circa un quinto dell’apporto totale di ossigeno dell’organismo il gas che inaliamo senza interruzione con il respiro, elemento di importanza fondamentale per la nostra vita perché permette la normale trasmissione degli impulsi nervosi in tutto l’organismo.

Un trattamento rapido può aiutare le persone che hanno lesioni cerebrali dovute all’ipossia cerebrale, ma nessuno può ripristinare la funzionalità di cellule cerebrali morte o invertire una lesione cerebrale; una simile condizione può causare danni cerebrali per tutta la vita. Se continua troppo a lungo, può essere fatale.

I pazienti, superata la fase acuta grazie alle idonee terapie, che vanno iniziate fin dai primi istanti della crisi ipossica, presentano una respirazione veloce e superficiale, appaiono disorientati, le pupille sono dilatate e possono avere una crisi convulsiva, e possono non essere in grado di ricordare il loro nome ed altri elementi legati alla loro vita privata.

Se non si supera la fase acuta, le funzioni principali governate dal cervello, quali la respirazione ed il battito cardiaco si arrestano e solo un intervento rapido e preciso da parte di professionisti attrezzati e capaci può salvare la vita del paziente.

Mentre ormai conosciamo in ogni dettaglio quali sono i fenomeni fisici che conducono al disfacimento corporeo, sappiamo ancora relativamente poco cosa avviene alla mente umana quando la vita termina.

L’arresto cardiaco è la fase finale del processo di morte, indipendentemente dalla causa; studi recenti condotti su pazienti che si sono ripresi e tornati ad una vita normale hanno dimostrato che, di norma, ricordino poco o nulla dell’evento.

Di questi pazienti circa il dieci per ccento sviluppa ricordi molto particolari e suggestivi, coerenti con quelle che oggi sono descritte come tipiche esperienze di premorte. Queste includono la capacità di “vedere” e ricordare descrizioni dettagliate della rianimazione, come verificato dal personale che ha praticato le manovre necessarie a rianimare il soggetto. Molti studi condotti sull’uomo e sugli animali hanno indicato che la funzione cerebrale cessa durante l’arresto cardiaco: si viene così portati a chiedersi come possano verificarsi processi di pensiero tanto lucidi e ben strutturati, con ragionamento e formazione di memoria, in un momento in cui, in base a quanto sappiamo, il cervello non dovrebbe essere più in grado di funzionare.

Le esperienze riferite si somigliano tutte; ad ogni latitudine vengono riferite la sensazione di abbandonare il proprio corpo incosciente e fluttuare al di sopra di questo, salendo verso una luce brillante visibile al fondo di un tunnel, mentre scompaiono le sofferenze e si assapora un profondo stato di calma e benessere.

Più di un soggetto ha riferito incontri con esseri spirituali e con le persone care già morte, in un ambiente meraviglioso che faticano a descrivere.

Se il trauma viene risolto e l’ossigenazione cerebrale e le normali funzioni vitali riprendono, viene riferito un potente richiamo a rientrare nel corpo fisico, abbandonando, a fatica quel luogo di delizie.

A questa successione di eventi si è dato il nome di NDE, Near Death Experiences, una serie di esperienze da cui la vita delle persone che hanno sperimentato simili fenomeni, rimane profondamente influenzata. Nella maggior parte dei casi viene vinta la paura della morte, e maturano la coscienza che la loro esperienza sia stata reale

Dopo una NDE, la vita di molte persone viene profondamente cambiata, spesso portando a cambiamenti nella carriera e nelle relazioni.

Il problema, dibattuto da scienziati di tutto il mondo, è se si sia trattata di una vera e propria esperienza metafisica o, se quanto raccontato da persone che hanno sfiorato la morte, dipenda da una forma di stress cerebrale secondario ad una carenza di ossigeno, un cervello che ha insito in sé una sorta di programma in grado di alleviare la paura del distacco mente-corpo, imponendo all’organismo una risposta che, come detto, è praticamente uguale nelle persone, in ogni parte del mondo.

Cessare di vivere non deve essere certo un’esperienza piacevole; si suppone pertanto che l’organismo, in quei momenti, possa rilasciare una serie di sostanze ( endorfine?) che possono attenuare la paura, rendendo assai meno traumatico il decesso.

Da alcuni decenni la scoperta di questa reazione di fronte ad un evento tragico ha suscitato, e continua a suscitare, un notevole interesse fra i neurofisiologi, particolarmente attenti a cercare di comprendere quale possa essere il rapporto fra coscienza e cervello, una connessione tutt’ora sconosciuta che, nonostante i mezzi di cui disponiamo in quest’epoca che vogliamo moderna, rimane senza una risposta soddisfacente.

Rodolfo Alessandro Neri