Sino al 3 novembre nelle Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino

Riccardo Gualino, una vita tra imprenditoria e passione per l’arte

Riccardo Gualino, una vita tra imprenditoria e passione per l’arte

 

Vita e amore per l’arte si mescolano nella mostra I mondi di Riccardo Gualino. Collezionista e imprenditore, a cura di Annamaria Bava e Giorgina Bertolino, ospitata fino al 3 novembre nelle Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino, progetto dei Musei con Banca d’Italia e con la collaborazione dell’Archivio Centrale dello Stato. Ma non è soltanto quel binomio ad interessare i diciotto ambienti approntati ad ospitare le opere (ne sono presenti più di centocinquanta) tra dipinti e sculture, oltre a reperti, arredi e raccolte statuarie, un interesse ad avvolgere anche l’arte dell’estrema Asia, che Gualino, magnifico imprenditore e mecenate – era nato a Biella nel 1879, scomparve nella sua villa del “Giullarino”, alle porte di Firenze, nel 1964 -, riunì lungo l’intero arco della propria esistenza nelle case in cui ebbe residenza, dal castello di Cereseto Monferrato in stile neogotico alla casa di Sestri Levante, dalla palazzina torinese di via Bernardino Galliari 28 (verrà completamente distrutta da un bombardamento durante il conflitto bellico) agli uffici di corso Vittorio Emanuele, cui dettero vita gli architetti Giuseppe Pagano e Gino Levi Montalcini: attraverso sequenze d’immagini d’epoca è il ritratto di una lunga quanto fervente epoca, quella che ha occupato principalmente la prima metà del secolo scorso, con i suoi fermenti sociali ed artistici, la ricreazione di un Rinascimento non soltanto “sabaudo”, le amicizie e le collaborazioni di uomini come lo storico dell’arte Lionello Venturi e del musicologo Guido Maggiorino Gatti, cui venne affidata la direzione artistica del rinnovato Teatro Scribe di via Verdi, di Bella Hutter che in quello spazio ospitò i Balletti di San Pietroburgo, di Felice Casorati e Gigi Chessa che seguirono negli ambienti e negli arredi la costruzione del teatrino privato da cento posti che Gualino volle nella casa/museo di via Galliari. È il ritratto di un percorso industriale, che toccò i più svariati settori, quello del cemento e del legname sin dal 1905 (Gualino si spinse in Ucraina e nei Carpazi orientali), delle sfide nel campo dell’architettura (un quartiere residenziale su un’isola del delta della Neva), nel quinquennio di maggior successo1922-26 della seta artificiale (la Snia) e del cioccolato (l’Unica). Sono gli anni delle banche, dei viaggi in Francia e negli Stati Uniti, delle amicizie con i Kennedy e con Churchill, ma sono anche gli anni (1927) delle misure di rivalutazione della lira varate dal regime, della critica alla politica economica del fascismo, della richiesta di prestiti allo Stato in cambio della cessione, “gratuitamente”, degli oggetti pubblicati sul volume del 1926, dedicato alla collezione. Inoltre l’annus horribilis 1929 segnò l’inizio del fallimento delle varie attività, l’ordine di arresto da parte di Mussolini e il conseguente confino a Lipari (dove scriverà l’autobiografico Frammenti di vita e Uragani) annullano per alcuni anni le attività del finanziere. Tornato in libertà, rilancia la Rumianca: ma la sua maggiore visibilità negli anni successivi è legata alla Lux Film, casa di produzione cinematografica, che vedrà titoli come Riso amaro di Giuseppe De Santis, In nome della legge di Germi, Fabiola di Blasetti, Senso di Luchino Visconti, I soliti ignoti di Monicelli e Divorzio all’italiana ancora con Germi. Riprende altresì, in questa nuova rinascita, la passione per il collezionismo, in questa sempre appoggiato dalla moglie Cesarina Gurgo Salice, sposata nel 1907. Quasi immortalati come due signorotti rinascimentali da Piero della Francesca, i ritratti dei padroni di casa dovuti a Casorati guardano il visitatore in una delle sale, mentre si ammirano La Négresse di Manet che strizza l’occhio a Olympia o di Veronese Venere e Marte (del 1580 circa), di Botticelli la Venere o di Duccio da Boninsegna la Madonna con il Bambino in trono e angeli (1280 circa), come le opere di Nella Marchesini e di Carena, come il Paesaggio campestre al tramonto (1863-64) di Claude Monet. Qua e là forse si sorride e ci si stupisce per certi incauti acquisti, pretesi Piero o Andrea Mantegna o Angelico tornati a più miti consigli, certe scelte dettate forse da quella pressante irruenza che soltanto un uomo come Riccardo Gualino poteva nutrire.

 

Elio Rabbione

 

Felice Casorati, “Ritratto di Riccardo Gualino”, 1922, collezione privata

Paolo Caliari detto il Veronese, “Venere e Marte”, 1575 – 1580 ca, olio su tela, Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda

Sandro Botticelli, “Venere”, 1485 – 1490 ca, Torino Musei Reali – Galleria Sabauda