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Alla scoperta del ristorante torinese Plin e Tajarin

Scopri – To    Itinerari e sorprese in città

Si sa noi torinesi in quanto a gusti siamo molto difficili, si dice infatti che se un prodotto fa successo in Piemonte può farlo nel resto del mondo.
Oggi andiamo quindi alla scoperta di un ristorante che propone le tipiche specialità piemontesi realizzate seguendo esattamente le ricette originali.
“Plin e Tajarin” è il nome di uno dei più particolari ristoranti del centro di Torino.
Per avervi accesso bisogna prenotare circa un mese prima soprattutto nel periodo estivo perchè ha solo 18 coperti, per entrare bisogna suonare proprio come se andassimo a casa di amici, ad aprire arriva infatti il titolare, un signore distinto sulla settantina con un sorriso enorme e lunghi capelli bianchi che gli accarezzano il volto.
Entrando il locale è davvero curioso, non c’è uno spazio nelle pareti che sia vuoto, ci sono molteplici quadri astratti, disegni, cornici, i tavoli stessi sono incorniciati con una superficie in vetro da dove si possono intravvedere numerosi oggetti appartenuti al passato come orologi, vecchi telefoni, lettere e altri ninnoli. Ogni tavolo è diverso dall’altro e ognuno ha qualcosa di particolare, i pavimenti sono di legno in parte ricoperti da una pulitissima mouquettes.
L’effetto di questo locale è sicuramente quello di sentirsi a casa di qualcuno in un ambiente caldo e accogliente sicuramente molto adatto a delle cene fra amici.
I piatti anch’essi decorati con disegni astratti presentano una grande varietà di antipasti offerti dalla casa e serviti con all’interno dei bicchierini in vetro. Tra gli antipasti più famosi, tipici del nostro territorio, troviamo la Panada, ovvero una particolare zuppa di pane, a seguire patate fagiolini e basilico, cavolfiore arachidi e grana, nocciole e cipolle e molte altre proposte realizzate con prodotti che variano a  seconda della stagionilità.
Tra i primi emergono chiaramente i loro “plin” fatti ancora come in passato con della pasta fresca ripiena di carne brasata, in varie versioni; tra le particolarità ci sono i “plin nel tovagliolo” ovvero portati freschi appena cotti senza alcun condimento e posati dentro un panno. Il titolare spiega che era un’usanza tipica della sua infanzia nelle Langhe quando la domenica si andava a messa le donne preparavano al mattino presto i plin e ne portavano qualcuno a messa mettendoli nel tovagliolo, quelli che rimanevano a volte venivano consumati dai mariti dentro un bicchiere di vino, troviamo infatti nel menù anche questa variante, sicuramente molto scenografica ma altrettanto apprezzata.
Ci sono poi i classici plin al sugo d’arrosto anch’essi preparati dalle mani esperte della cucina che utilizza la ricetta segreta  tramandata negli anni.
Si arriva poi ad un altro classico della cucina piemontese ovvero “i tajarin”, una pasta lunga sottilissima, ai 40 tuorli, morbidissimi e decisamente gustosi abbinati al castelmagno o ai funghi porcini.
Numerosi altri piatti primi e secondi completano il menù, tutti molto raffinati e abbondanti per conquistare ogni tipo di pubblico specie quello dal palato più raffinato.
Da Plin e Tajarin sono poi immancabili i dolci spesso rivisitati, come “il bunet” unito alla crema di zabaione o alla colata di cioccolata calda fondente, le numerose torte e tante altre leccornie, mentre per finire, splendido è il digestivo alle erbe servito come una crema e preparato al momento.
Il ristorante  “Plin e Tajarin” è sicuramente uno dei locali più intriganti del centro di Torino, la cura per il cliente e la scelta delle materie prime permette a turisti e abitanti della città di concedersi veri attimi di puro piacere e di relax in compagnia…..”a casa di amici”.
Le ricette originali svelano che il nome “Plin” derivi dal pizzicotto che si da per chiudere i ravioli mentre Il nome “tajarin” invece deriva dai tagliolini ed entrambi i piatti sono nati nelle case piemontesi di umili origini, ne esistono quindi numerose varianti tutte molto accattivanti e gustose, tant’è che lo scrittore Carlo Petrini scrisse un libro sulla storia dei Tajarin, nel quale racconta la passione che ogni cuoco o cuoca ci mette per farli perchè renderli così fini e gustosi è sicuramente un’arte. E come dice Petrini “Non esiste alcuna forma di innovazione ben riuscita che non ponga le sue basi sul solido concetto di tradizione. Così come ogni buona tradizione necessita di un continuo, gentile e rispettoso rinnovamento per potersi mantenere in vita.”
Noemi Gariano

La Mole e il Museo del Cinema di Torino

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Uno dei percorsi suggeriti ai turisti in visita a Torino sono senz’altro i portici di Via Po, da P.zza Castello a P.zza Vittorio, a metà del tragitto a sinistra troviamo Via Montebello e dopo qualche passo eccola lì, a destra, affascinante ed austera, la Mole Antonelliana. “L’opera architettonica più geniale mai realizzata” questo era per il filosofo Nietzsche la Mole simbolo della città barocca. Il nome deriva dal suo architetto Alessandro Antonelli. Fino al 1908 fu l’edificio in muratura più alto del mondo. La storia della mole è molto travagliata, è stata infatti spesso in parte distrutta da intemperie e ricostruita con materiali più solidi, il simbolo di Torino è quindi anche un grande insegnamento per noi perché rappresenta la forza di ognuno nel persistere nonostante le avversità e a forza di reagire e rialzarsi si diventa più forti e non si cade più.
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LA STORIA DELLA MOLE
La Mole fu inizialmente concepita nel 1863 come un tempio israelitico, una sinagoga, senza l’attuale punta, solo con il basamento inferiore di circa 113 metri, anni dopo la costruzione, la comunità ebraica era insoddisfatta del risultato e l’architetto Antonelli decise così di renderla più alta di 47 metri. Questo richiese molti costi aggiuntivi e continue interruzioni dei lavori, con molte problematiche strutturali da superare. La comunità ebraica decise poi di cedere la Mole al Re Vittorio Emanuele II e di costruirsi una sinagoga in zona San Salvario. Nel 1880 i lavori furono quasi terminati e il noto regista Gian Luc Godart, passandoci vicino con un pallone aerostatico, faceva già ammirare ai turisti questa nuova e maestosa struttura anche se non ultimata. Nove anni dopo i lavori terminarono concludendo la parte finale della Mole con una guglia appuntita e una statua raffigurante il Genio Alato, simbolo dei Savoia. L’edificio ha quindi ora un’altezza complessiva di 167 metri.
La Mole Antonelliana venne inaugurata nello stesso anno della Tour Eiffel e vennero quindi per molto tempo paragonate. Nel 1904 un fulmine la colpì, ma per fortuna non causò gravi danni. Negli anni 50 una tromba d’aria spezzò la punta della Mole, finendo nella struttura della Rai adiacente e rischiando di ferire il noto conduttore Alberto Angela, in dieci anni la punta venne poi ricostruita ponendovi una stella a dodici punte, di tre metri e di 140 kg con sostegni molto più resistenti. La stella divenne poi il simbolo del Torino Film Festival. Dagli anni 2000 sulle fiancate della Mole troviamo un’illuminazione a led che prevede varie colorazioni spesso alternate alla sequenza numerica di Fibonacci o ai colori della bandiera italiana. All’interno della Mole vi è l’ascensore panoramico con una vista interna a 360° agibile di giorno durante la settimana  e che consente poi di poter vedere tutta la città dall’alto, mentre in alcuni periodi dell’anno nei fine settimana si può accedervi anche alla sera. La Mole inoltre la troviamo anche su numerosi libri di esoterismo perché viene considerata uno dei punti della magia bianca di Torino e secondo alcune leggende all’interno si trova nascosto il Sacro Graal. Un’importante particolarità della Mole Antonelliana è il suo stile misto fra neoclassico e neogotico e poi la forma ottagonale, molto insolita per l’epoca in cui fu costruita.
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TORINO LA PRIMA CITTA’ ITALIANA DEL CINEMA
Sotto la Mole troviamo il Museo Del Cinema attivo dal 1946 che illustra dalle origini fino ad oggi la grande crescita cinematografica avvenuta negli anni.
Il museo è diventato tale grazie anche al sostegno di molti artisti, tra cui il noto regista Giovanni Pastrone che girò a Torino il film “Cabiria”, la studiosa di cinema Maria Adriana Prolo e il giornalista Francesco Pasinetti che diedero importanti contenuti per la nascita del museo. Addentrandoci all’interno, infatti, troviamo per esempio La Statua Del Dio Moloch usata proprio nel film Cabiria, un’imponente struttura dorata utilizzata in varie scene del kolossal.
Il museo si sviluppa a spirale e segue l’ordine cronologico della nascita del cinema mostrandoci gli avvenimenti più importanti come la nascita del cinema muto in bianconero, la storia dei fratelli Lumière con i loro primi spettacoli nel 1896 e il primo film, proiettato proprio a Torino, fu gratuito per il pubblico solo per il suo primo spettacolo ma il grande successo fece si che dal 1900 Torino avesse già ben 60 sale cinematografiche. Attraversando le sale del museo troviamo poi i grandi classici del cinema muto come il già menzionato “Cabiria” diretto da Giovanni Pastone e scritto da Gabriele D’Annunzio, “Nosferatu il vampiro”, “La passione di Giovanna D’Arco”, “La corazzata Potëmkin”con Fantozzi e molti altri. Durante gli anni ’20 del fascismo le produzioni si spostarono maggiormente a Roma, ma Torino restò un grande punto di riferimento per molti registi. Proseguendo la visita troviamo i film degli anni ’50 che fecero la storia del cinema come “Gli uomini preferiscono le bionde” con Marylin Monroe, fino ad arrivare agli anni ’70 con “Guerre Stellari”, “Il Padrino” e a seguire nel  tempo fino ai giorni nostri.

Vi sono inoltre sale interattive dove potersi cimentare in nuove esperienze, giochi di luci, illusioni, sale dedicate ai Musical e altre ai numerosi film western. Troviamo poi una sala dedicata ai cartoni animati che racconta dalla loro nascita fino al giorno d’oggi, l’evoluzione avvenuta grazie alla tecnologia.
Una parte è dedicata alle mostre temporanee, nel 2023 troviamo la mostra di Tim Burton incentrata su un archivio di film del regista dalle sue origini fino agli ultimi film.
Ci sono in totale circa 6.000 film e circa 140.000 documenti fotografici oltre che manifesti e locandine.
Il Museo Del Cinema e La Mole Antonelliana sono così diventati il simbolo di Torino in Italia e nel mondo, ma la bellezza di questa città non si ferma qui, numerosi sono infatti i luoghi celebri che rendono Torino un diamante raro forse a volte ancora poco conosciuto, ma d’altronde le pietre preziose sono solo per gli intenditori.
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Noemi Gariano

Torino al passo con i tempi: una cena in tram alla scoperta della città sabauda

SCOPRI-TO: ITINERARI E SORPRESE TORINESI
“Se dovessi disegnare la società, mi piacerebbe che sul tram, sul metro, su una panchina ci fosse un posto riservato ai lettori di un libro.” Frase celebre rivisitata di Fabrizio Caramagna che ci porta a pensare quanti chilometri hanno percorso i tram torinesi e quanti personaggi importanti hanno usufruito di quei sedili scricchiolanti, ognuno con la sua storia…
Alla fine del 1800 i tram erano vagoni trainati dai cavalli e proprio Torino è stata la prima città italiana ad averli; dal primo dopo guerra diventarono più simili a come li conosciamo oggi, avevano due carrozze una dietro l’altra e si muovevano su rotaie. Con il passare degli anni si sono evoluti per stare al passo con i tempi, fino ad oggi, ormai quasi tutti elettrici. Il 30 gennaio 1988 Torino creò il primo tram Europeo con ristorazione a bordo.
L’inventore fu Franco Rosso che organizzò all’interno di un tram un vero e proprio ristornate con tavole imbandite e menù tipici torinesi avvalendosi dell’aiuto del noto architetto Giorgetto Giugiaro. Agli albori il tram poteva ospitare fino a 40 commensali e faceva due tour uno a pranzo e uno al desio. Il fascino di un tempo è ancora attuale, i tram che effettuano questo servizio per GTT sono Ristocolor e Gustotram che, oltre ai pasti principali, propongono succulenti ed apprezzati aperitivi per circa 32 persone, i tavoli sono da quattro commensali, quindi per coloro che prediligono essere solo in due vi è un supplemento da pagare.

Il tram Ristocolor è un mezzo molto caratteristico con colori esterni che ricordano i quadri in stile Pop-art e con colori accesi che vanno dal giallo al bianco al rosso, l’artista che ha progettato la grafica è Ugo Nespolo, un pittore piemontese molto noto soprattutto negli anni ’60.
Gustotram invece ricorda i primi tram del ‘900 con il suo gusto retrò color panna e rosso.
Per entrambi i tram la ristorazione è affidata al personale del locale Slurp, che propone una cucina realizzata con materie prime d’eccellenza e tipiche del territorio piemontese, adatte a tutte le esigenze anche per vegani e vegetariani.
“LE TRE VARIANTI DEL RISTORANTE IN MOVIMENTO”
Esistono tre differenti tour, l’aperitivo di circa un’ora, la cena classica di giovedì e venerdì che dura un’ora e mezza e la cena gourmet solo il venerdì e il sabato di circa due ore. I prezzi vanno dai 25 ai 50 Euro a persona. Tra le prelibatezze piemontesi spesso si trova il tomino, la millefoglie di asparagi e grana padano, i risotti, i tipici plin, il cremino allo zabaione il tutto accompagnato da ottimi vini e bevande analcoliche.
Durante il tragitto si percorrono le vie principali del centro ad andatura molto lenta e costante non solo per evitare eventuali problemi ma in particolare per apprezzare il cibo e riempirsi gli occhi con le meraviglie di Torino. Il percorso infatti prevede tra gli altri il passaggio al parco del Valentino, la Mole Antonelliana, i grattacieli e la piazza Castello.
Molti sono gli eventi che vengono creati sul tram, ad esempio quello dedicato al salone del libro dal titolo “Attraverso lo specchio” dove vi erano piatti tipici delle storie più famose di tutti i tempi, oppure quello per il club sandwich di Orgoglio e Pregiudizio con il timballo di maccheroni del Gattopardo.
I RISTO-TRAM IN GIRO PER L’ITALIA E NON SOLO
Anche Milano da qualche anno offre questo servizio girando per il centro città e offerendo quattro portate più un aperitivo al costo di 70 Euro a persona.
A Roma troviamo il Risto-tram che offre due tipi di biglietti in base all’evento e che promette serate indimenticabili di grande festa percorrendo le vie principali della capitale.
In giro per il mondo troviamo questo servizio ad esempio a Copenhagen dove offrono un tour con cena sui loro tram, molto differenti da quelli torinesi, più ristretti all’interno dove vengono proposti cibi tipici ed in particolare gli hamburger proposti nei menù nelle diverse varianti in uso e apprezzate nel territorio. Per il prezzo si paga il piatto ordinato e non c’è un prezzo unico a menù come per i tram torinesi.
LE EMOZIONI DELLE CENE SUI TRAM
Sicuramente mangiare su un tram ha un fascino particolare specialmente quando gli anziani ci ricordano che un tempo, in tram, si correva da una parte all’altra della città e a volte bisognava portarsi dietro il famoso baracchino per i torinesi o la schiscetta per i milanesi e magari in quegli istanti ci si sentiva strani a mangiare cibo ormai quasi freddo da un contenitore che lasciava comunque odori che permeavano tutto il tram e facevano voltare i passeggeri ad osservare incuriositi.
Ecco che Ristotram di Torino vuole abbattere questa visione creando in primis un design interno che assomigli ad un vero e proprio ristorante, pareti dipinte, tovaglie, tovaglioli eleganti e calici vetrati.

L’atmosfera risulta così molto accogliente, distante dalla visione di un cibo consumato di fretta, la musica in sottofondo aiuta ad immergersi ancora di più nella Torino barocca che si scorge guardando dai finestrini, una Torino illuminata e maestosa che sorprende i turisti e ne meraviglia ancora anche il pubblico torinese. La cena sul tram risulta così un’esperienza unica, diversa nel suo genere, a tratti romantica, come le coppie che amano festeggiare i propri anniversari in giro per la città. Vi è inoltre la possibilità di noleggiarli interamente per una serata in caso di eventi personali come gite di gruppo o eventi aziendali. Per questi ultimi risulta molto utile cenare sul tram per meravigliare i propri dipendenti o clienti, mostrandogli Torino e consolidando i rapporti pur senza parlar molto di lavoro, emerge infatti da numerosi studi che essere in un ambiente rilassato e con del buon cibo possa aiutare a trovare dei punti comuni e nuove strategie, conviene però non farlo dopo la cena perché si rischia di addormentarsi in quanto numerose sono le portate a base di carboidrati che possono portare al rilassamento e alla sonnolenza! Sicuramente l’esperienza è rilassante anche grazie alla natura che Torino ha nei suoi parchi come quello del Valentino presente nel percorso del tram, ricerche scientifiche confermano che osservare le piante e tutto ciò che ha a che fare con la natura stimoli gli ormoni del benessere, Torino è quindi ricca di questi spunti e vederli su un tram mentre si mangiano prelibatezze è sicuramente la strategia migliore.
(foto di copertina Michele D’Ottavio)

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NOEMI GARIANO

Il cubo gastronomico torinese e le sue facce

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ITINERARI E SORPRESE TORINESI

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Lunghe code ogni mattina in piazza Carignano, una delle piazze più maestose di Torino, cinquanta sessanta persone in attesa, non solo per il ben noto museo del risorgimento, ma anche dal lato opposto, davanti al bar “Farmacia del Cambio” per il Cube Croissant. Una specialità nata all’estero, ma reinventata divinamente dallo chef del Cambio Matteo Baronetto.
Del Cubo chiamato anche  Kubik, ne vengono sfornati giornalmente 150-200 pezzi, ciò nonostante anche i torinesi più fedeli dicono di averlo sempre dovuto prenotare almeno un mese prima perché se no è quasi impossibile riuscire ad accaparrarsene uno. Questo ed il fatto che sia diventato virale su social come Tik Tok o Instagram lo rende ancora più desiderabile.
Il Cubo torinese nasce nel 2019 quando Matteo Baronetto nonostante la varietà delle sue paste,  non soddisfatto, decise di creare qualcosa di nuovo. Prese degli stampi quadrati per tortini salati e ci mise all’interno l’impasto per le brioches, una volta cotto si rese conto della croccantezza fuori e morbidezza all’esterno, caratteristiche uniche per un croissant. Decise così di farcirlo con una crema molto particolare, con bacche di vaniglia pure. Il cube croissant è davvero qualcosa di molto particolare, l’impasto esterno più dolce e croccante ricorda le brioches francesi di alta pasticceria, all’interno la fragranza dell’impasto diventa la nota di punta, a completare un cuore di fresca crema pasticciera che profuma di vaniglia e lo rende unico.
Il Cubo diventa uno dei simboli di Torino ricordando infatti i san pietrini presenti sulla pavimentazione del centro Città.
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L’ORIGINE DEL CUBE CROISSANT
L’origine del Cubo è incerta, si dice che potrebbe essere nato in Svezia dallo chef Bedros Kabranian, quest’ultimo lo chiamò Crube (ovvero cubo) croissant e riferì di numerosi tentativi prima di riuscire a fare un poligono perfetto la sfoglia infatti nel forno raddoppia le sue dimensioni e spesso non è uniforme da tutti i lati. Tutto ciò finché non ebbe l’intuizione di prendere degli stampi completamente sigillati e riempirli solo all’85% così che potessero lievitare e non perdere la forma.
Altra possibilità è che potrebbe averlo creato il pasticcere francese Cedric Grolet che iniziò a creare torte a somiglianza del cubo di Rubik, vere opere d’arte molto in voga anche nei matrimoni, si dice però che per due piccole paste si arrivi oggi fino a 40 Euro.
Esistono in giro per l’Italia anche altre versioni molto simili al cubo torinese, come ad esempio il Cubo Maritozzo ripieno di panna di Fabrizio Fiorani, noto pasticcere romano. A Milano il Kubo della pasticceria Clea ripieno con una fragorosa crema pasticciera e caramello salato. Ne esistono di vari gusti e sono di dimensione ridotta rispetto al Cubo torinese.
Anche in molte pasticcerie dell’estero troviamo questa specialità, come a Londra, dove vi è il “Cube Croissant” di Le Deli Robouchon al cioccolato e di varie misure.
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PERCHÉ  SIAMO ATTRATTI DALLE NOVITA’
I social hanno reso queste nuove brioches famose in tutto il mondo, il gusto è molto simile a quelle classiche di alta pasticceria, eppure siamo tutti attratti dalle novità soprattutto quando in tanti ne parlano. Questo perché quando vediamo e sentiamo continuamente parlare di qualcosa tendiamo a uniformarci con il pensiero comune e a pensare “se l’hanno provato loro devo assolutamente provarlo anche io”. Moltissimi giovani confermano che volevano fortemente provare il Cubo perché va di moda e per poter postare anche loro la foto e diventare così di tendenza. Quando qualcosa è di moda tendiamo a volerlo anche noi, sicuramente il trend del Cubo è molto valorizzante per la città di Torino e data la location, la qualità degli ingredienti e l’indiscussa bontà, lascia a chi lo assaggia un ricordo indelebile e la pubblicità lo ha sicuramente reso ancor più noto.
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I TORINESI FANNO COLAZIONE CON IL CUBO?
Da numerose interviste ai cittadini torinesi emerge che il Cubo spesso viene preso anche come merenda accompagnato da un tè caldo, perché molte persone con la frenesia del mattino tendono a non fare colazione, il nutrizionista torinese Davide Garetto ci conferma questa mancanza. Secondo il Dott. Garetto “fare colazione è fondamentale non solo per attivarci metaforicamente e per fornirci la giusta energia per affrontare la giorntata, ma ci permette di arrivare ai pasti principali non troppo afffamati, evitando quindi di cadere nell’errore di consumare pranzi abbondanti e nutrizionalmente sbilanciati”. Secondo il nutrizionista il Cubo e brioches similari possono essere adatti alla colazione una volta alla settimana.
Emerge inoltre che i torinesi, ma non solo, difficilmente vanno al bar a far colazione da soli, questo perché inconsciamente o per abitudine noi vediamo luoghi quali il ristorante o il bar come luoghi di convivialità, di svago con amici, ci andiamo in compagnia per una pausa o un pranzo di lavoro o come riferimento per un incontro e se proprio siamo soli ci andiamo per un fugace caffè al banco, raramente per puro piacere di concedersi un momento riservato e speciale.
Sicuramente sedersi in una magnifica location qual’è piazza Carignano,  gustandosi il Cubo e bevendo un buon cappuccino potrebbe essere una speciale coccola personale da non sottovalutare, perché tutti abbiamo bisogno di amarci un po’ di più.
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Noemi Gariano
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