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Il panificio Boccardo istituzione torinese

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Scopri – To    Alla scoperta di Torino

Nel 1927 a Torino nasceva Giuseppe Boccardo e a soli 10 anni iniziò a lavorare in un panificio a Tetti Piatti, frazione di Moncalieri; proprio durante la seconda guerra mondiale, lavorò a Orbassano, a Stupinigi e a Moncalieri e spesso si trovò in situazioni molto rischiose come i bombardamenti. La farina era difficile da trovare e Beppe ogni giorno rischiando di morire andava in bici a recuperala nei paesi limitrofi e rimaneva poi a lavorare almeno 15 ore al giorno. Nel 1937 aprì il suo primo negozio in Via Torino a Nichelino e nel 1947 aprì l’attuale bottega in via Dei Martiri insieme alla moglie Rita. L’⁹amore per il suo lavoro, la qualità dei suoi prodotti ed il suo speciale carattere fecero sì che Giuseppe Boccardo fu, per diversi anni stimato “Presidente dei panificatori”.
Fra i tanti clienti che portano nel cuore il ricordo del “sergent” (così era soprannominato Giuseppe Boccardo) Gianni e Donatella ci dicono che “andare da Beppe Boccardo sia per gli acquisti sia per i momenti goliardici era sinonimo di festa, quelle belle e grandi feste di famiglia d’altri tempi, dove bocce, carte, vino e sanbajun non mancavano mai, ma soprattutto trovavi il suo sorriso e la sua allegria che ti dava la carica e il buonumore; immancabili le sue pizze e le torte chilometriche.”


Infatti, adiacente al panificio aveva il suo gioco da bocce dove si ritrovava ogni domenica ed ogni festa raccomandata con tantissimi amici e clienti per creare dei veri e propri tornei di bocce con tavolone imbandito perché lui amava condividere con loro non solo la sua passione per il pane ma anche quella della convivialità. Giuseppe ha poi lasciato le redini della panetteria al figlio Roberto che con la moglie Piera e i figli Filippo e Simone con grande amore e il rispetto della loro tradizione portano avanti questa magnifica realtà di famiglia. Grazie agli insegnamenti di “Beppe” oggi il panificio Boccardo, ha rinnovato e ampliato le loro ricette storiche originali proponendo moltissimi tipi di grissini e di pane per tutti i gusti come lo “Sporting” dedicato agli sportivi o quello integrale o ai cereali, anche le pizze sono molto variegate e particolari grazie alla maestria del nipote Filippo che spesso crea gusti molto apprezzati e ricercati. Entrando nella panetteria non si può non notare il banco dei dolci sempre freschi e dal profumo inebriante, tra di essi i biscotti di meliga, quelli integrali, i baci di dama, i Brut ma Bun tipici piemontesi e molti altri. Molto famosi e richiesti nelle feste sono anche i loro panettoni, le loro focacce della befana e le loro colombe che rispettano ancora tutti i passaggi della tradizione con lunghe lievitazioni e ingredienti di primissima qualità, tra i panettoni più venduti quello al pistacchio e quello con le gocce di cioccolato la fanno da padrone.

Piera la moglie di Roberto Boccardo ci spiega la grande soddisfazione nel constatare che i clienti sono ormai affezionati, amici più che clienti e che spesso si lasciano consigliare per provare ogni novità proposta soprattutto durante le feste. Piera ci rivela anche una delle sue colazioni preferite che ha scoperto proprio mentre lavorava nel suo panificio, ovvero quella con bacchettine di pane senza lievito miele e tè fresco, ma se deve consigliare una colazione più ricca si può sempre optare per un caffè o un cappuccino con i croissant caldi appena sfornati alla crema, al cioccolato, al pistacchio, integrali e molte altre paste. Roberto ci racconta che suo papà Giuseppe gli ha sempre detto che per fare bene questo mestiere il trucco è metterci il cuore, sentire il profumo del pane e capire in base a quello anche le giuste dosi di acqua e di farina, Roberto è cresciuto all’interno della panetteria e anche lui fin da piccolo ha sempre appreso quest’arte bianca che richiede tanta fatica, Roberto infatti con i suoi figli si alza alle due di notte per iniziare a preparare pane, pizze, grissini e farinate, d’estate con i forni si rischia di svenire dal caldo, le teglie sono molto grosse e pesanti e bisogna saperle maneggiare, un lavoro quindi che richiede impegno e molto sacrificio. Lo sanno bene Filippo e Simone i nipoti di Giuseppe che pur essendo ancora molto giovani si impegnano ogni giorno per continuare la passione del nonno e di tutta la famiglia Boccardo.

NOEMI GARIANO

L’influencer del food più amato di Torino ci svela i suoi segreti

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Valentino, in arte “I’m Biund” “sono il biondo” in un misto di inglese piemontizzato, è uno degli influencer più seguiti di Torino con i suoi 67,8 mila follower.
Valentino nasce a Torino e decide già in giovanissima età di trasferirsi all’estero per fare esperienze lavorative, passa dall’Inghilterra al Canada lavorando nella ristorazione, poi, ritorna in Italia e lavora come magazziniere per un’azienda di auto, poco per volta si rende conto che la sua vera e forte passione è per il cibo ed è probabilmente nata dall’esperienze maturate all’estero e riprende a lavorare nella ristorazione anche a Torino. Il sei settembre 2021 inizia a postare la sua prima foto Instagram e poco dopo il primo reel a Rivarolo dove riprende la pizza più lunga del mondo provandola e raccontando la sua esperienza, le sue impressioni; quel video inizia pian piano ad avere sempre più estimatori e Valentino decide così di divertirsi creandone altri, fino a diventare sempre più seguito ed apprezzato raggiungendo in soli 3 anni i 67 mila follower. Valentino decide così di dedicare la sua vita quasi interamente a questo lavoro con il massimo dell’impegno e della passione.
Spesso la professione degli influencer viene vista semplice e banale, quando in realtà Valentino ci racconta che per fare i video ci vogliono ore, bisogna preparare il piatto, le luci, capire cosa dire, e soprattutto il lavoro di post produzione del video con il montaggio, i tagli e le scritte in sovraimpressione ed il tutto richiede  tempo ed attenzione.
Il profilo di Valentino è interamente improntato sul food, viene da chiedersi se ci si possa fidare dei suoi consigli o se siano i ristoratori stessi a pagarlo per determinate recensioni; Valentino ci spiega che è molto comune pensarlo anche perché in molti purtroppo lo fanno, ma non lui che decide personalmente quali collaborazioni accettare ovvero solo ed esclusivamente quei ristoranti e quei locali dove si è trovato veramente bene e dove ha trovato quella qualità e quella professionalità che ritiene di rendere pubbliche. Non deludere il pubblico diventa fondamentale soprattutto per chi come lui ci tiene a mantenere la fiducia di chi lo segue.
L’influencer food di Torino ci spiega che non esistono modi specifici per diventare influencer, mestiere che ormai si studia anche nelle università, serve passione, coraggio e determinazione.
Un tempo funzionavano molto gli hashtag, adesso ci dice che ne servono pochi ne bastano una decina ben posizionati guardando quali sono gli argomenti più seguiti dal pubblico. Come anticipato prima, fondamentale è anche la cura dei video per renderli personali e attraenti rispettando il pubblico che ormai è quotidianamente tempestato di informazioni  e per fare la differenza e farsi notare bisogna fare qualcosa di unico, vero e tangibile, proprio per questo Valentino utilizza ad esempio un modo di parlare specifico per ogni suo video. Molto importante anche usare solo hashtag inerenti all’argomento del video e cercare di pubblicare contenuti con costanza almeno tre o quattro volte alla settimana. Valentino ci rivela che lui è molto timido e che le prime volte gli faceva strano parlare da solo con un telefono, poco per volta poi si è abituato ma ancora oggi gli fa strano quando lo fermano per strada per una foto o un autografo.
Il suo sogno è quello di avere sempre più visibilità per poter viaggiare per tutta Italia consigliando alle persone i posti migliori in cui mangiare ed essere invitato a Villa Crespi per poter raccontare ai suoi follower cosa si prova davvero in un locale di grande prestigio.  Nonostante la sua giovane età l’influencer di Torino non lavora solo sui social, ma continua la sua arte culinaria lavorando nei fine settimana in pizzeria. Concludiamo la sua intervista con una promessa, la prossima volta si assaggiano le cavallette! … oh no?!
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NOEMI GARIANO
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Ecco la videointervista:

50 sfumature di Torino

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Sua maestà il rosa, colore considerato simbolo di femminilità, trasmette sicurezza, dolcezza e protezione e fa da filo conduttore per numerose esperienze tutte piemontesi.
Interamente rosato è il locale “Roses E Tea”, entrando le pareti sono adornate da grandi rose color rosa con decorazioni dorate che conferiscono all’ambiente armonia e tranquillità, adatto sia per le coppie che per i gruppi, ma anche per bere una tisana in compagnia solo di se stessi.
Nel menù troviamo un’ampia scelta di torte tutte diverse, da quelle più leggere per la colazione a quelle con la panna tipiche dei pomeriggi invernali numerose varianti di cupcakes al cioccolato, alla frutta, alle creme, muffin, biscotti di ogni genere tra cui paste di meliga, baci di dama, pancake per chi è attento alla forma fisica e molto altro. Oltre al dolce vengono proposti numerosi piatti salati a base di salmone, avocado, tutto servito su piatti di ceramica rigorosamente rosati e floreali. Nel menù un’ampia offerta anche di tisane e bevande sia calde che fredde, a base di latte classico o vegetale, servite in grandi teiere dello stesso colore dei piatti.
Roses E Tea non è l’unico locale torinese tinto di rosa, in via XX Settembre troviamo il ristorante “La Pergola Rosa” anch’esso tutto rosato con dei tocchi di marrone che bilanciano perfettamente un colore così delicato. Il menù è tipico piemontese con i plin, le tagliate di fassone, le costolette di agnello, il Montebianco e i cremini torinesi.
Un’altra nota esperienza”rosa” di Torino è la maratona “Just the woman i am”, l’evento nasce a Torino nel 2014 e prevede una corsa-camminata aperta a tutti organ8zzata per raccogliere fondi destinati alla ricerca universitaria sul cancro; si svolge ogni anno nel periodo della festa della Donna, in questi giorni esiste anche la possibilità di effettuare viste di prevenzione e webinar gratuiti per rendere le persone sempre più informate sulla salute. Nel 2024 la manifestazione ha già raggiunto oltre 28.800 donazioni battendo il record di tutte le edizioni edizioni precedenti.
TORINO E IL ROSSO
Un altro colore tipico della città sabauda è “il rosso”, questo colore fa aumentare il battito cardiaco in chi lo osserva, l’aumento del battito cardiaco può essere tradotto dal nostro cervello come eccitazione o come voglia di fuggire, è quindi molto rischioso colorare intere pareti dei locali di color rosso, ma ci sono luoghi che se lo possono permettere perché hanno saputo fare di quel colore il loro punto distintivo. Tra di essi la “Caffetteria Clarissa” di Via Po a due passi dalla Gran Madre. La caffetteria ha un’ampia vetrina spesso decorata a tema stagionale con all’interno numerose torte appena sfornate. Entrando il locale è tutto rosso e bianco, adatto per l’inverno perché dà l’idea di calore e ricorda il Natale, in ogni angolo piccole lucine danno all’ambiente un tocco fatato. Un ampio tavolo vetrato accoglie i golosi con pasticcini e biscotti fragranti, anche senza zucchero, per chi è più attento alla linea. Al piano inferiore ci sono 3 ambienti tutti diversi ma sempre tutti rossi e bianchi, le pareti e i tavoli sono adornati da cuori e lo stesso menù è scritto in un grosso cuore di cartoncino. Clarissa, il nome del locale ma anche della proprietaria che ci racconta che ogni torta nasce con cura e passione. Tra i dolci troviamo la torta con la pasta frolla, la crema pasticcera e le fragole fresche, la meringata, la torta al cioccolato e pere o la morbida cioccolato amaretti e pesche. Tutte da abbinare con tisane profumate. Clarissa ha scelto il colore rosso per le pareti del locale per l’amore che trasmette ed effettivamente numerosissimi sono i clienti che frequentano questo locale non solo per la qualità è la bontà dei prodotti ma anche per la location così particolare e le calde sensazioni che si percepiscono.
TORINO E IL VERDE
Un altro  colore molto particolare per un locale è “il verde”, questo colore trasmette fiducia e aiuta ad aumentare la concentrazione, molto adatto quindi nei luoghi di lavoro o nelle stanze dove si studia. Tutto ciò che richiama il verde e la natura ha sul corpo umano questo effetto, anche guardare un prato o degli alberi fuori dalla finestra. Tra i locali che scelgono questo colore c’è “Avocuddle Cafè” che si trova nella Galleria Umberto I° vicino a Porta Palazzo. Il locale ideato da Giorgia e Luca, due giovani ragazzi appassionati di viaggi e cibo ha la parete più ampia interamente disegnata con foglie di avocado verde smeraldo e lucine colorate, nelle pareti adiacenti molti altri elementi tutti riconducibili alla natura come fiori, vasi o mensole in legno, quest’ultimo un materiale che fa provare apertura e calore in chi lo guarda, molto adatto quindi per qualunque locale di socialità, tipico infatti delle baite di montagna.
Altro locale in tema verde natura è “Share Word” in Piazza Santa Giulia, una piccola caffetteria con piante, alberi e disegni floreali che ricordano un bosco fatato.
Torino ha tantissimi altri locali colorati, ognuno con la sua storia, ogni colore trasmette alla persona che lo guarda determinate sensazioni, proprio come i vestiti… ma questa è un’altra storia.
NOEMI GARIANO

Guido Gobino: la miglior pralina del mondo

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Nel 1964 dopo anni di esperienza nella raffinazione del cacao Giuseppe Gobino diventa direttore di produzione dell’Azienda Maras, ama così tanto il cioccolato e l’azienda da diventarne il proprietario nel 1980. Qualche anno dopo suo figlio Guido Gobino porterà avanti la tradizione di famiglia rinnovando anche il marchio e puntando principalmente sul giandujotto, tipico cioccolatino torinese a forma di prisma a base di cioccolato nocciole piemontesi, zucchero e in alcuni casi latte, prodotto per la prima volta dall’azienda torinese Caffarel nel 1865 e divenuto poi famoso in tutto il mondo.
Nel 1995 Guido Gobino inventa il Tourinot un mini-Giandujotto realizzato utilizzando tutte materie prime di grande eccellenza e con la tecnica dell’estrusione, tecnica nata per velocizzare il processo manuale di taglio e mantenere la massima qualità del prodotto.
Guido Gobino valorizza anche il prodotto del territorio piemontese scegliendo di acquistare gran parte delle sue materie prime da contadini e agricoltori delle zone limitrofe, come la nocciola tonda delle Langhe.
Negli anni nasce anche Tourinot Maximo, un giandujotto di soli 5 grammi realizzato con la ricetta originale storica,  senza latte e sempre con il metodo dell’estrusione.
Dagli anni 2000 Gobino si espande, nascono altre boutique nel centro di Torino e nasce anche il loro uovo di Pasqua “N’uovo”, un uovo allungato molto originale ed elegante. Molto famoso è anche il loro cioccolatino al rhum il “Vernuij” ricoperto con cioccolato fondente al 75%.
L’Accademia del cioccolato di Londra nel 2008 premia il “Cremino al sale” di Gobino come miglior pralina del mondo. Qualche anno dopo Guido Gobino viene nominato Ambasciatore della Nocciola Tonda e Gentile delle Langhe nel mondo e inizia a collaborare con la casa di moda di Giorgio Armani.
Una delle particolarità di quest’azienda è senz’altro la perseveranza, visto che per realizzare il Tourinot fondente provarono ben diciotto volte rimanendo sempre delusi e ritentando ogni volta per la difficoltà di raggiungere l’equilibrio giusto tra sapore e consistenza.  Dopo il successo dei cioccolatini Guido Gobino crea i gelati a stecco con il latte fresco ricoperti dal loro inconfondibile cioccolato e i sorbetti con la frutta fresca.
Nel 2021 entra in azienda il figlio di Guido, Pietro Gobino che pone la sua attenzione all’ambiente cercando di migliorare ancor di più tutta la loro produzione in termini di ecosostenibilità. Pietro crea il “Tourinot Bianco”, un cioccolatino dai profumi siciliani con mandorle d’Avola arance di Noto e sale.
Attualmente le botteghe di degustazione dei prodotti Gobino sono sei; la sede storica dove vengono prodotti i cioccolatini è in via Cagliari, per le degustazioni invece ci si può recare in via Lagrange o Corso Vittorio Emanuele a Torino oppure all’aeroporto di Caselle e inoltre altre due boutique del gusto a Milano.
In ogni periodo dell’anno Gobino propone specialità dedicate ad eventi differenti, per esempio in occasione della Festa della Donna l’8 marzo su ogni scatola di cioccolatini venduta 2 euro andranno in beneficenza ad una associazione contro la violenza sulle donne. A Pasqua a fare da protagoniste non saranno solo le uova, ma anche tante varietà di tavole di cioccolata colorate interamente dipinte a mano e nel periodo invernale propongono cioccolate calde con percentuali diverse di latte da accompagnare ai cioccolatini o alle loro monoporzioni. Per gli amanti del caffè Gobino ne propone una vasta degustazione sempre accompagnata da alcuni mignon al cioccolato.
Tanti auguri per i sui 60’anni all’azienda Guido Gobino,  un’eccellenza tutta torinese un esempio di grande sinergia tra le generazioni e anche di grande perseveranza per essere riusciti non solo ad ottenere grandi riconoscimenti anche mondiali, ma per non essersi mai arresi di fronte a tantissime difficoltà mantenendo sempre alta la qualità e la bontà del loro prodotto con amore e passione.
NOEMI GARIANO

Quanto conta l’estetica per i torinesi?

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“Mens sana in corpore sano” famosa locuzione latina che nel tempo è stata spesso ripresa da molti autori per spiegare quanto fosse importante il connubio mente corpo.
Spesso si pensa che la parte estetica sia effimera e che coloro che danno troppo seguito a questa parte abbiano poca sostanza. Le ricerche scientifiche però smentiscono queste dicerie, la parte estetica diventa fondamentale quasi quanto la parte interiore perché “l’abito fa il monaco”. La nostra cura, il nostro modo di vestirci viene trasmesso al nostro interlocutore che giudicherà le nostre parole anche in base a come siamo vestiti o acconciati. Per esempio se siamo vestiti di “rosso” faremo accelerare il battito cardiaco della persona con cui parliamo che deciderà se tradurre quell’aumento come eccitazione o agitazione. Il “nero” invece trasmette lusso, sicurezza e in alcuni casi chiusura, il “verde” aiuta a concentrarsi ecc..
I colori non solo trasmettono agli altri qualcosa ma anche a noi stessi che li indossiamo, questa teoria si chiama “embodied cognition” ecco che se ci sentiamo particolarmente giù di morale sarà utile contrastarlo vestendoci come ci vestiremmo se ci sentissimo alla grande, il vestito ci aiuta ad incarnare ciò che vorremmo essere.
Numerosi sono i lavoratori delle boutiques torinesi che conoscono bene l’uso psicologico dei colori e l’armocromia e riescono a consigliare ai loro clienti sempre le cose migliori da indossare a seconda dell’evento.
Ma come ci si veste a Torino ad un evento? Di solito i torinesi tendono ad essere molto sobri e sempre eleganti in tutti i contesti. Tutti noi abbiamo delle aspettative su come si vestiranno gli altri in determinati contesti, per esempio in una gioielleria o durante una riunione di un’importante azienda ci aspettiamo che chi ne fa parte sia vestito elegante e non in tuta o se dovessimo immaginare un personal trainer al contrario lo immagineremo vestito da sportivo. Questo fa si che anche gli altri abbiano delle aspettative su come noi saremo vestiti in un determinato contesto, sta a noi scegliere se confermare quell’aspettativa, (cosa consigliata secondo gli psicologi per fare un’ottima impressione), o decidere se sconvolgere la nostra platea con abiti fuori luogo. I torinesi secondo le interviste confermano di avere spesso delle aspettative ben definite dall’analisi di come di presentano gli altri rilevando strane le persone che rompono determinati schemi facendosi a monte delle idee negative solo dal loro abbigliamento per poi a volte, col trascorrere del tempo, rendersi conto dell’errore cognitivo commesso.
Andare ad un colloquio per un’azienda di occhiali per esempio è molto diverso da andare ad un provino per una parte da attore, nel primo caso la scienza dice che tenderanno ad essere scelte maggiormente le persone dall’aspetto curato e che dia l’idea di precisione e puntualità, mentre nel secondo caso si tenderà a scegliere i candidati dall’aria più artistica, meno formali, dall’aspetto semplice e meno curato.
E’ quindi fondamentale saper prendersi cura anche della nostra parte estetica perché è il nostro biglietto da visita e se sappiamo come gestirla otterremo sicuramente risultati positivi.
Numerosi parrucchieri della città sabauda confermano che spesso molte donne, ma anche uomini, non hanno sicurezza in loro stessi per il loro aspetto e che anche solo un taglio o un colore di capelli o delle exthension possono far sentire il cliente  più attraente e di conseguenza più sicuro di se stesso. Alcuni riescono addirittura a raggiungere i propri obiettivi solo nel momento in cui si sentono più belli, più  sicuri e si amano di più.
Anche i numerosi negozi di estetica del centro di Torino affermano che molte persone si prendono cura di se stessi solo quando stanno male e da lì si rendono conto quanto sia importante farlo già in anticipo perché il proprio corpo è il contenitore della nostra mente e l’uno non può esserci senza l’altro. Proprio per questo sfatiamo il mito delle “bionde stupide” nato purtroppo per gioco da alcuni film celebri degli anni novanta, o da alcune serie televisive, la bellezza esteriore può e deve andare in connubio con quella interiore quindi la parola d’ordine è … “Mens sana in corpore sano e curato”.
NOEMI GARIANO

La collina di Torino e le sue meraviglie

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Alle porte di Torino sono numerosi i luoghi di interesse non solo dei turisti ma anche per i cittadini sabaudi. Tra di essi il Monte dei Cappuccini a due passi dal centro di Torino, dove si erge la Chiesa di Santa Maria Al Monte in stile tardo rinascimentale con interni barocchi tipica del sedicesimo secolo, all’interno della Chiesa vi è raffigurata una leggenda che narra di un’enorme lingua di fuoco che uscì dal tabernacolo per far fuggire gli invasori francesi. Il Monte dei cappuccini ospita anche un grande convento adiacente alla Chiesa di Santa Maria, nel quale una parte è adibita al Museo Nazionale della Montagna dal 1874.
Quest’ultimo ha al suo interno molte documentazioni, filmati, installazioni dedicate alla montagna e all’alpinismo estremo con sezioni espositive sempre nuove e aggiornate nel tempo. Al termine del museo una terrazza panoramica che affaccia su Piazza Vittorio la più grande piazza Piemontese.
L’ARTE CULINARIA DELLA COLLINA TORINESE
A pochi passi dal convento, il ristorante “Al monte dei cappuccini” aperto dal martedì al sabato, la sua terrazza panoramica e i suoi interni di gran classe fanno del ristorante uno dei posti più particolari della collina torinese. La cucina rispetta e valorizza le origini del territorio, tra i piatti più ambiti l’albese con limone, parmigiano e bagna cauda, il carpaccio di tonno e l’insalata di carciofi. Tra i primi troviamo i malfatti di salsiccia di Bra, i tagliolini alle verdure croccanti e i ravioli della Val Varita, tra i secondi la tagliata di ginepro e rosmarino, il filet mignon alle due cotture con prugne e la scottata al parmigiano. Per i più golosi hanno anche una vasta selezione di dolci tra cui il classico bonet della tradizione piemontese cotto al forno, il tortino di sfoglia con pere e cioccolato e molti altri.
VILLA REGINA E VILLA GENERO
Tra le meraviglie della collina torinese vi è anche Villa della Regina, una dimora lussureggiante del seicento costruita per volere Maurizio di Savoia, figlio del Duca Carlo Emanuele I e Caterina D’Asburgo, proprio per questo la villa in origine si chiamava Villa del Principe. Negli anni divenne la dimora estiva di Anna Maria D’Orleans e prese il nome attuale.
Davanti alla villa un enorme giardino ad anfiteatro con dodici statue e al centro una fontana raffigurante il dio Nettuno. All’interno della residenza numerosi arazzi seicenteschi, affreschi e raffinate sale con decorate e dipinte dai grandi maestri di quell’epoca, come i quadri di Giovanni Battista Crosato.
A due passi da Villa Regina, vi è Villa Genero, meno conosciuta, ma altrettanto maestosa. Villa Genero venne edificata nel milleottocento per volere del banchiere torinese Felice Genero e passata negli anni nelle mani di benestanti famiglie piemontesi, ancora oggi la villa è privata. La particolarità di questa dimora è sicuramente il suo parco con alberi secolari, sentieri, scale ornamentali, statue e fontane e in cima una meravigliosa terrazza dove si può osservare la città dall’alto. Il parco è invece accessibile a tutti per poter fare jogging, passeggiare e godersi la natura a pochi passi dalla città.
 BASILICA DI SUPERGA
Tanti turisti ogni fine settimana prediligono invece la Basilica Di Superga, fatta costruire a partire dal 1715 dal re Vittorio Amedeo II come ringraziamento alla vergine Maria dopo la battaglia contro i francesi. La Basilica fu commissionata all’architetto Filippo Juvarra, principale esponente del Barocco, l’opera fu molto difficoltosa perché il terreno non permetteva la costruzione della basilica, dovette quindi abbassare la cima del colle per riuscire ad ottenere un terreno piano che ne permettesse l’edificazione.
Nel 1731 venne inaugurata e da allora è possibile vederla da quasi tutta Torino. La basilica con pianta circolare ha una grande cupola barocca all’estremità, si dice ispirata al Pantheon di Roma. All’interno troviamo la cripta Reale con le spoglie della famiglia Savoia.

La Basilica di Superga, Villa Regina, Villa Genero e il Monte dei Cappuccini rappresentano solo una parte delle meraviglie della collina torinese, spesso ancora poco conosciuta nel profondo.

Noemi Gariano

Il ristorante ambito dai vip torinesi

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Poco fuori dal centro di Torino Diego e Ruggero Bravo circa 12 anni fa crearono il ristorante “Fratelli Bravo”; entrando l’atmosfera è molto famigliare, tovaglie a quadretti bianche e rosse, calde luci, vino e pane ai tavoli e sulle mura tante maglie appese di tantissimi giocatori della Juve e qualcuna anche del Toro, tutte rigorosamente autografate.
I due fratelli forti di una sana passione per la cucina in pochissimi anni hanno fatto crescere il locale al punto che oggi, con i suoi 70 coperti, è quasi sempre pieno, in tutte le stagioni. Il ristorante ha diverse piccole stanze per preservare al meglio l’intimità dei propri ospiti. La cucina, utilizzando materie prime rigorosamente di alta qualità, propone un menù che di base rispetta la tipica tradizione piemontese, i loro cavalli di battaglia sono la carne cruda battuta al coltello con la salsa calda al tartufo e i plin al sugo d’arrosto. Tra le altre specialità troviamo il vitello tonnato, il maialino con nocciole d’Alba, il risotto Carnaroli con salsiccia di Bra e Barbera D’Asti, il filetto di fassona con aceto balsamico caramellato e numerosi dolci tra cui il tortino al cioccolato con cuore caldo accompagnato da crema al mascarpone e un po’ meno tipici ma pur sempre d’altissima qualità i cannoli siciliani con ricotta fresca e gocce di cioccolato.
Non solo tradizione torinese quindi, molteplici, durante l’anno, sono i piatti della cultura italiana ad esempio romana e del sud, come i bucatini alla carbonara o il risotto al nero di seppia con basilico e crema di burrata.
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QUANDO TORO E JUVE SI INCONTRANO (NON È SEMPRE DERBY)
Ebbene sì, spesso dai Fratelli Bravo tra i clienti è facile riconoscere i calciatori sia della Juve che del Toro. Morata con la moglie Alice Campello nel periodo in cui vivevano a Torino erano grandi amanti di questo ristorante come sono di casa calciatori come Marchisio e la moglie, Dybala, Chiellini, Bonucci, Belotti e moltissimi altri. Anche Cristiano Ronaldo con la compagna Georgina in alcune importanti occasioni sceglievano i Fratelli Bravo come la calciatrice juventina Cecilia Salvai che lascia il segno del suo passaggio firmando la sua maglia dai fratelli Bravo.
Diego e Ruggero Bravo in un’intervista di Gianluca di Marzio raccontano un aneddoto, ovvero di quando hanno dovuto rifiutare una prenotazione ad Allegri per non aver più posto; nonostante ciò Allegri comprese e rimandò la cena prenotando in anticipo. Non è bello dover rifiutare la clientela qualunque essa sia, ma è grande la soddisfazione di avere un così alto consenso ed una grande richiesta. I titolari ricordano poi con tristezza il compianto Sinisa Mihajlovic quando festeggiò quI i sui quarantotto anni.
Non solo calciatori, tra gli appassionati della cucina dei Fratelli Bravo sono anche le due ex Miss Italia torinesi Cristina Chiabotto e Edelfa Chiara Masciotta.
Nonostante il locale sia così celebre i costi restano nella media e la qualità è sempre alta, la gentilezza dei ragazzi in sala e i loro scrupolosi consigli permettono di sentirsi coccolati dall’inizio alla fine del pranzo o della cena. Questo dimostra che la passione è l’amore per il proprio lavoro portano spesso grandi risultati e che se si vuole resistere nel tempo bisogna preservare sempre la qualità dei prodotti e l’attenzione ed il servizio ai clienti. Torino è da sempre una città molto attenta e critica, proprio per questo i locali devono soddisfare alti requisiti perché se qualcosa nasce e cresce a Torino ed è amato dai suoi cittadini allora può sicuramente fare successo anche fra i turisti della città sabauda. Altri locali sono nati e cresciuti con grande consenso a Torino e magari andremo a trovarli prossimamente, intanto buon pranzo e buona cena a tutti dai Fratelli Bravo ma… ricordatevi di prenotare.
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NOEMI GARIANO

I mercati rionali, una affascinante realtà torinese

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Il mercato esiste da tantissimo tempo, i primi scambi di merci avvenivano infatti con il ritrovo di qualche venditore ambulante nelle piazze in molte città; dalla seconda metà del Novecento questa abitudine si diffonde sempre più diventando come lo conosciamo oggi, “il mercato rionale”.
La città di Torino infatti vanta tra le sue numerose caratteristiche più di quaranta mercati rionali tutti i giorni, dove si può trovare di tutto dall’antiquariato al moderno, dalle firme al fast fashion, dal dolce al cibo salato.
Tra di essi il mercato della Crocetta, aperto tutti i giorni fin dal 1920, dove possiamo trovare grandi firme a prezzi contenuti e banchi di artigiani con prodotti unici nel loro genere. Il mercato della Crocetta si trova in via Cassini e si divide nelle vie adiacenti fino alla Chiesa Della Beata Vergine delle Grazie costruita nel 1558 che fa da cornice al mercato stesso.
A Torino abbiamo anche il mercato più esteso d’Europa, “il mercato di Porta Palazzo” nel quartiere Borgo Dora. Questo mercato, dal 1835 è nel cuore ed affascina i torinesi ed è molto visitato dai turisti non solo per la sua mescolanza di culture con  molti banchi di etnie diverse che concorrono, con i loro tessuti a rendere l’ambiente colorato e accogliente in qualsiasi stagione, ma anche per avere una parte coperta dedicata all’ittico ed all’alimentare dove si dice che si può comperare il pesce e la frutta della miglior qualità della città. Il mercato di Porta Palazzo è operativo al mattino dal martedì al venerdì ed il sabato tutta la giornata.
Il mercato di Porta Palazzo è diventato anche un romanzo, l’associazione “Ponti di Parole” durante il periodo del Covid 19 ha raccolto sul sito della libreria “Il Ponte Dora” tante storie ed aneddoti di numerosi testimoni che hanno vissuto la realtà e la vita quotidiana di Porta Palazzo; il progetto ha avuto un grande seguito e ancora oggi l’associazione cerca di creare sempre nuove idee ed opportunità per raccontare i mercati nelle zone di Torino e soprattutto per creare sempre più coesione fra le varie culture presenti perché è proprio dalle differenze, dal dialogo e dal confronto che vengono fuori le migliori idee.
Il mercato di Porta Palazzo (foto Mario Alesina)

 

Sempre in zona e tra i molti mercati totalmente al coperto vi è il Mercato Centrale aperto dalle 8.00 alle 23.00 in Piazza Della Repubblica con tantissimi artigiani del gusto come Raffaele D’Errico con il suo pane fresco e La Piola che offre tajarin al ragù, vitello tonnato ed altre prelibatezze piemontesi, troviamo anche la tradizione giapponese con i ramen ed altri piatti tipici di Akira Yoshida e l’alta pasticceria del sud con le sfogliatelle sfornate calde del pasticcere Alfonso Franzese. Il mercato coperto offre ai numerosi turisti un ambiente ricercato grazie al cibo e al contempo mantiene la sua semplicità negli arredamenti proprio a somiglianza di un mercato all’aperto.
Un altro grande mercato è quello di Santa Rita dove emerge principalmente, oltre al vestiario, la parte di ortofrutta di qualità a prezzi competitivi. Moltissimi commercianti rivelano che il periodo invernale è quello migliore per i mercati, nonostante le basse temperature in molti scelgono gli acquisti nei rioni per competitività del prezzo e per il legame di amicizia e fiducia che si crea con il tempo  fra i clienti ed i venditori ambulanti. Nel mercato di Santa Rita infatti ci confessano che spesso i clienti sono gli stessi di settimana in settimana e questo gli inorgoglisce e giustifica l’impegno non indifferente per una attività che inizia già al mattino molto molto presto con qualunque tempo.
Il terzo mercato più grande della città sabauda è quello al confine con Moncalieri in Piazza Bengasi, oggi leggermente spostato per la nuova stazione metropolitana, che, con le sue oltre 200 bancarelle. offre tantissime occasioni per ogni gusto.
Per gli amanti del passato c’è poi “il mercato Vintage della Gran Madre” attivo ogni terza domenica del mese e che merita un passaggio sia per un tuffo nel passato sia per la splendida location in pieno centro dove si trova.
Occorre un plauso importante ai venditori ambulanti, soprattutto a coloro che lavorano nei mercati all’aperto per un lavoro sicuramente molto impegnativo; d’inverno per il grande freddo e d’estate per il caldo eccessivo, anche gli orari sono spesso estenuanti perché devono arrivare prestissimo sulla piazza per prenotare il posto e montare la propria struttura prima dell’arrivo dei primi clienti, esponendo la propria mercanzia nel modo migliore per offrire qualità, disponibilità e simpatia a chi sfrutterà un paio di ore per gli acquisti con e tra amici.
NOEMI GARIANO

Quando il Sol Levante incontra Torino

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Alla scoperta di Torino
In Via Monte di Pietà a Torino si trova un luogo magico dall’atmosfera orientale che ci riporta in un piccolo paese del Giappone, si chiama Kintsugiteandcakes. Il nome deriva da Kintsugi ovvero l’arte orientale di riparare gli oggetti rotti mettendo dell’oro puro nelle crepe e poi tea and cakes dai tè e le torte che preparano.
Entrando nel locale si percepisce subito di essere arrivati in un piccolo angolo giapponese, con tavoli di legno, piante e canne di bamboo che decorano la stanza. Un profumo di torta appena sfornata pervade tutto il locale e l’ampia scelta di dolci in vetrina attira anche i clienti più scettici.
Dato il ristretto numero di posti a sedere il tavolo va sempre prenotato prima, quando ci si accomoda le giovani proprietarie, Francesca e Martina molto amiche tra loro, propongono un menù molto ampio, “mochi” ovvero dei “panini” preparati con riso pestato per ottenere un’impasto bianco e morbido che viene poi modellato a sfera, cotto e farcito con ingredienti dolci o salati, vi sono anche vari tipi di tè, bevande e cappuccini rivisitati. Numerosi dolci fusion che uniscono la tradizione torinese con quella giapponese come i baci di matcha, simili ai Baci di dama ma con un impasto al tè matcha, la Moussecacke una tortina al mango, frutto della passione e crumble, poi Kumo un dolce al pistacchio e moltissimi altri per ogni gusto con anche alcune scelte salate per il pranzo.
Il loro cavallo di battaglia si chiama proprio come il locale Kintsugi cake, una torta a forma di foglia verde intensa, composta da una mousse al tè matcha con gelee al frutto della passione con sopra crumble al cacao e caramello salato.
I dolci giapponesi della tradizione erano senza zucchero solo con pochi ingredienti come l’agar agar e i fagioli, con il tempo date le influenze culturali occidentali iniziarono a unire il cacao e vari tipi di zuccheri sempre rimanendo semplici per gustare al meglio ogni ingrediente  utilizzato scelto con cura. Proprio con questa filosofia Francesca e Martina creano i loro dolci per i clienti del locale.
Kintsugi organizza anche eventi molto particolari come il “Matcha e origami breakfast” dove le sapienti mani di Kayo, una giovane donna giapponese, prepara un cerimoniale a base di tè matcha e wagashi giapponesi, dolci tradizionali preparati con zucchero di canna, fagioli e farina di riso, accompagnati poi da una torta fatta in casa e vari gusti di mochi e tutti insieme mentre fanno colazione preparano degli origami con l’aiuto di Kayo. In altre occasioni viene mostrata la preparazione del matcha o dei mochi sempre accompagnati da splendidi cerimoniali e ospiti giapponesi. Il matcha è una varietà di tè verde originario della Cina dove le foglie vengono raccolte e cotte al vapore per molto tempo, ve ne sono di due tipi quelli di foglie giovani ovvero raccolte quando la pianta ha meno di trent’anni e quelle mature quando la pianta ha più di trent’anni, alcune leggende dicono che i più esperti sanno riconoscere quando il tè viene fatto con una o l’altra pianta.
Si dice che questa varietà di tè sia un toccasana per la bellezza e la salute, contiene infatti molecole antiossidanti che proteggono la pelle dall’invecchiamento, inoltre grazie alla presenza di polifenolo aumenta il metabolismo e aiuta contro la ritenzione idrica. Il tè matcha aumenta la memoria grazie ad alcuni amminoacidi che ha al suo interno, aiuta a rilassarsi e migliora la digestione. E’ anche consigliato per i diabetici perché riduce la pressione, il colesterolo e i trigliceridi.
In Italia la cultura del tè è molto meno tipica, proprio per questo locali come Kintsugi permettono di scoprire prelibatezze diverse dal solito e arricchiscono il nostro bagaglio culturale, all’interno del locale ci raccontano infatti che tutti i tipi di tè provengono sempre dalla stessa pianta la Camellia Sinensis e in base alla lavorazione delle foglie si ottiene il tè verde, rosso, nero, fermentato.
Le contaminazioni culturali portano quindi un’enorme crescita da ogni punto di vista e come disse la prprietaria del locale in un’intervista pubblicata online: “Non avere schemi e preconcetti aiuta a sviluppare la creatività. Non ci sono cose che non si possano provare a prescindere, non esistono abbinamenti di sapori da escludere solo perché lo ha detto qualcun altro…”
NOEMI GARIANO

La magia del Natale a Torino

SCOPRI – TO  Itinerari e sorprese alla scoperta di Torino

Nel mese più magico dell’anno Torino, come da tradizione, si veste di luci colorate e vetrine addobbate oltre a  moltissimi eventi creati appositamente per festeggiare tutti insieme il Natale.
In piazza Castello ci sarà l’albero di Natale circondato da altri alberi più piccoli, con luci e suoni a tema. In piazza Solferino come negli anni precedenti ci sarà la pista di pattinaggio per adulti e bambini che ogni anno coinvolge un ampio pubblico di torinesi e turisti con numerosi banchetti culinari adiacenti alla pista. Per chi invece preferisce pattinare al chiuso è disponibile la grande struttura del Palavela.  Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, fino al 17 dicembre ci sarà “il Natale è Reale” con la casa di Babbo Natale, gli elfi con i laboratori interattivi, il mercatino, lo street food, le notti bianche e la Christmas Ballons Experience, ovvero enormi sculture di palloncini. Il 13 dicembre in via Agliè ci sarà il mercatino di Natale con sfilata.
La Cavallerizza di Torino offre un evento natalizio unico nel suo genere, il 17 dicembre in collaborazione con Paratissima saranno esposte opere di artigianato mirate alla valorizzazione del made in Italy. Anche i teatri di Torino offrono numerosi eventi e spettacoli; ad esempio, al Teatro Regio dal 22 al 31 dicembre ci sarà il Balletto Del Don Chisciotte di Miguel De Cervantes, al Teatro Alfieri troviamo invece dal 22 al 26 lo spettacolo “Lo Schiaccianoci” ed in seguito a Capodanno Vincenzo Salemme con “Natale in casa Cupiello”.
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I LOCALI STORICI E LE LORO SPECIALITA’ NATALIZIE
Anche i locali storici di Torino durante il periodo natalizio offrono novità. La pasticceria Ghigo, aperta nel 1879 a pochi passi dalla Mole Antonelliana propone la sua Nuvola, un pandoro che è ormai una lunga tradizione, preparato con lievito naturale, ricoperto da una sottile glassa al burro e zucchero a velo, anche in monoporzione. Questo dolce soffice e molto gustoso ha origine nel 1900 ma la ricetta è ancora oggi segreta e si tramanda di generazione in generazione.
Ghigo propone anche deliziose cioccolate calde rigorosamente fatte al momento, con panna montata e per i più golosi anche i marron glacés o le tipiche  bignole torinesi.
Anche Baratti e Milano nel periodo invernale propone dolci tipici natalizi di produzione propria come il panettone classico o al cioccolato da accompagnare al “Bicerin”, che, tradotto dal piemontese, significa “bicchierino”, una spettacolare bevanda analcolica tipica torinese a base di caffè, cioccolata e crema di latte, ma ne esistono anche altre varianti alcoliche. Viene servito esclusivamente nei bicchieri di vetro per far apprezzare le sfumature date dagli ingredienti prima di una piacevole degustazione.
Un altro famoso locale torinese che propone specialità natalizie è Stratta, con tantissime varianti di panettone, quello classico, quello con i marron glacés, con l’albicocca, ricoperto di cioccolato, o di pistacchio, ripieno di zabaione, di Vermouth e molti altri.
Queste sono solo alcune delle particolari proposte dolciarie della tradizione  natalizia che Torino propone in questo periodo, capace di accontentare tutti i gusti anche e specialmente quelli più raffinati.
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LE SCELTE DEI TORINESI
Molti torinesi durante le festività andranno sulle nostre splendide Alpi a sciare o a fare snowboard tra le mete più ambite ricordiamo Bardonecchia e il Sestriere; all’opposto altri prediligeranno il mare d’inverno, e, vista la vicinanza, Finale Ligure, Sanremo ed Alassio sono mete predilette. Tanti, come ogni anno, saranno invece i turisti che arriveranno a Torino per vedere le meraviglie che offre la città della Mole e per assaggiare i tipici piatti invernali come la polenta con il cinghiale, la bagna cauda o il vitello tonnato.
Il Natale per i cittadini sabaudi è spesso un momento di ritrovo famigliare e la magia che si vive per le strade di Torino riscalda i cuori anche quelli più freddi, perché si sa, a Natale si è tutti un po’ più buoni, anche se, a pensarci bene, potrebbe essere Natale ogni giorno dell’anno, se solo sapessimo valorizzare ciò che abbiamo e tendessimo maggiormente a migliorare le nostre relazioni quotidiane. Buone feste a Torino a tutti.
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NOEMI GARIANO