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Torino: capitale del Barocco tra palazzi, chiese e monumenti

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Scopri – To      Alla scoperta di Torino

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Torino è una città che incanta con il suo fascino elegante e la sua ricca eredità artistica. Tra le epoche che hanno definito il suo volto, il Barocco occupa un posto speciale, trasformando la capitale sabauda in un teatro di grandiosità e bellezza. Questa corrente artistica, sviluppatasi tra il XVII e il XVIII secolo, ha influenzato profondamente la città, sia dal punto di vista urbanistico che architettonico, grazie al lavoro di grandi maestri come Guarino Guarini e Filippo Juvarra. Torino, infatti, è un museo a cielo aperto, dove i palazzi, le chiese e i monumenti narrano una storia di potere, fede e splendore artistico.
PALAZZI BAROCCHI: la Torino nobiliare.
I palazzi nobiliari di Torino sono tra i migliori esempi dell’architettura barocca in Italia. Camminando lungo le vie del centro, come Via Po o Via Garibaldi, è possibile ammirare eleganti facciate, portoni monumentali e cortili interni decorati con statue e fontane. Tra i più celebri spicca PALAZZO CARIGNANO, una delle opere più iconiche di Guarino Guarini. Costruito nel 1679, il palazzo si distingue per la sua facciata ondulata in mattoni rossi, un esempio di come il Barocco giochi con forme e volumi per creare un effetto dinamico. Oggi, Palazzo Carignano ospita il Museo Nazionale del Risorgimento, ma un tempo fu sede del primo Parlamento italiano.
Un altro gioiello barocco è PALAZZO BIRAGO DI BORGARO, progettato da Filippo Juvarra. Situato in Via Carlo Alberto, questo palazzo è un esempio di raffinatezza e funzionalità, con interni decorati da affreschi e stucchi che riflettono il gusto della nobiltà torinese dell’epoca. PALAZZO GRANERI DELLA ROCCIA, invece, è famoso non solo per la sua architettura ma anche per aver ospitato eventi culturali e letterari che hanno segnato la vita intellettuale della città.
PALAZZO MADAMA: un viaggio attraverso i secoli; si erge nel cuore di Piazza Castello, è un edificio che racconta la storia di Torino come nessun altro. Nato come Porta Romana, il palazzo è stato trasformato nei secoli fino a diventare una delle residenze preferite delle “Madame Reali”, le potenti reggenti sabaude. La sua trasformazione barocca è opera di Filippo Juvarra, che progettò la monumentale facciata in marmo. Con le sue colonne corinzie, i timpani e le ampie finestre, Juvarra riuscì a creare un’opera che combina eleganza e maestosità. Oggi, il palazzo ospita il Museo Civico d’Arte Antica, un luogo dove storia e arte si incontrano in un percorso che va dal Medioevo al Settecento.
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CHIESE BAROCCHE: la fede diventa spettacolo.
Le chiese barocche di Torino sono capolavori che uniscono devozione e creatività architettonica. La CHIESA DI SAN LORENZO, progettata da Guarino Guarini, è un esempio straordinario di come il Barocco utilizzi la luce e la geometria per creare un’esperienza spirituale unica. L’interno, con la sua cupola complessa e luminosa, sembra dissolversi in un intreccio di archi e aperture, invitando il fedele a guardare verso il cielo.
Un’altra meraviglia è la CHIESA DEI SANTI MARTIRI, situata in Via Garibaldi. Costruita dai Gesuiti, questa chiesa è famosa per i suoi ricchi interni, decorati con marmi policromi, affreschi e stucchi dorati. La CHIESA DELLA CONSOLATA, invece, è un esempio di come il Barocco sia stato utilizzato per rinnovare edifici più antichi. Il santuario, dedicato alla Madonna Consolata, è un luogo di grande devozione popolare, ma anche un capolavoro architettonico, grazie all’intervento di Guarini e Juvarra.
LA BASILICA DI SUPERGA, tra cielo e terra,
è uno dei simboli più riconoscibili di Torino. Situata su una collina che domina la città, la basilica fu progettata da Filippo Juvarra per celebrare la vittoria di Torino sull’assedio francese del 1706. La sua posizione panoramica, combinata con l’imponenza della struttura, rende Superga un luogo unico, dove arte e natura si incontrano. All’interno si trovano le tombe della Famiglia Reale dei Savoia, mentre il piazzale offre una vista mozzafiato dalle Alpi alla città sottostante.
LA REGGIA DI VENARIA è la Versailles piemontese; un altro capolavoro barocco, una delle residenze sabaude più grandiose. Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, la reggia è un esempio perfetto di come il Barocco sia stato utilizzato per glorificare il potere regale. I suoi giardini, la Galleria di Diana e la Cappella di Sant’Uberto sono solo alcune delle meraviglie che attendono i visitatori. Restaurata negli ultimi decenni, la reggia è oggi uno spazio culturale dinamico, che ospita mostre ed eventi internazionali.
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IL BAROCCO NEL TESSUTO URBANO tra piazze e portici.
Il Barocco non si limita ai palazzi e alle chiese, ma definisce anche l’urbanistica di Torino. Le piazze principali, come PIAZZA SAN CARLO, sono esempi di come lo spazio pubblico possa essere trasformato in un luogo di bellezza e armonia. I PORTICI, che si estendono per chilometri, sono un’altra caratteristica unica della città, offrendo riparo e un senso di continuità tra gli edifici.
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TORINO, un patrimonio da vivere, non solo  una città da visitare, ogni strada, ogni palazzo e ogni chiesa raccontano una storia di grandezza e innovazione. Il Barocco, con la sua capacità di sorprendere e affascinare, è parte integrante dell’identità di Torino, una città che continua a incantare chiunque la scopra.
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NOEMI GARIANO

La storia centenaria di una delle aziende più golose di Torino

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Nel 1922 per opera di un luminare pasticcere di nome Pietro Ferrua nasce un panettone diverso da tutti gli altri, unico nel suo genere che farà la storia a Torino e non solo.

Ci racconta la storia di quest’azienda Elisa Mereatur responsabile marketing Galup.

 

L’intervista

D: Buongiorno Elisa, cosa ti ha fatto avvicinare a questa storica azienda?

R: Mi affascinano le aziende che hanno un’anima e Galup ne ha una meravigliosa. La cosa che più mi ha colpito di Galup è la storia centenaria e poi vedere come chi lavora in azienda sia veramente parte di una famiglia, generazioni di persone che lavorano insieme dai ragazzi alle persone più grandi. Io ho un backgorund legato all’agroalimentare; ho fatto l’università di Scienze Gastronomiche a Pollenzo e poi antropologia del cibo a Londra, ho avuto anche una mia azienda e poi ho collaborato con l’azienda Leone per 8 anni e quando sono arrivata quI in Galup mi sono sentita a casa.

D: Galup nasce nel 1922 grazie a un panettiere, Pietro Ferrua, che crea un panettone diverso dal classico milanese, facendolo piatto e con una glassa di nocciole sopra, come nasce il nome?

R: Il nome Galup significa in Piemontese “goloso”. Ferrua crea questo nuovo prodotto che per antonomasia diventa il panettone alla piemontese, lo fa assaggiare ai primi commensali che dicono in dialetto: “A l’è propi galup!” che tradotto in italiano significa “è proprio goloso”.

D: Come cambia l’azienda nel tempo?

Nel 1949 il signor Ferrua decide di industrializzare la produzione acquisendo lo stabile in uso ancora oggi a Pinerolo dove vengono fatti i panettoni. La storia continua ancora oggi, la proprietà è cambiata nel 2014, con l’ingresso  di due imprenditori originari delle Langhe Giuseppe Bernocco e Sebastiano Astegiano – che hanno restituito all’azienda il suo splendore originario rinnovando anche buona parte dei macchinari, e creando nuovi prodotti e dando nuovo impulso all’azienda.

D: Ci sono tantissimi nuovi prodotti per tutti i gusti, quali in particolare?

R: Il principe dell’azienda è sempre il panettone con canditi e uvetta, creato utilizzando materie di primissima qualità e lievito madre che si rinfresca dal 1922. I panettoni sono declinati in tantissimi gusti per stare al passo con i tempi come pesca cioccolato e amaretto, pere e cioccolato e amarene e cioccolato.

Poi c’è il pandoro, prodotto ancora totalmente artigianalmente, come Galup produciamo anche altri lievitati da forno appositi per le ricorrenze come la colomba a Pasqua.

Poi c’è la linea “Piaceri Quotidiani” con i prodotti per tutti i giorni, come il famoso “Carrè”; un pan bauletto nella versione classico, al cioccolato o frutti di bosco e yogurt.

Vi sono i biscotti, dai Krumiri classici con la ricetta originaria di Casale Monferrato, quelli al caffè, quelli ricoperti di cioccolato fino ai Baci di dama. In estate abbiamo invece lanciato il Panettone d’Amare.

D: Avete anche un altro prodotto molto conosciuto, le praline al cioccolato

R: Si chiamano Galuperie e sono state create nel 1955, sono piccoli gioielli di gusto che racchiudono un mondo di sapori. Dal 2021 oltre a Galup abbiamo anche il marchio di cioccolata Streglio che quest’anno compie cent’anni e altri brand tra cui Pasticceria Cuneo che produce prodotti senza Glutine.

D: Come vengono create queste innovazioni?

R: Le innovazioni nascono da un lavoro  in team insieme al responsabile di produzione e al comparto di ricerca sviluppo e qualità. Si fanno dei tavoli di lavoro dove si sviluppano le novità seguendo anche i trend di mercato.

D: Avete delle novità per il futuro?

R: Per il Natale 2024 Galup ha pensato ad una confezione regalo dove oltre al panettone troviamo la tombola da giocare rigorosamente con le mandorle al posto delle pedine!

E poi tantissime altre confezioni regalo con i Krumiri, il vino ed il pandoro.

D: Grazie per averci raccontato la storia di questa meravigliosa azienda!

NOEMI GARIANO

 

Quando il bodybuilding ti cambia la vita

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Siamo qui oggi con il torinese Matteo Di Pasquale, atleta di bodybuilding classe 1995 che ha partecipato recentemente al noto Trofeo Tarzoni di Conegliano ottenendo un’ottima posizione.
Matteo prima di affermarsi come bodybuilder e arrivare alle competizioni ha vissuto una vita molto complessa ma ci insegna che con la forza interiore, la costanza e la volontà si possono ribaltare le statistiche, superare le difficoltà ed ottenere risultati strabilianti.
D: Ciao Matteo, benvenuto a “Il Torinese”, raccontaci un po’ la tua storia personale, da dove sei partito per arrivare ad essere oggi un ottimo atleta di bodybuilding.
R: Ciao Noemi, volentieri, da giovane ero un ragazzo obeso, dieci anni fa pesavo circa 120 Kg. sono partito quindi da una condizione molto difficile e arrivare alla condizione di oggi è un’emozione unica, ora peso 80 chili ma sono per lo più muscoli perché ho solo il 4% di massa grassa, quindi una differenza sostanziale.
D: Che cosa ti aveva portato a quel peso? Problematiche alimentari?
R: Ho avuto un’infanzia molto difficile, sono sempre stato molto solo e ho vissuto anche la malattia di persone a me care e vicine; questo stao ha fatto si che il cibo diventasse di grande conforto.
D: E come sei riuscito a superare questa situazione?
R: A scuola mi bullizzavano per il mio peso, io non mi vedevo più bene, mi sono reso conto che dovevo fare qualcosa per me stesso e ho deciso di punto in bianco che dovevo farmi forza e raggiungere i miei obiettivi e piacermi di più. Il “click” è avvenuto un pomeriggio al mare, mi vergognavo tantissimo di essere in costume e ho pensato che era ora di smettere di fare del male a me stesso.
D: Cosa ti ha aiutato maggiormente?
R: Ho scoperto la palestra e devo ringraziare alcune persone che mi sono state accanto, che hanno creduto in me e poi soprattutto mia figlia e la mia compagna che sono anche attualmente la mia forza, loro sono orgogliose di me e questo per me vale tutta la gioia del mondo. Voglio trasmettere alla mia bambina, Zaira che nella vita se veramente si vuole qualcosa bisogna mettercela tutta, studiare, impegnarsi per arrivare dove si desidera perché, l’obiettivo dipende da te, e quando dai il massimo puoi riuscire a raggiungerlo.
D: Nel momento in cui si riesce a raggiungere una buona forma fisica e si è in salute, spingersi a gareggiare non può essere un rischio per i disturbi alimentari?
R: Sicuramente per molti potrebbe esserlo perché si rischia di cadere nella vigoressia ovvero nella fissazione con i muscoli o nell’ortoressia ovvero cibarsi solo di nutrimento sano, ma nel mio caso per arrivare alla condizione di oggi sono riuscito a non cadere vittima di nessun disturbo alimentare. Sono stato seguito da un coach per raggiungere i risultati, il Dottor Chinesiologo Nutrizionista Simone Spedale, il quale mi ha affiancato passo passo e mi sono confrontato anche con una mental coach proprio per riuscire a raggiungere l’obiettivo di salire su un palco di bodybuilding e arrivarci in modo sano, senza estremismi ma solo con metodiche che io potevo sopportare.
D: A proposito di estremismi, come ci si prepara per una gara?
R: Nei mesi prima ho seguito un percorso di “massa”, ovvero mangiavo tanto, quasi seimila calorie al giorno per costruire la muscolatura, poi abbiamo fatto un periodo di “definizione” dove siamo scesi con le calorie e poco prima della gara ne ero molto basso, ma è stato un periodo breve e quindi sostenibile mentalmente. Gli allenamenti sono sempre stati costanti, nonostante io abbia una famiglia e un lavoro ogni giorno mi alzavo alle cinque del mattino per non togliere tempo né ai miei affetti né ai miei impegni ed allenarmi, anche in vacanza, in vista della gara.
D: Che cos’è per te il bodybuilding?
R: Spesso il bodybuilding viene svalorizzato solo perché chi ci osserva sul  palco non percepisce la fatica che l’atleta ha fatto per arrivare lì, è uno sport nel quale fai tutto nel tempo e alla gara mostri “solo” il risultato, mi piacerebbe far arrivare al pubblico quanta fatica si fa per avere quel risultato, quante ore bisogna passare sotto i pesi dando il massimo ogni giorno e la fatica ed il rigore che ci sono dietro questa disciplina.
D: Sei riuscito a partecipare al trofeo Tarzoni di Conegliano dove hai ottenuto ottime posizioni e hai gareggiato nella categoria Men Physique ovvero dove si giudica la muscolatura di tutto il corpo ad eccezione delle gambe.
R: Sì esattamente e visto che però ho una buona muscolatura in tutto il corpo, il mio coach vorrebbe presto farmi gareggiare anche in altre categorie.
D: Chi cucinava i tuoi pasti in questo periodo?
R: Io, adoro cucinare e come dicevo ho imparato a fare tutto da solo, anche con la mia compagna mi piace cucinarle cose buone per farle capire quanto tengo a lei e alla nostra bambina, spesso provo a stupirle con ricette innovative e loro ne sono super contente. È stato difficile preparare le torte ultimamente perché io non potevo mangiarle.
D: Qual è l’insegnamento più grande che hai imparato nella tua vita?
D: Che bisogna riuscire a volersi bene, a valorizzarsi perché se inizi a curarti ti ami di più e di conseguenza dai più amore anche a chi ti circonda, stare bene per far star bene è fondamentale!
Grazie Matteo per la tua storia e le tue parole, ci hai trasmesso una notevole carica che ti aiuterà certamente per i tuoi successi futuri.
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NOEMI GARIANO

Sport Innovation Hub, un’eccellenza torinese per i giovani e non solo

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“Sport Innovation Hub” è un’associazione di promozione sociale senza scopo di lucro che promuove lo sport come motore fondamentale per lo sviluppo di imprese e del territorio, affiancando le aziende nella costruzione di progetti legati al mondo dello sport e dell’innovazione e accompagnando i ragazzi dei licei scientifici sportivi, e delle scuole superiori in generale, e alla scoperta dello sport a 360°.

Abbiamo con noi oggi Marta Serrano Direttore esecutivo di Sport Innovation Hub.

L’INTERVISTA

D: Ciao Marta, benvenuta, il nostro incontro è dedicato a “Sport Innovation Hub”, una splendida realtà torinese, come nacque?

R: Ciao Noemi, tutto è iniziato a Vinovo. Mi era stato chiesto di collaborare al progetto didattico della Juventus per i calciatori del settore giovanile e, dopo tre anni alla Juventus, mi resi conto che i ragazzi, quando venivano spostati in altre squadre, non riuscivano ad avere continuità nel loro percorso di studi. È stato quindi necessario apportare delle modifiche al sistema e creare la didattica online. Il Ministero rimase colpito da questa iniziativa e decise di lavorarci insieme alla serie A. Con la Lega Calcio serie A abbiamo studiato per tre anni il modo per far sì che questo diventasse un diritto di tutti gli studenti atleti italiani non solo più dei calciatori ma tutti gli atleti che fanno un’attività agonistica, riconosciuta ovviamente anche dal Coni e dalle federazioni.

D: Grazie a questo percorso hai potuto conoscere meglio tutto ciò che concerne lo sport, i licei sportivi italiani e l’industria che lavora per questo settore.

R: Esatto, questo mi ha permesso di gettare le basi per Sport Innovation Hub, ovvero un’associazione senza scopo di lucro che si occupa di connettere tutto il mondo sportivo a 360 gradi, comprese le industrie che producono i prodotti per gli sportivi e le istituzioni.

Alle dirigenze scolastiche piacque molto l’idea di avvicinare i giovani a questo ambiente anche in previsione di un futuro lavorativo; quindi, abbiamo iniziato a collaborare con tantissimi istituti italiani.

D: Attraverso l’unione di tutte queste figure avete creato una competizione culturale Dream Jobs, come funziona?

R: Quest’anno abbiamo raggiunto circa 500 studenti di tantissimi istituti italiani, chiediamo loro di raccontare lo sport attraverso una video lezione con una serie di criteri che devono rispettare e poi attraverso un’attenta selezione si proclamerà il vincitore di questa edizione. Queste video lezioni permettono ai ragazzi di avvicinarsi al mondo dello sport da un altro punto di vista, andando a comprendere per esempio i materiali con cui vengono realizzate le attrezzature sportive, andando a scoprire le ultime novità sull’intelligenza artificiale, le app, le infrastrutture e tutto quello che concerne l’ambito sportivo. Anche gli insegnanti aiutano i ragazzi in questa esperienza fornendo loro del materiale e cercando di conoscere e coinvolgere al meglio le aziende sportive del loro territorio.

D: Oltre ai progetti scolastici che cosa realizza Sport Innovation Hub?

R: L’associazione collabora con gli attori del territorio come un “hub”; quindi, come “messa in contatto” di vari soggetti dove spesso si riesce ad unire la domanda con l’offerta o la ricerca di competenze. Per esempio, attualmente ci è stato chiesto di lavorare su un progetto di riuso di materiali compositi a cui si dà nuova vita creando attrezzature sportive.

D: Proprio parlando di materiali per confezionamento avete organizzato per diversi anni la sfilata durante “ImpacTO”, di cosa si tratta?

R: ImpacTO è un evento che mette insieme enti sportivi e istituzioni a confronto insieme alle nuove generazioni e si conclude con una sfilata nel quale i nostri studenti si improvvisano modelli indossano abbigliamento sportivo innovativo. Gli spettatori, spesso aziende e sportivi possono, durante quella giornata, testare con mano tutte le novità.

D: Progetti per il futuro?

R: Sport Innovation Hub vuole costruire sempre più connessioni fra tutti gli attori di questo magnifico mondo, costruire un nuovo ecosistema dello sport coeso, dinamico e di qualità; inoltre, vorremmo focalizzarci su piani di riciclo dei materiali, uso di tecnologie abilitanti, valorizzare le aziende italiane e produrre vantaggi nel mondo del lavoro e dello sport.

D: Grazie Marta, una bellissima iniziativa diventata una splendida realtà “Sport Innovation Hub” per i giovani, con i giovani e le imprese come ben presentata nel sito

https://www.sportinnovationhub.it.

 

NOEMI GARIANO

La Bottega Contemporanea Passaparola di Vinovo

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Nella prima cintura di Torino, a Vinovo, si trova la “Bottega Contemporanea Passaparola”, nome che vuole identificare il locale per la particolarità dei prodotti che sceglie ed utilizza rigorosamente a chilometro zero sia per le pizze che per le portate a menù. Il suo titolare Matteo del Peschio ci racconta alcune peculiarità di questo rinomato locale.
L’INTERVISTA
D: Buongiorno Matteo benvenuto a “Il Torinese”, quando nasce Passaparola?
R: Buongiorno Noemi, grazie a voi, Passaparola nasce nel 2013, questo locale era di un amico di famiglia che voleva cederlo, io all’epoca studiavo cinema ma ho sempre avuto i genitori che hanno fatto i ristoratori e quindi mi affascinava l’idea di avere un locale mio, di seguire un pò l’attività di famiglia; decisi quindi di iniziare l’attività e nel contempo, negli anni, mi laureai.
D: Ci sono stati dei momenti di difficoltà?
R: Durante il covid dovetti chiudere il locale da un momento all’altro e fu un periodo molto complicato. Nel momento in cui il locale chiuse capii che mi mancava davvero quel mestiere e che nella vita volevo realizzarmi come ristoratore nonostante i miei studi nel cinema e nel design.
D: Proprio nel momento di maggior difficoltà hai deciso di ristrutturare tutto il locale approfittando delle chiusure per la pandemia per poi riaprirlo con una veste tutta nuova, una vera sfida vero?
R: Sì decisi di non perdermi d’animo e di riaprire più forte di prima!
D: So che siete riusciti a diventare un’eccellenza come desideravi e che avete vinto numerosi premi.
R: Da due anni facciamo parte della sezione “50 Top Pizza D’Italia” e da quest’anno siamo entrati nella guida “Piemonte A Tavola”, siamo stati classificati tra le 30 pizzerie migliori del Piemonte.
D: Raccontaci com’è la vostra pizza.
R: Attualmente viene realizzata prendendo spunto da una ricetta che mi fece scoprire la mia pizzaiola precedente, una ragazza romana che mi fece scoprire un nuovo modo di fare la pizza; lei faceva “la pizza contemporanea” sottile ma con il cornicione pronunciato con un impasto che ha 48 ore di lievitazione. Per le tipologie delle pizze faccio una grande ricerca sul territorio dei migliori prodotti locali e a chilometro zero, spesso appoggiandomi a piccoli produttori.
D: Hai creato il tuo “chilometro zero siciliano” perché nei tuoi piatti e nelle tue pizze unisci prodotti locali a chilometro zero piemontesi con altri sempre a chilometro zero di origine siciliana e dove ti è possibile prediligi aziende femminili per portare avanti la solidarietà con la parità di genere.
R: Sì credo che un locale debba trasmettere i suoi valori e io credo molto nella parità di genere e nel promuovere l’impegno dei piccoli produttori locali.
D: A proposito di valori lo chef e pasticcere di Passaparola, Alessio Baracca condivide l’idea dell’unione tra i sapori piemontesi e quelli siciliani, ci racconti quali sono i vostri piatti più rinomati?
R: Con piacere, ad esempio la polpetta di stracotto siciliana cotta nel Vermouth torinese e nel melograno con sopra il sesamo d’Ispica e il castelmagno piemontese. Poi il tortello fatto in casa con cappone e coniglio ed il suo consommè. Ogni piatto viene studiato per molti mesi sia a livello di palato che a livello estetico, avendo fatto L’Accademia Di Belle Arti ci tengo moltissimo anche al design del piatto. Anche l’occhio vuole la sua parte e se poi il sapore viene apprezzato per noi è la massima soddisfazione.
D: Cosa ti auguri per questo locale da qui a cinque anni?
R: Come accennavo prima, il poter trasmettere sempre più alla clientela la cura e l’amore che viene messo per la realizzazione di ogni piatto proposo. Poi il far conoscere ai clienti i prodotti particolari, ricercati e rinomati utilizzati per le portate per fargli vivere sempre un’esperienza unica.
D: Fantastichiamo un po’ ma non troppo; se dovessi scegliere cinque persone, di qualunque epoca, che vorresti a cena nel tuo ristorante, quali sarebbero?
R: Dunque: Dario Fo, i miei nonni e Bottura. Quest’ultimo ha fatto del suo mestiere una vera e propria arte, mi confronterei con lui su tanti temi anche sulla fatica che si fa per portare avanti un amore così grande come quello della ristorazione e anche quello per la propria famiglia.
Spesso il ristoratore lavora anche in momenti difficili, costi altalenanti dei prodotti o anche solo i periodi delle festività o delle vacanze, non deve essere un’attività semplice, ma dalla tua intervista si percepisce una grande passione ed una grande forza di volontà, complimenti Matteo, ti auguriamo il meglio e di riuscire sempre a raggiungere tutti i tuoi obiettivi.
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NOEMI GARIANO

La storia di Tosini, l’hairstylist dei vip

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SCOPRITO  ALLA SCOPERTA DI TORINO

I capelli sono la cornice del nostro viso e quando ce ne prendiamo cura ci sentiamo subito meglio.
Lo sa bene uno dei più noti hairstylist torinesi, Mauro Tosini, che da quando ha aperto il suo primo negozio con la moglie Anna ha da subito avuto un grandissimo successo.
L’INTERVISTA
D: Ciao Mauro, come sei arrivato dal 1992 col primo salone fino ad oggi che di “Tosini” se ne contano una decina nella città sabauda e non solo?
R: Vero Noemi, insieme a mia moglie fin da ragazzini abbiamo sempre studiato per fare questo mestiere, nel 1992 abbiamo proprio aperto il primo salone, poi il secondo dopo qualche anno e nel 2005 il terzo dove ora è titolare Thea una nostra collaboratrice, in questo salone collaboravamo con Pablo Ardizzione famoso truccatore italiano. Abbiamo così iniziato a lavorare per lo spettacolo, le sfilate e la televisione. Siamo riusciti con tanto impegno e dedizione ad aprire poi altri saloni, due in Corso Vittorio “Vittorio 96 e Vittorio 219”, uno a Pinerolo, uno a Volpiano e addirittura uno in Romania.
D: So che quest’anno avete aperto anche nel centro storico di Moncalieri.
R: Sì insieme a Serena De Leo che aveva già grandissima esperienza nel settore abbiamo deciso di collaborare per creare questo nuovo sogno per i nostri clienti. Serena e la sua collaboratrice Stefania hanno da subito condiviso i nostri valori di massima cura e valorizzazione del cliente. Per noi è importante che i nostri clienti siano soddisfatti non solo dell’estetica dei loro capelli ma anche di una cura avanzata specifica che glieli migliori nel tempo.
D: Come riescono i vostri saloni ad avere tutto questo successo?
R: Io e Anna seguiamo i punti vendita che aprono con noi passo passo, li selezioniamo con cura e li formiamo se necessario con i migliori esperti del settore, rimaniamo sempre al passo con i tempi con continui aggiornamenti, ricerchiamo i prodotti migliori e li condividiamo con tutti i saloni Tosini. Chi decide di collaborare con noi viene seguito a 360 gradi come uno di famiglia perché è fondamentale mantenere standard altissimi e questo permette di avere successo.
D: La vostra bravura vi ha portato a conoscere ed acconciare tantissimi vip, quali ad esempio Gabriel Garko, Adua Del Vesco, Brigitta Boccoli, Fabrizio Corona e tantissimi altri, qualcuno di loro ha avuto esigenze particolari?
R: Sì Corona, sarebbe venuto a tagliarsi i capelli con me e mia moglie con il negozio chiuso e il suo staff mi ha chiesto di preparargli parmigiano e champagne. Lui è un uomo possente e con uno sguardo molto algido che può incutere timore ma noi l’abbiamo subito messo a suo agio con la nostra professionalità e nonostante non fosse di tante parole mi ha detto di essere stato soddisfatto.
D: Chi speri di pettinare in futuro?
R: In futuro spero di pettinare Patty Pravo
Grazie per essere stato con noi Mauro, auguriamo a te e al tuo team un futuro pieno di soddisfazioni e di nuove opportunità!
NOEMI GARIANO

I torinesi e la moda intellettuale

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SCOPRITO   ALLA SCOPERTA DI TORINO

La moda italiana nacque a Torino nel 1911 quando per la prima volta una donna indossò un paio di pantaloni di un sarto francese, subito suscitò incredulità e stupore ma con il tempo le persone iniziarono a prenderla d’esempio creandone nuovi modelli. Poco per volta nacque a Torino l’industria dell’abbigliamento. Dagli anni Trenta agli anni Sessanta Torino fu il polo industriale principale italiano per la produzione del tessile. Solo dagli anni Novanta in poi Milano diventò capitale della moda italiana.
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I BRAND INDIPENDENTI CHE SALVAGUARDANO IL PIANETA

Secondo numerose ricerche i torinesi si ispirano molto alle mode del momento e numerosi sono i brand indipendenti che sono nati proprio in questa città. Tra di essi il brand “Nasco Unico” di Andrea Francardo, un laboratorio artigianale dove le clienti possono scegliere come realizzare il loro capo direttamente nel laboratorio evitando così sprechi di produzione.
Un altro marchio è “Amma” di Luisella Zeppa che produce borse eco-sostenibili, con materiali naturali e lavorate con cura e maestria da tantissime generazioni.
Per chi ama invece i gioielli vi è il marchio “Raduni Ovali” realizzati con pietre preziose, ognuno unico nel suo genere grazie alle attente rifiniture a mano.
Moltissime sono le scelte dei brand e dei negozi, spesso le piccole realtà sono poco conosciute rispetto ai grandi marchi ma possono essere un’ottima occasione per indossare capi unici e con una particolare attenzione verso l’ambiente.
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COSA INDOSSARE IN BASE ALLE OCCASIONI

I grandi marchi di moda influenzano ogni anno il mercato con tessuti e colori diversi, ma per ottenere esattamente il risultato che si vuole ottenere quando indossiamo un capo non dobbiamo solo basarci sulla moda ma anche su delle precise regole di psicologia!
Secondo la scienza infatti indossare degli abiti rossi accellera il battito cardiaco di chi li porta e anche del suo interlocutore, che potrà tradurre quella sensazione in “voglia di fuggire” o “eccitazione”, questo vale soprattutto se la persona che indossa l’indumento è donna. Quindi se ad un primo appuntamento vogliamo fare colpo vestirci di rosso potrebbe essere una buona idea.
Se invece abbiamo un’occasione più formale, ad esempio lavorativa, il colore ideale è spesso il blu perché abbassa il battito cardiaco, rilassa e fa si che l’interlocutore si fidi maggiormente di noi. I politici sono spesso vestiti di blu proprio per questo motivo, Donald Trump per esempio ha il completo blu, la cravatta rossa che indica grinta e lotta e la camicia bianca che suggerisce chiarezza.
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COSA INDOSSARE CON PARSIMONIA

Vi sono poi dei colori che potrebbero non aiutarci a raggiungere il risultato sperato come il nero che suscita l’idea dell’oscuro, velato, misterioso e al contempo lussuoso.
Il bianco stimola in noi l’idea della pulizia ecco perché è molto usato nei camici da lavoro, è però un colore che non suscita emozioni, non è quindi adatto quando vogliamo creare un legame con l’altra persona.

Si occupa di colori anche l’armocromia ma in un accezione puramente estetica e non scientifica, molto utile quando il nostro obiettivo è quello di valorizzarci esteticamente.

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NOEMI GARIANO

 

 

Vertorano, l’autore tv che ha amato Torino

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Armando Vertorano, scrittore, autore televisivo e teatrale si è fatto conoscere per il suo ruolo di autore del programma televisivo l’Eredità su Rai 1. Armando ha passato molti anni a Torino e la ricorda con noi de “Il Torinese” come una delle città che ama di più.
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L’INTERVISTA
D: Ciao Armando, benvenuto a “Il Torinese”, tu hai origini campane e ti sei trasferito a Torino a soli 24 anni per un master al Virtual Reality e Multi Media Park, restandoci fino al 2006 l’anno delle Olimpiadi Invernali. Cos’è per te Torino?
R: Torino è stata il mio grande amore! Sono nato e cresciuto in provincia di Salerno e all’inizio ero terrorizzato all’idea di trasferirmi in una grande città del Nord. Del cuore sabaudo ho adorato il fermento culturale, i teatri, c’era modo per me di entrare in contatto con quella realtà che tanto amavo e per cui studiavo. E poi la meraviglia di via Po, le bancarelle di libri, l’internazionalità. Ricordo il periodo delle Olimpiadi come molto speciale, in città c’era gente da ogni parte del mondo, eventi e concerti dappertutto, era bellissimo. Sono rimasto circa due anni, per il master e poi per uno stage in Rai.
D: A Torino hai lavorato allo sviluppo di alcuni progetti cinematografici, ma qualche anno dopo ti sei dovuto trasferire a Roma.
 
R: Sì, cercavano un redattore per un nuovo quiz televisivo. All’inizio ero molto in dubbio, poi decisi di tentare. In effetti a livello lavorativo le cose cominciarono a girare, dopo il primo lavoro cominciarono a propormene altri, poi nel 2007 mi chiamarono per L’Eredità dove sono rimasto per diversi anni, sempre come redattore. Poi ancora ci sono stati Avanti un altro e Caduta libera per Endemol, e insomma piano piano sono cresciuto e da redattore sono diventato autore.
D: Nonostante tutti questi successi immagino che tu punterai ancora più in alto, qual è il tuo sogno?
R: Lavorare su programmi diversi, trovare nuove sfide, mi piacerebbe tanto realizzare un programma di divulgazione culturale, cosa che un po’ già faccio collaborando con alcune riviste online, ma sarebbe bello portarla in tv. Oggi la cultura tende a starsene troppo sul piedistallo, gli intellettuali si prendono terribilmente sul serio e questo tende ad allontanare chi non si sente parte di quel “circolo”. Invece bisognerebbe trovare il linguaggio e le chiavi giuste per raggiungere tutti, chi l’ha detto che con la cultura non si possa intrattenere?
D: A proposito di cultura, scrivi per una rivista, “Limina”, nel quale parli di rivoluzione, hai mai fatto una rivoluzione nella tua vita?
R: Sì, la prima quando ho iniziato a studiare Scienze Della Comunicazione; all’epoca, a differenza di oggi, era una laurea non molto conosciuta e mi chiedevo se potesse essere la strada giusta. L’altra mia piccola rivoluzione personale è stata appunto lasciare la mia città per venire a Torino, dove non conoscevo quasi nessuno. Anche quando non si cambia il mondo, delle micro-rivoluzioni sono necessarie di tanto, un sovvertimento delle nostre certezze e delle nostre zone comfort, altrimenti il rischio è quello di restare immobili.
D: A che età hai capito che volevi fare questo mestiere e come sei approdato a Banijay, la famosa società di produzione?
R: Non subito, perché da giovane volevo fare lo scrittore, il regista cinematografico o teatrale, avevo tanti sogni e a dire il vero snobbavo un po’ la televisione. Poi però quando ho iniziato a lavorarci mi ci sono appassionato e non l’ho più lasciata. Ho iniziato a lavorare per Banijay quando ancora si chiamava Magnolia, a Roma, nel 2007. Il mio nome girava tra i giovani scribacchini dell’epoca, un po’ perché avevo fatto altri lavori, un po’ perché avevo inondato qualsiasi società di produzione con copie del mio curriculum.
D: Se dovessi cenare con tre artisti di qualunque epoca quali sceglieresti?
R: Frank Zappa perché stimo molto il suo pensiero e la sua musica, è uno che non si è mai accontentato, è diventato famoso senza diventare schiavo del sistema, è sempre rimasto coerente con sé stesso. Poi Woody Allen per il suo lavoro, separandolo quindi dal Woody Allen persona, che non giudico, mi ha sempre ispirato per come mischia ironia, cultura, provocazione e introspezione.
Il terzo, tornando alla musica è Peter Gabriel perché anche lui si è sempre trasformato professionalmente ma mantenendo intatta la sua natura di uomo curioso, aperto al mondo, e questo nell’arte, come nella vita, è fondamentale.
D: So che insieme a Marco Salvati e a Roberta Fiore guidi il podcast “Se telefonando” raccontando di telefonate che hanno fatto la storia, c’è stata una telefonata nella tua esperienza che ti ha cambiato la vita?
R: Si, la ricorderò per tutta la vita. Prima di arrivare a Roma provai ad entrare nella tanto ambita Accademia di recitazione e regia Paolo Grassi di Milano. Mi preparai come mai prima, studiai l’impossibile, certo di poter entrare a studiare con loro. Feci la prova e rimasi ad attendere i risultati. Il giorno del mio compleanno, ero in treno verso Roma per fare i primi colloqui con le redazioni tv, decisi che avrei mollato tutto se mi avessero preso alla Paolo Grassi, ma non avevo ancora avuto novità. Decisi di chiamarli direttamente io per chiedere l’esito del provino, ma mi dissero che non ero stato preso. Lì mi crollò il mondo addosso e capii che la mia strada sarebbe stata un’altra.
D: Ci racconti qualche novità sull’Eredità?
R: Il bello di questo programma, a cui lavoro ormai da anni, è che riesce a cambiare senza cambiare mai del tutto, mantiene intatta la sua identità di momento rassicurante della giornata, in cui ci si può rilassare dopo il lavoro, giocando e magari imparando qualcosa di nuovo. Quest’anno cambieremo la dinamica di alcuni giochi, come quella del triello che abbiamo reso più avvincente, facendo in modo che ciascuno dei contendenti possa restare in gioco e provare a salvarsi fino all’ultimo. Al timone ci sarà sempre il grande Marco Liorni, mentre sono cambiate le “professoresse”: al posto delle uscenti Naomi Buonomo e Michelle Masullo – grandi professioniste a cui auguro davvero tutto il bene e la fortuna del mondo – ci saranno le altrettanto brave Linda Pani e Greta Zuccarello. Insomma, sarà un’edizione niente male, a cui stiamo lavorando e lavoreremo tanto, speriamo vi piaccia!
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NOEMI GARIANO

Martuscelli, quando la determinazione ti cambia la vita

SCOPRI – TO       ALLA SCOPERTA DI TORINO

Nino Martuscelli, imprenditore nato a Genova e cresciuto a Torino, rivela a noi de “ll Torinese” la sua scalata verso il successo, con un’azienda che nasce in un grave momento di crisi economica, in un sottoscala alle porte di Torino e che pian piano con fatica e impegno è arrivata oggi ad essere conosciuta da tutto il Piemonte e non solo, il suo nome? “Hydra”.

 

L’INTERVISTA A NINO MARTUSCELLI

D: Benvenuto su “Il Torinese” Sig. Martuscelli, è corretto dire che con caparbietà e tenacia i sogni nel cassetto che una persona ha da giovanissimo possono avverarsi?

R: Felice di essere stato invitato da Voi. E’ vero, già all’età di 14 anni volevo aprire un’attività mia, in particolare un bar, per questo per ben 8 anni lavorai fin da piccolo lavorai come barista. In seguito, diventai rappresentante di bibite ed altre attività collegate che mi permisero di capire quanta fatica ci sia dietro ognuna di queste e quanto sia determinante l’amore per il lavoro che svolgi per accrescere in credibilità e successo con i clienti.

D: Ecco perché in seguito ebbe per molti anni un centro assistenza di una nota marca di birre e bibite, ma proprio quando tutto sembrava andare a gonfie vele e i suoi sogni si stavano realizzando, improvvisamente accadde qualcosa…

R: Vero; attraversai un periodo difficile quando persi mio fratello e nello stesso periodo il famoso marchio di birre per cui lavoravo decise di chiudere i suoi centri di assistenza; in quell’anno mi crollò il mondo addosso.

Qui scoccò la scintilla, mi rimboccai le maniche e ripresi in mano un progetto di depuratori d’acqua che creai nel 2002 e, vista la tanta richiesta di bar e ristoranti a cui fornivo il servizio assistenza bibite, vidi la luce in fondo al tunnel.

D: In un sottoscala insieme ad altri quattro soci creò quindi un’azienda sua personale, il cui prodotto fu il depuratore d’acqua. Questa nuova realtà diventerà quella che tutti oggi conosciamo come “Hydra”, ma da dove deriva il nome?

R: “Hydra” nasce proprio dalla passione di 5 soci che volevano portare nei ristoranti un prodotto a lungo richiesto. Il nome nasce per gioco ad una cena dove chiesi ad amici e parenti di scrivere su un bigliettino un nome che gli veniva in mente per quest’attività. Mio figlio piccolo Eros, che all’epoca aveva 10 anni, scrisse Hydra e colpì tutti i commensali che lo ricordarono anche nei giorni a seguire, da lì capii che il nome giusto doveva essere quello!

D: Da quel sottoscala come è cresciuta la sua attività e cos’è oggi “Hydra”?

R: All’inizio, la fornitura di Hydra era solo per i ristoranti, nel 2010 si ampliò dedicandosi anche al privato, ai bar, pub, pizzerie, aziende, eventi ecc. ecc., siamo partner de “il Sonic Parc di Stupinigi”, “Ritmika” e molti altri, diventando oggi una realtà sempre più in espansione. Con l’esperienza acquisita sul campo ed i giusti collaboratori, con orgoglio posso dire che Hydra oggi è sinonimo di qualità e cortesia con un qualificato servizio pre e postvendita e una proposta di depuratori d’acqua con un sistema di microfiltrazione garantito e autorizzato dal Ministero della sanità in grado di soddisfare qualsiasi esigenza.

D: Qual è l’insegnamento più grande che ha tratto da questa esperienza?

R: Che l’amore e la dedizione per quello che fai portano a grandi risultati. Da quando ero piccolo ho sempre pensato che nella vita tu debba sapere esattamente quello che vuoi e andare avanti finché non lo ottieni, purtroppo il percorso spesso presenta delle insidie che bisogna saper gestire con sangue freddo e non arrendendosi mai. Ho sempre amato tantissimo il mio lavoro; attualmente non ho più i soci ma ho con me i miei due figli Ivan ed Eros, ai quali sono felice di aver trasmesso questo mantra ed insieme a loro e alla massima cura dei dipendenti cerchiamo di offrire al pubblico un prodotto ed un servizio d’eccellenza.

D: Che consiglio darebbe alle nuove generazioni imprenditoriali?

R: Consiglierei ai ragazzi di avere sempre un obiettivo chiaro e di non spaventarsi della mole di ore di lavoro e di tutti i sacrifici necessari, perché con il tempo l’impegno verrà sempre ripagato.

I sogni per essere realizzati richiedono uno sforzo, spesso si guarda al risultato ma nessuno nota il percorso, la fatica, le notti insonni, le delusioni, le tasse, se si tiene duro e veramente si crede in sé stessi e al proprio obiettivo prima o poi il risultato arriva!

Grazie Sig. Martuscelli per la sua disponibilità e per le sue parole, ne faremo tesoro!

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NOEMI GARIANO

Roma e Torino: ristoranti tra somiglianze e influenze

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SCOPRI – TO  Alla scoperta di Torino

 

Torino, in passato Augusta Taurinorum, nacque come colonia romana nel secolo 9 a.C proprio per questo l’urbanistica e l’architettura, ancora oggi,  rispecchiano in molti casi quella romana.
La Porta Palatina tra le meglio conservate al mondo è un chiaro esempio di questa influenza, il suo quartiere, il Quadrilatero romano assomiglia almeno in parte agli scorci che si trovano a Roma nel quartiere di Trastevere.
Il Quadrilatero nella sua piazza principale ospita numerosissimi ristoranti e locali notturni amatissimi dai giovani torinesi e dai turisti, vicoli e viuzze decussano fra loro tra i palazzi antichi e sprazzi di verde ricordando i profumi romani.
Poco distante, in via XX Settembre vi sono i resti dell’Area Archeologica del Teatro Romano in uso per oltre due secoli e riscoperto poi nel 1899 durante i lavori per il Palazzo Reale.
Un’altra zona di Torino che ricorda Roma ma solo per il nome è il Campidoglio su un piccolo rilievo collinare che si dice si chiami così proprio per il Campidoglio romano.


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RISTORANTI ROMANI NELLA CITTA’ SABAUDA

A Torino vi sono numerosi ristoranti romani, tra cui Du Cesari, con il suo Chef Danilo Pelliccia, classe 1974, nato a Roma ed appassionato dalla cucina fin da piccolo grazie alla nonna che preparava ogni giorno per lui prelibati piatti tipici romani. Lo Chef si trasferisce poi a Torino nel 2004 per amore e nel 2013 apre il suo ristorante romano in Corso Regina portando sulle tavole sabaude tutta la tradizione romana con ingredienti di primissima qualità ed in qualche caso un tocco rubato alla cucina piemontese. Tra i piatti più rinomati la Tartufonara, una Carbonara rivisitata con tartufo nero, parmigiano stagionato, tartare di fassone, puntarelle e guanciale fritto. Propone anche l’Amatriciana gialla con pomodorini gialli anziché rossi, gli gnocchi all’Amatriciana di Baccalà, fra i secondi l’anguilla in umido e la zuppa di razza chiodata. Non mancano poi i grandi classici come la pasta Cacio E Pepe, la Gricia e i Saltinbocca.
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Altro ristorante romano a Torino è il Quadrilatero romano di Via delle Orfane, con arredo e quadri che riprendono i personaggi della tradizione romana come Alberto Sordi e Gigi Proietti. Il menù propone un misto fra la cucina capitolina e quella laziale con tris di supplì, maritozzi salati e tanti altri grandi classici romani.
Verso Corso Lecce troviamo il Ristorante Al Campidoglio con oltre 30 anni di esperienza che offre pranzi e cene tipiche proponendo piatti romani con specialità che ricordano il Ghetto Ebraico di Roma come i Carciofi alla Giudia freschi.
Ubicato nel quartiere di San Salvario vi è anche Sora Gina e tantissimi altri ristoranti di cucina romana perché i torinesi amano mangiare bene e a Roma non si sbaglia.
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RISTORANTI TORINESI A ROMA

Viceversa la cucina piemontese è anche a Roma come il ristorante Taverna Lucifero a due passi da Campo de’Fiori, un locale semplice, molto amato dai cittadini romani che offre piatti come la fonduta, i tajarin al tartufo e molti piatti a base di funghi freschi.
Anche il ristorante Fafiuchè offre prelibatezze sabaude nel cuore di Roma, il suo nome deriva dal piemontese “fa nevicare” e propone piatti come il brasato, la polenta e numerose varietà di vini tipici piemontesi.
Entrambe le città, Roma e Torino, sono state Capitale d’Italia e riservano un fascino particolare con tutte le loro meraviglie date da monumenti, palazzi antichi e paesaggi mozzafiato, legate per sempre grazie alle loro reciproche influenze, anche culinarie, il ché certo non guasta.

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NOEMI GARIANO

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