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Torino, città dell’aperitivo: storie e sapori di fine giornata

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Torino è una città che conosce bene l’arte del tempo lento. E l’aperitivo qui non è solo un’abitudine: è un rito, un modo di riappropriarsi della giornata tra un bicchiere di vermouth, un piatto curato e una chiacchierata in piazza. In questa città, dove è nato il vermouth e dove i caffè raccontano più storia che un libro di scuola, ogni locale ha una personalità distinta, un carattere che si riflette in ciò che offre da bere e soprattutto da mangiare.
Il Caffè Torino
Il salotto torinese e i suoi caffè d’epoca
Se si parte da Piazza Castello, cuore elegante della città, si viene subito accolti dal prestigio senza tempo di Baratti & Milano, aperto nel 1858 e da sempre punto d’incontro tra aristocrazia, letterati e affari. Oltre al fascino liberty e ai lampadari in vetro di Murano, il vero spettacolo è dietro il bancone: oltre alla celebre cioccolata calda densa e profumata, qui si celebra l’aperitivo con stuzzichini raffinati, pasticceria salata e il loro storico tramezzino, tra i più amati della città per il pane morbidissimo e la varietà delle farciture. Non va dimenticato che proprio tra questi banconi è nato il “cremino”, un’icona dolciaria torinese che ancora oggi accompagna il caffè del dopopranzo.
Accanto, nella stessa piazza, c’è il sontuoso Caffè San Carlo, che sin dal 1822 accoglie i torinesi in uno spazio dorato, ricco di stucchi e colonne. Qui l’aperitivo è un momento di classe, con vini piemontesi e piccoli assaggi che cambiano con le stagioni: si può trovare una piccola tartina con acciughe al verde o una mini-quiche con toma e porri, in perfetto stile sabaudo. Il servizio resta elegante, ma mai eccessivamente formale.
Poco distante, il Caffè Torino, nato nel 1903 e riconoscibile dalla storica insegna con il toro rampante in bronzo sull’acciottolato, offre una formula più dinamica, perfetta anche per un aperitivo “di passaggio”. I piattini che accompagnano i calici sono semplici, ma curati: salumi tipici, grissini stirati a mano, piccole insalate fredde o mousse salate. È il posto dove fermarsi quando si vuole sentire il cuore della città pulsare a ritmo lento.
E se si prosegue sulla stessa linea del tempo, si arriva al Caffè Mulassano, gioiello in miniatura incastonato sotto i portici di Piazza Castello. In soli 30 metri quadri si condensano oltre cent’anni di storia: fu qui, nel 1926, che si servì per la prima volta in Italia il “tramezzino”. Ancora oggi è il pezzo forte dell’aperitivo, in tantissime varianti, tutte servite con cura in piattini di porcellana. L’atmosfera è intima, le boiserie in legno e specchio sembrano sospendere il tempo.
La nuova generazione di aperitivi
Scendendo verso Piazza Vittorio Veneto, l’aperitivo prende un’altra forma. Qui, tra portici eleganti e vista sul fiume Po, si respira una Torino più giovane e vibrante. Il Clarissa, locale contemporaneo con un’anima accogliente, è amatissimo per i suoi cocktail dal tocco creativo e per il cibo che accompagna ogni bicchiere: bruschettine gourmet, piccoli panini caldi, chips fatte in casa e mini porzioni di cucina calda. Il menù cambia spesso, ma la qualità resta sempre alta.
Appena fuori dal centro, nel quartiere Santa Rita, la Forneria Santa Rita porta il concetto di aperitivo su un terreno diverso: qui il cuore è la pizza. Una vetrina che sforna decine di gusti ogni giorno, dalla margherita classica alle varianti più creative con burrata, salmone, verdure grigliate, fichi e prosciutto crudo. L’aperitivo è un momento conviviale e abbondante: si ordina al banco, si sceglie la propria fetta, si prende da bere e ci si accomoda. L’ambiente è informale, la qualità è quella da pizzeria artigianale.
Altro nome che ha conquistato il pubblico più giovane è Zucca, nel quartiere Vanchiglia, noto per i suoi aperitivi “paninari”. Il protagonista è infatti il panino caldo, preparato al momento, con ingredienti che spaziano dai formaggi locali alle verdure fresche grigliate, dal prosciutto crudo al tofu marinato. A questo si aggiungono piccoli piattini stagionali, come insalate di farro, cous cous, polpette vegetariane. Il locale punta su un’atmosfera rilassata, tra luci calde e tavoli in legno grezzo, ideale per una serata in compagnia.
Piazza Vittorio: foto Vincenzo Solano per il Torinese
Piazza Vittorio, il cuore dell’aperitivo torinese
Infine, non si può parlare dell’aperitivo a Torino senza nominare Piazza Vittorio Veneto, forse la più iconica quando si parla di fine giornata torinese. Qui i bar si susseguono sotto i portici, ognuno con il proprio stile. Alcuni puntano su buffet abbondanti, altri su piccole proposte gourmet. Ma quello che unisce tutti è lo spirito della piazza: qui il tramonto si osserva con un bicchiere in mano e lo sguardo sul Monte dei Cappuccini. Il vermouth scorre, ma anche i cocktail creativi, spesso con ingredienti locali, erbe aromatiche e bitter artigianali. I piattini spaziano dalle focaccine appena sfornate ai tomini al verde, dai mini hamburger di Fassona alle olive condite. Non esistono due aperitivi uguali e forse, è proprio questa la magia.
A Torino, l’aperitivo non è solo il tempo dell’attesa per la cena: è una tradizione viva, che unisce storia e innovazione, cibo di qualità e conversazioni senza fretta. Basta sapersi fermare, ordinare un bicchiere e lasciarsi servire. Tutto il resto viene da sé.
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Noemi Gariano

Torino nella Storia: Risorgimento e Resistenza

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Torino è una città che ha avuto un ruolo fondamentale nel Risorgimento italiano, un periodo storico che ha segnato la nascita della nazione unita. Sebbene oggi sia famosa per la sua cultura, i suoi musei e la gastronomia, Torino conserva al suo interno molti luoghi che raccontano questa epoca cruciale. Passeggiando per la città, è possibile scoprire angoli e monumenti che testimoniano l’impegno dei torinesi nella lotta per l’indipendenza e l’unità del paese. La città è un vero e proprio scrigno di storia, che invita a esplorare oltre le sue bellezze più conosciute, in un viaggio che riporta indietro nel tempo, ai momenti che hanno cambiato il corso della nazione.
Il cuore del Risorgimento torinese si trova in Piazza Castello, che ha ospitato eventi determinanti come le Cinque Giornate di Torino nel 1848, quando la città si sollevò contro l’occupazione austriaca. In questa piazza si affacciano alcuni dei palazzi storici più importanti della città, come Palazzo Madama, che oggi ospita il Museo Civico d’Arte Antica, ma che nel 1848 fu teatro di scontri tra soldati e cittadini. Non lontano da lì, il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, situato in Palazzo Carignano, è uno dei luoghi più significativi per comprendere le fasi cruciali dell’unità d’Italia. Qui fu proclamato il primo Parlamento italiano nel 1861, e oggi il museo custodisce testimonianze preziose dei protagonisti di quei giorni. Al di là dei monumenti più noti, Torino conserva molte tracce del Risorgimento nei suoi angoli meno frequentati. In alcune zone della città, come il quartiere di San Salvario, si possono ancora notare le tracce di una città che ha vissuto il fermento di quegli anni, tra fermento culturale e lotte politiche.
La Resistenza e le tracce di una lotta quotidiana
Nel Risorgimento torinese non si sono distinti solo i grandi personaggi storici, ma anche un’intera popolazione che ha contribuito alla causa della libertà. Tra le vie del centro e nei quartieri più popolari, come la Crocetta o le Vallette, si è vissuto uno spirito di resistenza che non sempre ha trovato voce nei libri di storia. Qui giovani patrioti e cittadini comuni si sono uniti nella lotta per la libertà, spesso agendo nell’ombra e in modo clandestino. Molti di questi luoghi, come il Liceo Cavour, che un tempo ospitava giovani rivoluzionari, sono ancora oggi punti di riferimento per la città. Le scuole, le piazze e le vie di Torino sono stati luoghi di confronto, dove i valori della libertà e dell’unità italiana venivano insegnati e vissuti ogni giorno. La città, dunque, non è solo un museo di edifici storici, ma un palcoscenico che ha visto la lotta quotidiana di uomini e donne che hanno dato vita a una nuova nazione. Le tracce di questa storia sono ancora visibili nelle strade e negli edifici, testimoniando un passato che ha forgiato l’identità della città e della nazione. Ogni angolo di Torino racconta una storia, e ogni edificio, con le sue mura, conserva la memoria di chi ha lottato per un ideale di libertà che si è trasformato in realtà.
Oggi, Torino non è solo una capitale culturale e gastronomica, ma anche un custode della memoria storica del Risorgimento. I luoghi che hanno fatto la storia d’Italia sono vivi e raccontano continuamente la lotta di chi ha creduto nell’unità del paese. Passeggiando per Torino, si può avvertire il legame con quella storia, e ogni angolo della città sembra sussurrare i racconti di un’epoca che non può essere dimenticata. La Torino del Risorgimento è una città che continua a vivere nel cuore dei suoi abitanti, una città che ha saputo trasformare la lotta e la resistenza in un patrimonio culturale che dura ancora oggi. Le nuove generazioni, pur vivendo in una città profondamente diversa, sono chiamate a preservare questo legame con il passato, per non perdere mai il senso di ciò che Torino rappresenta nella storia dell’Italia.
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NOEMI GARIANO

Quanto conta l’estetica per i torinesi?

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“Mens sana in corpore sano” famosa locuzione latina che nel tempo è stata spesso ripresa da molti autori per spiegare quanto fosse importante il connubio mente corpo.
Spesso si pensa che la parte estetica sia effimera e che coloro che danno troppo seguito a questa parte abbiano poca sostanza. Le ricerche scientifiche però smentiscono queste dicerie, la parte estetica diventa fondamentale quasi quanto la parte interiore perché “l’abito fa il monaco”. La nostra cura, il nostro modo di vestirci viene trasmesso al nostro interlocutore che giudicherà le nostre parole anche in base a come siamo vestiti o acconciati. Per esempio se siamo vestiti di “rosso” faremo accelerare il battito cardiaco della persona con cui parliamo che deciderà se tradurre quell’aumento come eccitazione o agitazione. Il “nero” invece trasmette lusso, sicurezza e in alcuni casi chiusura, il “verde” aiuta a concentrarsi ecc..
I colori non solo trasmettono agli altri qualcosa ma anche a noi stessi che li indossiamo, questa teoria si chiama “embodied cognition” ecco che se ci sentiamo particolarmente giù di morale sarà utile contrastarlo vestendoci come ci vestiremmo se ci sentissimo alla grande, il vestito ci aiuta ad incarnare ciò che vorremmo essere.
Numerosi sono i lavoratori delle boutiques torinesi che conoscono bene l’uso psicologico dei colori e l’armocromia e riescono a consigliare ai loro clienti sempre le cose migliori da indossare a seconda dell’evento.
Ma come ci si veste a Torino ad un evento? Di solito i torinesi tendono ad essere molto sobri e sempre eleganti in tutti i contesti. Tutti noi abbiamo delle aspettative su come si vestiranno gli altri in determinati contesti, per esempio in una gioielleria o durante una riunione di un’importante azienda ci aspettiamo che chi ne fa parte sia vestito elegante e non in tuta o se dovessimo immaginare un personal trainer al contrario lo immagineremo vestito da sportivo. Questo fa si che anche gli altri abbiano delle aspettative su come noi saremo vestiti in un determinato contesto, sta a noi scegliere se confermare quell’aspettativa, (cosa consigliata secondo gli psicologi per fare un’ottima impressione), o decidere se sconvolgere la nostra platea con abiti fuori luogo. I torinesi secondo le interviste confermano di avere spesso delle aspettative ben definite dall’analisi di come di presentano gli altri rilevando strane le persone che rompono determinati schemi facendosi a monte delle idee negative solo dal loro abbigliamento per poi a volte, col trascorrere del tempo, rendersi conto dell’errore cognitivo commesso.
Andare ad un colloquio per un’azienda di occhiali per esempio è molto diverso da andare ad un provino per una parte da attore, nel primo caso la scienza dice che tenderanno ad essere scelte maggiormente le persone dall’aspetto curato e che dia l’idea di precisione e puntualità, mentre nel secondo caso si tenderà a scegliere i candidati dall’aria più artistica, meno formali, dall’aspetto semplice e meno curato.
E’ quindi fondamentale saper prendersi cura anche della nostra parte estetica perché è il nostro biglietto da visita e se sappiamo come gestirla otterremo sicuramente risultati positivi.
Numerosi parrucchieri della città sabauda confermano che spesso molte donne, ma anche uomini, non hanno sicurezza in loro stessi per il loro aspetto e che anche solo un taglio o un colore di capelli o delle exthension possono far sentire il cliente  più attraente e di conseguenza più sicuro di se stesso. Alcuni riescono addirittura a raggiungere i propri obiettivi solo nel momento in cui si sentono più belli, più  sicuri e si amano di più.
Anche i numerosi negozi di estetica del centro di Torino affermano che molte persone si prendono cura di se stessi solo quando stanno male e da lì si rendono conto quanto sia importante farlo già in anticipo perché il proprio corpo è il contenitore della nostra mente e l’uno non può esserci senza l’altro. Proprio per questo sfatiamo il mito delle “bionde stupide” nato purtroppo per gioco da alcuni film celebri degli anni novanta, o da alcune serie televisive, la bellezza esteriore può e deve andare in connubio con quella interiore quindi la parola d’ordine è … “Mens sana in corpore sano e curato”.
NOEMI GARIANO

Le torte di Torino: una città da gustare morso dopo morso

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Passeggiare per Torino significa anche lasciarsi tentare da profumi e sapori che si diffondono dalle sue caffetterie più caratteristiche. In alcuni angoli del centro e nei quartieri più vivaci si celano piccole meraviglie artigianali, dove il dolce diventa esperienza. C’è un mondo fatto di glassa, burro, impasti profumati e farciture inattese che merita di essere raccontato. Tra le varie realtà che animano la scena cittadina, alcune si distinguono per originalità e cura. Ecco un itinerario del gusto che parte dal cuore di Vanchiglia, attraversa Via Po e tocca un’altra tappa immancabile per gli amanti delle torte fatte come una volta. Un viaggio che non è solo gastronomico, ma anche estetico e affettivo: i luoghi del dolce raccontano storie di città, di passioni e di mani che lavorano con dedizione ogni giorno.
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Caffè Cesare: dolci che raccontano storie
In Via Vanchiglia 9, in una zona che mescola anima studentesca e atmosfere retrò, Caffè Cesare non passa inosservato. Il bancone è un invito continuo alla curiosità, e appena si entra si capisce che qui la pasticceria non è solo una questione di ricette, ma di cultura del gusto. La proposta è sorprendente e variegata, a cominciare dagli alfajores: due biscotti friabili uniti da un generoso strato di dulce de leche, rifiniti con una leggera spolverata di cocco. Un omaggio alla tradizione argentina, che conquista chiunque abbia voglia di provare qualcosa di autentico e diverso.
Ma non finisce qui. La Charlotte all’ananas, elegante nella sua semplicità, è una proposta che pochi conoscono ma che lascia il segno. C’è poi il matcha fresco con fragole pestate, che affianca profumi orientali alla freschezza della frutta, in un contrasto perfettamente bilanciato.
Chi ama le ricette più familiari potrà invece contare su una carrot cake che non tradisce, oppure tuffarsi tra muffin per ogni gusto e palato. Ogni settimana spuntano anche novità fuori menu, che rispecchiano la stagionalità e l’inventiva dello staff.
La vera firma della casa però sono i Crumbl Cookies. Chi entra una volta per provarli, ritorna. Grandi, friabili, burrosi: esistono in infinite combinazioni, come se ogni gusto fosse una tappa di un viaggio. Dal classico cioccolato, passando per cheesecake, red velvet, Lotus, caramello salato, fino al pistacchio, la scelta è praticamente infinita. Qui non si parla di semplici biscotti, ma di piccoli dessert da assaporare con lentezza. Il tutto accompagnato da bevande che escono dalla consuetudine: chai latte profumato, cinnamon caldo e speziato, oppure una lemon cake da gustare con il tè del pomeriggio. Anche il cappuccino ha un tocco personale, decorato con disegni di latte art che rendono ogni tazza un piccolo quadro da bere.
Caffè Cesare è un luogo dove sedersi a leggere, chiacchierare, studiare o semplicemente lasciarsi coccolare da un profumo che cambia ogni giorno. L’arredamento semplice ma curato, i tavolini in legno e la luce naturale che filtra dalle grandi finestre rendono questo posto una seconda casa per molti.
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Caffetteria Clarissa: eleganza, torte e feste sotto i portici
Spostandosi verso il centro storico, in Via Po, la Caffetteria Clarissa si rivela un’altra tappa imperdibile. Un locale dall’anima sontuosa, arredato in tonalità rosso scuro che evocano ambienti retrò, ma mai superati. L’atmosfera è intima, raffinata, ideale per una pausa ma anche per qualcosa di più: qui infatti si organizzano feste di laurea, compleanni e incontri privati nelle sale interne, che assicurano privacy e uno stile unico.
Le torte di Clarissa hanno una personalità precisa: artigianali, curate nei dettagli, con ingredienti selezionati e combinazioni equilibrate. Che si tratti di una classica Sacher, di una millefoglie rivisitata o di una torta moderna al cioccolato e lamponi, ogni fetta racconta una ricerca e un amore per la pasticceria fatta con passione. Il personale accoglie sempre con un sorriso e sa consigliare chi cerca qualcosa di particolare per una ricorrenza o semplicemente per sé. L’attenzione al cliente è un altro ingrediente che fa la differenza.
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Berlicabarbis: l’altra dolce faccia di Torino (FOTO DI COPERTINA)
Infine, non si può concludere un giro tra le torterie di Torino senza citare Berlicabarbis. Il nome è già una dichiarazione d’intenti, un richiamo al dialetto piemontese che promette dolcezza. Qui le torte sono protagoniste assolute: alte, colorate, spesso scenografiche. I gusti variano a seconda delle stagioni e dell’ispirazione del momento, ma ciò che non cambia è la sensazione di casa che si respira appena varcata la soglia.Berlicabarbis è un rifugio per chi cerca una pausa sincera, un luogo che mette d’accordo amanti della pasticceria classica e fan delle novità. Tra cheesecake, crostate, torte di mele, red velvet e brownies, si può passare un pomeriggio senza accorgersi del tempo che scorre. Il locale ha anche una vena giocosa, con arredi colorati e citazioni sparse qua e là, che lo rendono perfetto per chi ama un tocco di originalità. Non è raro vedere clienti scattare foto alle vetrine prima ancora di ordinare: qui anche l’occhio vuole la sua parte.
In queste tre caffetterie Torino si racconta attraverso il dolce. Ogni torta è un gesto, una piccola forma di accoglienza, un invito a fermarsi. In un mondo che corre veloce, i profumi che escono da questi forni ci ricordano che a volte basta un biscotto ben fatto per cambiare il ritmo della giornata. E in una città che unisce tradizione e innovazione, sedersi davanti a una fetta di torta è anche un modo per sentirsi, per un attimo, nel posto giusto al momento giusto.
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NOEMI GARIANO

Oriente a Torino: viaggio nel cuore asiatico della città tra arte, cultura e sapori

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Torino è una città che sorprende.
Dietro la sua eleganza sabauda e l’ordine geometrico dei viali alberati e delle sue strade si nasconde un’anima meticcia, che mescola culture e tradizioni da ogni angolo del mondo. Se c’è una parte del mondo che ha saputo radicarsi con grazia e profondità nel tessuto urbano torinese è senza dubbio quella dell’Estremo Oriente. Dai musei ai templi del gusto, la città ha accolto nei suoi quartieri e nelle sue piazze un’Asia silenziosa ma viva, che racconta storie, offre esperienze, stimola i sensi e l’immaginazione.
Tutto inizia nel cuore del centro storico, in via San Domenico, dove si trova il MAO – Museo d’Arte Orientale. Aperto nel 2008 all’interno di Palazzo Mazzonis, il MAO è una delle realtà più affascinanti e meno convenzionali della Torino culturale. Non è solo una collezione: è un vero e proprio viaggio sensoriale e spirituale attraverso l’Asia. Le sue sale custodiscono reperti e opere provenienti da cinque grandi aree culturali: il Sud-Est asiatico, la Cina, il Giappone, il subcontinente indiano e la regione islamica dell’Asia. Le statue del Buddha, i paraventi giapponesi, le maschere rituali e le calligrafie cinesi dialogano con uno spazio che invita al silenzio e alla contemplazione. Visitare il MAO non è solo un’esperienza estetica: è un modo per rallentare, ascoltare e riflettere. Ogni esposizione temporanea, ogni laboratorio o conferenza ospitata al museo è un tassello in più per costruire ponti tra culture e aprire finestre su mondi che, seppur lontani geograficamente, oggi ci toccano da vicino.
Dall’arte alla tavola: quando l’Oriente si fa gusto.
Ma la scoperta dell’Oriente a Torino non si ferma alle sale museali. Basta uscire dal MAO e percorrere pochi isolati per accorgersi di quanto le influenze asiatiche abbiano messo radici anche nella vita quotidiana, soprattutto a tavola. Il centro storico e le vie limitrofe pullulano di ristoranti, botteghe e locali che propongono una cucina autentica, spesso gestita da famiglie arrivate in città molti anni fa e ormai parte integrante del tessuto sociale torinese.
Tra i nomi storici c’è Wasabi, in via Mazzini, uno dei primi ristoranti giapponesi a proporre sushi di qualità con una forte attenzione alla tradizione. Atmosfera minimalista, cura del dettaglio e una selezione di pesce sempre fresco lo rendono un punto di riferimento per gli amanti della cucina nipponica.
Poco distante, in via Maria Vittoria, troviamo Kensho, che ha portato in città l’idea del sushi contemporaneo e creativo, con accostamenti audaci e una filosofia estetica che ricorda la raffinatezza delle tavole di Tokyo.
Per chi cerca sapori decisi e speziati, il consiglio è dirigersi verso Via Principe Tommaso, dove si concentrano alcuni tra i migliori locali thailandesi e vietnamiti di Torino. Saigon, ad esempio, è un piccolo gioiello che propone autentica cucina vietnamita in un ambiente caldo e accogliente. I suoi “pho” fumanti e i “roll” estivi a base di carta di riso sono tra i più apprezzati in città. Non molto lontano, in via Berthollet, La Piccola Bangkok è invece il regno del curry e dei “pad thai”, serviti con gentilezza e generosità. L’arredamento è semplice ma pieno di colore e spesso ci si ritrova circondati da clienti affezionati che conoscono i titolari per nome.
Tradizione e contaminazione: l’Oriente che evolve.
Oggi, l’Oriente torinese è anche contaminazione e sperimentazione. Un esempio? Oh Crispa!, in zona Vanchiglia, dove l’Oriente incontra lo street food in chiave contemporanea: ravioli cinesi fatti a mano, bao bun con carne affumicata, noodles saltati con verdure locali. L’ambiente è giovane, conviviale, e rappresenta la nuova generazione di imprenditori asiatici (e non solo) che scelgono Torino come laboratorio di creatività gastronomica.
A fare da contraltare a questa vivacità culinaria c’è anche una crescente proposta culturale: corsi di lingua giapponese e cinese, pratiche di meditazione zen, yoga tibetano, workshop di calligrafia e cerimonia del tè sono sempre più presenti nei programmi dei centri culturali, delle librerie indipendenti e delle associazioni di quartiere. In questo senso, Torino non è solo un luogo che accoglie: è un crocevia fertile in cui l’Oriente non è un’esotica comparsa, ma un interlocutore stabile.
In un mondo sempre più connesso, la capacità di una città di far convivere tradizioni diverse diventa segno di intelligenza collettiva. E Torino, con la sua discrezione e il suo ritmo lento, sta costruendo un dialogo profondo con l’Asia, fatto di rispetto, bellezza e sapori indimenticabili. Un Oriente torinese che non fa rumore, ma che sa lasciare il segno.
NOEMI GARIANO

Il gusto autentico di Torino: viaggio nelle gelaterie più amate dai torinesi

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A Torino il gelato non è un semplice sfizio estivo. È un rito, una tradizione che si rinnova stagione dopo stagione, anche d’inverno, quando i più affezionati non rinunciano a una coppetta avvolti nella sciarpa, magari scegliendo gusti più intensi, più “caldi” al palato. Non è solo questione di gusto: qui si parla di cultura, di artigianato, di memoria collettiva. La città, con la sua eleganza discreta e la sua passione per i sapori autentici, custodisce alcune delle gelaterie più celebri d’Italia, vere e proprie istituzioni locali, amate da generazioni. Ma accanto a queste, anche insegne più recenti hanno saputo trovare il loro spazio, con formule nuove che parlano un linguaggio contemporaneo senza rinunciare alla qualità.
La qualità è casa: le gelaterie nate sotto la Mole
È impossibile parlare di gelato a Torino senza citare Fiorio, in via Po, un nome che evoca immediatamente immagini di nobiltà sabauda e salotti letterari. Aperto nel 1780, era uno dei luoghi preferiti di Cavour, e ancora oggi conserva quell’aria un po’ austera, ma incredibilmente affascinante, che lo rende unico. Qui il gelato è classico, senza compromessi, e i gusti storici, gianduia, zabaione, crema Fiorio , continuano a fare scuola. Non si cerca l’effetto sorpresa, ma la perfezione nella semplicità: una nocciola morbida, profonda, in cui si sente tutta la Langhe; una crema pasticcera vellutata, dal sapore netto e sincero.
Ma accanto a Fiorio, c’è un’altra gelateria che ha segnato una rivoluzione, e che, pur essendo ormai presente in molte città del mondo, conserva un legame forte con Torino: Grom. Nata nel 2003 dall’idea di due giovani torinesi, Grom ha riportato al centro la ricerca dell’ingrediente naturale, della frutta vera, del latte fresco. Una scommessa che ha saputo coniugare visione imprenditoriale e amore per il gelato come una volta. Tra i gusti più rappresentativi ci sono il sorbetto al limone femminello, il pistacchio di Bronte, e il cioccolato extranoir, ma non manca mai il gusto “crema come una volta”, semplice solo in apparenza. Chi ama la frutta può scegliere fragola, albicocca o fico in base alla stagione, tutti ottenuti da coltivazioni selezionate.
Un altro nome sempre più centrale nella mappa torinese del gelato è Mara dei Boschi, laboratorio nato nel quartiere San Salvario e divenuto rapidamente una meta cult per chi cerca qualcosa di diverso. Qui il gelato è artigianale nel senso più puro del termine: ogni gusto nasce da una riflessione, da una sperimentazione. C’è un uso costante di ingredienti locali, come il latte crudo o la nocciola Piemonte IGP, ma anche un’apertura verso accostamenti più arditi. Tra i gusti che sorprendono ci sono il gelato al sesamo nero, la crema allo yuzu (un agrume giapponese profumato e agrumato), il cioccolato con fava tonka, oppure il latte affumicato con caramello salato. Chi entra per la prima volta da Mara dei Boschi capisce subito che qui il gelato è considerato quasi una forma d’arte. Anche i sorbetti sono speciali, come quello al mango Alphonso, alla mora selvatica o alla barbabietola con lampone.
E poi, naturalmente, c’è Pepino, storico marchio torinese famoso per aver inventato nel 1939 il “Pinguino”, il primo gelato su stecco ricoperto di cioccolato. Una vera icona cittadina, ancora oggi disponibile in diverse versioni – gianduia, menta, nocciola – con uno stile retrò che affascina.
Non solo torinesi: quando la qualità parla a tutti
In mezzo a questa offerta ampia e radicata, c’è chi è arrivato da fuori ma ha saputo conquistare la città, senza fare troppo rumore, ma con una qualità che non ha lasciato indifferenti. È il caso de La Romana, catena originaria di Rimini, che a Torino ha trovato un pubblico sorprendentemente affezionato. Con un approccio che punta molto sulla cremosità, sulla golosità delle creme, sulla panna montata al momento e sulla possibilità di colare cioccolato fuso nel fondo del cono, La Romana ha saputo intercettare un gusto torinese che, seppur raffinato, non disdegna l’intensità e la ricchezza dei sapori.
Tra i gusti più apprezzati c’è il “150”, una crema ricca con pandispagna al cioccolato sbriciolato dentro, che richiama immediatamente l’idea di un dolce della nonna. C’è poi il “Biscotto della nonna”, con vere briciole di biscotto croccante che contrastano la morbidezza della base cremosa. Da non perdere nemmeno la “Crema al limone”, fresca ma intensa, perfetta nelle giornate calde ma piacevole anche come contrasto nei mix di gusti più ricchi. E per chi ama i sapori decisi, ci sono il “cioccolato fondente Venezuela” o la crema “Zabaione con Marsala Superiore”. Il tutto condito da un servizio sempre accurato, che accompagna l’esperienza come fosse una piccola cerimonia.
Il successo di queste gelaterie, tutte molto diverse tra loro, dimostra che a Torino il palato non si accontenta. I torinesi, sotto sotto, sono dei veri intenditori. Non si lasciano abbindolare da decorazioni vistose o mode passeggere. Cercano la sostanza. E quando la trovano, sono fedeli. Per questo, tra le vie del centro e i quartieri più residenziali, le gelaterie migliori sono sempre frequentate, anche nei mesi freddi. Perché il gelato, a Torino, è un piacere che non ha stagione. E non è mai solo un dolce: è un piccolo pezzo di identità cittadina.
NOEMI GARIANO

Il tempo libero dei torinesi: tra parchi cittadini e fughe nel verde

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Chi vive a Torino sa che per respirare non serve per forza scappare lontano. La città, oltre a musei, palazzi e caffè storici, offre un patrimonio verde che non ha nulla da invidiare ad altre capitali europee. I torinesi lo sanno bene: quando hanno bisogno di staccare, di rilassarsi o di ritrovare un po’ di silenzio, si rifugiano nei parchi.
Il Parco del Valentino è una vera istituzione. Più di 400.000 metri quadrati di verde affacciati sul Po, con viali alberati, prati per sdraiarsi, angoli ombreggiati per leggere e piste perfette per correre o andare in bicicletta. È uno di quei luoghi dove si mescolano tutte le generazioni: dai bambini che rincorrono le bolle di sapone agli anziani che si ritrovano sulle panchine, dai ragazzi che ballano swing la domenica alle coppie che fanno il primo picnic della stagione.
Poi c’è la Pellerina, la distesa verde più vasta di Torino. Un polmone urbano dove si viene a correre, a portare a spasso il cane, a leggere un libro sotto un albero. Nei fine settimana si organizzano eventi, mercatini, attività per i bambini. Ci sono anche piccoli stagni, ponticelli in legno e spazi dedicati allo sport. È un parco vissuto, autentico, dove si respira la città in versione lenta.
Ma il verde torinese è fatto anche di spazi più raccolti, come il Parco Rignon con la sua villa storica, o il Parco della Tesoriera, che in primavera si riempie di colori e profumi. In centro, i Giardini Reali offrono una pausa elegante tra un museo e una passeggiata sotto i portici, mentre il Parco Dora, con la sua impronta post-industriale, attira giovani, skater e fotografi urbani. Insomma, ogni quartiere ha il suo angolo di natura: e ogni torinese ha il suo posto del cuore dove rallentare.
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Cibo e passeggiate: i piaceri della libertà
Per i torinesi, il tempo libero è anche un’occasione per vivere la città senza fretta. Il sabato mattina, ad esempio, è facile vederli passeggiare tra le bancarelle del mercato di Porta Palazzo o tra i banchi del Balon, alla ricerca di un vinile, un libro usato o un oggetto curioso. Poi si entra in una libreria indipendente, si prende un caffè in un dehors o si fa una pausa in una delle tante pasticcerie che resistono al tempo, con le loro vetrine piene di bignole e cioccolatini.
Nel pomeriggio si passeggia in via Lagrange o via Garibaldi, si sbircia tra i negozi, si entra in una galleria d’arte. E quando viene fame? Niente panico: Torino è una città che ama mangiare bene. Dai piatti della tradizione – come gli agnolotti, il vitello tonnato, la bagna cauda o i plin burro e salvia – alle reinterpretazioni moderne in ristoranti e bistrot che valorizzano i prodotti locali. E poi i formaggi, le nocciole, i vini: ogni pasto diventa un piccolo rituale.
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Weekend nelle Langhe: tra vigne, colline e grandi vini
Quando arriva il fine settimana, la voglia di cambiare panorama si fa sentire. E così i torinesi prendono la macchina e si dirigono verso le Langhe. In poco più di un’ora ci si ritrova immersi in paesaggi che sembrano disegnati: colline coperte di vigneti, borghi antichi, cascine, strade tortuose che regalano scorci sempre diversi.
Langhe, vigneti
A Barolo, piccolo gioiello collinare, si respira l’odore del vino ovunque. È impossibile resistere alla tentazione di fermarsi in una delle tante cantine per una degustazione o di prenotare un tavolo con vista. Ristoranti come Locanda Fontanazza o La Vite Turchese sanno coniugare cucina autentica e panorama mozzafiato. Qui si assaporano piatti come i tajarin al tartufo nero, la carne battuta al coltello o la fonduta di Raschera con verdure di stagione. Tra una passeggiata e l’altra, tra un bicchiere di Barolo e una visita al WiMu – il Museo del Vino – i torinesi riscoprono un tempo diverso, fatto di piccoli piaceri e grandi silenzi.
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Asti e Monferrato: sapori, colline e tradizione
Non solo Langhe. Anche il Monferrato e la zona di Asti sono mete amatissime. Meno affollate ma altrettanto affascinanti, queste colline dolci e ondulate sono punteggiate di borghi, castelli e filari di viti. Qui il tempo scorre ancora più lento, e il legame con la terra è fortissimo.
Asti, con il suo centro storico elegante, è perfetta per una passeggiata tra chiese romaniche, mercatini e botteghe artigiane. Il sabato mattina c’è il mercato in Piazza Alfieri, e in autunno il profumo di tartufi invade le vie del centro. Molti torinesi vengono qui anche solo per pranzare in ristoranti tipici come Tacabanda o Campanaro, dove si trovano piatti come la finanziera, il bunet, il brasato al Barbera.
Nel Monferrato, invece, si cercano esperienze più intime: una camminata tra i noccioleti, una visita in una cantina biologica, una notte in agriturismo con cena a lume di candela. Paesi come Cocconato, Montemagno o Grazzano Badoglio custodiscono una bellezza discreta, lontana dal turismo di massa.
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Alba, il gioiello delle Langhe
E poi c’è Alba, una città che i torinesi sentono un po’ loro. Capoluogo delle Langhe, è il punto di partenza perfetto per esplorare il territorio. Ma è anche una meta in sé: elegante, vivace, autentica. Le sue strade medievali, le torri, le piazze raccolte, i profumi che escono dalle botteghe artigiane: tutto invita alla calma, alla curiosità, al piacere.
Alba è famosa in tutto il mondo per il tartufo bianco, celebrato ogni anno con una fiera internazionale che richiama migliaia di visitatori. Ma la sua offerta non si ferma lì: vini eccellenti, dolci alla nocciola, pastifici storici, osterie con una cucina che sa rinnovarsi senza tradire la tradizione. Piazza Duomo, il ristorante tristellato dello chef Crippa, è un’esperienza unica. Ma anche trattorie come La Piola o Enoclub raccontano con autenticità il territorio.
Qui il tempo libero si fa arte di vivere: si passeggia senza fretta, si mangia con gratitudine, si brinda alla bellezza delle cose semplici. E al ritorno verso Torino, con il bagagliaio pieno di bottiglie e la testa ancora tra le colline, si porta a casa un pezzetto di quella quiete.
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Noemi Gariano

Street art a Torino: una galleria a cielo aperto

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SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO
Torino si è affermata negli ultimi anni come uno dei poli più vitali per la street art in Italia. Quella che un tempo era considerata arte marginale o vandalismo, oggi è diventata parte integrante del paesaggio urbano, capace di raccontare storie, identità e trasformazioni. Passeggiare per la città significa immergersi in un museo a cielo aperto, dove i muri non separano ma parlano, e le periferie si trasformano in vere e proprie gallerie d’arte pubblica. I murales diventano strumenti di rigenerazione urbana, simboli di comunità e voce dei quartieri. Dalle opere monumentali commissionate da festival e istituzioni, fino alle tracce più spontanee lasciate sui muri delle strade meno battute, la street art torinese offre un viaggio visivo e culturale denso di significato.
Dalle periferie ribelli alle opere monumentali
Il quartiere “Aurora” è uno dei primi a saltare all’occhio quando si parla di street art a Torino. Ex zona industriale, oggi è una delle aree più dinamiche sotto il profilo artistico e sociale. Qui, tra case popolari e vecchi capannoni, si trovano alcuni tra i murales più grandi e d’impatto della città. Opere come quelle realizzate da Millo, con i suoi personaggi in bianco e nero che interagiscono con la città, raccontano sogni urbani e quotidianità in modo poetico. Il progetto “B.Art” ha portato oltre 40 murales tra Barriera di Milano e altri quartieri della periferia nord, coinvolgendo artisti italiani e internazionali per trasformare muri grigi in spazi narrativi. Non sono solo decorazioni: questi interventi sono pensati per dialogare con il territorio, con le persone che lo abitano, con le sue ferite e le sue speranze. La street art assume così un ruolo sociale, capace di riqualificare esteticamente ma anche di ricucire il tessuto urbano.
Il centro città e le nuove frontiere dell’arte urbana.
Anche il centro di Torino non resta indietro. Pur conservando un’eleganza sabauda e un’architettura storica, accoglie sempre più spesso interventi artistici murali che si inseriscono con discrezione e intelligenza nel tessuto urbano. Zone come San Salvario o il Quadrilatero Romano ospitano opere più piccole ma ricche di significato, dove lo stile degli artisti si fonde con le atmosfere del quartiere. Le serrande dei negozi diventano tele temporanee che cambiano volto tra il giorno e la notte. In via Aosta e via Cecchi, alcuni spazi dismessi sono stati recuperati attraverso progetti condivisi che uniscono arte, educazione e cittadinanza attiva. L’arte urbana torinese oggi esplora anche linguaggi nuovi: stencil, poster, collage, sticker art e installazioni temporanee. Non si tratta più soltanto di disegni murali ma di una contaminazione tra generi che fa dialogare la città con il mondo contemporaneo. Il ruolo delle gallerie indipendenti, dei festival come “Picturin” o delle realtà come “Il Cerchio e le Gocce” è stato fondamentale per far crescere una scena urbana coerente, viva e aperta al cambiamento.
Torino continua ad evolversi e, con lei, anche la sua arte urbana. Ogni muro dipinto aggiunge un tassello alla narrazione collettiva della città, rendendola più inclusiva, espressiva e viva. Chi osserva i murales torinesi, oggi, non guarda soltanto un’opera d’arte: legge un messaggio, ascolta una voce, incontra una comunità. In una città che ha fatto dell’equilibrio tra memoria e innovazione il suo punto di forza, la street art non è più un linguaggio ai margini, ma una parte essenziale del suo volto, il volto di Torino.
NOEMI GARIANO

Opera, la cucina che racconta Torino attraverso la meraviglia del gusto

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO 
A due passi da Piazza San Carlo, in una di quelle vie del centro dove il tempo sembra rallentare per lasciare spazio alla bellezza, si trova “Opera”, un ristorante che non si limita a servire piatti: racconta storie. Varcata la soglia del locale, ci si ritrova in un ambiente intimo, elegante senza ostentazioni, fatto di luci calde, legno chiaro e dettagli curatissimi. C’è una calma gentile che avvolge tutto, dal sorriso discreto del personale alla musica che accompagna senza disturbare. La sala è luminosa di giorno, morbida e raccolta la sera, ideale per un pranzo riflessivo o una cena da ricordare. Lo stile è moderno ma profondamente radicato nel territorio, proprio come la cucina che propone: una ricerca attenta, quasi filologica, degli ingredienti e delle tradizioni piemontesi, interpretate con mano contemporanea e spirito curioso.
Il cuore pulsante di Opera è lo chef Stefano Sforza, che porta avanti una visione personale e coerente della cucina: ogni piatto è il risultato di un equilibrio tra tecnica, materia prima e ispirazione. Qui non si viene solo per mangiare, ma per fare esperienza. Il menu cambia seguendo le stagioni, ma non mancano mai sorprese e riletture creative di grandi classici. Tra le proposte più apprezzate, le animelle glassate con cipollotto e fondo al Marsala, o la reinterpretazione del vitello tonnato che gioca su consistenze e acidità senza tradire l’anima del piatto originario. Il pane, fatto in casa ogni giorno, è servito con burro mantecato e olio extravergine piemontese: un inizio semplice ma già rivelatore. Anche la carta dei vini merita attenzione: una selezione mai banale, con molte etichette del territorio accanto a scelte più internazionali, tutte pensate per accompagnare con precisione il percorso gastronomico.

Un’esperienza che unisce eleganza e calore, senza perdere autenticità
Opera non è un ristorante “di tendenza”, è qualcosa di più duraturo. Ha l’eleganza di chi sa il fatto suo ma non sente il bisogno di ostentarlo. La sensazione è quella di essere ospiti, non clienti. Il servizio è preciso ed umano, con personale attento, preparato e sempre disposto a raccontare un piatto, un ingrediente o un accostamento. Si percepisce un rispetto profondo per il lavoro, la materia e le persone, in cucina come in sala. Anche i dessert meritano un discorso a parte; piccoli capolavori di equilibrio, mai troppo dolci, sempre centrati. Il sorbetto al sedano e mela verde, ad esempio, sorprende per freschezza e pulizia, chiudendo il pasto con leggerezza e finezza. Il ristorante offre anche un menu degustazione che si snoda in sette portate, ognuna pensata come tappa di un racconto coerente, dove nulla è lasciato al caso. Le porzioni sono calibrate, l’impiattamento sobrio ma elegante e ogni piatto arriva al tavolo con il suo tempo, senza fretta.
Nel cuore di Torino, un luogo dove il cibo diventa racconto.
Opera è il luogo ideale per chi cerca qualcosa in più di una buona cena. È una destinazione per torinesi curiosi e per viaggiatori attenti, per chi vuole riscoprire i sapori della tradizione piemontese senza rinunciare all’innovazione, per chi apprezza il dettaglio e la coerenza, per chi crede che mangiare bene sia un atto culturale prima ancora che un piacere. Non ci sono effetti speciali, ma sostanza. Non ci sono forzature, ma autenticità. È un ristorante che ha scelto la via dell’identità e della cura e la percorre con coerenza e passione. In un momento storico in cui la ristorazione tende spesso all’eccesso o alla spettacolarizzazione, Opera rappresenta una forma di resistenza elegante e concreta. E quando si esce, dopo il caffè servito con piccola pasticceria fatta in casa, si ha la sensazione di aver vissuto qualcosa che resta. Qualcosa che non si dimentica. Proprio come le grandi opere.
NOEMI GARIANO

Roma e Torino: ristoranti tra somiglianze e influenze

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SCOPRI – TO  Alla scoperta di Torino

 

Torino, in passato Augusta Taurinorum, nacque come colonia romana nel secolo 9 a.C proprio per questo l’urbanistica e l’architettura, ancora oggi,  rispecchiano in molti casi quella romana.
La Porta Palatina tra le meglio conservate al mondo è un chiaro esempio di questa influenza, il suo quartiere, il Quadrilatero romano assomiglia almeno in parte agli scorci che si trovano a Roma nel quartiere di Trastevere.
Il Quadrilatero nella sua piazza principale ospita numerosissimi ristoranti e locali notturni amatissimi dai giovani torinesi e dai turisti, vicoli e viuzze decussano fra loro tra i palazzi antichi e sprazzi di verde ricordando i profumi romani.
Poco distante, in via XX Settembre vi sono i resti dell’Area Archeologica del Teatro Romano in uso per oltre due secoli e riscoperto poi nel 1899 durante i lavori per il Palazzo Reale.
Un’altra zona di Torino che ricorda Roma ma solo per il nome è il Campidoglio su un piccolo rilievo collinare che si dice si chiami così proprio per il Campidoglio romano.


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RISTORANTI ROMANI NELLA CITTA’ SABAUDA

A Torino vi sono numerosi ristoranti romani, tra cui Du Cesari, con il suo Chef Danilo Pelliccia, classe 1974, nato a Roma ed appassionato dalla cucina fin da piccolo grazie alla nonna che preparava ogni giorno per lui prelibati piatti tipici romani. Lo Chef si trasferisce poi a Torino nel 2004 per amore e nel 2013 apre il suo ristorante romano in Corso Regina portando sulle tavole sabaude tutta la tradizione romana con ingredienti di primissima qualità ed in qualche caso un tocco rubato alla cucina piemontese. Tra i piatti più rinomati la Tartufonara, una Carbonara rivisitata con tartufo nero, parmigiano stagionato, tartare di fassone, puntarelle e guanciale fritto. Propone anche l’Amatriciana gialla con pomodorini gialli anziché rossi, gli gnocchi all’Amatriciana di Baccalà, fra i secondi l’anguilla in umido e la zuppa di razza chiodata. Non mancano poi i grandi classici come la pasta Cacio E Pepe, la Gricia e i Saltinbocca.
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Altro ristorante romano a Torino è il Quadrilatero romano di Via delle Orfane, con arredo e quadri che riprendono i personaggi della tradizione romana come Alberto Sordi e Gigi Proietti. Il menù propone un misto fra la cucina capitolina e quella laziale con tris di supplì, maritozzi salati e tanti altri grandi classici romani.
Verso Corso Lecce troviamo il Ristorante Al Campidoglio con oltre 30 anni di esperienza che offre pranzi e cene tipiche proponendo piatti romani con specialità che ricordano il Ghetto Ebraico di Roma come i Carciofi alla Giudia freschi.
Ubicato nel quartiere di San Salvario vi è anche Sora Gina e tantissimi altri ristoranti di cucina romana perché i torinesi amano mangiare bene e a Roma non si sbaglia.
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RISTORANTI TORINESI A ROMA

Viceversa la cucina piemontese è anche a Roma come il ristorante Taverna Lucifero a due passi da Campo de’Fiori, un locale semplice, molto amato dai cittadini romani che offre piatti come la fonduta, i tajarin al tartufo e molti piatti a base di funghi freschi.
Anche il ristorante Fafiuchè offre prelibatezze sabaude nel cuore di Roma, il suo nome deriva dal piemontese “fa nevicare” e propone piatti come il brasato, la polenta e numerose varietà di vini tipici piemontesi.
Entrambe le città, Roma e Torino, sono state Capitale d’Italia e riservano un fascino particolare con tutte le loro meraviglie date da monumenti, palazzi antichi e paesaggi mozzafiato, legate per sempre grazie alle loro reciproche influenze, anche culinarie, il ché certo non guasta.

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NOEMI GARIANO

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