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Le radici di Torino: le famiglie che hanno fatto la città

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Torino è una città che non si racconta in fretta. Sotto la superficie elegante dei suoi portici, tra i palazzi severi e i caffè storici, scorre una linfa fatta di industria, arte e ambizione. È una città che deve molto non solo ai suoi re e ai suoi architetti, ma anche a un pugno di famiglie che, con visioni diverse ma complementari, hanno contribuito a modellarne l’identità. Gli Agnelli, i Lavazza, i Pininfarina, i Ferrero: nomi che ormai si pronunciano come simboli, ma che nascono da storie di coraggio e di lungimiranza.

Gli Agnelli: Torino e l’Italia sull’asfalto

La storia degli Agnelli è inseparabile da quella della Fiat, e dunque da quella dell’Italia del Novecento. Giovanni Agnelli, il fondatore, vide nell’automobile non solo un mezzo di trasporto, ma una promessa di modernità. A Mirafiori, più che una fabbrica, nacque un simbolo. Le catene di montaggio della Fiat scandirono per decenni il ritmo della città: le sirene che annunciavano i turni, le file di operai, la folla che ogni mattina si riversava verso il lavoro. Ma gli Agnelli non hanno soltanto costruito macchine: hanno costruito un immaginario, una certa idea di eleganza, di discrezione, di potere. Con Gianni Agnelli, “l’Avvocato”, Torino divenne il centro silenzioso di un’Italia che voleva essere moderna ma senza rinnegare il proprio stile.

Lavazza e il gusto dell’identità

Mentre la Fiat portava il nome di Torino nel mondo industriale, un’altra famiglia lo portava in quello del gusto. I Lavazza cominciarono nel 1895 con una piccola drogheria in via San Tommaso. Oggi il loro nome è sinonimo di caffè italiano nel mondo. Ma dietro quella tazzina ci sono decenni di sperimentazioni, campagne pubblicitarie visionarie, una cura maniacale per la qualità. Torino, con il suo gusto per le cose fatte bene e la sua discrezione sabauda, trovò nei Lavazza un riflesso perfetto. Non è un caso che ancora oggi la città sembri avere un legame quasi affettivo con il marchio, come se quel caffè fosse parte della sua identità più profonda.PININFARINA

Pininfarina e Ferrero: il design e la dolcezza

Poi ci sono i Pininfarina, artigiani del sogno e del metallo. Le loro linee hanno vestito Ferrari, Maserati, Alfa Romeo. Torino, con la sua vocazione ingegneristica e il suo gusto per l’armonia, non poteva non generare un simile laboratorio di bellezza. Il design, per i Pininfarina, non è mai stato solo estetica: è stato un linguaggio. Ogni curva racconta un’idea di eleganza italiana, misurata ma riconoscibile ovunque.

E infine i Ferrero, che pur nati ad Alba, hanno sempre avuto un legame profondo con il Piemonte e con Torino. Nel dopoguerra, quando l’Italia cercava di rialzarsi, la famiglia Ferrero trovò nella semplicità e nella dolcezza una via per ripartire. La Nutella, oggi simbolo globale, nacque in un contesto di scarsità: la genialità stava nel trasformare il poco in qualcosa di straordinario. È una lezione torinese, in fondo: eleganza nella misura, forza nella sobrietà.

I Biscaretti di Ruffia: la memoria su quattro ruote

Tra le famiglie meno ricordate ma fondamentali per l’anima culturale della città, ci sono i Biscaretti di Ruffia. Carlo Biscaretti, figlio di un senatore del Regno, fu tra i pionieri dell’automobile in Italia e uno dei primi a capire che l’automobile non era solo un mezzo, ma un simbolo di progresso. La sua passione lo portò a fondare il Museo dell’Automobile, che oggi porta il suo nome, un luogo dove la storia industriale di Torino si fa racconto visivo e sensoriale. È grazie a figure come lui che la città ha conservato la memoria della propria evoluzione, trasformando la tecnologia in cultura.

Una città che vive delle sue famiglie

Torino non sarebbe la stessa senza queste dinastie. Hanno influenzato la sua economia, ma anche il suo modo di pensarsi. Una città che tende a nascondere più che a esibire, che lavora nel silenzio e solo dopo mostra i risultati. Oggi, in un tempo in cui tutto sembra muoversi più veloce, le famiglie storiche torinesi restano come colonne silenziose di un tempio che resiste ai cambiamenti.

Torino continua a guardare avanti, ma con un occhio sempre rivolto a ciò che l’ha resa unica: la sua capacità di far convivere industria e poesia, razionalità e sogno, metallo e caffè, auto e cioccolato. È una città che non si lascia mai leggere tutta d’un fiato. E forse è proprio questo il suo segreto più affascinante.

Noemi gariano

Sotto la Mole: la Torino segreta che non tutti conoscono

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Torino è una città che si concede lentamente, come se custodisse gelosamente la propria anima dietro una facciata di eleganza discreta. Chi la osserva solo in superficie ne coglie l’ordine sabaudo, i portici, la monumentalità della Mole Antonelliana. Ma basta deviare di poco dai percorsi turistici per accorgersi che esiste un’altra Torino, fatta di sotterranei, passaggi dimenticati e leggende che si intrecciano alla quotidianità. È la Torino segreta, quella che vive sotto la Mole e che continua a esercitare un fascino silenzioso e persistente.
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Le gallerie sotto la città
Pochi sanno che sotto le vie del centro storico corre una rete di gallerie e cunicoli che risalgono all’epoca barocca. Scavati a partire dal Seicento per motivi militari, questi passaggi collegavano le caserme e le fortificazioni che circondavano la città. Oggi alcuni tratti sono visitabili e offrono una prospettiva del tutto diversa: una Torino sotterranea, dove l’umidità delle pareti e il profumo della terra raccontano storie di soldati, di fughe e di segreti.
Le visite guidate, organizzate da associazioni locali, conducono i visitatori attraverso percorsi che alternano storia e suggestione. Si entra da una botola anonima e ci si ritrova immersi in un silenzio antico, lontano dal traffico e dalle luci. È un viaggio nel tempo, ma anche una metafora perfetta della città stessa: un luogo che conserva sotto la superficie i segni di ciò che è stata, e che non ha mai smesso di trasformarsi.
Alcuni dei cunicoli più antichi si trovano nei pressi di Palazzo Madama e del Mastio della Cittadella, dove secondo alcune cronache si rifugiarono i soldati durante l’assedio del 1706. Lì la storia ha lasciato impronte visibili: graffi sui mattoni, incisioni, simboli che testimoniano un passato di resistenza e di ingegno militare.
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Tra esoterismo e curiosità
Torino è da sempre considerata una delle capitali mondiali dell’esoterismo. La leggenda vuole che la città sia uno dei vertici sia del triangolo della magia bianca, insieme a Lione e Praga, sia di quello della magia nera, con Londra e San Francisco. Un doppio volto che ha alimentato racconti, superstizioni e curiosità.
Passeggiando per Piazza Statuto, ad esempio, si incontra la statua dell’“Angelo caduto”, un monumento dedicato ai caduti del Frejus ma che molti torinesi identificano con Lucifero stesso. Il punto, dicono, coincide con il “cuore oscuro” della città, dove si concentrerebbero energie negative. All’opposto, in Piazza Castello e lungo Via Garibaldi, si troverebbero invece i luoghi della “magia bianca”, custodi di armonia e protezione.
Al di là delle credenze, resta il dato più affascinante: Torino ha sempre convissuto con il mistero senza mai farsene travolgere. Forse è proprio questo equilibrio tra razionalità e simbolismo, tra fede e leggenda, a renderla così unica nel panorama europeo. Non a caso, la città è stata spesso scelta come ambientazione per film e romanzi noir, dove le sue luci e le sue ombre diventano parte della narrazione. Camminare di notte per le vie del Quadrilatero Romano, tra i lampioni fiocamente illuminati e i palazzi barocchi, significa immergersi in una scenografia che sembra costruita per il racconto del mistero.
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Cortili nascosti e memorie quotidiane
Ma la Torino segreta non è fatta solo di mistero. È anche quella che si nasconde dietro i portoni dei palazzi ottocenteschi, dove cortili interni e scalinate in pietra raccontano un passato domestico e borghese. In via Po, in via della Consolata, o nei vicoli di Vanchiglia, capita spesso di intravedere, tra un portone socchiuso e l’altro, piccoli giardini nascosti, fontane, vecchie botteghe artigiane sopravvissute al tempo.
Sono luoghi che non finiscono mai sulle guide turistiche, ma che custodiscono il ritmo autentico della città. È lì che il torinese autentico beve il caffè, scambia due parole con il vicino o si ferma a leggere il giornale seduto su una panchina. È una quotidianità che resiste, anche in un contesto sempre più internazionale, e che rappresenta forse la vera anima di Torino: quella di una città che sa rinnovarsi senza perdere il contatto con le proprie radici.
Chi arriva da fuori spesso rimane colpito dal contrasto tra la compostezza delle facciate e la vivacità che si scopre all’interno. È una caratteristica che i torinesi portano anche nel carattere: riservati all’apparenza, ma capaci di grande accoglienza una volta varcata la soglia.
Oggi, mentre Torino si presenta come città dell’innovazione e del design, la sua identità profonda rimane legata proprio a questa duplicità. Da un lato la modernità delle architetture post-industriali, dall’altro la memoria silenziosa dei cortili, delle strade acciottolate, dei racconti tramandati di generazione in generazione. È un equilibrio fragile ma vitale, che contribuisce a rendere Torino diversa da qualsiasi altra città italiana: più riservata, forse, ma anche più autentica.
Sotto la Mole, insomma, non c’è solo la storia dei re e delle fabbriche, ma un intreccio di luoghi e voci che continuano a parlare a chi sa ascoltare. Una città che si lascia scoprire piano, con la stessa eleganza con cui nasconde i suoi segreti.
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NOEMI GARIANO

L’arte di far star bene: Torino e la forza dei suoi volontari

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Torino è una città che sa prendersi cura. Lo fa con discrezione, con quella riservatezza che la contraddistingue, ma anche con una profonda umanità. In mezzo ai suoi viali eleganti e ai portici antichi, esiste un cuore che batte per chi soffre. È il cuore delle associazioni che dedicano tempo, energie e sorrisi ai bambini e alle persone malate, rendendo la città un laboratorio quotidiano di solidarietà.
Tra queste realtà, un posto speciale lo occupa La Mole del Sorriso, un’associazione ODV nata a Torino nel marzo del 2004, “il primo giorno di una primavera”, come amano ricordare i suoi fondatori. Tutto è cominciato da un piccolo gruppo di persone unite da un’idea semplice ma potente: portare un sorriso dove la vita si fa più difficile. Con il tempo, quella scintilla è diventata una fioritura colorata, proprio come i fiori in primavera.
Oggi i volontari della Mole del Sorriso – che si fanno chiamare affettuosamente “Molini” – sono più di ottanta. Uomini e donne tra i 18 e i 75 anni, studenti, lavoratori, pensionati, persone comuni con una passione fuori dall’ordinario: regalare leggerezza. Ogni settimana si trasformano in “claun di corsia”, sì, con la “a” e non con la “o”, perché il loro non è un mestiere, ma un volontariato del cuore. Non sono artisti professionisti né medici, ma volontari che, armati di un naso rosso, abiti sgargianti e una dose inesauribile di empatia, portano nelle stanze degli ospedali di Torino e dintorni un po’ di allegria, di gioco e di normalità.
Il loro camice, a prima vista, può ricordare quello dei dottori, ma basta uno sguardo per capire che è un camice speciale: colorato, vivace, impossibile da confondere. È la loro divisa del sorriso, quella che apre porte e cuori, che riesce a trasformare un pomeriggio difficile in un momento di luce. Ogni volta che entrano in una stanza, i Molini lasciano da parte la loro vita quotidiana per diventare “supereroi del sorriso”, pronti a condividere un po’ di spensieratezza con chi ne ha più bisogno.
La loro forza sta nel gruppo: un insieme di persone diverse ma unite dallo stesso desiderio, quello di mettersi in gioco, di regalare un frammento di felicità anche a chi sta affrontando una malattia o un momento di disagio. Ogni incontro è un piccolo miracolo di empatia. Non si tratta solo di far ridere: è un modo per ricordare ai bambini e agli adulti che dietro una stanza d’ospedale continua a esserci la vita, con la sua bellezza, i suoi colori, e la sua possibilità di meravigliarsi ancora. E quando li vedi all’opera, capisci che dietro quei sorrisi non c’è improvvisazione, ma una profonda attenzione alla persona, alla sua sensibilità, al momento che sta vivendo. Ogni gesto è misurato, ogni parola è scelta con cura: è un linguaggio fatto di leggerezza, ma anche di profondo rispetto per la fragilità.
Accanto alla Mole del Sorriso ci sono altre realtà torinesi che condividono la stessa missione. Casa UGI, che accoglie e sostiene i bambini malati di tumore e le loro famiglie, o VIP Torino, con i suoi clown volontari che portano leggerezza e vicinanza in ospedale. Tutte queste associazioni sono diverse tra loro, ma legate da un filo invisibile: la convinzione che l’aiuto, per essere efficace, debba essere prima di tutto umano. In ognuna di esse si respira la stessa energia: quella di chi sceglie di donare tempo e presenza, consapevole che a volte un sorriso sincero può cambiare il corso di una giornata, e forse, anche di una vita.
Il potere delle parole e dell’energia che trasmettiamo
Chi si avvicina al mondo del volontariato scopre presto che non bastano le buone intenzioni: serve attenzione, rispetto e consapevolezza anche nel linguaggio. Come ricorda Paolo Borzacchiello, esperto di linguaggio e comunicazione, le parole non sono neutre. Hanno il potere di cambiare lo stato emotivo di chi le ascolta e di chi le pronuncia. Alcune frasi, anche se dette con affetto, possono evocare immagini di sforzo o di dolore — come “supererai questa battaglia” o “vedrai la luce alla fine del tunnel”. Queste espressioni, spiegano gli studi, attivano inconsciamente risposte di stress nel cervello, aumentando il cortisolo e abbassando le difese immunitarie.
Per questo, quando si parla con una persona fragile è importante scegliere parole che creino serenità, che accendano speranza e non paura. È ciò che fanno ogni giorno i volontari della Mole del Sorriso, che comunicano con leggerezza ma anche con grande responsabilità. Un linguaggio gentile può cambiare il modo in cui una persona vive la propria malattia, perché, in fondo, ogni parola è una piccola dose di energia che doniamo agli altri.
Lo stesso principio vale anche nella vita quotidiana. Troppo spesso ci parliamo male, ci sminuiamo, ci raccontiamo con parole che non ci aiutano: “sono un disastro”, “non ce la faccio”, “scusa se disturbo”. Ma il cervello, per sua natura, tende a confermare ciò che pensa: se gli diciamo che non possiamo, troverà il modo di renderlo vero. Per questo è così importante cambiare linguaggio, dentro e fuori di noi. Non per fingere che tutto vada bene, ma per costruire una realtà più equilibrata, più consapevole, più nostra.
Torino, con i suoi volontari e le sue associazioni, ci insegna che la cura comincia da un sorriso, da una parola, da un gesto semplice perché aiutare gli altri è anche un modo per aiutare se stessi. E che, forse, il segreto per stare davvero bene è imparare a vivere ogni giorno con la stessa leggerezza e gratitudine con cui i Molini varcano la soglia di una stanza d’ospedale. Perché, come loro ricordano, la vita non va aspettata: va vissuta, fino in fondo, con gentilezza, coraggio e amore.
NOEMI GARIANO

Cabaret, la pasticceria torinese dove dolce e salato diventano spettacolo

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Un laboratorio a vista che profuma di autenticità
In pieno centro a Torino, tra le vie che mescolano eleganza sabauda e vita di quartiere, c’è un luogo che ha già conquistato i palati e la curiosità dei passanti: la pasticceria Cabaret.
A renderla speciale non sono solo le creazioni che escono dal suo forno, ma il fatto che tutto nasce davanti agli occhi dei clienti. Il laboratorio a vista è infatti il cuore pulsante del locale, dove Anthony, il pasticcere, crea e farcisce al momento croissant e dolci che sembrano piccoli gioielli.
Osservare il movimento delle mani di Anthony mentre spalma la crema o decora una torta è quasi un rito: un gesto semplice che diventa spettacolo, trasmettendo quell’autenticità che oggi si cerca sempre più spesso nei luoghi di gusto.
Dolci che raccontano una storia
Il banco del Cabaret è una vetrina colorata che racconta, con i suoi profumi e le sue forme, la tradizione e l’innovazione. Ci sono i tiramisù in tazzina, delicati e intensi allo stesso tempo; la torta Linzer con confettura e frutti di bosco, che riporta a suggestioni mitteleuropee; e la torta Cabaret, un omaggio alla casa, che ha già i suoi estimatori affezionati.
Tra le proposte che attirano gli sguardi ci sono anche la torta pere e cioccolato, i soffici maritozzi panna e crema, i baci della riviera, la torta carota e mandorle, le immancabili melighe e i garibaldini, biscotti di memoria antica che profumano di Piemonte.
Non mancano le crostatine assortite, le torte alla crema gianduia o con confetture varie, senza dimenticare la torta mele e cannella, un classico rassicurante che sa di casa.
Per gli appassionati dei piccoli piaceri, ci sono anche i biscotti di mais e arachidi, mais e cacao, e i cantuccini alle nocciole, da gustare insieme a un bicchiere di vino moscato.
Il lato salato di Cabaret
Cabaret non è soltanto dolci: il locale si distingue anche per una proposta salata curata e mai banale. Le quiche sono diventate un vero e proprio simbolo: c’è quella alla zucca e amaretto, che unisce delicatezza e carattere, quella alle verze e patate, che profuma di ricette casalinghe, e la quiche ai funghi, dal sapore più intenso.
Non mancano i classici come i toast, i croissant salati e una formula pranzo che sta conquistando una clientela sempre più variegata.
Dal lunedì al venerdì, infatti, Cabaret propone soluzioni veloci ma complete: quiche, contorni, un dolce o un maritozzo, senza dimenticare il caffè e il piacere di un piccolo bignè chantilly. Un modo per concedersi una pausa dal lavoro che non è solo nutrimento, ma anche coccola.
Un ambiente familiare con un’anima rustica
A rendere Cabaret unico non è solo il laboratorio a vista, ma anche l’atmosfera che si respira entrando. Un arredamento caldo, con tocchi rustici e accoglienti, fa da cornice alle giornate di chi si ferma per una colazione, una merenda o un pranzo veloce.
Non è raro vedere clienti che si trattengono a lungo, attratti dal clima conviviale e da un servizio attento.
Accanto ad Anthony lavora una piccola squadra affiatata: Chiara, aiuto pasticcere, lo affianca nella creazione delle specialità, mentre Fernanda, Bintu, Ida e Laura si occupano della caffetteria, portando sorrisi e professionalità. È questa dimensione corale, fatta di mani e volti diversi, a rendere il Cabaret non solo una pasticceria, ma un luogo di incontro e socialità.
Cabaret, un angolo di Torino da scoprire
In una città che ama i suoi caffè storici e i locali eleganti, Cabaret si inserisce con una personalità precisa: quella di chi vuole proporre qualità senza formalismi, con un’attenzione sincera alle persone e ai loro gusti.
Qui si viene per la colazione del mattino, per la pausa pranzo o per un dolce dopo cena, ma soprattutto per respirare un’atmosfera autentica, fatta di profumi, chiacchiere e gesti quotidiani che sanno trasformarsi in ricordi.
Cabaret non è solo una pasticceria: è un piccolo teatro di sapori e umanità, dove il protagonista sei sempre tu, che scegli di fermarti per lasciarti conquistare da un sorriso e da una fetta di torta.
Un quartiere che invita a fermarsi
La posizione del Cabaret non è casuale: si trova in una zona di Torino molto amata dai torinesi, che qui passeggiano tra negozi, mercati e scorci storici. È un quartiere dove si respira ancora l’atmosfera autentica della città, con il suo mix di tradizione e vitalità moderna.
Fermarsi al Cabaret diventa così parte di un rito quotidiano: una pausa che accompagna le chiacchiere del mattino, gli incontri di lavoro o le merende dei pomeriggi autunnali. Ed è forse proprio questa dimensione di familiarità, intrecciata con la qualità delle proposte, a spiegare perché chi ci entra una volta finisce sempre per tornare.
Noemi Gariano

Il centro di Torino tra storia e sapori: un viaggio nelle piazze del gusto

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Torino è una città che sa sorprendere in molti modi. La sua eleganza sabauda si mostra nelle piazze monumentali, nei palazzi reali, nei portici che sembrano fatti apposta per passeggiare a ogni ora del giorno. Ma ciò che spesso colpisce chi arriva in città è la capacità del capoluogo piemontese di far convivere bellezza e buona cucina. Non serve spostarsi nei quartieri nascosti o nelle trattorie di periferia per scoprire piatti autentici: basta rimanere nel cuore pulsante della città, nelle piazze che hanno fatto la storia, per incontrare ristoranti e locali capaci di portare in tavola l’essenza del Piemonte e non solo. Un itinerario ideale parte da piazza Vittorio Veneto, si allunga fino a piazza Castello e si conclude in piazza San Carlo, tre luoghi che rappresentano anche tre anime gastronomiche diverse, ma ugualmente seducenti.
Piazza Vittorio: foto Vincenzo Solano per il Torinese

 

Piazza Vittorio e il Porto di Savona, un ponte tra mare e montagna
Tra le piazze più grandi e scenografiche d’Europa, piazza Vittorio è da sempre un punto d’incontro per torinesi e turisti. Qui, incorniciato dai portici e con lo sguardo che corre verso la Gran Madre, si trova il Porto di Savona, un ristorante che è ormai un’istituzione. La sua storia è antica, e il nome stesso richiama quel legame che Torino ha sempre mantenuto con la Liguria: un filo ideale che collega la capitale sabauda al mare. Entrare al Porto di Savona significa vivere un’esperienza culinaria completa, capace di unire la cucina piemontese alle suggestioni marinare.
Il menù spazia dalle ricette della tradizione regionale, come gli agnolotti del plin al sugo d’arrosto, piccoli scrigni di pasta che racchiudono un ripieno di carni miste, ai tajarin conditi con un burro profumato e, nelle stagioni giuste, con una pioggia di tartufo bianco d’Alba. Accanto a questi piatti, che profumano di colline e di cascine, si trovano proposte che guardano al mare: trofie al pesto, preparate con un basilico che sprigiona tutta la freschezza ligure, o un risotto ai frutti di mare che ricorda le trattorie dei porti. Tra i secondi spiccano il brasato al Barolo, cotto lentamente fino a diventare tenerissimo, e i fritti misti di pesce, leggeri e croccanti, che fanno viaggiare con il pensiero fino alla Riviera.
Il Porto di Savona è un luogo che riesce a mettere d’accordo tutti: chi cerca la sostanza dei piatti di carne trova soddisfazione, così come chi predilige la delicatezza del pesce. E poi ci sono i dolci, autentiche carezze finali: il bunet al cacao e amaretti, la panna cotta vellutata, i semifreddi che giocano tra cremosità e freschezza. Il tutto servito in un ambiente che conserva il fascino di un tempo, con un servizio attento ma mai invadente. Sedersi qui, in piena piazza Vittorio, significa assaporare la tradizione senza rinunciare al piacere della posizione più centrale e vivace di Torino.
Piazza Castello, tra solennità e cucina piemontese
Proseguendo verso il cuore istituzionale della città si arriva in piazza Castello, centro politico e cerimoniale fin dall’epoca dei Savoia. Qui si respira un’atmosfera più austera, con i palazzi reali e i portici che incorniciano lo spazio aperto. Ma basta entrare nei locali della zona per scoprire un lato più caldo e conviviale, quello della cucina.
I ristoranti che si affacciano su piazza Castello puntano a valorizzare la tradizione piemontese, declinata in mille sfumature. Non mancano i grandi classici: tajarin sottilissimi, tirati a mano, conditi con ragù di carne o semplicemente con burro e salvia; la battuta di fassona, cruda, tenera e saporita, che rappresenta una delle eccellenze assolute della regione; la bagna cauda, servita con verdure di stagione, per chi desidera vivere un’esperienza autenticamente piemontese anche nel cuore della città.
Molti locali, però, scelgono anche di sperimentare, proponendo versioni moderne dei piatti tradizionali. Così si possono incontrare ravioli ripieni di verdure con riduzioni leggere, carni cucinate a bassa temperatura per esaltare i sapori, o dolci che giocano con ingredienti locali come la nocciola delle Langhe e il gianduia. L’atmosfera è resa unica dalla cornice storica: cenare qui significa mangiare sotto lo sguardo dei palazzi sabaudi, in un luogo che racconta secoli di storia e che allo stesso tempo sa accogliere chi cerca il piacere del buon cibo.
Piazza San Carlo, il salotto torinese tra caffè e raffinatezza
E poi c’è piazza San Carlo, spesso definita il “salotto di Torino”. Con le due chiese gemelle a fare da quinta scenografica e la statua equestre di Emanuele Filiberto al centro, questa piazza è il cuore elegante della città. Qui i protagonisti sono soprattutto i caffè storici, veri e propri templi della cultura torinese.
Entrare in uno di questi locali significa fare un salto nel passato: sale decorate, specchi, lampadari e un’atmosfera che richiama le discussioni politiche e letterarie dell’Ottocento. Ma non è solo questione di storia: i caffè di piazza San Carlo offrono piatti caldi e veloci per chi vuole concedersi una pausa, ma soprattutto dolci e specialità che hanno reso Torino celebre. Il gianduiotto, con la sua inconfondibile cremosità; il bicerin, bevanda a base di caffè, cioccolato e panna che è un rito più che un semplice drink; le torte ricche e raffinate che accompagnano le chiacchiere pomeridiane.
Accanto ai locali storici, la piazza ospita anche ristoranti più moderni che offrono una cucina raffinata, capace di guardare al futuro. Si possono trovare menù degustazione che spaziano dal crudo di pesce a piatti vegetariani curati nei dettagli, fino a dessert che combinano tradizione e innovazione. Piazza San Carlo è il luogo perfetto per chi vuole vivere un’esperienza gastronomica completa, circondato dall’eleganza che solo il centro di Torino sa offrire.
Mangiare nelle piazze principali del centro di Torino significa vivere la città in tutte le sue sfaccettature. Piazza Vittorio con il Porto di Savona racconta il dialogo tra Piemonte e Liguria, tra terra e mare. Piazza Castello invita a scoprire i sapori più autentici e solenni della tradizione. Piazza San Carlo, infine, coccola con i suoi caffè storici e le proposte raffinate. È un itinerario che non delude mai: un viaggio a piedi tra architettura e storia, che diventa subito anche un viaggio di sapori.
NOEMI GARIANO

Torino: capitale del Barocco tra palazzi, chiese e monumenti

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Torino è una città che incanta con il suo fascino elegante e la sua ricca eredità artistica. Tra le epoche che hanno definito il suo volto, il Barocco occupa un posto speciale, trasformando la capitale sabauda in un teatro di grandiosità e bellezza. Questa corrente artistica, sviluppatasi tra il XVII e il XVIII secolo, ha influenzato profondamente la città, sia dal punto di vista urbanistico che architettonico, grazie al lavoro di grandi maestri come Guarino Guarini e Filippo Juvarra. Torino, infatti, è un museo a cielo aperto, dove i palazzi, le chiese e i monumenti narrano una storia di potere, fede e splendore artistico.
PALAZZI BAROCCHI: la Torino nobiliare.
I palazzi nobiliari di Torino sono tra i migliori esempi dell’architettura barocca in Italia. Camminando lungo le vie del centro, come Via Po o Via Garibaldi, è possibile ammirare eleganti facciate, portoni monumentali e cortili interni decorati con statue e fontane. Tra i più celebri spicca PALAZZO CARIGNANO, una delle opere più iconiche di Guarino Guarini. Costruito nel 1679, il palazzo si distingue per la sua facciata ondulata in mattoni rossi, un esempio di come il Barocco giochi con forme e volumi per creare un effetto dinamico. Oggi, Palazzo Carignano ospita il Museo Nazionale del Risorgimento, ma un tempo fu sede del primo Parlamento italiano.
Un altro gioiello barocco è PALAZZO BIRAGO DI BORGARO, progettato da Filippo Juvarra. Situato in Via Carlo Alberto, questo palazzo è un esempio di raffinatezza e funzionalità, con interni decorati da affreschi e stucchi che riflettono il gusto della nobiltà torinese dell’epoca. PALAZZO GRANERI DELLA ROCCIA, invece, è famoso non solo per la sua architettura ma anche per aver ospitato eventi culturali e letterari che hanno segnato la vita intellettuale della città.
PALAZZO MADAMA: un viaggio attraverso i secoli; si erge nel cuore di Piazza Castello, è un edificio che racconta la storia di Torino come nessun altro. Nato come Porta Romana, il palazzo è stato trasformato nei secoli fino a diventare una delle residenze preferite delle “Madame Reali”, le potenti reggenti sabaude. La sua trasformazione barocca è opera di Filippo Juvarra, che progettò la monumentale facciata in marmo. Con le sue colonne corinzie, i timpani e le ampie finestre, Juvarra riuscì a creare un’opera che combina eleganza e maestosità. Oggi, il palazzo ospita il Museo Civico d’Arte Antica, un luogo dove storia e arte si incontrano in un percorso che va dal Medioevo al Settecento.
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CHIESE BAROCCHE: la fede diventa spettacolo.
Le chiese barocche di Torino sono capolavori che uniscono devozione e creatività architettonica. La CHIESA DI SAN LORENZO, progettata da Guarino Guarini, è un esempio straordinario di come il Barocco utilizzi la luce e la geometria per creare un’esperienza spirituale unica. L’interno, con la sua cupola complessa e luminosa, sembra dissolversi in un intreccio di archi e aperture, invitando il fedele a guardare verso il cielo.
Un’altra meraviglia è la CHIESA DEI SANTI MARTIRI, situata in Via Garibaldi. Costruita dai Gesuiti, questa chiesa è famosa per i suoi ricchi interni, decorati con marmi policromi, affreschi e stucchi dorati. La CHIESA DELLA CONSOLATA, invece, è un esempio di come il Barocco sia stato utilizzato per rinnovare edifici più antichi. Il santuario, dedicato alla Madonna Consolata, è un luogo di grande devozione popolare, ma anche un capolavoro architettonico, grazie all’intervento di Guarini e Juvarra.
LA BASILICA DI SUPERGA, tra cielo e terra,
è uno dei simboli più riconoscibili di Torino. Situata su una collina che domina la città, la basilica fu progettata da Filippo Juvarra per celebrare la vittoria di Torino sull’assedio francese del 1706. La sua posizione panoramica, combinata con l’imponenza della struttura, rende Superga un luogo unico, dove arte e natura si incontrano. All’interno si trovano le tombe della Famiglia Reale dei Savoia, mentre il piazzale offre una vista mozzafiato dalle Alpi alla città sottostante.
LA REGGIA DI VENARIA è la Versailles piemontese; un altro capolavoro barocco, una delle residenze sabaude più grandiose. Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, la reggia è un esempio perfetto di come il Barocco sia stato utilizzato per glorificare il potere regale. I suoi giardini, la Galleria di Diana e la Cappella di Sant’Uberto sono solo alcune delle meraviglie che attendono i visitatori. Restaurata negli ultimi decenni, la reggia è oggi uno spazio culturale dinamico, che ospita mostre ed eventi internazionali.
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IL BAROCCO NEL TESSUTO URBANO tra piazze e portici.
Il Barocco non si limita ai palazzi e alle chiese, ma definisce anche l’urbanistica di Torino. Le piazze principali, come PIAZZA SAN CARLO, sono esempi di come lo spazio pubblico possa essere trasformato in un luogo di bellezza e armonia. I PORTICI, che si estendono per chilometri, sono un’altra caratteristica unica della città, offrendo riparo e un senso di continuità tra gli edifici.
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TORINO, un patrimonio da vivere, non solo  una città da visitare, ogni strada, ogni palazzo e ogni chiesa raccontano una storia di grandezza e innovazione. Il Barocco, con la sua capacità di sorprendere e affascinare, è parte integrante dell’identità di Torino, una città che continua a incantare chiunque la scopra.
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NOEMI GARIANO

A Torino spopola il brunch: moda o abitudine ormai consolidata?

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Nel cuore di Torino la domenica mattina assume un sapore diverso: non più solo calma, ma anche profumo di pancakes, uova strapazzate e toast con avocado. Il fenomeno del brunch ha preso piede negli ultimi anni e non sembra più soltanto una moda passeggera. Ma cos’è esattamente il brunch, perché piace così tanto ai torinesi e dove provarlo?
Cos’è il brunch e perché piace ai torinesi
Il termine brunch nasce in Inghilterra alla fine dell’Ottocento, dalla fusione di breakfast e lunch. Era un modo per unire colazione e pranzo in un unico momento rilassato, soprattutto la domenica, dopo una lunga dormita. Col tempo il rito è approdato negli Stati Uniti, dove ha trovato la sua consacrazione e negli ultimi anni ha conquistato anche l’Italia.
A Torino, città con una solida tradizione culinaria, il brunch si è integrato perfettamente. È diventato un’occasione per rallentare, ritrovarsi con gli amici o la famiglia e sperimentare una cucina che mescola dolce e salato, tradizione e modernità. Se durante la settimana il ritmo è serrato, la domenica i torinesi scelgono locali accoglienti e curati dove prendersi il tempo per gustare piatti abbondanti e variegati.
I locali più amati in città
L’offerta torinese è ormai ampia. In centro, Sweet Lab è una certezza per chi ama i pancakes soffici e i bagel farciti da accompagnare a caffè americano o spremute fresche. A San Salvario, Adonis Crêperie porta un tocco francese con crepes dolci o salate e galettes ricche di ingredienti. Sempre nello stesso quartiere, Teapot Tisaneria con cucina propone un brunch più raccolto e intimo, con piatti salati che cambiano ogni settimana affiancati da dolci casalinghi.
Per chi cerca un’esperienza più ampia, Casa Fedora organizza una domenica al mese un buffet che spazia dalle torte salate allo yogurt con frutta, dalle pannocchie alle colazioni all’inglese. Fuori dal centro, Casa Goffi in corso Casale offre nei weekend un brunch d’ispirazione anglosassone con uova strapazzate, club sandwich e patatine, il tutto in un’atmosfera conviviale. E per chi vuole il marchio della qualità gastronomica, Eataly Lingotto propone il brunch con un ricco buffet che unisce specialità dolci e salate, dalle focacce alle torte, fino a proposte vegetariane.
Una moda che diventa abitudine
Se all’inizio il brunch sembrava un fenomeno modaiolo, quasi da “Instagram”, oggi a Torino appare come una consuetudine vera e propria. Lo dimostra il numero crescente di locali che lo propongono stabilmente e la varietà delle proposte: dal brunch gourmet a quello più accessibile, dalle versioni vegane a quelle tradizionali. Certo, ci sono anche i lati meno piacevoli, come i prezzi talvolta elevati o le code nei locali più in voga, ma l’impressione è che il brunch abbia ormai trovato casa a Torino.
Per molti torinesi è diventato il modo perfetto per vivere la domenica: un tempo lento, conviviale e gustoso, in cui la città unisce la sua vocazione gastronomica con un’abitudine internazionale che, ormai, si può considerare consolidata.
La tradizione di Torino è sempre stata la “marenda sinòira” oggi conosciuta come “apericena” con i suoi tantissimi e gustosi stuzzichini, oggi si aggiunge anche il brunch, che per molti torinesi è diventato il modo preferito per vivere un tempo lento, conviviale e gustoso, in cui la città unisce la sua vocazione gastronomica con un’abitudine internazionale che, ormai, si può considerare consolidata.
NOEMI GARIANO

Le torte di Torino: una città da gustare morso dopo morso

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Scopri – To alla scoperta di Torino

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Passeggiare per Torino significa anche lasciarsi tentare da profumi e sapori che si diffondono dalle sue caffetterie più caratteristiche. In alcuni angoli del centro e nei quartieri più vivaci si celano piccole meraviglie artigianali, dove il dolce diventa esperienza. C’è un mondo fatto di glassa, burro, impasti profumati e farciture inattese che merita di essere raccontato. Tra le varie realtà che animano la scena cittadina, alcune si distinguono per originalità e cura. Ecco un itinerario del gusto che parte dal cuore di Vanchiglia, attraversa Via Po e tocca un’altra tappa immancabile per gli amanti delle torte fatte come una volta. Un viaggio che non è solo gastronomico, ma anche estetico e affettivo: i luoghi del dolce raccontano storie di città, di passioni e di mani che lavorano con dedizione ogni giorno.
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Caffè Cesare: dolci che raccontano storie
In Via Vanchiglia 9, in una zona che mescola anima studentesca e atmosfere retrò, Caffè Cesare non passa inosservato. Il bancone è un invito continuo alla curiosità, e appena si entra si capisce che qui la pasticceria non è solo una questione di ricette, ma di cultura del gusto. La proposta è sorprendente e variegata, a cominciare dagli alfajores: due biscotti friabili uniti da un generoso strato di dulce de leche, rifiniti con una leggera spolverata di cocco. Un omaggio alla tradizione argentina, che conquista chiunque abbia voglia di provare qualcosa di autentico e diverso.
Ma non finisce qui. La Charlotte all’ananas, elegante nella sua semplicità, è una proposta che pochi conoscono ma che lascia il segno. C’è poi il matcha fresco con fragole pestate, che affianca profumi orientali alla freschezza della frutta, in un contrasto perfettamente bilanciato.
Chi ama le ricette più familiari potrà invece contare su una carrot cake che non tradisce, oppure tuffarsi tra muffin per ogni gusto e palato. Ogni settimana spuntano anche novità fuori menu, che rispecchiano la stagionalità e l’inventiva dello staff.
La vera firma della casa però sono i Crumbl Cookies. Chi entra una volta per provarli, ritorna. Grandi, friabili, burrosi: esistono in infinite combinazioni, come se ogni gusto fosse una tappa di un viaggio. Dal classico cioccolato, passando per cheesecake, red velvet, Lotus, caramello salato, fino al pistacchio, la scelta è praticamente infinita. Qui non si parla di semplici biscotti, ma di piccoli dessert da assaporare con lentezza. Il tutto accompagnato da bevande che escono dalla consuetudine: chai latte profumato, cinnamon caldo e speziato, oppure una lemon cake da gustare con il tè del pomeriggio. Anche il cappuccino ha un tocco personale, decorato con disegni di latte art che rendono ogni tazza un piccolo quadro da bere.
Caffè Cesare è un luogo dove sedersi a leggere, chiacchierare, studiare o semplicemente lasciarsi coccolare da un profumo che cambia ogni giorno. L’arredamento semplice ma curato, i tavolini in legno e la luce naturale che filtra dalle grandi finestre rendono questo posto una seconda casa per molti.
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Caffetteria Clarissa: eleganza, torte e feste sotto i portici
Spostandosi verso il centro storico, in Via Po, la Caffetteria Clarissa si rivela un’altra tappa imperdibile. Un locale dall’anima sontuosa, arredato in tonalità rosso scuro che evocano ambienti retrò, ma mai superati. L’atmosfera è intima, raffinata, ideale per una pausa ma anche per qualcosa di più: qui infatti si organizzano feste di laurea, compleanni e incontri privati nelle sale interne, che assicurano privacy e uno stile unico.
Le torte di Clarissa hanno una personalità precisa: artigianali, curate nei dettagli, con ingredienti selezionati e combinazioni equilibrate. Che si tratti di una classica Sacher, di una millefoglie rivisitata o di una torta moderna al cioccolato e lamponi, ogni fetta racconta una ricerca e un amore per la pasticceria fatta con passione. Il personale accoglie sempre con un sorriso e sa consigliare chi cerca qualcosa di particolare per una ricorrenza o semplicemente per sé. L’attenzione al cliente è un altro ingrediente che fa la differenza.
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Berlicabarbis: l’altra dolce faccia di Torino (FOTO DI COPERTINA)
Infine, non si può concludere un giro tra le torterie di Torino senza citare Berlicabarbis. Il nome è già una dichiarazione d’intenti, un richiamo al dialetto piemontese che promette dolcezza. Qui le torte sono protagoniste assolute: alte, colorate, spesso scenografiche. I gusti variano a seconda delle stagioni e dell’ispirazione del momento, ma ciò che non cambia è la sensazione di casa che si respira appena varcata la soglia.Berlicabarbis è un rifugio per chi cerca una pausa sincera, un luogo che mette d’accordo amanti della pasticceria classica e fan delle novità. Tra cheesecake, crostate, torte di mele, red velvet e brownies, si può passare un pomeriggio senza accorgersi del tempo che scorre. Il locale ha anche una vena giocosa, con arredi colorati e citazioni sparse qua e là, che lo rendono perfetto per chi ama un tocco di originalità. Non è raro vedere clienti scattare foto alle vetrine prima ancora di ordinare: qui anche l’occhio vuole la sua parte.
In queste tre caffetterie Torino si racconta attraverso il dolce. Ogni torta è un gesto, una piccola forma di accoglienza, un invito a fermarsi. In un mondo che corre veloce, i profumi che escono da questi forni ci ricordano che a volte basta un biscotto ben fatto per cambiare il ritmo della giornata. E in una città che unisce tradizione e innovazione, sedersi davanti a una fetta di torta è anche un modo per sentirsi, per un attimo, nel posto giusto al momento giusto.
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NOEMI GARIANO

Il segreto delle Porte Palatine: tra storia romana e suggestioni medievali

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SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO
Passeggiare oggi in piazza Cesare Augusto, nel cuore di Torino, significa compiere un salto indietro di duemila anni. Tra il traffico cittadino, i palazzi moderni e la vita frenetica del centro, all’improvviso si aprono davanti agli occhi le Porte Palatine, imponenti e silenziose.
Le Porte Palatine non sono solo un monumento. Sono un ponte tra epoche diverse, un luogo dove storia e leggenda si intrecciano. Forse per questo, ancora oggi, continuano ad affascinare torinesi e turisti, attirando chi vuole scoprire un lato più intimo e antico della città.
Una delle porte meglio conservate dell’Impero romano
All’epoca della sua fondazione, Julia Augusta Taurinorum era una città strategica: sorgeva lungo la via che collegava Roma alla Gallia e, in seguito, alle province settentrionali dell’Impero. La città era protetta da mura poderose e quattro porte principali permettevano l’accesso da ogni lato.
Le Porte Palatine erano l’ingresso settentrionale, quello che conduceva verso Ivrea e le vallate alpine. Oggi sono considerate uno dei migliori esempi di architettura romana conservati in Italia.
Nonostante le vicissitudini dei secoli, la struttura ha mantenuto intatto il suo fascino. Non è un caso che il sito sia stato inserito nel percorso di Torino romana e che rappresenti una delle mete preferite da chi vuole conoscere la città partendo dalle sue radici.
Dal Medioevo alla rinascita
Dopo la caduta dell’Impero romano, le Porte Palatine conobbero un periodo di abbandono. Come molte strutture antiche, furono inglobate nelle nuove costruzioni medievali e in parte smantellate per riutilizzare i materiali.
Nel corso del Medioevo, le torri furono trasformate in fortificazioni e poi in dimore nobiliari.
Fu solo tra il XVIII e il XIX secolo, con l’arrivo dei Savoia e la crescente attenzione per le origini della città, che le Porte Palatine tornarono al centro dell’interesse culturale. Gli scavi archeologici avviati nell’Ottocento riportarono alla luce gran parte della struttura originaria, restituendole dignità storica e valore artistico.
Leggende e suggestioni
Intorno alle Porte Palatine non si intrecciano solo fatti storici, ma anche leggende popolari che contribuiscono al loro fascino misterioso.
Una delle più note riguarda l’imperatore Augusto. Si dice che, poco dopo la fondazione della città, egli vi si sia recato di persona per benedire il passaggio delle legioni. Secondo la tradizione, avrebbe pronunciato parole propiziatorie per il futuro di Torino. Non ci sono prove storiche, ma la leggenda ha alimentato per secoli l’immaginario collettivo.
Un’altra suggestione riguarda le energie esoteriche. Torino è famosa per essere parte del cosiddetto “triangolo della magia bianca”, insieme a Lione e Praga. Alcuni sostengono che proprio le Porte Palatine siano uno dei nodi energetici più potenti della città. Non ci sono conferme scientifiche, ovviamente, ma basta visitare il sito di notte per percepire un’atmosfera diversa, sospesa, quasi fuori dal tempo.
Le Porte Palatine oggi
Oggi le Porte Palatine sono al centro di un grande progetto di valorizzazione promosso dal Comune di Torino. L’area circostante è stata riqualificata, con nuovi percorsi pedonali, pannelli informativi e visite guidate organizzate in collaborazione con il Museo di Antichità.
NOEMI GARIANO

Psicologia e salute mentale: nuove sfide per i torinesi

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Negli ultimi anni, la salute mentale è diventata un tema sempre più centrale anche a Torino. La pandemia prima, la crisi economica e sociale poi, hanno contribuito a modificare profondamente il modo in cui i torinesi percepiscono il proprio benessere psicologico. Se un tempo rivolgersi a uno psicologo era spesso considerato un tabù, oggi la situazione sta cambiando: sempre più persone scelgono di chiedere aiuto, riconoscendo l’importanza di prendersi cura della propria mente così come del proprio corpo.
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Ordine degli Psicologi del Piemonte, negli ultimi tre anni le richieste di colloqui psicologici nella provincia di Torino sono aumentate di circa il 35%. In particolare, sono cresciute le domande di sostegno legate a stress lavorativo, ansia e difficoltà relazionali. A incidere sono anche fattori come la precarietà economica, l’incertezza sul futuro e l’isolamento sociale che, in alcuni casi, hanno lasciato segni profondi.
Una città che cambia, nuove necessità
Torino è una città dinamica e in continua trasformazione. L’intensificazione dei ritmi di vita, la pressione legata alle performance professionali e scolastiche, unita alle difficoltà nel conciliare vita privata e lavoro, hanno portato molti torinesi a sperimentare sintomi di burnout e disagio emotivo.
Sempre più giovani tra i 20 e i 30 anni, ma anche adulti in età lavorativa, si avvicinano a percorsi di supporto psicologico per gestire ansia, bassa autostima e difficoltà decisionali.
“Non è un segno di debolezza, ma di consapevolezza” spiegano diversi professionisti torinesi. “Chiedere aiuto permette di trovare strumenti per affrontare i momenti difficili e prevenire il peggioramento del disagio”.
Il ruolo delle scuole e delle famiglie
Un altro fenomeno che emerge con forza riguarda gli adolescenti. Secondo alcune stime locali, negli istituti superiori torinesi circa un ragazzo su cinque manifesta segnali di ansia da prestazione, difficoltà relazionali o sintomi depressivi.
Per questo motivo, molte scuole della città stanno introducendo sportelli di ascolto psicologico, offrendo agli studenti un punto di riferimento sicuro dove esprimere le proprie paure e imparare a gestire meglio le emozioni.
Anche le famiglie torinesi stanno iniziando a guardare alla psicologia con occhi diversi. La generazione dei genitori di oggi, rispetto al passato, tende a essere più aperta nel considerare il supporto psicologico come un’opportunità, non come un marchio di fragilità.
Verso una nuova consapevolezza
L’attenzione crescente verso la salute mentale sta spingendo Torino a sviluppare una rete sempre più ampia di servizi di prevenzione e progetti di sensibilizzazione. Dalle iniziative promosse dall’ASL cittadina agli incontri organizzati nei quartieri, fino alle attività delle associazioni locali, l’obiettivo è comune: abbattere lo stigma e diffondere una cultura del benessere psicologico accessibile a tutti.
Gli esperti sottolineano però che la strada è ancora lunga. Nonostante la maggiore apertura, persistono barriere culturali e, soprattutto, economiche: il costo delle sedute resta spesso un ostacolo per molte famiglie. Per questo, si moltiplicano le richieste di percorsi agevolati e sportelli gratuiti, con il supporto delle istituzioni locali.
Un cambiamento in atto
Se c’è un messaggio che Torino sta lanciando, è che occuparsi della propria mente non è un lusso, ma una necessità. La psicologia sta uscendo dal silenzio e diventando una risorsa concreta per affrontare le sfide quotidiane, migliorare la qualità della vita e costruire una comunità più consapevole.
In un periodo storico complesso, la salute mentale non può più essere considerata un tema di nicchia: riguarda tutti. E Torino, con le sue iniziative e la crescente sensibilità dei cittadini, sembra pronta ad accettare la sfida.
Noemi Gariano
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