Scopri - To

Il Mulino: come la famiglia Brigatti ha trasformato un sogno in un’eccellenza

SCOPRI – TO    ALLA SCOPERTA DI TORINO

Stefano Brigatti, ristoratore piemontese nato e cresciuto a Torino, ci racconta la storia della sua ascesa e di quella della sua famiglia, in uno dei ristoranti più apprezzati del panorama torinese. Il Mulino, inizialmente preso in gestione dal padre, è stato poi portato avanti con determinazione da Stefano e dai suoi quattro fratelli. Oggi, dopo anni di impegno e sacrifici, il ristorante è diventato un punto di riferimento per gli amanti della buona cucina, riconosciuto tra i migliori locali dell’area torinese.

L’INTERVISTA A STEFANO BRIGATTI

D: Benvenuto su Il Torinese Stefano, come hai iniziato a lavorare al Mulino?

R: Il Mulino era già un ristorante avviato quando ho iniziato a lavorarci. Da piccolo appena iniziai lì la mia esperienza mi occupavo solo di lavare i piatti. Poi, crescendo, decisi di aprire una pizzeria con alcuni soci. Nel frattempo, mio padre Gianni prese in gestione il ristorante, Il Mulino, con l’aiuto di mia mamma Simona. Col passare del tempo, i miei fratelli iniziarono a dar loro una mano, fino a che tornai anch’io. Poco a poco, ci ritrovammo a gestire il Mulino tutti insieme, con l’intera famiglia: io, Riccardo, Chiara, ViolaSara e i nostri genitori.

D: C’è stato un momento della tua carriera particolarmente difficile?

Sì, c’è stato un periodo difficile quando sono tornato al Mulino dopo aver lasciato la pizzeria. Ho avuto qualche conflitto con un grande amico che lavorava nel ristorante. Purtroppo, a volte l’amicizia e il lavoro non sono facili da conciliare. Tuttavia, siamo riusciti a chiarirci, ci siamo separati professionalmente, ma l’amicizia è rimasta intatta e lui continua a essere una persona molto importante nella mia vita.

D: Come hai imparato questo mestiere?

Ho imparato osservando. Ho iniziato a lavorare in ogni locale come lavapiatti fin da bambino. A soli quattordici anni, andavo ad aiutare mio zio, che aveva un ristorante molto famoso in Francia. Mentre lavavo le stoviglie, osservavo con attenzione ogni fase della preparazione delle ricette, cercando di seguire ogni passo con cura. Il mio obiettivo era imparare a fondo, fino al giorno in cui avrei finalmente potuto mettere in pratica ciò che avevo visto. E così è stato.

D: Il ristorante Il Mulino è molto conosciuto soprattutto per gli agnolotti al sugo d’arrosto, ci racconti qual è il segreto?

Gli agnolotti sono preparati seguendo una ricetta tramandata da nostra nonna Lella. Ogni Natale ci preparava sempre gli agnolotti, e io e i miei fratelli ce ne siamo innamorati. Successivamente, nostro padre ha imparato la ricetta e ce l’ha insegnata. Non posso svelare tutti i segreti, ma posso dirti che utilizziamo diversi tipi di carne all’interno, il che rende il ripieno ancora più saporito. Inoltre, ogni agnolotto viene rigorosamente tirato a mano, uno per uno, senza l’uso della macchina per stendere la pasta. Quasi ogni mattina, insieme ai miei fratelli, ci riuniamo per preparare la pasta fresca in casa, perché vogliamo sempre offrire il meglio ai nostri clienti.

D: Anche i prodotti che comprate sono tutti di altissima qualità, so che avete un macellaio di fiducia dove prendete la carne di fassona per gli antipasti e i secondi e dove potete per la verdura i fornite dai piccoli agricoltori del territorio.

Sì, ci teniamo moltissimo a utilizzare prodotti a chilometro zero, scelti con attenzione per garantire la massima qualità. Vogliamo che anche i piatti più semplici siano unici, e la carne di fassona, che usiamo per la battuta al coltello, è un esempio perfetto. La condiamo con un filo d’olio e un po’ di sale, proprio per esaltarne la freschezza. Tra i nostri secondi piatti ci sono lo stracotto, il filetto, l’arrosto, accompagnati da contorni che variano a seconda della stagionalità. In primavera, per esempio, prepariamo piatti con asparagi freschi e funghi, utilizzandoli per risotti o pasta fatta in casa. Non mancano poi il Brandacujun, i peperoni con la Bagna Cauda, i flan, gli gnocchi al Castel Magno e tante altre specialità.

D: D’estate avete anche la paella, come mai in un ristorante piemontese troviamo un piatto tipico spagnolo?

Io e i miei fratelli amiamo viaggiare, esplorare nuove culture e fare esperienze diverse. Questo ci spinge ad assaporare prodotti nuovi e a portarli nel nostro ristorante. È il caso della paella, che proponiamo durante l’estate, ma anche di altri piatti che abbiamo scoperto in viaggio, come le zuppe di cocco e il platano fritto, che abbiamo introdotto dopo il ritorno di mia sorella dal Sud America. Inoltre, prepariamo anche la fregola sarda, sempre fatta interamente a mano da noi.

D: Oltre alla qualità del cibo, so che avete una grande attenzione anche per la selezione dei vini. È vero?

R: Assolutamente, è vero. Mio padre ha sempre dedicato molta cura nella ricerca dei migliori vini, girando di cantina in cantina nelle provincie del Piemonte. Non solo nelle Langhe, ma anche nel Monferrato, nel Canavese e in molte altre zone rinomate per la produzione vinicola. Ha sempre dato grande importanza anche al rapporto qualità-prezzo, selezionando vini che, pur rappresentando l’eccellenza del nostro territorio, siano accessibili e in grado di soddisfare ogni cliente. La nostra filosofia è quella di portare nel ristorante vini che raccontano il territorio e che possano esaltare ogni piatto, per offrire un’esperienza completa e soddisfacente.

D: Il vostro locale è molto particolare anche esteticamente, all’esterno non troviamo l’insegna e all’interno le pareti sono dipinte a mano da voi.

Sì, ci teniamo che i nostri ospiti si sentano come a casa. Per questo motivo abbiamo scelto di non mettere l’insegna, preferendo un’atmosfera più intima e accogliente. Le pareti le abbiamo dipinte noi, tutti insieme. Sara ha creato la base del dipinto e poi noi l’abbiamo colorato. Siamo una famiglia molto unita e questo spirito di collaborazione ci porta a fare tutto insieme, anche quando si tratta di aspetti creativi come questo.

D: Se il dovessi descrivere il tuo locale con una parola quale sarebbe?

R: Famiglia, ma non solo la nostra, quella dei genitori e dei fratelli. È una famiglia che si è allargata nel tempo, includendo tutte le persone che, con passione e dedizione, hanno lavorato con noi. Molti di loro sono diventati amici, sono entrati nei nostri cuori e sono ormai parte integrante di questa realtà. La nostra famiglia non è solo quella di sangue, ma è anche quella che si è creata con chi ha condiviso con noi sogni, fatiche e successi, proprio come i nostri clienti, che consideriamo parte di questo percorso

D: Il Mulino non è solo un ristorante, ma un riflesso dell’impegno e della passione di una famiglia unita. Stefano, insieme ai suoi fratelli, ha saputo portare avanti una tradizione che affonda le radici nel cuore della cucina piemontese, senza mai dimenticare l’importanza dell’innovazione e della qualità. Ogni piatto racconta una storia di cura, dedizione e amore per il territorio, con un tocco personale che fa sentire ogni ospite come a casa. Il Mulino è il luogo dove il gusto si fonde con l’autenticità, dove il calore di una famiglia e la bellezza della tradizione sono il vero ingrediente segreto del successo. Grazie Stefano per averci raccontato la vostra bellissima storia.

R: Grazie a voi, vi aspetto!

 

Noemi Gariano

Torino, Città degli Innamorati: Itinerari tra Passione e Storia

SCOPRI – To  ALLA SCOPERTA DI TORINO 
Torino offre agli innamorati scorci affascinanti e atmosfere uniche in ogni angolo della città, racchiudendo un pezzo di storia e un tocco di romanticismo.
Cominciamo con alcuni degli itinerari romantici presenti in questa splendida città sabauda, una passeggiata nel cuore del centro storico partendo da Piazza Castello con i suoi eleganti portici e i palazzi storici, la bellezza regale del Palazzo Reale e di Palazzo Madama crea un’atmosfera senza tempo, attraversando poi Via Po si arriva fino a Piazza Vittorio Veneto una delle piazze più grandi d’Europa con vista sul fiume più lungo d’Italia, il lungo Po che rappresenta uno dei luoghi più suggestivi della città, perfetto per lunghe passeggiate mano nella mano, il Ponte Vittorio Emanuele I° conduce alla chiesa della Gran Madre e alla salita verso il Monte dei Cappuccini uno dei punti panoramici più spettacolari di Torino dove ammirare il tramonto sui tetti della città e la magia delle luci che si accendono rende questo luogo una tappa obbligata per chi cerca momenti romantici.
Continuiamo con i Giardini Segreti e i romantici parchi.
Torino è una città verde ricca di giardini e parchi ideali per chi desidera un momento di tranquillità immerso nella natura come il Parco del Valentino che è senza dubbio il più iconico con i suoi viali alberati, le panchine appartate e il suggestivo Borgo Medievale che ricrea un’ambientazione ed un’atmosfera da favola; camminare lungo il fiume tra alberi secolari e fontane consente di ritagliarsi attimi di dolcezza lontano dalla frenesia urbana. All’interno del parco si trova il Giardino Roccioso,  un angolo incantato con ruscelli e ponticelli perfetto per una dichiarazione d’amore. Un altro paio di luoghi speciali sono il Parco della Tesoriera con il suo elegante viale centrale e la villa storica che lo rende uno dei giardini più romantici della città e, per chi desidera un’atmosfera ancora più esclusiva, vale la pena scoprire il Parco del Nobile sulla collina torinese un’oasi poco conosciuta, ma ricca di fascino ideale per un picnic al tramonto o una passeggiata tra i sentieri alberati.
Dulcis in fundo occorre scoprire i luoghi perfetti per una Cena Romantica e un Brindisi d’Amore.
Per concludere una giornata all’insegna del romanticismo Torino offre una vasta scelta di ristoranti e caffè storici perfetti per una cena a lume di candela; il Caffè Fiorio in Via Po con la sua atmosfera d’altri tempi è l’ideale per gustare un “bicerin” torinese tra arredi eleganti e specchi dorati. Per chi cerca un ristorante con vista può optare per i locali sulle colline torinesi come Villa Somis o il Ristorante del Cambio che unisce storia e raffinatezza; la tradizione gastronomica piemontese offre piatti ricchi di sapore da gustare accompagnati da un buon bicchiere di Barolo o Nebbiolo mano nella mano.
Per chi preferisce un’esperienza più informale ma altrettanto romantica il Quadrilatero Romano è il quartiere perfetto con le sue piazzette illuminate e i locali intimi dove sorseggiare un cocktail e condividere un momento speciale con la propria dolce metà.
Un’alternativa che è anche un ultimo tocco di magia ed un salto nel passato può essere quella di cenare in alcuni particolari tram storici che attraversano il centro di questa splendida città sabauda scoprendo scorci serali magnifici e permettono di degustare cene decisamente romantiche ed indimenticabili a lume di candela, .
e suggellare una giornata speciale magari  con una promessa d’amore.
NOEMI GARIANO

“Delfino Blu”, quando l’alta classe incontra la ristorazione

SCOPRI – TO   Alla scoperta di Torino

Torino capoluogo sabaudo in cui l’eleganza regna in moltissimi edifici e locali storici, tra di essi il noto ristorante di pesce “Il Delfino Blu”.
Il locale rappresenta da oltre quattro decenni un punto di riferimento per gli amanti della cucina a base di pesce nel capoluogo piemontese. Fondato e gestito dal Cavalier Peter, il locale si distingue per l’eccellenza delle sue proposte culinarie e per un ambiente elegante e raffinato.
Il Delfino Blu è situato in Corso Orbassano 277, varcandone la soglia l’atmosfera è molto accogliente, la Sala Delfino ha grandi tavoli rotondi e poltrone dorate, ai lati il locale è interamente vetrato con maestose tende blu e oro, grandi lampadari e profumi deliziosi rendono il ristorante unico nel panorama piemontese. Poi vi è la Sala Royal dove il colore preponderante è l’oro con grandi lampadari di cristallo, una lussuosa moquette e un pianoforte; la sala ospita fino a 70 persone dove si respira uno stile unico e ricercato molto adatto anche per le cerimonie.
Il locale ha anche un dehor esterno molto raffinato riscaldato d’inverno ideale per cene romantiche a lume di candela con una preziosa moquette sul pavimento e le sue poltrone rosse.
Le offerte culinarie sono molteplici dagli antipasti con ostriche, gamberi, tartare e carpacci freschi ai primi come i paccheri al ragù di spada, gli spaghetti all’astice e molti altri, tra i secondi vi è il pesce fresco, la grigliata di mare e il fritto misto.
Il fulcro del ristorante è il suo fondatore e chef, il Cavalier Peter, che inaugurò il Delfino Blu quasi quarant’anni fa; prima di questo locale in realtà aprì altri noti e prestigiosi locali nel capoluogo piemontese come ad esempio il Maxim.
Le esperienze passate portarono il Cavalier Peter alla decisione di aprire un locale più grande, di alta classe e con una proposta unica per i torinesi grazie ai crudi di pesce ancora poco usati nella cucina Piemontese negli anni ’90.
Peter aveva solo 30’anni quando ha aperto Il Delfino Blu con questa sua intuizione controcorrente che poteva essere anche un grande rischio ma i torinesi apprezzarono fin da subito l’innovazione, in particolare il suo piatto più noto “Le Plateau Royal”, un’esplosione di pesce crudo di ogni tipo servito su un grande piatto ornamentale, ancora oggi richiesto da moltissimi clienti. Peter riesce ad accontentare anche la clientela più esigente e negli anni ha aggiunto anche qualche piatto di carne per accontentare chi non ama il pesce.
Moltissimi clienti sono a lui fedeli da ormai più di quarant’anni e lui si affida a loro per testare le novità. Peter crede molto nell’unicità e nell’eccellenza, ha sempre viaggiato molto proprio per scoprire nuove realtà e farsi contagiare da idee del tutto particolari, come i lampadari del suo locale progettati da un suo caro amico di Dubai con cristalli e decorazioni dorate.
Ma le novità non finiscono quI il titolare del Delfino Blu ha creato da poco un nuovissimo piatto molto particolare che convincerà anche i palati più difficili, ma ancora non si può svelare… e noi l’aspettiamo con l’acquolina in bocca.
.
NOEMI GARIANO

Le Icone di Stile Torinesi. Chi Sono e Perché Sono Importanti

/

SCOPRI – TO    ALLA SCOPERTA DI TORINO

.
Torino, con il suo fascino discreto e il suo legame indissolubile con la storia e l’innovazione, è stata la culla di molte figure che hanno plasmato il concetto di “stile”. Le icone torinesi hanno rappresentato molto più che moda; esse hanno incarnato l’eleganza, l’ingegno e il gusto e questa qualità definiscono il capoluogo piemontese. Attraverso epoche diverse, alcune personalità hanno segnato la cultura e lo stile di Torino, diventando veri e propri simboli di una città che sa distinguersi senza ostentazioni.
.
Gianni Agnelli e La Classe Discreta del Potere.
Uno dei nomi che più risuona quando si parla di Torino e di stile è quello di Gianni Agnelli, l’Avvocato. Agnelli ha rappresentato non solo il potere e il successo economico, ma anche un modello di eleganza senza tempo. La sua capacità di abbinare abiti classici a dettagli unici, come l’orologio sopra il polsino della camicia, ha ridefinito il concetto di abbigliamento formale maschile. Per Agnelli, ogni dettaglio contava e ogni scelta stilistica era una dichiarazione di indipendenza. Non si trattava solo di apparire impeccabile, ma di esprimere la sua personalità attraverso uno stile inimitabile che continua a essere fonte d’ispirazione per uomini di ogni generazione. La sua influenza non si limitava all’Italia: l’Avvocato è stato riconosciuto come un’icona internazionale, dimostrando che il gusto torinese può essere universale.
.
La Regina Margherita.
Prima ancora di Gianni Agnelli, Torino aveva già una figura iconica legata alla moda e allo stile: la Regina Margherita.
La prima Regina d’Italia ha portato la sua raffinatezza e il suo amore per l’arte e la cultura nella corte torinese, trasformando il Palazzo Reale in un centro di eleganza e innovazione. Nota per il suo gusto impeccabile, la Regina Margherita ha reso popolari tessuti pregiati, gioielli opulenti e uno stile che combinava elementi tradizionali con influenze internazionali. Il suo ruolo nella promozione delle arti e della moda in Piemonte è stato cruciale, contribuendo a posizionare Torino come un centro di creatività e stile già nel XIX secolo. Ancora oggi il suo nome evoca un’immagine di eleganza regale che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della città.
.
Donne e Stile: L’Eleganza Femminile Torinese
.
Eleonora Duse.
Molte donne torinesi hanno lasciato il segno nel mondo dello stile. Attrici come Eleonora Duse, nata a pochi passi da Torino, ha rappresentato l’eleganza e il carisma italiano a livello internazionale. La sua capacità di portare emozione e profondità nei suoi ruoli ha influenzato il modo in cui la femminilità e la moda sono state percepite nel mondo del teatro e oltre.
.
Rita Pavone.
Anche la cantante e attrice torinese Rita Pavone, con il suo stile unico e audace, ha incarnato lo spirito innovativo e la creatività della città negli anni Sessanta, diventando un simbolo della rivoluzione culturale e stilistica dell’epoca.
.
Torino è anche la patria di molte personalità moderne che continuano a rappresentare lo stile torinese. Tra queste, spiccano artisti, designer e personaggi pubblici che hanno saputo reinterpretare il concetto di eleganza. Il mondo della moda contemporanea torinese è stato influenzato da stilisti emergenti che hanno trovato nella città un terreno fertile per la loro creatività. Alcuni di loro hanno portato il Made in Italy torinese a livelli internazionali, mescolando tradizione e modernità in modi unici. Torino è anche il palcoscenico di eventi come la Torino Fashion Week, che ha dato voce a giovani talenti locali e internazionali, contribuendo a consolidare l’immagine della città come hub creativo.
.
Torino Oggi: Eleganza e Sostenibilità per il Futuro.
Oggi, la città continua a essere un punto di riferimento per il mondo dello stile. Torino ospita designer che combinano sostenibilità e innovazione, rispecchiando i valori moderni senza perdere di vista l’eredità storica. Boutique nascoste, atelier artigianali e giovani marchi stanno ridefinendo l’estetica torinese, portandola verso un futuro in cui la tradizione si fonde con la modernità. Personalità influenti, come designer emergenti e influencer locali, stanno usando i social media per raccontare la loro visione dello stile torinese a un pubblico globale.
Torino, quindi, non è solo una città ricca di storia e cultura, ma anche un simbolo di stile che continua a evolversi. Dalle icone storiche come Gianni Agnelli e la regina Margherita, fino alle nuove generazioni di creativi, Torino ha sempre saputo esprimere un’eleganza discreta ma potente, capace di influenzare il mondo ben oltre i confini del Piemonte rappresentando al meglio il carattere e la qualità dalla sua gente.
.
Noemi Gariano

L’hair stylist torinese campione del mondo

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO
Quando ha aperto il suo primo salone ha rischiato di doverlo chiudere perché era definito troppo moderno, ma lui non ha mai mollato e nel 2019 vince il premio come miglior hair stylist italiano e poi nel 2022 si aggiudica il primo posto nella più importante categoria mondiale per parrucchieri. Lui è Lorenzo Marchelle, direttore del noto salone torinese “Attilio Artistic Team” che insieme alla storica barberia “Attilio barber shop” fondata dal padre, è oggi tra le eccellenze piemontesi nel settore. Lorenzo racconta a noi del Torinese come è arrivato al successo attuale.
L’INTERVISTA
D: Ciao Lorenzo, a che età hai iniziato a lavorare e come è nata questa passione?
R: Ho iniziato all’età di quindici anni da mio papà, ma volevo cambiare fare cose diverse, il mio obiettivo era differenziarmi e puntai fin da subito sul diventare un hair stylist per le donne, così nel 2012, avevo 23 anni, aprii il mio negozio, pian piano ne trasformai il nome in “Attilio Artistic Team” e qualche anno dopo proposi i miei corsi di formazione e divenni la prima accademia di parrucchieri dal vivo.
D: Da lì hai anche partecipato a numerose Fashion Week: New York, Londra, Milano, Parigi, com’è lavorare a contatto con quel tipo di realtà? Ti è mai capitato di esserti adeguato a ciò che voleva la moda attuale e non ciò che tu avresti voluto fare?
R: Partecipare alle Fashion Week e poi al Festival di Venezia sono state delle esperienze uniche, può capitare che qualcuno ti dica cosa fare, ma io non l’ho mai ascoltato, ho sempre preferito fare di testa mia, sempre chiaramente con l’umiltà di apprendere da persone ancora più esperte ma senza mai adeguarmi a cose che non erano nel mio stile. Un parrucchiere è un artista, deve poter creare come desidera per essere unico e sperimentare tutto il suo estro, se ci incaselliamo in degli standard diventiamo tutti uguali e la popolazione non può neanche più scegliere cosa gli piace davvero perché non hai più alternative, io sono per la libertà e per la scelta personale di ognuno sempre e in qualunque campo.
D: A proposito di essere artista, se una tua cliente ti chiede di acconciarla in un modo che a te non piace non glielo fai? Spesso si dice che, quando si richiede una spuntatina ai capelli, il parrucchiere poi ti crea un caschetto!
R: Mah no, non lo farei mai! (risata) quando si è alle sfilate o agli eventi dimostro me stesso al cento per cento, ma in salone per me il cliente è al centro, se la persona desidera un colore o un taglio di un certo tipo anche se, secondo me, sarebbe meglio fare diversamente posso consigliarla, ma poi eseguo precisamente quello che mi ha chiesto. È fondamentale comprendere chi abbiamo davanti, è un lavoro fatto anche di grande empatia e io ho il massimo rispetto per i miei clienti, ci tengo che escano sempre con il sorriso e abbiano voglia di tornare perché sanno di potersi fidare.
D: Tornando ai tuoi numerosissimi premi nel 2023 vieni selezionato per “l’Alternative Hair Show” di Londra, che è, per semplificare, il premio più ambito al mondo per il settore hair e vinci la categoria più importante.
R: Sì è uno show molto particolare coinvolge più di tremila spettatori dal vivo e i proventi dei biglietti vanno a favore dei bambini malati di Leucemia. In questo evento ci sono numerose sfide in cui i parrucchieri che arrivano da tutto il mondo devono superare e io sono riuscito ad aggiudicarmi il primo premio.
D: Hai mai avuto dei momenti di profonda crisi?
R: Sì spesso vado all’estero per apprendere le novità e un anno mentre ero a New York mi sono sentito perso, a Torino lavoravo sette giorni su sette, a New York avevo più tempo per me e in quel tempo ho avuto un grande momento di sconforto, ho pensato di mollare tutto, poi grazie all’aiuto di Simona la mia migliore amica e al mio fantastico team di collaboratori ho capito che avevo dato il massimo per tanti anni e che non potevo buttare tutto all’aria. Questo è successo prima di vincere il famoso premio mondiale, se mi fossi arreso non l’avrei mai vinto.
D: La tua esperienza può essere d’esempio a tante persone di qualunque età che hanno magari idee diverse dagli altri si sentono giudicate e quindi non osano, bisognerebbe invece non aver paura della propria unicità perché in un mondo che ci vuole tutti uguali è proprio quello che ci fa distinguere ed emergere dal rumore di fondo.
R: Esattamente ed è fondamentale credere in se stessi, la nostra vita è fragile, purtroppo io ho perso mio fratello Simone anni fa e ho capito quanto valga la gioia di vivere ogni giorno dando il massimo perché solo così possiamo dire di aver vissuto davvero!
Grazie Lorenzo, i tuoi spunti sono sicuramente molto interessanti e preziosi per chi ne vuole far tesoro.
Grazie a voi, è stato un piacere.
NOEMI GARIANO

Torino: capitale del Barocco tra palazzi, chiese e monumenti

/

Scopri – To      Alla scoperta di Torino

.
Torino è una città che incanta con il suo fascino elegante e la sua ricca eredità artistica. Tra le epoche che hanno definito il suo volto, il Barocco occupa un posto speciale, trasformando la capitale sabauda in un teatro di grandiosità e bellezza. Questa corrente artistica, sviluppatasi tra il XVII e il XVIII secolo, ha influenzato profondamente la città, sia dal punto di vista urbanistico che architettonico, grazie al lavoro di grandi maestri come Guarino Guarini e Filippo Juvarra. Torino, infatti, è un museo a cielo aperto, dove i palazzi, le chiese e i monumenti narrano una storia di potere, fede e splendore artistico.
PALAZZI BAROCCHI: la Torino nobiliare.
I palazzi nobiliari di Torino sono tra i migliori esempi dell’architettura barocca in Italia. Camminando lungo le vie del centro, come Via Po o Via Garibaldi, è possibile ammirare eleganti facciate, portoni monumentali e cortili interni decorati con statue e fontane. Tra i più celebri spicca PALAZZO CARIGNANO, una delle opere più iconiche di Guarino Guarini. Costruito nel 1679, il palazzo si distingue per la sua facciata ondulata in mattoni rossi, un esempio di come il Barocco giochi con forme e volumi per creare un effetto dinamico. Oggi, Palazzo Carignano ospita il Museo Nazionale del Risorgimento, ma un tempo fu sede del primo Parlamento italiano.
Un altro gioiello barocco è PALAZZO BIRAGO DI BORGARO, progettato da Filippo Juvarra. Situato in Via Carlo Alberto, questo palazzo è un esempio di raffinatezza e funzionalità, con interni decorati da affreschi e stucchi che riflettono il gusto della nobiltà torinese dell’epoca. PALAZZO GRANERI DELLA ROCCIA, invece, è famoso non solo per la sua architettura ma anche per aver ospitato eventi culturali e letterari che hanno segnato la vita intellettuale della città.
PALAZZO MADAMA: un viaggio attraverso i secoli; si erge nel cuore di Piazza Castello, è un edificio che racconta la storia di Torino come nessun altro. Nato come Porta Romana, il palazzo è stato trasformato nei secoli fino a diventare una delle residenze preferite delle “Madame Reali”, le potenti reggenti sabaude. La sua trasformazione barocca è opera di Filippo Juvarra, che progettò la monumentale facciata in marmo. Con le sue colonne corinzie, i timpani e le ampie finestre, Juvarra riuscì a creare un’opera che combina eleganza e maestosità. Oggi, il palazzo ospita il Museo Civico d’Arte Antica, un luogo dove storia e arte si incontrano in un percorso che va dal Medioevo al Settecento.
.
CHIESE BAROCCHE: la fede diventa spettacolo.
Le chiese barocche di Torino sono capolavori che uniscono devozione e creatività architettonica. La CHIESA DI SAN LORENZO, progettata da Guarino Guarini, è un esempio straordinario di come il Barocco utilizzi la luce e la geometria per creare un’esperienza spirituale unica. L’interno, con la sua cupola complessa e luminosa, sembra dissolversi in un intreccio di archi e aperture, invitando il fedele a guardare verso il cielo.
Un’altra meraviglia è la CHIESA DEI SANTI MARTIRI, situata in Via Garibaldi. Costruita dai Gesuiti, questa chiesa è famosa per i suoi ricchi interni, decorati con marmi policromi, affreschi e stucchi dorati. La CHIESA DELLA CONSOLATA, invece, è un esempio di come il Barocco sia stato utilizzato per rinnovare edifici più antichi. Il santuario, dedicato alla Madonna Consolata, è un luogo di grande devozione popolare, ma anche un capolavoro architettonico, grazie all’intervento di Guarini e Juvarra.
LA BASILICA DI SUPERGA, tra cielo e terra,
è uno dei simboli più riconoscibili di Torino. Situata su una collina che domina la città, la basilica fu progettata da Filippo Juvarra per celebrare la vittoria di Torino sull’assedio francese del 1706. La sua posizione panoramica, combinata con l’imponenza della struttura, rende Superga un luogo unico, dove arte e natura si incontrano. All’interno si trovano le tombe della Famiglia Reale dei Savoia, mentre il piazzale offre una vista mozzafiato dalle Alpi alla città sottostante.
LA REGGIA DI VENARIA è la Versailles piemontese; un altro capolavoro barocco, una delle residenze sabaude più grandiose. Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, la reggia è un esempio perfetto di come il Barocco sia stato utilizzato per glorificare il potere regale. I suoi giardini, la Galleria di Diana e la Cappella di Sant’Uberto sono solo alcune delle meraviglie che attendono i visitatori. Restaurata negli ultimi decenni, la reggia è oggi uno spazio culturale dinamico, che ospita mostre ed eventi internazionali.
.
IL BAROCCO NEL TESSUTO URBANO tra piazze e portici.
Il Barocco non si limita ai palazzi e alle chiese, ma definisce anche l’urbanistica di Torino. Le piazze principali, come PIAZZA SAN CARLO, sono esempi di come lo spazio pubblico possa essere trasformato in un luogo di bellezza e armonia. I PORTICI, che si estendono per chilometri, sono un’altra caratteristica unica della città, offrendo riparo e un senso di continuità tra gli edifici.
.
TORINO, un patrimonio da vivere, non solo  una città da visitare, ogni strada, ogni palazzo e ogni chiesa raccontano una storia di grandezza e innovazione. Il Barocco, con la sua capacità di sorprendere e affascinare, è parte integrante dell’identità di Torino, una città che continua a incantare chiunque la scopra.
.
NOEMI GARIANO

La storia centenaria di una delle aziende più golose di Torino

/

Scopri – To   ALLA SCOPERTA DI TORINO

 

Nel 1922 per opera di un luminare pasticcere di nome Pietro Ferrua nasce un panettone diverso da tutti gli altri, unico nel suo genere che farà la storia a Torino e non solo.

Ci racconta la storia di quest’azienda Elisa Mereatur responsabile marketing Galup.

 

L’intervista

D: Buongiorno Elisa, cosa ti ha fatto avvicinare a questa storica azienda?

R: Mi affascinano le aziende che hanno un’anima e Galup ne ha una meravigliosa. La cosa che più mi ha colpito di Galup è la storia centenaria e poi vedere come chi lavora in azienda sia veramente parte di una famiglia, generazioni di persone che lavorano insieme dai ragazzi alle persone più grandi. Io ho un backgorund legato all’agroalimentare; ho fatto l’università di Scienze Gastronomiche a Pollenzo e poi antropologia del cibo a Londra, ho avuto anche una mia azienda e poi ho collaborato con l’azienda Leone per 8 anni e quando sono arrivata quI in Galup mi sono sentita a casa.

D: Galup nasce nel 1922 grazie a un panettiere, Pietro Ferrua, che crea un panettone diverso dal classico milanese, facendolo piatto e con una glassa di nocciole sopra, come nasce il nome?

R: Il nome Galup significa in Piemontese “goloso”. Ferrua crea questo nuovo prodotto che per antonomasia diventa il panettone alla piemontese, lo fa assaggiare ai primi commensali che dicono in dialetto: “A l’è propi galup!” che tradotto in italiano significa “è proprio goloso”.

D: Come cambia l’azienda nel tempo?

Nel 1949 il signor Ferrua decide di industrializzare la produzione acquisendo lo stabile in uso ancora oggi a Pinerolo dove vengono fatti i panettoni. La storia continua ancora oggi, la proprietà è cambiata nel 2014, con l’ingresso  di due imprenditori originari delle Langhe Giuseppe Bernocco e Sebastiano Astegiano – che hanno restituito all’azienda il suo splendore originario rinnovando anche buona parte dei macchinari, e creando nuovi prodotti e dando nuovo impulso all’azienda.

D: Ci sono tantissimi nuovi prodotti per tutti i gusti, quali in particolare?

R: Il principe dell’azienda è sempre il panettone con canditi e uvetta, creato utilizzando materie di primissima qualità e lievito madre che si rinfresca dal 1922. I panettoni sono declinati in tantissimi gusti per stare al passo con i tempi come pesca cioccolato e amaretto, pere e cioccolato e amarene e cioccolato.

Poi c’è il pandoro, prodotto ancora totalmente artigianalmente, come Galup produciamo anche altri lievitati da forno appositi per le ricorrenze come la colomba a Pasqua.

Poi c’è la linea “Piaceri Quotidiani” con i prodotti per tutti i giorni, come il famoso “Carrè”; un pan bauletto nella versione classico, al cioccolato o frutti di bosco e yogurt.

Vi sono i biscotti, dai Krumiri classici con la ricetta originaria di Casale Monferrato, quelli al caffè, quelli ricoperti di cioccolato fino ai Baci di dama. In estate abbiamo invece lanciato il Panettone d’Amare.

D: Avete anche un altro prodotto molto conosciuto, le praline al cioccolato

R: Si chiamano Galuperie e sono state create nel 1955, sono piccoli gioielli di gusto che racchiudono un mondo di sapori. Dal 2021 oltre a Galup abbiamo anche il marchio di cioccolata Streglio che quest’anno compie cent’anni e altri brand tra cui Pasticceria Cuneo che produce prodotti senza Glutine.

D: Come vengono create queste innovazioni?

R: Le innovazioni nascono da un lavoro  in team insieme al responsabile di produzione e al comparto di ricerca sviluppo e qualità. Si fanno dei tavoli di lavoro dove si sviluppano le novità seguendo anche i trend di mercato.

D: Avete delle novità per il futuro?

R: Per il Natale 2024 Galup ha pensato ad una confezione regalo dove oltre al panettone troviamo la tombola da giocare rigorosamente con le mandorle al posto delle pedine!

E poi tantissime altre confezioni regalo con i Krumiri, il vino ed il pandoro.

D: Grazie per averci raccontato la storia di questa meravigliosa azienda!

NOEMI GARIANO

 

Quando il bodybuilding ti cambia la vita

SCOPRI – TO   ALLA SCOPERTA DI TORINO
Siamo qui oggi con il torinese Matteo Di Pasquale, atleta di bodybuilding classe 1995 che ha partecipato recentemente al noto Trofeo Tarzoni di Conegliano ottenendo un’ottima posizione.
Matteo prima di affermarsi come bodybuilder e arrivare alle competizioni ha vissuto una vita molto complessa ma ci insegna che con la forza interiore, la costanza e la volontà si possono ribaltare le statistiche, superare le difficoltà ed ottenere risultati strabilianti.
D: Ciao Matteo, benvenuto a “Il Torinese”, raccontaci un po’ la tua storia personale, da dove sei partito per arrivare ad essere oggi un ottimo atleta di bodybuilding.
R: Ciao Noemi, volentieri, da giovane ero un ragazzo obeso, dieci anni fa pesavo circa 120 Kg. sono partito quindi da una condizione molto difficile e arrivare alla condizione di oggi è un’emozione unica, ora peso 80 chili ma sono per lo più muscoli perché ho solo il 4% di massa grassa, quindi una differenza sostanziale.
D: Che cosa ti aveva portato a quel peso? Problematiche alimentari?
R: Ho avuto un’infanzia molto difficile, sono sempre stato molto solo e ho vissuto anche la malattia di persone a me care e vicine; questo stao ha fatto si che il cibo diventasse di grande conforto.
D: E come sei riuscito a superare questa situazione?
R: A scuola mi bullizzavano per il mio peso, io non mi vedevo più bene, mi sono reso conto che dovevo fare qualcosa per me stesso e ho deciso di punto in bianco che dovevo farmi forza e raggiungere i miei obiettivi e piacermi di più. Il “click” è avvenuto un pomeriggio al mare, mi vergognavo tantissimo di essere in costume e ho pensato che era ora di smettere di fare del male a me stesso.
D: Cosa ti ha aiutato maggiormente?
R: Ho scoperto la palestra e devo ringraziare alcune persone che mi sono state accanto, che hanno creduto in me e poi soprattutto mia figlia e la mia compagna che sono anche attualmente la mia forza, loro sono orgogliose di me e questo per me vale tutta la gioia del mondo. Voglio trasmettere alla mia bambina, Zaira che nella vita se veramente si vuole qualcosa bisogna mettercela tutta, studiare, impegnarsi per arrivare dove si desidera perché, l’obiettivo dipende da te, e quando dai il massimo puoi riuscire a raggiungerlo.
D: Nel momento in cui si riesce a raggiungere una buona forma fisica e si è in salute, spingersi a gareggiare non può essere un rischio per i disturbi alimentari?
R: Sicuramente per molti potrebbe esserlo perché si rischia di cadere nella vigoressia ovvero nella fissazione con i muscoli o nell’ortoressia ovvero cibarsi solo di nutrimento sano, ma nel mio caso per arrivare alla condizione di oggi sono riuscito a non cadere vittima di nessun disturbo alimentare. Sono stato seguito da un coach per raggiungere i risultati, il Dottor Chinesiologo Nutrizionista Simone Spedale, il quale mi ha affiancato passo passo e mi sono confrontato anche con una mental coach proprio per riuscire a raggiungere l’obiettivo di salire su un palco di bodybuilding e arrivarci in modo sano, senza estremismi ma solo con metodiche che io potevo sopportare.
D: A proposito di estremismi, come ci si prepara per una gara?
R: Nei mesi prima ho seguito un percorso di “massa”, ovvero mangiavo tanto, quasi seimila calorie al giorno per costruire la muscolatura, poi abbiamo fatto un periodo di “definizione” dove siamo scesi con le calorie e poco prima della gara ne ero molto basso, ma è stato un periodo breve e quindi sostenibile mentalmente. Gli allenamenti sono sempre stati costanti, nonostante io abbia una famiglia e un lavoro ogni giorno mi alzavo alle cinque del mattino per non togliere tempo né ai miei affetti né ai miei impegni ed allenarmi, anche in vacanza, in vista della gara.
D: Che cos’è per te il bodybuilding?
R: Spesso il bodybuilding viene svalorizzato solo perché chi ci osserva sul  palco non percepisce la fatica che l’atleta ha fatto per arrivare lì, è uno sport nel quale fai tutto nel tempo e alla gara mostri “solo” il risultato, mi piacerebbe far arrivare al pubblico quanta fatica si fa per avere quel risultato, quante ore bisogna passare sotto i pesi dando il massimo ogni giorno e la fatica ed il rigore che ci sono dietro questa disciplina.
D: Sei riuscito a partecipare al trofeo Tarzoni di Conegliano dove hai ottenuto ottime posizioni e hai gareggiato nella categoria Men Physique ovvero dove si giudica la muscolatura di tutto il corpo ad eccezione delle gambe.
R: Sì esattamente e visto che però ho una buona muscolatura in tutto il corpo, il mio coach vorrebbe presto farmi gareggiare anche in altre categorie.
D: Chi cucinava i tuoi pasti in questo periodo?
R: Io, adoro cucinare e come dicevo ho imparato a fare tutto da solo, anche con la mia compagna mi piace cucinarle cose buone per farle capire quanto tengo a lei e alla nostra bambina, spesso provo a stupirle con ricette innovative e loro ne sono super contente. È stato difficile preparare le torte ultimamente perché io non potevo mangiarle.
D: Qual è l’insegnamento più grande che hai imparato nella tua vita?
D: Che bisogna riuscire a volersi bene, a valorizzarsi perché se inizi a curarti ti ami di più e di conseguenza dai più amore anche a chi ti circonda, stare bene per far star bene è fondamentale!
Grazie Matteo per la tua storia e le tue parole, ci hai trasmesso una notevole carica che ti aiuterà certamente per i tuoi successi futuri.
.
NOEMI GARIANO

Sport Innovation Hub, un’eccellenza torinese per i giovani e non solo

SCOPRI – TO    ALLA SCOPERTA DI TORINO

“Sport Innovation Hub” è un’associazione di promozione sociale senza scopo di lucro che promuove lo sport come motore fondamentale per lo sviluppo di imprese e del territorio, affiancando le aziende nella costruzione di progetti legati al mondo dello sport e dell’innovazione e accompagnando i ragazzi dei licei scientifici sportivi, e delle scuole superiori in generale, e alla scoperta dello sport a 360°.

Abbiamo con noi oggi Marta Serrano Direttore esecutivo di Sport Innovation Hub.

L’INTERVISTA

D: Ciao Marta, benvenuta, il nostro incontro è dedicato a “Sport Innovation Hub”, una splendida realtà torinese, come nacque?

R: Ciao Noemi, tutto è iniziato a Vinovo. Mi era stato chiesto di collaborare al progetto didattico della Juventus per i calciatori del settore giovanile e, dopo tre anni alla Juventus, mi resi conto che i ragazzi, quando venivano spostati in altre squadre, non riuscivano ad avere continuità nel loro percorso di studi. È stato quindi necessario apportare delle modifiche al sistema e creare la didattica online. Il Ministero rimase colpito da questa iniziativa e decise di lavorarci insieme alla serie A. Con la Lega Calcio serie A abbiamo studiato per tre anni il modo per far sì che questo diventasse un diritto di tutti gli studenti atleti italiani non solo più dei calciatori ma tutti gli atleti che fanno un’attività agonistica, riconosciuta ovviamente anche dal Coni e dalle federazioni.

D: Grazie a questo percorso hai potuto conoscere meglio tutto ciò che concerne lo sport, i licei sportivi italiani e l’industria che lavora per questo settore.

R: Esatto, questo mi ha permesso di gettare le basi per Sport Innovation Hub, ovvero un’associazione senza scopo di lucro che si occupa di connettere tutto il mondo sportivo a 360 gradi, comprese le industrie che producono i prodotti per gli sportivi e le istituzioni.

Alle dirigenze scolastiche piacque molto l’idea di avvicinare i giovani a questo ambiente anche in previsione di un futuro lavorativo; quindi, abbiamo iniziato a collaborare con tantissimi istituti italiani.

D: Attraverso l’unione di tutte queste figure avete creato una competizione culturale Dream Jobs, come funziona?

R: Quest’anno abbiamo raggiunto circa 500 studenti di tantissimi istituti italiani, chiediamo loro di raccontare lo sport attraverso una video lezione con una serie di criteri che devono rispettare e poi attraverso un’attenta selezione si proclamerà il vincitore di questa edizione. Queste video lezioni permettono ai ragazzi di avvicinarsi al mondo dello sport da un altro punto di vista, andando a comprendere per esempio i materiali con cui vengono realizzate le attrezzature sportive, andando a scoprire le ultime novità sull’intelligenza artificiale, le app, le infrastrutture e tutto quello che concerne l’ambito sportivo. Anche gli insegnanti aiutano i ragazzi in questa esperienza fornendo loro del materiale e cercando di conoscere e coinvolgere al meglio le aziende sportive del loro territorio.

D: Oltre ai progetti scolastici che cosa realizza Sport Innovation Hub?

R: L’associazione collabora con gli attori del territorio come un “hub”; quindi, come “messa in contatto” di vari soggetti dove spesso si riesce ad unire la domanda con l’offerta o la ricerca di competenze. Per esempio, attualmente ci è stato chiesto di lavorare su un progetto di riuso di materiali compositi a cui si dà nuova vita creando attrezzature sportive.

D: Proprio parlando di materiali per confezionamento avete organizzato per diversi anni la sfilata durante “ImpacTO”, di cosa si tratta?

R: ImpacTO è un evento che mette insieme enti sportivi e istituzioni a confronto insieme alle nuove generazioni e si conclude con una sfilata nel quale i nostri studenti si improvvisano modelli indossano abbigliamento sportivo innovativo. Gli spettatori, spesso aziende e sportivi possono, durante quella giornata, testare con mano tutte le novità.

D: Progetti per il futuro?

R: Sport Innovation Hub vuole costruire sempre più connessioni fra tutti gli attori di questo magnifico mondo, costruire un nuovo ecosistema dello sport coeso, dinamico e di qualità; inoltre, vorremmo focalizzarci su piani di riciclo dei materiali, uso di tecnologie abilitanti, valorizzare le aziende italiane e produrre vantaggi nel mondo del lavoro e dello sport.

D: Grazie Marta, una bellissima iniziativa diventata una splendida realtà “Sport Innovation Hub” per i giovani, con i giovani e le imprese come ben presentata nel sito

https://www.sportinnovationhub.it.

 

NOEMI GARIANO

La Bottega Contemporanea Passaparola di Vinovo

SCOPRI – TO  alla scoperta di Torino

Nella prima cintura di Torino, a Vinovo, si trova la “Bottega Contemporanea Passaparola”, nome che vuole identificare il locale per la particolarità dei prodotti che sceglie ed utilizza rigorosamente a chilometro zero sia per le pizze che per le portate a menù. Il suo titolare Matteo del Peschio ci racconta alcune peculiarità di questo rinomato locale.
L’INTERVISTA
D: Buongiorno Matteo benvenuto a “Il Torinese”, quando nasce Passaparola?
R: Buongiorno Noemi, grazie a voi, Passaparola nasce nel 2013, questo locale era di un amico di famiglia che voleva cederlo, io all’epoca studiavo cinema ma ho sempre avuto i genitori che hanno fatto i ristoratori e quindi mi affascinava l’idea di avere un locale mio, di seguire un pò l’attività di famiglia; decisi quindi di iniziare l’attività e nel contempo, negli anni, mi laureai.
D: Ci sono stati dei momenti di difficoltà?
R: Durante il covid dovetti chiudere il locale da un momento all’altro e fu un periodo molto complicato. Nel momento in cui il locale chiuse capii che mi mancava davvero quel mestiere e che nella vita volevo realizzarmi come ristoratore nonostante i miei studi nel cinema e nel design.
D: Proprio nel momento di maggior difficoltà hai deciso di ristrutturare tutto il locale approfittando delle chiusure per la pandemia per poi riaprirlo con una veste tutta nuova, una vera sfida vero?
R: Sì decisi di non perdermi d’animo e di riaprire più forte di prima!
D: So che siete riusciti a diventare un’eccellenza come desideravi e che avete vinto numerosi premi.
R: Da due anni facciamo parte della sezione “50 Top Pizza D’Italia” e da quest’anno siamo entrati nella guida “Piemonte A Tavola”, siamo stati classificati tra le 30 pizzerie migliori del Piemonte.
D: Raccontaci com’è la vostra pizza.
R: Attualmente viene realizzata prendendo spunto da una ricetta che mi fece scoprire la mia pizzaiola precedente, una ragazza romana che mi fece scoprire un nuovo modo di fare la pizza; lei faceva “la pizza contemporanea” sottile ma con il cornicione pronunciato con un impasto che ha 48 ore di lievitazione. Per le tipologie delle pizze faccio una grande ricerca sul territorio dei migliori prodotti locali e a chilometro zero, spesso appoggiandomi a piccoli produttori.
D: Hai creato il tuo “chilometro zero siciliano” perché nei tuoi piatti e nelle tue pizze unisci prodotti locali a chilometro zero piemontesi con altri sempre a chilometro zero di origine siciliana e dove ti è possibile prediligi aziende femminili per portare avanti la solidarietà con la parità di genere.
R: Sì credo che un locale debba trasmettere i suoi valori e io credo molto nella parità di genere e nel promuovere l’impegno dei piccoli produttori locali.
D: A proposito di valori lo chef e pasticcere di Passaparola, Alessio Baracca condivide l’idea dell’unione tra i sapori piemontesi e quelli siciliani, ci racconti quali sono i vostri piatti più rinomati?
R: Con piacere, ad esempio la polpetta di stracotto siciliana cotta nel Vermouth torinese e nel melograno con sopra il sesamo d’Ispica e il castelmagno piemontese. Poi il tortello fatto in casa con cappone e coniglio ed il suo consommè. Ogni piatto viene studiato per molti mesi sia a livello di palato che a livello estetico, avendo fatto L’Accademia Di Belle Arti ci tengo moltissimo anche al design del piatto. Anche l’occhio vuole la sua parte e se poi il sapore viene apprezzato per noi è la massima soddisfazione.
D: Cosa ti auguri per questo locale da qui a cinque anni?
R: Come accennavo prima, il poter trasmettere sempre più alla clientela la cura e l’amore che viene messo per la realizzazione di ogni piatto proposo. Poi il far conoscere ai clienti i prodotti particolari, ricercati e rinomati utilizzati per le portate per fargli vivere sempre un’esperienza unica.
D: Fantastichiamo un po’ ma non troppo; se dovessi scegliere cinque persone, di qualunque epoca, che vorresti a cena nel tuo ristorante, quali sarebbero?
R: Dunque: Dario Fo, i miei nonni e Bottura. Quest’ultimo ha fatto del suo mestiere una vera e propria arte, mi confronterei con lui su tanti temi anche sulla fatica che si fa per portare avanti un amore così grande come quello della ristorazione e anche quello per la propria famiglia.
Spesso il ristoratore lavora anche in momenti difficili, costi altalenanti dei prodotti o anche solo i periodi delle festività o delle vacanze, non deve essere un’attività semplice, ma dalla tua intervista si percepisce una grande passione ed una grande forza di volontà, complimenti Matteo, ti auguriamo il meglio e di riuscire sempre a raggiungere tutti i tuoi obiettivi.
.
NOEMI GARIANO
1 2 3 5