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La telepatia

Telefoni, computer e Internet sono forse, al momento, sorta di protesi che ci permettono di trasmettere i pensieri a distanza, in attesa di risvegliare latenti facoltà telepatiche?

Se prestiamo attenzione a quanto succede nelle nostre vite, oltre i comuni impegni legati a quella che può essere definita “la vita elementare”, ovvero quella che ci costringe a svolgere mansioni quali il dover lavorare, fare la spesa, riordinare la casa, e così via, ci possiamo rendere conto che, talvolta, possono rendersi evidenti alcune manifestazioni che, a una osservazione superficiale, sembrerebbero impossibili a verificarsi. Dapprima non le accettiamo, le releghiamo nel campo delle coincidenze, ma se solo riuscissimo a focalizzare temporaneamente la nostra attenzione su queste potremmo scoprire un lato nascosto della nostra mente scoprendo che, forse, non è poi così sbagliato credere di poter inviare nella testa di qualcun altro un nostro pensiero. Seosserviamo una tale manifestazione, senza cadere nella trappola della critica, possiamo notare con relativa facilità e con un certo qual stupore, come tutti quanti noi ci si ritrovi a essere in qualche modo interconnessi. Qualunque parola noi si dica, qualsiasi movimento si faccia, rilascia una certa energia radiante, tale da essere avvertita da quanti si trovano attorno a noi; come nel caso di un’onda che si irradia in una soluzione liquida, si vengono a creare interferenze capaci di essere avvertite da quanti sono attorno a colui che irradia l’onda. Abbiamo tutti avuto modo di ascoltare frasi del tipo: “L’innamorata era radiosa”, la sua felicità si poteva cogliere sotto forma di luce, risplendente nei suoi occhi. Non si tratta di semplici modi di dire, ma ogniqualvolta ci si innamora, quando si provano intense emozioni, o si segue un percorso di crescita, si emette una energia particolare avvertibile non solo da noi, ma anche dalle persone che più ci sono vicine e oggi la Scienza conferma quanto era già stato percepito da studiosi di epoche remote, privi di quanto offre oggi la moderna tecnologia: siamo esseri in grado di comunicare e di emettere luce, una luce che può venire colta da chi ci è vicino e non solo. Èopinione sempre più diffusa fra gli studiosi che tale energia possa permettere una comunicazione “sottile” diretta fra le menti di persone particolarmente sensibili che potrebbero essere in grado di poter ricevere i pensieri di altre persone, inviati loro intenzionalmente. Si tratta di una vera e propria trasmissione del pensiero, conosciuta come “Telepatia”, ipotetica capacità di comunicare con la mente, cioè senza l’uso di altri sensi o strumenti, un vero e proprio dialogo tra cervello e cervello, senza l’utilizzo di altri strumenti. La telepatia, dal greco “tele” che significa “a distanza” e “pathos” tradotto come “affetto”, consiste nel riuscire a trasmettere informazioni a qualcuno attraverso la mente, ma attraverso un canale sconosciuto. È stata studiata con impegno crescente a cominciare dalla fine del 1800, quando i curiosi sentirono che troppe coincidenze dovevano nascondere qualcosa. Dopo tutto, a chi non è successo di pensare intensamente a una persona e di vedersela comparire “casualmente “davanti ai propri occhi? Mai pensato a un argomento e poi qualcuno ve ne ha parlato? Pure coincidenze che hanno portato i parapsicologi a studiare il fenomeno. Sovente si oppone notevole resistenza ad accettare l’esperienza, si cancella dalla memoria,attribuendo l’incontro ad una mera coincidenza, una semplice casualità, poiché il meccanismo che ha causato l’esperienza è stato, a lungo, ignorato dalla Scienza classica, positivista e giustamente inflessibile nell’accettare quanto non può essere dimostrato a livello sperimentale e riprodotto a piacere, con risultati positivi.

In realtà è possibile che non si disponga ancora della idonea tecnica capace di evidenziare un fenomeno che si verifica nella maggior parte dei casi inconsciamente e spontaneamente, in particolare nel corso di un forte spavento o di una intensaemozione; in simili condizioni pare venga a slatentizzarsi un blocco inconscio interiore che impedisce la realizzazione di una simile facoltà. Così succede che, nei confronti della telepatia, si provi l’identica diffidenza provata con la magia: o la si accetta, ola si nega. Nonostante i numerosi studi in ambito scientifico, non si è ancora in grado di dimostrare che esiste una particolare categoria di individui particolarmente dotati, capaci di far giungere il loro pensiero, o anche solo frammenti di questo a altre persone dotate di buona ricettività. E’ impossibile citare tutti i numerosi tentativi per provarne la reale esistenza eppure uno fra gli studi più recenti e interessanti, risalente al 2014, nella città indiana di Thiruvananthapuram un soggetto ha pensato un semplice “ciao” con l’intenzione di inviarlo direttamente al cervello di un’altra persona seduta in un laboratorio di Strasburgo, a circa 7.700 chilometri di distanza. Più tardi, ha provato a dire “ciao” con lo stesso risultato: per la prima volta, due cervelli si sono salutati direttamente e consapevolmente, grazie alle nuove tecnologie di interazione con il cervello umano. L’esperimento è stato reso possibile grazie all’utilizzo di particolari caschi indossati dai due sperimentatori lontani fra loro migliaia di chilometri; le tecnologie di accoppiamento mentale hanno permesso un collegamento diretto, senza fili e cosciente tra le due persone, anche se il leader dell’esperimento, il fisico Giulio Ruffini, spiega che “è solo un umile primo tentativo di comunicazione cervello-a-cervello”. Grazie ai caschi indossati i pensieri del soggetto in India sono stati interpretati come impulsi elettrici e codificati attraverso il computer; quindi, trasmessi successivamente in rete a un dispositivo che ha reinterpretato e codificato il segnale in impulsi, generando una scarica elettromagnetica sulla corteccia cerebrale del soggetto a Strasburgo e permettendogli di capire il messaggio.Fondamentalmente il pensiero viene tradotto in codice binario, composto da 1 e 0, che compongono la parola, in questo caso “ciao”, che corrisponderebbe alla seguente stringa numerica  01101000 01101111 01101100 0110000, ha raggiunto il ricevente che, grazie allo strumento posto sulla parte posteriore della testa,genera un campo elettrico capace di attivare i neuroni originando una sorta di riflesso uguale a quello causato dal colpo che l’ortopedico, con l’apposito strumento, utilizza per testare il riflesso rotuleo . Senza un riflesso, il codice è 0, se è generato è 1, e questo si ripete fino alla formazione della parola. Ci vogliono circa 30 secondi dal momento in cui il mittente invia il suo pensiero fino a quando il ricevitore lo percepisce. Un metodo indaginoso, non alla portata di tutti, ma che ha fornito una prima prova della possibilità di trasferire il pensiero a un’altra mente, tanto da rendere sempre più credibile la possibilità che, in un futuro non troppo lontano, sarà resa possibile la comunicazione mentale diretta fra due persone, vedendo concretizzarsi il sogno che da sempre accompagna l’umanità, come evidenziato dagli esperimenti del grande matematico Pitagora che, già nel 540 a.C.,sosteneva di poter trasmettere, grazie ad uno specchio particolare, informazioni scritte sulla luna, rendendo agevole la loro lettura potendo così la comunicazione a distanza, forse una forma velata per poter parlare di telepatia?  

È singolare che un altro studioso vissuto nel 1500, il mago Cornelio Agrippa affermi di poter trasmettere a grande distanza immagini e parole esponendole di notte ai raggi lunari e che, nel 1600, Athanasius Kircher riferisca di poter utilizzare uno specchio a tronco di cono, riuscendo a trasmettere informazioni con lo stesso metodo utilizzato da Pitagora. Tentativi di comunicare a distanza molto interessanti in epoche in cui non erano ancora nemmeno stati pensati i telefoni, i computer e Internet, oggi presenti e diffusi capillarmente nella nostra società, oggetti a cui non riusciamo più a rinunciare almeno per il momento, a meno di non cominciare ad immaginarli come supporto del nostro pensiero, una sorta di protesi a cui oggi ci appoggiamo e di cui, forse, in un prossimo futuro, potremo fare a meno, riuscendo a comunicare utilizzando solo le nostre facoltà mentali, al momento ancora addormentate.

Alessandro Rodolfo Neri

Il futuro di Torino passa anche dalla transizione energetica

CITTÀ, POLITECNICO, UNIVERSITÀ E ESCP BUSINESS SCHOOL INSIEME

Firmato un Protocollo d’Intesa per delineare le strategie e supportare le politiche locali sulla decarbonizzazione 

Come tutti possiamo toccare con mano in questo periodo di crisi energetica, l’energia rappresenta oggi un bene essenziale per la sopravvivenza delle nostre economie e per la qualità della nostra vita. D’altra parte, non è più praticabile uno sviluppo energetico che prescinda dai criteri dettati dalla transizione ecologica. Dovrà necessariamente realizzarsi, quindi, una transizione energetica verso la decarbonizzazione, con il passaggio da un sistema basato sulle fonti fossili a uno fondato sulle fonti rinnovabili.

Per la Città di Torino si tratta di una sfida da cogliere, considerato che nel 2019 gas e prodotti petroliferi hanno rappresentato il 56.4% del consumo energetico finale dei settori municipale, terziario, residenziale, dell’illuminazione pubblica e dei trasporti in città, come testimonia il terzo rapporto di monitoraggio (2021) di TAPE – Turin Action Plan for Energy.

Il Protocollo d’Intesa presentato oggi all’Energy Center del Politecnico tra la Città di Torino – rappresentata dal Sindaco Stefano Lo Russo, il Politecnico e l’Università degli Studi di Torino, rappresentati rispettivamente dai Rettori Guido Saracco e Stefano Geuna ed ESCP Business School – il cui Presidente Francesco Profumo era collegato on line – vuole contribuire a una pianificazione energetica integrata e multi-dimensionale per Torino, che consenta il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica.

I soggetti firmatari convengono sulla necessità di fare sistema sulla frontiera della ricerca e del supporto al processo di decisione politica attraverso lo sviluppo di metodologie e strumenti innovativi e condivisi e collaborando, ciascuno nell’ambito della propria missione, per guidare il processo di transizione energetica urbano.

A tal fine verranno definite, attraverso una strategia condivisa coordinata dal Laboratorio Energy Security Transition EST@energycenter, le aree funzionali in cui è necessario operare e delineare le strutture, gli strumenti e le azioni per implementare e seguire operativamente questi obiettivi, unitamente all’indicazione dei costi operativi, per individuare un approccio inter-disciplinare che interagisca con le altre transizioni, ovvero quella digitale e informatica, la transizione socio-culturale e quella economico-produttiva.

L’ambizione è quella di creare un vero e proprio “modello Torino” di supporto science-based al processo di decisione politica per l’energia, sviluppando “tecnologie” (gestione dati, modellazione fruibile e interrogabile, cataloghi di azioni/policy) per la Città e riproducibili in altri contesti nazionali e internazionali.

Il processo mira a creare competenze condivise, costruire una visione comune, definire una strategia operativa e sviluppare strumenti di supporto, allo scopo di implementare azioni concrete e misurabili e di accompagnare la Città lungo le traiettorie delle transizioni, con riferimento a energia e sostenibilità.

Tra gli obiettivi specifici dell’accordo, quindi, ci saranno: l’acquisizione dei dati per mappare costantemente il sistema energetico della città; la creazione di modelli, alimentati dai dati in grado di offrire una stima scientifica e quantitativa dei possibili impatti di scelte alternative; lo sviluppo di strumenti integrati e innovativi (database, piattaforme web interattive, decision theatre) a supporto del decisore e la creazione di un processo partecipativo e un dialogo diretto e costruttivo tra Amministrazione e popolazione attorno ai temi dell’energia e della sostenibilità.

Il Rettore del Politecnico di Torino Guido Saracco ha commentato: “Il Politecnico ha aderito con entusiasmo alla chiamata della Città, perché il nostro sistema è estremamente complesso e per affrontarlo è necessario fare “massa critica”, mettere a sistema le nostre competenze a servizio dei decisori politici e fare in modo che le loro scelte siano indirizzate al meglio. I nostri Atenei a Torino collaborano da tempo sui temi della sostenibilità, per affrontare in modo sinergico le sfide del nostro tempo: lo abbiamo già fatto per il Governo italiano, e ora siamo più che disponibili a supportare la Città di Torino”.

Perché non va dimenticato il professor Giuseppe Calligaris

E’ possibile che l’essere umano, in determinate condizioni, possa riuscire a collegare la propria coscienza con una dimensione superiore, una coscienza universale in cui è contenuta tutta la Conoscenza, potendo avere in tale modo l’accesso a capacità che ai nostri occhi potrebbero apparire miracolose?

E se questa ipotesi fosse semplicemente il frutto di fantasie infantili? Il sospetto è legittimo, eppure tale capacità è riferita in antichi manuali ormai rintracciabili in alcune polverose biblioteche, testi in cui sono contenute indicazioni per raggiungere aperture mentali che potrebbero avvalorare una simile ipotesi. Eppure sappiamo di personaggi visionari che hanno saputo mostrarci una via con le loro intuizioni, menti avanzate capaci, sembrerebbe, di anticipare il futuro come Leonardo da Vinci, per citare uno scienziato universalmente conosciuto che, in unepoca ormai molto lontana da noi, aveva in qualche modo “visto” apparecchi volanti, il paracadute, carri semoventi e terribili macchine da guerra. Si può affermare che, in qualche modo, sia stato in grado di osservare e descrivere il futuro ai suoi contemporanei. In tempi assai più recenti, altri scienziati le cui vite sono altrettanto ben documentate, hanno lasciato studi da cui si evince che forse,all’uomo, sono date possibilità tali da consentirgli di travalicare l’ordinario e limitato stato di coscienza in cui trascorriamo la nostra vita.

In realtà queste affermazioni non sono concetti privi di fondamento, ma rappresentano quanto si desume dagli studi di un medico, il dottor Giuseppe Calligaris, nato nel 1876 e laureatosi a Bologna nel 1901 con una tesi innovativa il cui titolo: “Il pensiero che guarisce”, già a quell’epoca, aveva destato grande meraviglia in più di un cattedratico. Dopo aver ottenuto a sua volta la libera docenza, nel 1909 venne nominato segretario del primo Congresso di Neurologia e con il padre fondò una clinica privata a Udine. Fu anche capitano medico durante la prima Guerra mondiale.

In seguito ai suoi studi e alle sue pubblicazioni acquisì fama mondiale con un lavoro fondamentale per gli studiosi di fisiologia, riguardante il sistema motorio extrapiramidale. Un lavoro talmente innovativo al punto che il suo maestro, il professor Mingozzini, celebre neurologo, gli propose la cattedra di neurofisiologia a Roma, che il Calligaris rifiutò, probabilmente estraneo ai giochi di potere dell’università, teneva troppo ai suoi studi che aveva intenzione di coltivare ed approfondire.

Le sue osservazioni l’avevano infatti portato a accorgersi che il corpo umano è percorso da un fitto reticolo costituito da linee longitudinali sempre rettilinee, sia longitudinali sia trasversali, che si incrociano ad angolo retto determinando la possibilità di individuare punti ben precisi sulla cute, con una suggestiva analogia con le mappe cutanee utilizzate in agopuntura.

Secondo le sue osservazioni questo loro incrociarsi al pari di assi cartesiani, offrirebbe la possibilità di individuare punti la cui stimolazione determina effetti differenti, come aree di anestesia e iperestesia nell’organismo. Le linee, secondo Calligaris, sonoidentificabili con facilità. Per trovarle si deve utilizzare  uno spillo innestato a un conduttore percorso da una leggera corrente d’induzione, utilizzando di nuovo un sistema simile a quello in uso nell’agopuntura cinese, pur essendo diversi i punti che debbono essere stimolati. Ma non basta. Il Calligaris cominciò ad accorgersi, emozionandosi non poco, che la stimolazione di determinate aree, da lui definite placche, dava luogo a strane sensazioni che più di un paziente cominciò a riferirgli. Una donna in cura da lui gli disse che la stimolazione di una determinata placca su cui stava agendo il medico, le causava la visione di scene a distanza. Costei si comportava dunque da chiaroveggente, riferendo di vedere ad occhi chiusi alcuni eventi che si stavano verificando ben lontano dal luogo in cui si trovava, e di cui non poteva essere a conoscenza. Non solo: alcuni pazienti riferirono di acquisire la capacità di captare gli altrui pensieri; una telepatia a comando, ottenibile con la stimolazione di alcuni punti cutanei ben precisi. In pratica Calligaris cominciò ad affermare di avere scoperto la possibilità che ogni individuo, trattato secondo il suo metodo di stimolazione delle placche cutanee, avrebbe potuto disporre di poteri paranormali.

Parlò di “Autoscopia”, ovvero della capacità di autodiagnosticare malattie con visione paranormale degli organi malati e degli agenti patogeni, e di “Eteroscopia”, descrivendo la possibilità di fare diagnosi con i medesimi criteri, al di là di ogni distanza. Sostenne di avere la possibilità di sviluppare facoltà telepatiche assai marcate, ovvero la capacità di collegarsi con persone lontane e osservare cosa succede in una stanza, senza essere presenti, parlò anche della capacità, da parte del soggetto “trattato”, di vedere l’aura.

Una scoperta simile avrebbe aperto strade nuove riguardo la conoscenza delle infinite possibilità offerte all’uomo, la medicina stessa ne sarebbe stata completamente rivoluzionata. Ecco che allora sarebbero giustificate le cronache che parlano degli oracoli dei secoli passati di grandi veggenti, dotati di capacità fuoridell’ordinario.

Calligaris aveva scoperto che, con una continua e leggerapressione su diversi punti del corpo umano, si generavano non solo le familiari sensazioni fisiche come il caldo/freddo, il solletico, il prurito, la salivazione, i dolori e altre sensazioni, ma anche alcune sensazioni emotive e era possibile sperimentare fenomeni di pertinenza della metafisica, tra questi la distorsione del tempo e lo spostamento nello spazio in dimensioni cosmiche.

Questo spinse al massimo il suo entusiasmo. Annunciò le sue scoperte nel corso di alcuni convegni, convinto di trovare ampi consensi e suscitare entusiasmo di fronte a tanta meraviglia.  Fece numerosi tentativi volti a incuriosire la classe medica, pubblicizzando come meglio poteva le sue osservazioni.

Purtroppo, male gliene incolse. La delusione cui andò incontro fu tremenda. Convinto di essere gratificato dalla condivisione della sua scoperta, si trovò di fronte allo scetticismo dei colleghi che dapprima minimizzarono, poi alcuni illustri personaggi del mondo medico cominciarono pubblicamente a respingere le sue teorie.  In un primo tempo i detrattori tennero un basso profilo, poi presero ad accusarlo sempre più apertamente di essere un ciarlatano, di voler affermare solo bizzarrie, macchiandosi della grave colpa di voler confutare la scienza medica da loro ritenuta collaudata e esatta, senza possibilità alcuna di essere modificata nei suoiassunti  principali.

Gli venne così intimato di rientrare nel più breve tempo possibile nei ranghi. Gli fu chiesto di abiurare pubblicamente le sue affermazioni, cosa che Calligaris non fece mai. Non volle, fino all’ultimo dei suoi giorni, piegarsi all’aggressiva ignoranza che rifiutava qualsivoglia forma di dialogo e respingeva le numerose richieste di tentare almeno una sperimentazione. Isolato al punto di dover abbandonare ogni incarico, ridotto in gravi difficoltà economiche, sopraffatto dal dolore causato dalla ferocia di un ambiente in cui credeva, il 31 Marzo del 1944,all’età di 68 anni,  morì lasciando le conclusioni frutto del suo genio in un gran numero di libri, snobbati dal sedicente colto ambiente accademico, evidentemente turbato da risultati talmente clamorosi che fecero sorgere il dubbio in superficiali esaminatori che il ricercatore non fosse più mentalmente integro.

Perché parlare oggi di Giuseppe Calligaris? Perché è un esempio di quanto poco lungimirante possa essere una certa categoria di studiosi, che rifiuta la novità fosse anche solo per partito preso, incapace di aprirsi al nuovo, al “diverso” inteso nel senso più ampio del termine, perché incapace di capirlo.  

Giuseppe Calligaris fu un medico, uno studioso che dedicò la sua vita allo studio delle misteriose placche presenti nella pelle dell’uomo, una barriera da lui descritta come un vero e proprio confine tra il corpo fisico e i corpi sottili. Una separazione tra la dimensione materiale e i mondi metafisici. Calligaris descrisse, primo fra i medici dell’epoca moderna, particolari canali energetici utili per la scoperta delle facoltà latenti di ogni individuo, come la telepatia e la premonizione. Un uomo di scienza, un cittadino italiano dei primi anni del Novecento che pagò carissima la sua fame di conoscenza e di cui, purtroppo si parla poco, ma del quale non se ne è persa la memoria

Le opere del professor Calligaris, per nostra fortuna, non sono andate perdute. Sono tutt’ora studiate profondamente da parte di scienziati stranieri di ben più larghe vedute, soprattutto appartenenti alla scuola russa e a quella americana. Costoro si dimostrano desiderosi di sperimentare l’eventuale affidabilità delle sue teorie e delle sue esperienze oggi di nuovo recuperate anche da noi e che, in taluni casi, alcune di queste hanno dovuto essere tradotte di nuovo nella nostra lingua per evitare che un potenziale patrimonio di idee innovative, per lo meno fino a prova contraria, potesse essere sepolto da una ingiustificata indifferenza.

È possibile che l’uomo possegga, ancora ben occultati, un’infinità di poteri di cui ad oggi non conosce i limiti. Questi non sono un patrocinio per pochi fortunati a cui sono stati offerti, ma forse davvero accessibili con gli opportuni accorgimenti e tecniche. Il rifiutare a priori simili possibilità è filosoficamente errato. Fino a quando si avrà timore di studiare a fondo materie non convenzionali, forse l’uomo sarà impossibilitato a vedere oltre la barriera imposta da sistemi ottusi e ripiegati su se stessi, che impediscono agli individui volenterosi di progredire e evolvere in maniera più rapida.

Rodolfo Alessandro Neri

Comau, tecnologie innovative per l’ambiente

 Il 22 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Terra, data simbolica nella quale si rinnova l’impegno per promuovere la salvaguardia del pianeta. Per il 2022 aziende, istituzioni e cittadini, sono invitati ad agire e innovare: è il momento di creare una partnership per il pianeta, per preservarlo e proteggerlo. Negli ultimi decenni, insieme ai cambiamenti climatici, la domanda di risorse ha continuato a crescere, minacciando sempre più l’ambiente che ci circonda. Anche l’economia deve fare i conti con risorse finite. Alla transizione verso un’economia circolare – capace di mettere in discussione la logica dell’usa e getta tipica del modello di sviluppo lineare – si è aggiunta la necessità di raggiungere un’economia a zero emissioni di carbonio. Agire in modo responsabile verso le risorse del Pianeta significa intraprendere azioni per minimizzare e neutralizzare i propri impatti ambientali. Con l’economia circolare i prodotti e i loro componenti sono progettati per essere recuperati o riciclati per prolungare il loro ciclo di vita a tutto vantaggio dell’ambiente.

Proprio in quest’ottica Comau sta utilizzando la propria esperienza nei sistemi e prodotti di automazione per lo sviluppo di processi innovativi, nonché di soluzioni ingegneristiche flessibili e modulari nel campo dell’elettrificazione. Con l’aumentare del numero di veicoli elettrici, aumenterà di conseguenza il numero di batterie che raggiungeranno la fine del loro ciclo di vita. I processi per il loro smontaggio negli impianti di riciclaggio – attualmente eseguiti manualmente – richiedono il rispetto di elevati standard di sicurezza a causa dei pericoli legati alla gestione di materiali ad alta potenza elettrica. A questi, si aggiungono implicazioni dal punto di vista ergonomico: lo smontaggio manuale, infatti, richiede la movimentazione di carichi pesanti. Il problema potrebbe essere risolto con l’introduzione di apparecchiature automatiche che permettano di ridurre il tempo di ciclo per lo smontaggio delle batterie. Uno smontaggio robotizzato porterebbe anche all’estrazione di elementi più puri e preziosi dalle batterie che potranno così essere riutilizzati per nuove batterie.

Il progetto Flexible Battery Dismantling (Flex-BD) – supportato da EIT Manufacturing, comunità di innovazione finanziata dall’Unione Europea all’interno di EIT – a cui sta lavorando Comau insieme ad altri partner, ha come obiettivo l’automatizzazione di tutte le operazioni di smontaggio delle batterie, generando quindi un impatto positivo sulla salute e sicurezza delle persone. Inoltre, dal punto di vista qualitativo il processo di smontaggio sarà maggiormente ripetibile e standardizzabile, riducendo gli sprechi e ottimizzando il riutilizzo delle materie prime dei pacchi batteria.
La flessibilità dell’automazione sarà assicurata grazie all’utilizzo di metalinguaggi e approcci autoadattativi, che permetteranno l’impiego di Flex-BD in un’ampia gamma di famiglie di prodotti, garantendo il miglioramento della produttività complessiva dell’impianto di riciclaggio.

“L’automazione può essere di grande aiuto per la gestione del fine vita dei prodotti. Da sempre costruiamo e integriamo robot industriali e, le competenze sviluppate all’interno del nostro Innovation Office negli ultimi anni, si sono rivelate molto importanti. spiega Paolo Tebaldi, Business Development Comau.

Affinché la transizione energetica sia realmente sostenibile non è solo necessario produrre in modo efficiente tecnologie all’avanguardia per l’elettrificazione, ma anche gestire l’impatto ambientale collegato al fine vita delle batterie stesse. Per questo Comau, insieme ad altre otto aziende, ha firmato un Memorandum of Understanding per sviluppare una catena del valore nazionale per la gestione del fine vita delle batterie al litio provenienti dal settore automotive. In questo ambito Comau si occupa dello sviluppo di soluzioni automatizzate per il disassemblaggio e il ri-assemblaggio dei pacchi e moduli batteria nel rispetto degli standard di sicurezza, dando il proprio supporto anche alle attività di progettazione dei nuovi pacchi batteria.

Ne è un esempio il suo progetto HR-Recycler – finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020 della Comunità Europea – con il quale Comau mira allo sviluppo di un impianto di riciclaggio ibrido uomo-robot per apparecchiature elettriche ed elettroniche operante in un ambiente interno. L’obiettivo fondamentale del sistema sarà quello di sostituire le attività manuali – costose, rischiose e dispendiose in termini di tempo – di pretrattamento dei materiali dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) con procedure robotizzate per la classificazione di dispositivi elettrici/elettronici, il loro smontaggio e smistamento dei componenti.

Con lo sviluppo di questi progetti, Comau contribuisce concretamente al raggiungimento dei Sustainable Development Goals (SDGs) delle Nazioni Unite 7, 9, 12 e 17 che, attraverso la realizzazione di robuste partnership e la cooperazione globale, promuovono la gestione responsabile dell’energia, la costruzione di infrastrutture resilienti, innovative e sostenibili e l’adozione di un approccio rispettoso dell’ambiente.

Per la prima volta in Europa intervento della prostata con risparmio della sessualità

Con nuovissimi e rivoluzionari mini-strumenti endoscopici ed il Super laser Tullio ibrido ad alta frequenza

Nei giorni scorsi è stato eseguito per la prima volta in Europa, presso l’ospedale Mauriziano di Torino, il primo intervento di enucleazione della prostata con risparmio della sessualità su un uomo di 60 anni, utilizzando nuovissimi e rivoluzionari mini strumenti endoscopici miniaturizzati di 1/3 ed il laser Tullio ibrido ad alta frequenza, denominato, in gergo, super-laser.

Il rivoluzionario intervento permette di asportare solo la parte malata della prostata grazie all’azione della fibra laser. Questaemette una lama di luce che, in modo praticamente esangue, separa i tessuti malati da quelli normali risparmiando le normali strutture che in tale delicata sede sono responsabili della sessualità e della capacità di controllare le urine. Una volta dislocato in vescica, il tessuto malato viene triturato ed aspirato attraverso uno strumento anch’esso miniaturizzato

E’ un grande passo avanti nel trattamento di una patologia, l’iperplasia prostatica benigna, nota dai non addetti ai lavori come adenoma della prostata, che colpisce fino all’80% gli uomini tra i 70 e gli 80 anni. Ad eseguire l’intervento è stato il dottor Roberto Migliari (Direttore dell’Urologia dell’ospedale Mauriziano), da anni pioniere della chirurgia laser in Urologia. “Abbiamo utilizzato per la prima volta in Europa nuovi mini-strumenti che, dovendo percorrere l’uretra, più sono sottili e meno traumatizzano i tessuti. Da oltre 50 anni aspettavamo la miniaturizzazione di tali strumenti che oggi finalmente hanno visto la luce. Il loro diametro è sceso di 1/3 rispetto ai tradizionali e la visione attraverso una telecamera ad alta definizione è perfetta”.

In sintesi si tratta di raggiungere e rimuovere il tessuto prostatico in eccesso, che avvolge e comprime l’uretra (creando la difficoltà ad urinare), passando attraverso di essa. Due dei problemi legati a questo intervento, e che talvolta frenano il paziente ed il chirurgo dall’affrontarlo, sono la possibilità di ledere l’uretra se troppo “stretta” rispetto allo strumento e l’eiaculazione retrograda. Un terzo problema è la perdita di sangue legata al fatto che la ghiandola prostatica è molto vascolarizzata. L’intervento sviluppato presso l’ospedale Mauriziano di Torino dall’équipe del dottor Migliari, affronta e supera questi problemi perché per la prima volta sono stati utilizzati strumenti di calibro inferiore ai 7 mm, capaci di attraversare anche le uretre più “sottili” senza problemi, e tolgono il tessuto prostatico in eccesso, “disegnando” la cavità da ottenere per ampliare l’uretra e rispettando le strutture coinvolte nell’eiaculazione in oltre il 70% dei casi. Il risultato è stato ottenuto usando il “Super laser”, ovvero un innovativo e rivoluzionario laser a Tullio pulsato che offre, rispetto ai laser comunemente in uso in urologia, una lama di luce ad elevatissima pulsazione, che associa grande controllo dell’emostasi e minima lesione dei tessuti circostanti. La dimissione avviene due soli giorni dopo l’intervento.

“Si tratta di una tecnica che, con l’uso dei ministrumenti e del super laser – dichiara il Direttore sanitario Maria Carmen Azzolina – rappresenterà il nuovo standard qualitativo dell’ospedale”.

Il Direttore generale Maurizio Dall’Acqua: “L’acquisizione dei nuovi laser e di questi nuovi strumenti rappresenta la conferma dell’eccellenza e della costante evoluzione tecnologica dell’ospedale Mauriziano”.

Ecco il nuovo robot Comau

  • L’approccio architetturale innovativo, il design snello e modulare, la produzione a Torino e la significativa riduzione dei componenti minimizzano i rischi della catena di fornitura  
  • Facile da usare, integrare e manutenere, l’N-220-2.7 migliora i costi operativi totali e il tempo medio di riparazione (MTTR)  
  • Eccellenti prestazioni in termini di tempo di ciclo, ripetibilità e accuratezza nel controllo delle traiettorie

 Comau amplia la sua gamma di prodotti con il nuovo N-220-2.7 (N-220), un robot con capacità di carico di 220 kg dalla configurazione modulare, cinematica diretta, calibrazione assoluta e algoritmi migliorati. Queste caratteristiche offrono una notevole semplicità d’uso, una facile integrazione e una manutenzione post-installazione più rapida, garantendo al contempo precisione, flessibilità, ripetibilità e minimizzazione dei giochi agli assi. Prodotto con una linea di assemblaggio completamente automatizzata all’interno del suo centro di innovazione di Advanced Robotics a Torino, il robot di nuova generazione di Comau beneficia di livelli di qualità crescenti e flessibilità della catena di approvvigionamento, oltre a costi operativi contenuti, come risulta sempre più richiesto dai segmenti di mercato oggi in forte sviluppo.

Mercato target di riferimento: Sin dagli anni 70, Comau ha maturato un’esperienza senza confronti nelle applicazioni robotiche nel settore automobilistico. L’introduzione del nuovo N-220, agile, flessibile ed efficace, consoliderà la posizione di Comau nell’industria automobilistica, permettendo al contempo l’espansione in segmenti industriali in forte crescita, tra cui metalli, Food & Beverages, logistica, materie plastiche e prodotti chimici.

“Secondo la relazione IFR (International Federation of Robotics) 2021, ci aspettiamo che i robot articolati con carico utile di 160-220 kg rappresentino circa il 30% del mercato totale installato, composto da 250.000-300.000 unità nel 2022, con un potenziale tasso di crescita annuale composto (CAGR) per il 2022-2026 del 2%” ha spiegato Nicole Clement, Chief Marketing Officer. Questo robot di nuova generazione che amplia la nostra gamma di prodotti, offre chiari vantaggi per i clienti grazie al suo design innovativo e alle tecnologie più evolute, consentendoci così di indirizzare meglio le richieste di nuovi segmenti industriali in forte crescita, che vanno oltre la produzione tradizionale. L’obiettivo è quello di migliorare l’automazione, a costi bassi, per aziende di tutte le dimensioni.” 

N-220 di Comau è disponibile da subito in tutto il mondo.

Specifiche progettuali: Il nuovo robot industriale N-220 di Comau si avvale di un approccio architetturale innovativo basato su una modularità progressiva, la riduzione del numero di componenti, motori e driver APC innovativi. Grazie alla sua ampia area di lavoro e alle caratteristiche di sicurezza cartesiana Performance Level D, il robot ad alta capacità di carico (220 kg) è perfetto per una vasta gamma di settori compresi, tra gli altri, l’automotive,  il Food & Beverage e la logistica. É dotato di un avambraccio cavo e beneficia anche dell’utilizzo della cinematica diretta, della calibrazione assoluta e di algoritmi di movimento evoluti.Tutto questo per offrire ripetibilità e precisione di prim’ordine. Inoltre, il robot è dotato di adattatori forcolabili integrati e opzionalmente di rondelle ad alta coppia di ancoraggio per il fissaggio automatico della base, una più facile ricollocazione e un’installazione più rapida.

Primo di una nuova generazione di robot articolati a 6 assi, N-220 risponde alla specifica esigenza del mercato di una robotica attenta ai costi e facile da integrare, che offra anche prestazioni industriali ad alta velocità. Inoltre, il design olistico e l’architettura modulare di N-220 facilitano  l’installazione, l’utilizzo e la manutenzione.  Prodotto presso la sede centrale di Comau a Grugliasco (Torino), utilizzando una linea di assemblaggio robotica all’avanguardia, automatizza in modo affidabile operazioni di montaggio, saldatura a punti, imballaggio e movimentazione dei materiali, oltre ad applicazioni a processo continuo come la stampa 3D e la spalmatura di sigillanti.

L’algoritmo per software e-Motion di Comau migliora il tempo di ciclo, la qualità del movimento e il controllo del percorso. Grazie all’uso di un sistema di bilanciamento ad azoto sull’asse 2 e di fine corsa più grandi sull’asse 3, N-220 gode di una maggiore agilità e di un’ampia area di lavoro all’indietro, ideale per applicazioni di piegatura e manipolazione. Poiché N-220 usa solo due taglie di motore e un solo tipo di olio, sostituire un motore difettoso diventa facile e veloce. Un ulteriore vantaggio dell’architettura semplificata e modulare è una manutenzione generale più semplice e un miglior tempo medio fra i guasti (MTBF) grazie alla riduzione del 50% dei componenti del robot.

Cogliendo l’importanza della velocità d’integrazione sul potenziale di produzione, l’N-220 implementa un linguaggio di programmazione “Nodal” che è intuitivo, per una programmazione aperta e semplice. La soluzione di allestimento “facile” è costituita da due cablaggi separati e flessibili (alimentazione del robot e per l’applicazione) che semplificano e velocizzano la personalizzazione o la sostituzione. Allo stesso modo, l’assemblaggio diretto tra motore e riduttore semplifica le trasmissioni meccaniche e riduce al minimo la perdita di potenza e i giochi, aumentando così l’efficienza e riducendo i consumi. In breve, tutto è stato progettato per massimizzare prestazioni, durata, sicurezza, manutenibilità e facilità d’uso.

 

 

“Comau ha sfruttato la sua lunga esperienza nella robotica industriale per rispondere alla crescente necessità di un’automazione di nuova generazione che sia facile da usare e abbia costi contenuti” ha dichiarato Pietro Ottavis, Chief Technology Officer. “È il prodotto giusto al momento giusto.” 

Comau, società parte di Stellantis, è leader mondiale nello sviluppo di sistemi e prodotti avanzati per l’automazione industriale. La sua offerta include tecnologie e sistemi per la produzione di veicoli elettrici, ibridi e tradizionali, robot industriali, soluzioni di robotica indossabile e collaborativa, strumenti per la logistica a guida autonoma, centri di lavorazione meccanica dedicati, servizi digitali interconnessi e sistemi in grado di trasmettere, elaborare e analizzare dati macchina e di processo. Con oltre 45 anni di esperienza sul campo e una forte presenza nei maggiori Paesi industrializzati, Comau aiuta le aziende costruttrici, di tutte le dimensioni e di qualunque settore, a migliorare qualità e produttività, riducendo time-to-market e costi complessivi. La sua offerta si estende al project management e alla consulenza, nonché ai servizi di manutenzione e training, per una vasta gamma di segmenti industriali. Comau ha il suo centro direzionale a Torino e opera attraverso una rete internazionale di 6 centri di innovazione, 5 digital hub, 9 stabilimenti di produzione, in cui lavorano 4.000 persone, presenti in 13 Paesi. Una rete globale di distributori e partner consente di rispondere velocemente alle esigenze dei clienti, ovunque si trovino nel mondo. Attraverso le attività di formazione curate dalla sua Academy, Comau si impegna inoltre a sviluppare le conoscenze tecniche e manageriali necessarie alle aziende per affrontare le sfide e le opportunità dell’Industria 4.0

www.comau.com

“Due anni di pandemia: un incontro inaspettato dell’uomo con la natura” Roberto Burioni a Torino

Laboratorio di Resistenza Permanente

alla Fondazione E. di Mirafiore
Via Alba 15, 12050 Serralunga d’Alba CN

Venerdì 11 marzo ore 19
ROBERTO BURIONI
“Due anni di pandemia: un incontro inaspettato dell’uomo con la natura”

SPETTACOLI TEATRALI PER FAMIGLIE
Domenica 13 marzo ore 16:30
COMPAGNIA CLAUDIO&CONSUELO
“Dal paese dei balocchi”
Proseguono gli incontri del Laboratorio di Resistenza: venerdì 11 marzo alle 19 si torna a parlare della pandemia che da due anni condiziona la vita di tutto il pianeta con Roberto Burioni.
Virologo e immunologo, divenuto noto al pubblico grazie alla trasmissione “Che tempo che fa” di Rai 3, terrà una lezione dal titolo “Due anni di pandemia: un incontro inaspettato dell’uomo con la natura”.
Burioni attinge alla sua lunga esperienza di medico e ricercatore per mostrare la natura e il funzionamento dei virus, l’evoluzione delle conoscenze scientifiche e gli effetti devastanti di questa pandemia sull’umanità. Nessuno può sapere come andrà a finire esattamente questa storia ma dovremmo essere certi di poter contare su un’arma formidabile: la scienza.

Per gli appuntamenti in teatro dedicati alle famiglie domenica 13 marzo, alle ore 16:30, toccherà alla compagnia albese Claudio&Consuelo portare in scena “Dal paese dei balocchi”, uno spettacolo pioniere nel campo della giocoleria, che diventa la tecnica portante, insieme alla clownerie, alla musica e al canto dal vivo, di un lavoro che ricongiunge circo e teatro.
Per bambini dai 6 anni in su.

La partecipazione agli eventi è gratuita previa prenotazione sul sito www.fondazionemirafiore.it. Per chi non potesse partecipare, gli incontri si potranno seguire anche in diretta streaming.

Si ricorda che per accedere al teatro, oltre alla prenotazione, sarà necessario essere muniti di Green Pass rafforzato e della mascherina FFP2 (come da regolamento).

Per info:
Federica Fiocco
fiocco@fondazionemirafiore.it

Psoriasi e artrite psoriasica, incontro all’Accademia di Medicina

Venerdì 11 marzo alle ore 21, l’Accademia di Medicina di Torino terrà una riunione scientifica, sia in presenza, sia in modalità webinar, dal titolo “Psoriasi e artrite psoriasica. Dalla patogenesi alla terapia”.

L’incontro verrà introdotto da Pietro Quaglino, Professore Associato di Dermatologia, Università di Torino ed Enrico Fusaro, Primario di Reumatologia, Città della Salute di Torino. Entrambi sono soci dell’Accademia di Medicina. I relatori saranno Paolo Dapavo, Dirigente medico SC Dermatologia, Città della Salute di Torino e responsabile Rete Piemontese Psoriasi e Luisa Brussino, Direttore SSDDU Immunologia, Allergologia, Ospedale Mauriziano, Torino.

Il prof. Quaglino rileva come la psoriasi sia una patologia cronica invalidante molto frequente che può essere associata a un significativo rischio di coinvolgimento articolare e a varie comorbidità tra cui quelle cardio-vascolari, metaboliche e immunologiche. Negli ultimi anni, un sempre maggiore comprensione dei meccanismi patogenetici ha portato allo sviluppo di terapie biologiche innovative che hanno migliorato le nostre potenzialità di gestione nei pazienti con malattia cutanea estesa e/o coinvolgimento articolare. La gestione attuale del paziente con psoriasi è basata su una stretta collaborazione multidisciplinare tra i vari specialisti coinvolti.

Il dott. Fusaro sottolinea come l’artrite psoriasica sia una patologia che può colpire anche più del 30% delle persone affette da psoriasi. Si tratta di una malattia eterogenea con più quadri clinici: una forma poliarticolare, forme oligo-articolari o monoarticolari, la forma assiale, la dattilite e l’entesite. L’obiettivo principale è prevenire l’eventuale danno articolare permanente per cui è necessaria una diagnosi precoce. Nuovi farmaci sono in grado di interagire riducendo l’infiammazione e quindi i sintomi e la progressione del danno.

Si potrà seguire l’incontro sia accedendo all’Aula Magna dell’Accademia di Medicina di Torino (via Po 18, Torino), previa prenotazione da effettuare via mail all’indirizzo accademia.medicina@unito.it e dietro presentazione del Green Pass, sia collegandosi da remoto al sito www.accademiadimedicina.unito.it.

“Tech cities 2022”, Torino tra le città più tecnologiche

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Il nuovo studio di Experis, brand del Gruppo Manpower, dal titolo “Tech cities 2022”,  analizza i lavori tecnologici più ricercati e retribuiti con un focus sulla provincia di Torino

Il report evidenzia come la pandemia abbia accelerato di 5-10 anni i processi di digitalizzazione della società e delle aziende, favorendo una crescita della domanda di figure tecniche (+36% per il primo trimestre 2022) per venire incontro alle nuove esigenze emerse. Quindi, fornisce una serie di dati relativi alle professioni IT più ricercate e retribuite nel territorio torinese, offrendo un confronto con le altre provincie considerate in termini di distribuzione delle ricerche, RAL medie, settori con maggiori opportunità, e altro ancora.

Di seguito le principali evidenze del report:

  • Con il 10% delle nuove offerte di lavoro nel campo tecnologico, Torino è una delle città più “tech” d’Italia.
  • Con il 42% di ricerche attive, Milano è la provincia in cui si concentra il maggior numero di offerte di lavoro per le posizioni IT analizzate, seguita da Roma (25%), Torino (10%), Napoli (8%), Bologna (7%), Padova (5%) e Bari (3%).
  • Per i lavori IT, la provincia di Torino offre una RAL media di 39.000 Euro – inferiore a Milano (43mila), in linea con Roma e superiore a Padova e Bologna (37mila), Napoli e Bari (33mila)
  • Torino offre maggiori opportunità in società di consulenza e PMI
  • Anche qui si sconta la difficoltà per le aziende di reperire i profili tecnologici ricercati: la ricerca stima che in Italia le aziende facciano fatica a trovare 3 profili su 4.
  • I profili più richiesti: Cloud Developer, Full Stack Developer, Data Scientist, Java Developer, Cyber Security e DevOps Engineer

Gap: un passo avanti nella prevenzione delle fratture ossee

Il progetto GAP dell’Alta Scuola Politecnica ha portato a un grande progresso nella comprensione del meccanismo di danneggiamento osseo. Una risorsa straordinaria per l’elaborazione di strumenti da fornire direttamente ai medici, per migliorare il processo di diagnosi dell’osteoporosi.

 Un gruppo di studenti ha ideato un dispositivo innovativo e un algoritmo per comprendere e prevenire le fratture ossee. Nel corso della vita, infatti, circa il 40% della popolazione italiana incorre in una rottura di femore, vertebra o polso. Le fratture dovute all’osteoporosi hanno conseguenze importanti in termini di mortalità e di disabilità motoria, con elevati costi sanitari e sociali. Il progetto GAP (image-Guided experimental and computational Analysis of fractured Patients) si inserisce in questo ambito e punta a superare i limiti della diagnostica attuale delle fratture ossee, per sviluppare metodi di diagnosi precoce più efficaci. L’idea è nata all’interno dell’Alta Scuola Politecnica (ASP), il programma internazionale riservato ai migliori studenti del Politecnico di Milano e del Politecnico di Torino. Il gruppo di lavoro si è focalizzato sullo studio delle fratture ossee alla microscala, dove sussistono ancora molti dubbi sull’origine e sulla propagazione delle fratture. Non è ancora chiaro quale sia il ruolo di piccole cavità presenti nell’architettura ossea, definite lacune. Per avere un punto di vista completo gli studenti dell’ASP hanno analizzato il fenomeno sia attraverso una campagna sperimentale, sia con dei modelli computazionali.

In dettaglio, è stato progettato e realizzato un dispositivo di micro-compressione che permette sia di testare i campioni ossei femorali in condizioni che riproducono la situazione di lavoro in-vivo all’interno del corpo umano, sia di acquisire immagini di determinate sezioni ossee. Ciò è stato possibile grazie all’utilizzo della tecnologia innovativa, basata sulla generazione di luce di sincrotrone e di laser ad elettroni liberi di alta qualità, dell’Elettra Sincrotrone di Trieste. La luce del sincrotrone è una radiazione elettromagnetica caratterizzata da particelle cariche con una velocità elevatissima, vicina a quella della luce, e che, di conseguenza, ha una lunghezza d’onda molto limitata. Queste caratteristiche fanno sì che il picco di radiazione rientri nella categoria dei raggi X e che sia molto adatta per analizzare un tessuto come le ossa. Questo è il punto fondamentale della ricerca, perché nessuno prima aveva studiato il fenomeno con immagini di risoluzione così alta. La qualità e la quantità di immagini acquisite e analizzate sono, infatti, l’elemento di forza di questo studio.

Altrettanto innovativa è stata la tecnica utilizzata per processare questa grande mole di dati. Gli studenti, dovendo esaminare oltre 2 milioni di immagini, hanno deciso di automatizzare il processo, sviluppando una rete neurale convoluzionale in grado di identificare autonomamente le lacune ossee. Le reti neurali sono algoritmi di deep learning oggi al centro dell’attenzione della comunità scientifica internazionale, per il loro potenziale nell’analizzare le immagini cliniche. La realizzazione di questo algoritmo ha permesso di risparmiare oltre 2 milioni di ore nella fase di post-processing. Parallelamente il fenomeno è stato esaminato attraverso simulazioni computazionali. È stato realizzato e validato un modello che permette di riprodurre prove di compressione ossea che potrà essere utilizzato per analisi future, senza la necessità di nuovi campioni delle ossa.

Il progetto GAP, coordinato da Maria Chiara Sbarra, insieme a Irene Aiazzi, Bingji Liu, Alessandro Casto e Giovanni Ziarelli, ha ottenuto risultati importanti in soli due anni di lavoro. Il team multidisciplinare, guidato dalla Professoressa Laura Vergani e dalla Dottoranda Federica Buccino del Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, ha collaborato con l’ETH di Zurigo, il centro di ricerca internazionale Elettra Sincrotrone di Trieste e il Gruppo San Donato.