Le dichiarazioni di Igor Boni (Direzione Radicali Italiani) e Giulio Manfredi (Associazione radicale Adelaide Aglietta)

Gli undici striminziti articoli che compongono il progetto di legge sulla cannabis terapeutica approvato ieri dalla Camera dei Deputati sono quanto resta di ben diciassette proposte di legge parlamentari + la pdl di iniziativa popolare promossa da Radicali Italiani (che, però, a differenza delle pdl parlamentari, non decade a fine legislatura ma passa automaticamente a quella successiva).
E’ lecito affermare che la montagna ha partorito il topolino. Ciò detto, vediamo quali sono gli aspetti positivi del provvedimento: per la prima volta, l’utilizzo dei farmaci contenenti cannabis è regolato a livello nazionale. Basta con un’Italia vestita da Arlecchino, con venti situazioni diverse a seconda della regione in cui il cittadino risiede, con un’evidente violazione degli art. 3 (uguaglianza dei cittadini davanti alla legge) e 33 (diritto alla salute) della Costituzione.
Per la prima volta in Italia, la proposta di legge dispone che il Ministero della salute pubblichi sul proprio sito web i contributi scientifici e le informazioni sull’uso medico della cannabis (art. 7). Per la prima volta in Italia, si dispone l’aggiornamento periodico del personale medico, sanitario e sociosanitario sulle potenzialità terapeutiche delle preparazioni a base di cannabis (art. 8). Per la prima volta in Italia, si promuove la ricerca scientifica in materia da parte di università e società medico-sceintifiche (art. 9).
Fra le note dolenti c’è la fissazione in un testo legislativo del “monopolio fiorentino”, che prima era statuito solamente dal “decreto Lorenzin” (decreto Ministro salute 9 novembre 2015): lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è deputato alla coltivazione e alla trasformazione della cannabis in preparazioni vegetali per la successiva distribuzione alle farmacie (art. 6, comma 1). Se non bastasse la produzione di Firenze, in prima battuta il Ministero della Salute “puo’ autorizzare l’importazione di quote di cannabis” dall’estero (art. 6, comma 2). Solo in seconda battuta, è prevista la possibilità di individuare altri soggetti autorizzati alla coltivazione e trasformazione della cannabis, “in base alle procedure indicate dallo stesso Stabilimento” di Firenze. Il “monopolio fiorentino” è del tutto irragionevole, visto che in tutta Italia ci sono vari soggetti in grado di assicurare quei livelli di produzione che Firenze non puo’ garantire da sola. Inoltre, vi è un’evidente contrasto fra le disposizioni della proposta di legge e il vigente art. 17 del DPR 309/1990 (testo unico sugli stupefacenti), che consente a “chiunque”, debitamente autorizzato, di coltivare e produrre cannabis a fini terapeutici.
Il progetto di legge si rifà per la casistica delle prescrizioni di farmaci cannabinoidi all’allegato tecnico del “decreto Lorenzin”, ma lascia poi una finestra aperta al medico, con il riferimento all’art. 5 del Decreto legge 17 febbraio 1998, n. 23 “Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria”
In conclusione, tirando le somme, meglio un piccolo passo in avanti che buttare al macero tutto il lavoro fatto in Parlamento e nel Paese, anche se per la legalizzazione della cannabis, dopo aver convinto la stragrande maggioranza dei cittadini, occorrerà riuscire a convincere quei partiti che, ancora oggi, preferiscono lasciare il monopolio dello spaccio alla criminalità organizzata.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in vista della giornata internazionale dei Diritti Umani, che si celebra ogni anno il 10 dicembre per la proclamazione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti umani
“Grazie a Saitta in Piemonte saranno realizzati otto nuove strutture paramanicomiali, migliaia di famiglie saranno abbandonate nell’affrontare la malattia mentale dei propri cari e centinaia di operatori perderanno il lavoro.
fondamentale che una persona malata ha sempre diritto alla cura e non solo all’assistenza. Questa differenza –continua Vignale- oggi viene messa completamente in discussione.”“Chiamparino e Saitta in meno di tre anni – attacca il capogruppo – hanno messo in ginocchio un intero mondo e presto assesteranno l’ultima raccapricciante decisione di riaprire strutture simil manicomiali in Piemonte. Infatti, per effetto di una delibera approvata lo scorso agosto più di 600 posti letto saranno trasformati da sanitari a residenziali e saranno accorpati in otto strutture. Possono chiamarli come vogliono e continuare a raccontarci le loro favolette preferite ma è evidente che queste nuove strutture saranno a tutti gli effetti dei nuovi manicomi”.“Dopo aver provato in ogni modo – prosegue Vignale – a far ragionare Giunta e maggioranza, abbiamo chiesto al Consiglio di volere prevedere una dilazione dei termini di adeguamento alle nuove linee di indirizzo previste dalla delibera della Giunta regionale di almeno 12 mesi. Ci saremmo augurati che almeno la maggioranza di centro sinistra capisse le nostre richieste, ed invece, mettendo la tutela della propria parte politica davanti ai diritti dei pazienti, ha preferito sottostare al diktat di Saitta, votando un ordine del giorno che non cambierà nulla”.“ Se la maggioranza e la Giunta avessero utilizzato un minimo di dialogo – conclude Vignale – si sarebbe potuto modificare la DGR 29 senza vinti né vincitori in termini politici, gli unici vincitori sarebbero stati i pazienti e le loro famiglie”.
“Regnano malamovida e violenza. E l’Amministrazione è la grande assente”
Si è concretizzata l’ipotesi di un incontro ufficiale fra i rappresentanti del “coordinamento di cittadine/i, associazioni e istituzioni contro l’atomica, tutte le guerre e i terrorismi”, e i parlamentari Piemontesi
Principe Oddone e via Livorno è di fatto una sorta di paradiso, se si escludono pochi e circoscritti problemini. Ci sono almeno tre urgenze, in zona. La prima, enorme, sono le due aree sono abbandonate rispettivamente a nord e a sud di corso Enrico Gamba tra corso Ottone Rosai, corso Principe Oddone e via Savigliano. Che progetti abbiamo, come Città, su quella zona? Ci limiteremo ad attendere le mosse di RFI? Pulizia non soddisfacente e totale mancanza sicurezza sono le altre due urgenze. I residenti si aspettano risposte: oggi queste risposte non sono state date.
Sia chiaro, se la Giunta Appendino pensa di risparmiare sul bilancio comunale bloccando assunzioni e appaltando ai privati la gestione degli asili nido la risposta non potrà che essere a muso duro
Mia cara Sindaca, Le scrivo questa lettera aperta, in quanto quello che si sta apprestando ad approvare è il suo secondo bilancio della città di Torino, ovvero il primo dove può effettivamente esprimere, appieno, tutto il potenziale dell’amministrazione a Cinque Stelle