IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Ho avuto qualche polemica con Angelo Del Boca in passato, ma non ho mai disconosciuto la sua buonafede. La morte del giornalista e saggista ha portato a riscrivere del colonialismo fascista di cui egli è stato uno dei massimi studiosi, anche se Del Boca non era neppure laureato
Io ho una naturale diffidenza per chi non abbia appreso un metodo storico sicuro con studi regolari, ma è l’abitudine di tanti giornalisti quella di avventurarsi nei cammini impervi della storia che spesso viene semplificata nel tentativo di divulgarla ai non addetti: un lavoro sicuramente utile ,ma non sempre rigoroso. Per altri versi, gli storici cadono spesso nel difetto di scrivere per i colleghi ,usando linguaggi da addetti ai lavori. Dalla sua opera noi comprendiamo gli aspetti nefasti del colonialismo italiano che, secondo De Boca, fu pari a quello inglese, portoghese, francese ecc. Egli vede nel colonialismo una sorta di male assoluto, concetto che gli storici non accettano perché tendono sempre a relativizzare gli eventi .Il male assoluto in campo storiografico non esiste. Il colonialismo mastodontico inglese non è neppure confrontabile con quello italiano che arrivò alla fine dell’800,quando le grandi potenze europee si erano impossessate da secoli di intere parti dei diversi continenti mondiali. Montanelli polemizzo’ con lui da giornalista e da reduce dalle campagna d’Etiopia ed ebbe torto, nel negare l’uso dei gas a cui Graziani fece effettivamente ricorso. Del Boca cavallerescamente difese Montanelli, quando il suo monumento milanese venne imbrattato. Gli studi della storica Federica Saini Fasanotti in “Etiopia :1936-1940. Le operazioni di polizia coloniale nelle fonti dell’ Esercito italiano “ mettono in rilievo aspetti che non vennero abbastanza considerati da Del Boca, innanzi tutto l’opera pacificatrice in Etiopia del Vice Re Amedeo di Savoia – Aosta ,opera interrotta dallo scoppio della guerra. Il Duca d’Aosta non va confuso con altri nella maniera più assoluta. Se ci furono atrocità italiane , ci furono anche atrocità indicibili dei guerriglieri etiopi nei confronti dei soldati italiani fatti prigionieri che vennero evirati . All’epoca della conquista dell’ Impero vigeva in Etiopia un regime schiavista che non può essere ignorato. Può sembrare paradossale che sia stato il regime fascista ad abolire la schiavitù, ,ma la storia è quella, piaccia o non piaccia. La retorica fascista ha nascosto gli aspetti inconfessabili di quella campagna coloniale, ma è indubbio che gli italiani portarono anche nelle colonie scuole, strade, ospedali: un fatto indiscutibile. A Tripoli quel poco di significativo nel campo degli edifici pubblici esistenti prima della
fine drammatica del regime di Gheddafi ,era stato costruito dagli Italiani, quando Italo Balbo fu Governatore. La figura di Balbo in Libia è molto diversa da quella del Quadrumviro della Marcia su Roma e del capo dello squadrismo di Ferrara. Sia reso onore al giornalista del Boca per la coerenza della sua opera . A volte si e’ permesso persino di polemizzare con uno storico come Renzo De Felice che era oggettivamente a lui molto superiore. Si è accusato De Felice di essersi via via “innamorato” di Mussolini nel corso dei suoi studi trentennali sul duce, sarebbe facile dire che anche Del Boca che dedicò due libri al Negus e a Gheddafi, si fosse “ innamorato“ di un certo mondo africano. Io ho conosciuto ex combattenti delle guerre coloniali e profughi d’Africa penso agli Italiani cacciati brutalmente da Gheddafi dalla Libia) che non stimarono (uso un eufemismo) Del Boca, che non ha considerato l’altera pars ,come dovrebbero fare sempre gli storici. Ma di fronte alla sua morte provo grande rispetto perché credo nella buona fede delle sue battaglie, un concetto che però non coincide con quello degli storici che non debbono intraprendere battaglie, ma limitarsi a raccontare e valutare i fatti con animo sgombro da pregiudizi. Gheddafi, ad esempio, fu un ferocissimo dittatore, direi indifendibile, se non ricorrendo al machiavellismo che vede in lui chi seppe trattenere le tribù sanguinarie che si contesero la Libia dopo la sua morte. Anche il periodo coloniale italiano, che certo non intendo esaltare, ebbe a che fare con tribù libiche ancora più feroci. Il senso della storia ci impone di ricordarlo . Del Boca però ha svelato verità scomode che gli storici accademici prima di lui ci avevano nascosto o avevano omesso di indagare .Appare incredibile che Giorgio Rochat abbia dovuto attendere le ricerche di Del Boca che lascia un vuoto difficilmente colmabile. Non fu certamente uno storico nel senso della storiografia di Chabod, ma fu sicuramente un uomo intellettualmente onesto che merita considerazione anche da parte di chi è lontano dalle sue idee.

La percorrenza in autostrada tra Albenga e Finale Ligure ha richiesto ieri 30 giugno, nel tardo pomeriggio, due ore con una coda interminabile in molti tratti un galleria. Non è la prima volta perché ormai i tempi sono imprevedibili con ricadute di intasamenti anche sull’Aurelia. Una situazione da terzo mondo in via di sottosviluppo che colpisce residenti, operatori dei trasporti, turisti. La Società autostrade ha delle responsabilità gravi in presenza di tariffe molto alte. La situazione di ieri – 30 giugno – non avrebbe consentito il passaggio di un mezzo di soccorso o di un’autombulanza per Pietra ligure. Sindaci e presidenti della Regione e della Provincia debbono intervenire per porre un qualche rimedio ad una programmazione di lavori quanto meno intempestiva. Anche i rapporti con il Piemonte sono compromessi perché i lavori per la strada del San Bernardino ostacolano la viabilità. E quella sarebbe l’unica alternativa all’autostrada. In ogni caso due ore per pochi chilometri sono davvero troppe. Significa di fatto spezzare in due la Liguria e scollegarla dal Piemonte . La situazione è aggravata dal fatto che in altre parti dell’autostrada la si registrano altri intoppi. Pensare di affrontare luglio e agosto in queste condizioni risulta non accettabile.
In televisione mi ha costantemente divertito ed io sono di gusti molto difficili: farmi ridere è impresa ardua, a meno dell’ilarità involontaria che suscitano certe persone che non intendono affatto provocare il riso ed invece ci riescono come se fossero dei collaudati comici professionisti. Faletti mi piaceva da morire e non perdevo una puntata. Faletti con i suoi personaggi mi è rimasto nel cuore, ben oltre il divertimento che mi ha regalato. Sullo scrittore Faletti non sono così convinto, anche se nel 2013 come presidente del premio letterario “Albingaunum“ gli conferii quell’ambito riconoscimento che tocco’ anche a Gramellini. In quell’occasione nacque un rapporto molto cordiale e nel suo intervento fu molto gentile con me, con una definizione affettuosa ed ironica che mi lusingo’ molto e che non oso ripetere perché troppo generosa. E’ immaginabile il forte dolore e l’impressione emotiva che suscitò in me la notizia della sua morte neppure un anno dopo. Promossi già nel luglio 2014 un ricordo nella piazza San
Michele, la più importante di Albenga, che si riempì di gente partecipe e commossa. Io stesso ero così toccato dalla sua morte immatura e crudele che non riuscii a pronunciare il discorso che avrei voluto dedicargli. Mi limitai a poche parole del tutto inadeguate. Asti ,la sua città, per cui Faletti ha fatto molto, gli ha dedicato la Biblioteca diretta allora da sua moglie. Ma fuori Asti si è fatto poco per ricordarlo. Il Lions di un paese astigiano gli ha dedicato un ricordo legato alla canzone “Minchia, signor tenente”, come si può leggere su internet, ma si trattò di un’iniziativa locale.