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Un nuovo libro di Bruna Bertolo sulle donne e la follia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni /Il tema della follia mi ha sempre molto turbato, pur non avendo fortunatamente  mai avuto contatti con situazioni, anche solo comparabili con essa.
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Ricordo però con turbamento la storia di un nostro contadino  sfociata in un ricovero da cui non uscì vivo. Ero bambino, ma le parole dei grandi mi lasciarono ricordi che non ho mai dimenticato.
Va detto che la malattia mentale è stata una dura  e costante realtà nei secoli  – sarebbe inevitabile il contrario- e continua a serpeggiare anche nella società d’oggi. Il modo in cui essa venne affrontata nel passato  va storicizzato come tutto il resto, va cioè  capito e valutato, sforzandoci di evitare giudizi sommari che sono l’esatto opposto della storia il cui compito è quello di “intelligere”. La psichiatria contemporanea è invece una materia che forse più di ogni altra si è prestata ad interpretazioni politiche che poco storicizzano il dramma della follia.
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Se rimaniamo a Torino, la costruzione per iniziativa di Carlo Alberto (che pochi conoscono come re riformatore) del Regio manicomio di via Giulio
rivela un’attenzione indiscutibile ad un problema medico e sociale grave. E ci sarebbero tante altre osservazioni che non danno ragione a chi ha finito di ridurre un problema drammatico molto complesso al nome di un noto psichiatra che ispirò una legge che decise la chiusura dei manicomi alla fine degli anni Settanta del secolo scorso  L’aver avuto nel Piemonte tardo ottocentesco e positivista un’egemonia che non esiterei a definire soffocante, da parte di Cesare Lombroso, celebratissimo scienziato,  ha sicuramente avuto anche  delle ripercussioni nefaste che hanno imperversato non solo nel campo della medicina.
Tornando a tempi recenti,   io ricordo con piacere gli psichiatri Fiorentino Liffredo,  Mario Fulcheri, Donato Munno, tutti e tre miei cari amici, che non ebbero forse la notorietà che meritavano , ma io non posso dimenticare che la loro disponibilità umana verso il malato di mente non si lasciò condizionare da militanze che sentivano intimamente incompatibili con il loro essere medici. Altri preferirono fare scelte diverse ed ebbero tutto sommato in Piemonte una notorietà abbastanza relativa. Si tratta di persone degnissime ed anche coraggiose  e benemerite, da cui però mi sento lontano.
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La legge a cui tutti fanno riferimento,  è quella intitolata al mai abbastanza celebrato Basaglia che certo pose fine a situazioni inumane e “medievali“ intollerabili , senza tuttavia prevedere delle alternative percorribili. Il dramma di molte famiglie che convissero con dei congiunti malati di mente resta un grumo di quella storia penosa e terribile che non può essere trascurato.
Bruna Bertolo nel suo documentatissimo libro “Le donne e la follia in Piemonte“, edito da Susalibri, ricostruisce la storia delle donne ricoverate negli ospedali psichiatrici piemontesi, dopo un lavoro di tre anni di ricerca. Era un lavoro che mancava.

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La realtà che balza fuori dal libro  è una storia fatta anche di miseria e di arretratezza della società e della cultura medica del tempo. Sarebbe stato un grave errore fare dell’anacronismo storico ,giudicando con i criteri di oggi la realtà di ieri e dell’altro ieri, come hanno fatto spesso coloro che si sono occupati  giornalisticamente di questi temi. Il libro di Bruna Bertolo scava nella storia di tante donne, interessata in primis alla situazione umana perché la malattia mentale, più che altre patologie, fa risaltare questa situazione.  Tra le storie di donne anonime abbandonate dalle famiglie che non erano comunque in condizione di offrire nessuna cura (non dobbiamo mai dimenticare che l’Italia fino agli anni Sessanta del secolo scorso era un Paese povero prima di dare giudizi etici), balzano all’attenzione quelle di donne in qualche modo note come la moglie dello scrittore Emilio Salgari che l’autrice tratteggia con maestria. Ma è la vicenda umana delle tante donne fino ad ora dimenticate quella che dà al libro un valore storico corale e gli conferisce un’alta dignità morale. Oltre al manicomio di via Giulio, il libro offre un ampio e dettagliato resoconto dei manicomi di Collegno, Savonera , Racconigi,Grugliasco. Un grande interesse ha il capitolo dedicato alla struttura denominata “Casa di convalescenza per le dimesse dal manicomio” creata per le donne considerate “guarite” dalla malattia.

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Il capitolo dedicato a Grugliasco e il fascismo ha una particolare valenza storica perché il manicomio durante il fascismo ( e in verità non solo durante il Ventennio ) venne usato, sostiene l’autrice , come strumento per affrontare la devianza,  il dissenso, il
“disturbo “attraverso una rigida applicazione della legge giolittiana del 1904 che rimase in vigore fino al 1978  La causa delle tante situazioni  situazioni negative, che il libro riporta con dovizia di documentazione e’, a parere  dello scrivente, il permanere ben oltre il fascismo la legge Giolitti  degli albori del secolo , frutto di una cultura medica e giuridica riconducibile al secolo precedente . Il vero scandalo è questa sopravvivenza del tutto ingiustificata sotto qualunque punto di vista che chiama in causa per intero la classe politica che fece la Costituzione , ma dimenticò di applicarla ad una fascia debole e indifesa di cittadini . L’opera della Bertolo ci porta in evidenza  lo strazio dell’elettroshock e cosa accadeva nei manicomi degli anni Sessanta e Settanta del
Novecento.  Qualche grave responsabilità politica locale e nazionale ed anche medica ci sembra inevitabile  evocarla .Annibale Crosignani ha denunciato il comportamento indegno di alcuni medici in servizio nei manicomi che avrebbero meritato il licenziamento immediato  e la radiazione dall’Ordine.

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Mi è piaciuto leggere che la Bertolo abbia citato l’Assessore alla Sanità del Comune di Torino e medico di chiara fama Filippo Franchi, che era ben consapevole della gravità della situazione di via Giulio e premeva per cambiare . Filippo Franchi era un liberale che aveva capito – me lo
disse una volta nel 1968 – che la legge del 1904 era già illiberale quando nacque ed ora era diventata anche una ”legge inumana“.

Viaggi all’estero consentiti mentre in Italia il turismo muore

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Questa idea balzana di consentire agli italiani di andare all’estero e di vietare ogni movimento, ghettizzandoci tutti in casa a Pasqua è un’ altra follia della accoppiata Di Maio- Speranza, i due ministri sopravvissuti del Conte 2.

Il solito Speranza, causa di tanti errori commessi che hanno aggravato la pandemia in Italia. Per farci digerire gli arresti domiciliari a Pasqua, ci annunciano l’immunità di gregge in luglio, una boutade propagandistica che non fa onore al governo Draghi. Ma l’idea di poter andare con facili due tamponi all’estero supera ogni immaginazione ed è una presa per i fondelli per gli albergatori e i ristoratori italiani. Una vera provocazione per gente che non riesce più ad andare avanti . Pensiamo a Venezia, Firenze, Roma diventate un deserto.Anche l’idea di riaprire prima le scuole e dopo i ristoranti appare una stupidaggine perché ormai l’anno scolastico è compromesso e nulla si è fatto per garantire trasporti e distanziamento degli studenti.  Io continuo ad avere grande fiducia in Draghi, ma continuo a richiedere le dimissioni di Speranza,un piccolo politicante senza arte né parte a cui scioccamente qualcuno ha affidato le nostre vite . Quest’anno l’agnello da sacrificare a Pasqua in modo simbolico e incruento e’ il piccolo lucano che ci ha provocato guai infiniti.Questa dei viaggi concessi all’estero non può passare come l’uovo di Pasqua che il proletario ministro della Salute concede agli italiani con i soldi ,come avrebbe detto il ministro stesso, quando imparava il mestiere di demagogo alla scuola di Bersani.

Quaglieni: “L’Italia chiusa e gli Italiani in spiaggia all’estero. Assurdo”

Caro direttore, il consentire  agli Italiani di andare durante le festività pasquali all’estero in vacanza e tenere agli “arresti domiciliari” gli altri  cittadini con regole ferree che impediscono persino di andare nelle seconde case e fanno dell’intero paese una sorta di caserma, appare aberrante ed incomprensibile.

E’ una  scelta  anche moralmente orrenda a vantaggio di categorie privilegiate e non colpite dalla crisi economica che umilia il turismo italiano che sta boccheggiando. Il Centro Pannunzio denuncia questa scelta assurda che non trova giustificazioni di sorta ed è solidale con operatori turistici e ristoratori colpiti dalla crisi ed ancora privi di aiuti reali. Il due pesi e due misure che si sono visti persino per i vaccini, appartengono ad una logica incompatibile con la serietà imposta dalla pandemia. L’Italia chiusa e gli Italiani  in spiaggia all’estero  con due tamponi, è l’immagine più orrenda di questa Pasqua.
Pier Franco Quaglieni  direttore del Centro Pannunzio

Una scuola allo sbando

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Oggi il “Corriere della sera” dedica il suo titolo di apertura alla scuola e alle possibili bocciature anche di fronte ad un anno scolastico caratterizzato da un insegnamento anomalo in Dad.

Siamo alla vigilia di Pasqua e ci sono regioni che vorrebbero riaprire le scuole per pochi giorni prima delle vacanze” agli arresti domiciliari” di genitori e figli. Un segnale demagogico di scarsa intelligenza. Azzolina, per grazia di Dio, è stata allontana dopo che ha provocato gravissimi danni alla scuola, ma il nuovo ministro non appare migliore. E’ un provinciale ferrarese adatto al massimo a fare l’assessore. Ministri così sono stati la rovina costante della scuola italiana: pensiamo alla Fedeli o al fascista De Vecchi.
Infatti invece di affrontare di petto la situazione di una scuola che di fatto è rimasta quasi sempre chiusa, ci si balocca sul tema che a molti genitori sta più a cuore ma che appare del tutto marginale :si può con la Dad continuare a bocciare? E i presidi già temono ricordi al TAR e rilasciano preoccupate dichiarazioni in proposito.

E’ mai possibile che anche in tempo di pandemia non si sia almeno recuperato un minimo senso di buon senso e di serietà? Quest’ anno va considerato un anno perduto. Possono anche regalare senza problemi a tutti la promozione, ma il lavoro non fatto,lo studio episodico ed approssimativo senza verifiche adeguate, il pressappochismo e anche la demagogia di certe proteste studentesche restano e mostrano ancora una volta che la scuola italiana ,così come è, non va.

Il ministro tace e forse in certi casi è meglio tacere che dire le sciocchezze della Azzolina.
Appare in ogni caso sconcertante che il maggiore quotidiano italiano dedichi il suo titolo di prima pagina alle possibili bocciature. E’ la scuola che andrebbe bocciata insieme ai suoi ministri e a una buona parte di dirigenti che non hanno saputo garantire la sicurezza necessaria alle lezioni in presenza . Oppure va detto e scritto che ci hanno preso in giro,sapendo già in partenza che pandemia e scuola in presenza erano e sono incompatibili, come hanno subito capito i rettori di Università.

Questi mesi che ci separano dalla fine dell’anno sono inutili per sanare una situazione compromessa. La sola parola recupero in una scuola seria evoca il facilismo e l’improvvisazione dei recuperi settembrini dei debiti dopo che vennero aboliti gli esami di settembre.
Non hanno saputo neppure trovare locali in disuso per fare lezione in ambienti diversi dalle aule. Alcuni pensavano che bastassero i cortili degli istituti ,senza considerare i problemi che provoca l’inverno. Si potrebbe fare un volume con tutte le dichiarazioni sciocche che abbiamo letto sui giornali da giugno 2020 in poi.
Vogliamo cercare di pensare seriamente a cosa fare per settembre 2021? Vogliamo affrontare il problema dei trasporti in modo serio e pensare ad una vera rimodulazione degli orari scolastici, riprendendo i doppi turni che si fecero negli anni ‘70 del secolo scorso per mancanza di aule ?I doppi turni non crearono problemi insormontabili neppure negli istituti tecnici dove c’erano le ore di laboratorio.

Questo, di fatto, è il secondo anno perso. Una situazione che non ci fu neppure durante la seconda guerra mondiale . Un segno negativo che resterà nella formazione dei giovani che non debbono tuttavia farsi passare per vittime perché c’è gente che ha già perso il frutto di una vita di lavoro. Infatti anche durante la chiusura degli edifici scolastici non vige il divieto di leggere,di studiare, di far lavorare il cervello. Può sembrare un discorso banale, ma non lo è perché bighellonare significa dimostrare di non sapersi rapportare con le difficoltà della vita.  Molti giovani che amano la vita facile, come ha scritto un uomo di sinistra come Michele Serra, hanno purtroppo confuso la pandemia per una vacanza prolungata molto speciale e si sono lasciati andare alle movide e agli assembramenti più irresponsabili nelle piazze e persino davanti a scuola: un contributo irresponsabile all’aggravamento della situazione che non può passare sotto silenzio.

La fortuna di Dante

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Non sono un dantista, ma un modesto lettore che nel corso della sua vita ha letto e riletto molte volte la “ Divina Commedia” e “La vita nova”, oltre ad altre opere del più grande poeta italiano in assoluto e, a mio modo di vedere, al più grande poeta di tutti i tempi.

La fortuna di Dante ha avuto anche periodi di oscuramento e mi piace ricordare che nel 1921 Benedetto Croce, Ministro della Pubblica istruzione nell’ultimo Governo presieduto da Giolitti guidò  ed ispiro’ le celebrazioni del VI centenario della morte che si tennero in un’ Italia che stava per cadere in una dittatura ventennale. Con Croce tornava la grande lezione di Francesco De Sanctis .
Croce scrisse anche un bel saggio ,”La poesia di Dante“ ripubblicato quest’anno che per me resta una guida ineliminabile alla lettura del divino poeta . La distinzione tra poesia e struttura nella Commedia , tra poesia e non poesia era già in me ben presente quando Giovanni Getto, professore di Letteratura italiana a Torino , sosteneva la stretta connessione tra i due termini che Croce aveva distinto.
Al Liceo classico non ho avuto grandi docenti e meno che mai grandi dantisti. La loro era pedanteria erudita che non ci consentiva di entrare nel vivo della poesia dantesca. Ricordo ancora con terrore i pomeriggi domenicali passati prima della maturità a confrontare tre o quattro commenti con la pignoleria che esigevano i tempi, quando l’esame di Maturità era un vero esame e non una buffonata come quella introdotta da Sullo e peggiorata dai suoi successori. A questo proposito oggi in una conferenza mi sono lasciato andare alla polemica, dicendo che la scuola italiana si meriterebbe un Cecco Angiolieri come suo fustigatore.
Comunque nei tre vanni di liceo leggemmo interamente le tre cantiche, anche se a farmi comprendere Dante per davvero non furono i miei professori, ma un amico come Oscar Navarro che era un anticrociano. Dopo il ‘68  Dante venne messo in soffitta e il numero dei canti letti si ridusse drasticamente. Io so di scuole dove essi si ridussero a tre. Addirittura in certi istituti tecnici essi furono aboliti e le domande sulla “ Commedia “ agli esami divennero davvero poche, magari suggerite dal membro interno per quei pochi studenti brillanti. La “Dante Alighieri” ha fatto di tutto per arginare l’oscuramento di Dante che paradossalmente era e forse è più studiato all’estero che in Italia.
La mala progenie dei professori che fecero il ‘68 ha ulteriormente peggiorato la situazione perché il trascurare Dante non era una scelta politica, ma una necessità dovuta alla loro ignoranza.
Forse lentamente qualcosa si muove e il Dantedi’ 2021 ha contribuito a riportare interesse sul poeta che più di ogni altro dovremmo studiare non solo perché grande ,ma perché la sua poesia è eterna e senza tempo. Certo la Dad non favorirà lo studio di Dante. Ma, superata la pandemia, avremo una ”vita nova” da vivere e se la scuola vorrà ritrovare le sue ragioni più vere dovrà tornare ai grandi Classici, lasciando Pasolini e Merini ,ad esempio, all’oblio. Non basta affidare la fortuna di Dante  al comico Benigni. Cent’anni fa su Dante scrisse Croce ,oggi scrivono Barbero e Cazzullo. Un segno dei tempi.

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Omosessuali e nozze benedette

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il responsum della Congregazione per la dottrina della fede sulla impossibilità di benedire in Chiesa le coppie omosessuali, avallato dal Papa che in un’intervista si era dichiarato “aperturista “ sulle famiglie gay, non cessa di sollevare polemiche specie in Europa,  mentre in Italia l’interesse è oggi di nuovo rivolto soprattutto all’aborto che per alcuni è diventato un normale contraccettivo. 

Omosessualità ed aborto sono temi su cui la Chiesa non può modificare le sue posizioni, al di là delle battute polemiche di qualche prete progressista e magari omosessuale e di qualche cattolica femminista. A parere di chi scrive la Congregazione per la dottrina della fede ha molto opportunamente affermato l’impossibilità di equiparare il matrimonio cristiano tra uomo e donne e le Unioni civili tra persone dello stesso sesso. E questo senza intenti omofobi di sorta che condanno senza riserve. Per altri versi, anche la famiglia laica a cui si richiama l’articolo 29 della Costituzione Repubblicana  si fonda sul matrimonio tra uomo e donna perché quell’aggettivo “naturale“ non può avere altre letture. I Padri costituenti discussero a fondo il tema della famiglia, ma nessuno dei costituenti, magari omosessuale, si pronunciò per una famiglia gay. I tempi non erano maturi, diranno alcuni, ma anche oggi quel testo resta un punto fermo della Costituzione. Concordo con Massimo D’Alema che richiamo’  quell’articolo, prendendosi gli improperi della Concia e della Cirinna’. Un omosessuale come lo scrittore Gian Piero Bona che ebbe una lunga convivenza gay era fermamente contrario ad ogni vincolo e soprattutto ad ogni esibizione così frequenti nei giovani gay. Ne parlammo a volte e un giorno si scagliò con violenza contro il Gay Pride che definì sguaiato e volgare. Anche Angelo Pezzana che fu il primo a rivendicare l’ orgoglio omosessuale, non si confuse mai con certe manifestazioni estremiste. Pezzana fu monarchico nella sua giovinezza ed un certo stile gli è rimasto innato.
Questo tentativo recente di forzare la mano e di voler il matrimonio tra persone dello stesso sesso benedetto da un prete è  un vero e proprio arbitrio e un non senso. In Germania c’è un vescovo che si è schierato decisamente contro la Congregazione, come hanno fatto 350 sacerdoti austriaci che continueranno a benedire le coppie omosessuali, affermando che l’amore non è mai peccato. Anche il vescovo di Anversa ha preso una posizione ribelle contro il responsum.  Anche nella Svizzera calvinista serpeggia la protesta. Nessuno però prende in considerazione il problema dei figli di coppie gay,  ottenuti con pratiche che la legge italiana non consente.  La Corte costituzionale si è pronunciata su questo tema con una sentenza che invita il Parlamento a cambiare le leggi vigenti che restano in vigore e andrebbero fatte rispettare. Anche il solito Wladimiro Zagrebelski ha voluto dire la sua a favore naturalmente delle coppie omosessuali.  Da un punto di vista esclusivamente laico ( non invoco motivazioni religiose ) ritengo la famiglia omosessuale con figli un’aberrazione altamente diseducativa che impone a dei minori modelli di vita che sono una vera e propria violenza nei loro confronti. Il genitore uno e il genitore due e’ cosa aberrante.

Che la fortissima “lobby gay” sia riuscita addirittura a sfondare in una parte del mondo ecclesiale lascia molto perplessi perché si rivelano “laici” solo su quel terreno, forse perché l’accusa che molti preti abbiano tendenze omosessuali ed abbiano problemi a rapportarsi con le donne, non è infondata. Non c’è bisogno di essere credenti per avere dei forti dubbi etici su certe pretese. Esigere poi anche la benedizione appare una richiesta davvero inconcepibile. I maggiori teorici delle diverse etiche laiche, quelli seri e non i finti pensatori d’oggi, avrebbero un atteggiamento fortemente critico sulle nozze omosessuali benedette in Chiesa. E sia chiaro che queste idee non sono omofobe, ma sono opinioni che hanno diritto di piena cittadinanza in una Repubblica democratica, non prigioniera di minoranze faziose e intolleranti.

“No alla riabilitazione dei disertori della Grande Guerra”

Lettera aperta al Presidente del Consiglio Draghi


Signor Presidente del Consiglio,

Lei è una persona seria ed e’ anche un patriota che mette con generosità al servizio dell’Italia la Sua esperienza e il Suo prestigio. So che può comprendere la voce di uno storico che continua ad amare disperatamente l’Italia .

Mi permetto di richiamare la Sua attenzione sul voto unanime della Commissione Difesa del Senato volto a rendere onore ai disertori della I Guerra Mondiale con l’affissione di una targa niente meno che all’Altare della Patria dove riposa da cent’anni il Milite Ignoto. Quella targa farà rigirare nella tomba Nazario Sauro, Cesare Battisti, Damiano Chiesa, Fabio Filzi e tanti eroi dell’ultima guerra del Risorgimento.  Il Sottosegretario alla Difesa di Forza Italia (!) e una superficiale sottosegretaria leghista che ignora la storia, hanno dato il consenso del Governo ad un’operazione che offende i Caduti e i loro congiunti.Anzi offende tutti i combattenti di tutte le guerre, dal Risorgimento ad El Alamein.  Io mi rifiuto di credere che un uomo come Lei possa avallare le richieste espresse alcuni anni fa da esponenti della peggiore demagogia antipatriottica come Nicola Tranfaglia e altri simili personaggi che ripresero acriticamente le vulgate antinazionali di Emilio Lussu.  Ci fu già infatti un tentativo prima del 2018 , centenario della Vittoria , di glorificare i disertori , ma la ministra della Difesa Pinotti( Pd ) blocco’ l’iniziativa, dichiarandosi favorevole al perdono , ma non alla riabilitazione dei disertori. Oggi parlano usando un ipocrita eufemismo di “fucilati“ a cui rendere giustizia. Sicuramente ci furono anche esecuzioni sommarie soprattutto durante la rotta di Caporetto , ma questo non giustifica il ribaltamento di un giudizio che solo i sostenitori dei disertori ebbero il coraggio , si fa per dire, di esprimere già cent’anni fa nell’Aula di Montecitorio per bocca del comunista Misiano, disertore e deputato. Anche la Costituzione della Repubblica , Signor Presidente, parla di dovere sacro di difendere la Patria in armi. Io non sono contrario, dopo cent’anni, ad un perdono di natura laica o cristiana verso quei soldati fucilati , ma sono nettamente contrario a fare di ogni erba un fascio e di riabilitarli. Le associazioni d’Arma e combattentistiche vanno ascoltate! Se il voto della Commissione avrà seguito , assisteremo ad un’offesa intollerabile a tutti i Caduti , in particolare al Milite Ignoto che non può subire questo affronto proprio nell’anno centenario in cui venne portato all’Altare della Patria come simbolo di tutti i soldati che si immolarono per la Patria.
Sono certo, Signor Presidente, che, pur nel suo diuturno impegno contro il COVID , Lei troverà il tempo per fermare questo progetto scriteriato che umilia la storia italiana ed è lesiva della coscienza nazionale. Grazie , un deferente saluto ed un augurio sincero per il suo lavoro al servizio dell’Italia.

Pier Franco Quaglieni 

Onore al generale Figliuolo

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / C r o z z a, più invecchia, più diventa fazioso e più perde la sua  ormai consunta comicità. E’ lui stesso che è  diventato inconsapevolmente   comico di se’ stesso. A volte è davvero  intollerabile.

Ieri sera ha voluto fare un’infelice imitazione del  generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario nominato da Draghi per porre rimedio al disastro di Arcuri nell’approvvigionamento del vaccino anti Covid . Il generale Figiuolo  ha ereditato una situazione compromessa che con diuturna fatica sta cercando di recuperare con la passione del soldato valoroso  e del patriota che crede in certi valori che forse  solo chi porta le stellette conosce e sa servire  fino in fondo.  .Il Generale ha ottenuto nella sua lunga e brillante carriera di ufficiale degli Alpini, anche nel corso delle molte missioni all’estero, numerosissime decorazioni militari e onorificenze anche straniere. E‘ decorato dell’Ordine Militare d’Italia, già Ordine Militare di Savoia, che rappresenta da solo un altissimo riconoscimento. Incredibilmente, considerando il grado di generale di corpo d’Armata, è “solo” commendatore al Merito della Repubblica: con il suo grado e il suo curriculum gli spetterebbe il cavalierato di Gran Croce . C r o z z a, il comunistoide e disfattista C r o z z a, ha fatto della bassa e volgare ironia sui molti nastrini del  generale. Non c’è da stupirsi. L’invidia e  l’ignoranza miscelate insieme producono effetti imprevedibili. E’ un  gran brutto segno che un servitore dello Stato, impegnato in una missione importantissima a tutela di tutti gli Italiani, venga messo alla berlina per le decorazioni che attestano i suoi meriti militari e civili. Non c’è’ da stupirsi. Cent’anni fa ci fu chi offese e picchio’ i reduci della Grande Guerra decorati al Valor Militare. Mi auguro che l’ Istituto Nazionale del Nastro Azzurro fra decorati al Valor Militare voglia elevare la sua protesta. Mio nonno, tornato dalle trincee decorato, fu oggetto di un tentativo di linciaggio a cui seppure rispondere con il  vigore del soldato che aveva conosciuto la durezza della guerra. Addirittura il grande invalido Carlo Delcroix venne aggredito. Era cieco e senza mani. Queste cose accadevano un secolo fa. Oggi un comico può offendere in Tv un alto ufficiale impunemente. Un  altro segno del degrado morale di questo paese.

Risorgimento, Quaglieni e Sodini commentano i moti carbonari

Domenica  21 marzo alle ore 18 sulla piattaforma Facebook del Centro “Pannunzio”, il prof. Pier Franco Quaglieni, storico del Risorgimento e la prof. Carla Sodini, storica militare,

ricorderanno a 200 anni dagli eventi storici che segnarono l’inizio del Risorgimento, i moti carbonari del 1821 e Santorre di Santarosa. L’attrice Ornella Pozzi lèggerà’ l’ode civile di Alessandro Manzoni “ Marzo 1821”.

Coordinerà Adriana Rizzo.

La giornata per le vittime del Covid evoca una sconfitta

Nessuno avrebbe  mai pensato nel 1917 di dedicare una giornata alla rotta di  Caporetto . I nostri nonni attesero Vittorio Veneto nel 1918 per festeggiare la Vittoria del 4 novembre.

In questa Italia  “scombinata“, come la definiva Salvemini, tutto è diventato possibile, anche le assurdità più incredibili. Ricordare nel pieno della pandemia con centomila mila vittime e una media di 500 morti al giorno con una giornata dedicata alle  Vittime del Covid con particolare riferimento a quelle  di  un anno fa con gli effetti macabri e terribili dei camion  carichi di morti a Bergamo appare una vera e propria follia . Un disastro di questo genere , tutt’altro che finito , andrebbe dimenticato dalla retorica occasionale  , perché si è conficcato in modo  indelebile nelle nostre vite e nelle nostri menti nei nostri ricordi più sconvolgenti .” Non urlate“ più scriveva disperato Ungaretti, rivolgendosi a chi esaltava ,alzando la voce,  le giornate della guerra civile perché i morti vanno rispettati con il silenzio e ,aggiungo io, con la preghiera dei credenti . Basta giornate in ricordo di tragedie . I giorni disponibili sono solo 365 e sono quasi tutti occupati dalle giornate più strampalate. Questa nuova giornata del 18 marzo che evoca il disastro del COVID e’ una scelta sbagliata . Servirà a ricordare , ad imperitura memoria , il presidente Conte , il ministro Speranza , il presidente lombardo e il suo tragicomico  assessore . Ogni 18 marzo  ricordero ‘ questi nomi  infausti per la storia italiana e per la nostra vita che è uscita stravolta dal vedere quei camion pieni di morti. Noi abbiamo bisogno di guardare avanti, non sopportiamo più discorsi commemorativi, abbiamo necessità di luce e di vita , non di chiacchiere più o meno paludate che creano terrore , depressione , addirittura altri morti che non hanno più la forza di vivere così.
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