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Politica afona e insensibile sul problema dei senzatetto

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Non sono favorevole a lasciare i senza fissa dimora in permanenza sono i portici persino in piazza San Carlo, anche se, viaggiando spesso all’estero fino all’anno scorso,  ho constatato che il problema dei senza tetto nei centri delle grandi città è problema diffuso

Abbiamo sindaco e assessori che in cinque anni di mandato non hanno fatto nulla di tangibile per affrontare un grave problema sociale, aggravato dalla pandemia. Infatti il,coprifuoco risulta davvero essere parola vana e drammaticamente ridicola, se si considera il numero di persone che dorme all’aperto. Solo la Chiesa cattolica si è posta il problema seriamente insieme agli storici asili notturni di matrice massonica. La politica sul tema si è rivelata invece del tutto afona.
Ma quanto è accaduto in piazza Statuto con i panettoni posti per impedire ai barboni di dormire sotto i portici è un atto di inciviltà e di barbarie che offende Torino.
E’ un rimedio che lede la dignità delle persone e certo non aggiunge decoro alla piazza. Quei macigni di cemento vanno subito rimossi e devono scuotere la Città nel suo insieme.  La città di don Bosco e del Cottolengo si ribella di fronte a tanta insensibilità morale. Ma anche la Torino laica deve all’unisono condannare questo episodio e muoversi. Il “bugia nen” in questo caso è fuori posto.

I cavalieri della violenza sempre in sella: da Lotta continua al successo televisivo

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni   Forse pochi sanno che l’ufficio del vice direttore de “La Stampa“ Carlo Casalegno venne incredibilmente  occupato da G a d  L e r n e r, chiamato dall’ avv. Agnelli a quello stesso incarico sul quale ci sarebbero tante cose da dire e che spiegano come il processo degenerativo verso sinistra del giornale fondato da Frassati sia cominciato in tempi lontani ed oggi abbia avuto un processo di accelerazione : la vignetta su Mitterrand “illuminista“ e’ più eloquente di tanti articoli e non è neppure una forma di satira, ma una manifestazione di ignoranza e faziosità.

Ho citato L e r n e r , una delle figure più oblique del giornalismo italiano fin dai tempi di “Lotta continua“, perché ha colto l’occasione della finta estradizione dei sette terroristi dalla Francia, per ribadire ancora una volta che “Lotta continua“ non fu organizzazione terroristica e che lui non si pente della sua militanza di allora. Respinge in modo sfrontato persino il clima di complicità  e a volte di istigazione che in molti ambienti  si manifestò con evidenza.
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L e r n e r dimentica persino la zona grigia che ci fu nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche che simpatizzò per le “sedicenti brigate rosse“, pronta alla prima occasione ad entrarvi.  Tra un po’ di tempo giungerà a dichiararsi orgoglioso di quell’impresa di giovani idealisti che fecero fuori il commissario Calabresi  e contribuirono in modo determinante alla fine terribile del giovane Roberto Crescenzio arso vivo all’Angelo Azzurro” di via Po. La vicenda francese di questi giorni ha confermato l’esistenza di quella che un ex L. C. Giampiero Mughini ha definito “feccia”, non si capisce bene se escludendo o includendo se’ stesso. Andrea Casalegno, figlio di Carlo e anche lui di L.C . , dichiarò in tempi non sospetti che il germe della violenza era insito fin dalle origini in  L.C. Se non si ammette questo, lasciamo passare la tesi dei bravi ragazzi un po’ scapestrati che poi rinsavirono iniziando così delle splendide carriere nei giornali e nelle Tv, anche in quelle berlusconiane, portando nei posti di comando il virus originario  Forse solo Liguori  si può considerare  un convertito vero. Tutti quelli come Mieli che firmarono il manifesto contro Calabresi salvo poi pentirsi dopo decine d’anni, non possono togliersi di dosso le macchie che hanno accumulato sull’eskimo.
Passi per gli operai comunisti di Mirafiori che intervistati da Pansa – che fu tra i pochi a non firmare contro Calabresi – dichiararono di non solidarizzare per l’agonizzante Casalegno considerato un esecrabile  uomo di destra, ma non può passare per quelli che già allora si ritenevano dei raffinati intellettuali.  Ricordo en passant che la stessa definizione di uomo di destra a Casalegno venne affibbiata, me presente e correlatore nel 2007 dal direttore della “Stampa“ Giulio Anselmi nella sede del giornale . Dedi Casalegno , la vedova di Carlo, rimase allibita. Ebbene, tutta questa gente che si considerava moderata  perché veniva dal Pci e non dal brigatismo e tutti i lobbisti di L.C. dalla carriera facile, va almeno in sede storica sanzionata. Aderirono ad idee politiche incompatibili con la libertà e la democrazia, coprendo con il loro silenzio codardo chi  ha provocato nel mondo milioni di morti. E invece, quelli che non sono morti, ce li troviamo ancora spesso a firmare articoli o a discutere in televisione. I democratici che nel ‘68 scelsero la strada della difesa delle istituzioni, al massimo si sono ritrovati a fare i professori, spesso presi in giro o criticati dalla lobby degli ex rivoluzionari. Questi fatti vanno ricordati quando vediamo un terrorista come Bompressi in giacca e cravatta che continuerà a vivere a Parigi per merito di Mitterrand e di tutti i Governi italiani che non hanno mosso un dito per condurlo nelle patrie galere. La pazienza adesso ha superato tutti i limiti di guardia perché ci sentiamo presi in giro da bande di gente che in ogni occasione è rimasta in sella anche se non erano  e non sono certo dei cavalieri dell’Ariosto. In questo contesto finisco di rivalutare almeno umanamente  Renato Curcio , fondatore delle Br, che non si macchiò di reati di sangue e si fece più di vent’anni di carcere.
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Terroristi estradati già a casa. Una vergogna

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

La notizia appare una vera presa in giro: i magistrati francesi hanno consentito il giorno dopo dell’arresto per l’estradizione in Italia, il ritorno alla loro casa parigina ai sette terroristi rossi che godono di protezione da parte del governo francese da circa una quarantina d’anni.

In ogni caso ci vorranno due o tre anni per estradare in Italia i terroristi rossi- condannati in Italia con sentenza definitiva- che sulla carta non godono più degli effetti dell’indegna dottrina Mitterrand che aiuto’in modo vergognoso circa 200 terroristi italiani ,garantendo loro impunità in Francia, ben oltre la morte del celebrato presidente socialista, con altri presidenti come Chirac e Sarkozy. La famosa Carla’ fu la paladina abominevole e snob dei terroristi, come l’alta borghesia milanese che brindo’ al ferimento di Montanelli. Protesse finché pote’ anche Cesare Battisti.

Con il governo Draghi almeno per 7 terroristi forse le cose dovranno cambiare, sia pure con una lentezza non accettabile. Uno di loro è tra gli assassini del commissario Calabresi. Il cui figlio giornalista, ancora una volta, è come se avesse rinnegato suo padre, preoccupandosi della salute del suo assassino e proclamandosi contrario alla sua detenzione in cella. Il fatto che suo padre Luigi non sia arrivato all’età dell’assassino Bompressi, per Calabresi pare un fatto del tutto marginale. Anche sua moglie Caterina Levi, militante politica, sarà forse della stessa idea del marito perché sua madre Natalia firmo’ il manifesto infame contro il commissario Calabresi, una macchia indelebile per tanti intellettuali che armarono la mano con le loro parole agli assassini del Commissario e del loro mandante Adriano Sofri, oggi considerato un venerato maestro che pontifica sui giornali.

Questa notizia – soprattutto quella dell’immediato ritorno in libertà in Francia dei 7 brigatisti – fa rimescolare di rabbia e suscita ricordi incandescenti in noi che abbiamo lottato contro il terrorismo, rischiando di persona. Troppi anni di impunità sostenuti e vezzeggiati dalla gauche porteranno ad un nulla di fatto perché le pastoie della giustizia ingiusta completeranno l’opera di Mitterand e dei suoi successori. La Francia non ha difeso il diritto di asilo a dei perseguitati politici, ma a delinquenti che si macchiarono di gravissimi reati di sangue.

La promessa di estradizione e’ apparsa sui giornali italiani come un’ottima cosa che chiuderebbe gli anni di piombo; invece essa nasconde le decine di anni di connivenza con i terroristi rossi e neri, anche se il numero altissimo dei rossi non è confrontabile con quello dei fascisti. Io sono stato attaccato da veri imbecilli in malafede che sostengono il perdono come unica scelta possibile, anche se non sono credenti.  Siamo all’assurdo che ai fascisti come tali, a prescindere dal loro operato, deve valere una damnatio memoriae senza fine. Ai comunisti delle Br e di Lotta continua vanno invece usati i guanti bianchi, dimenticandosi dei crimini commessi. Finora non ho ancora letto di qualche anima pia che offre il perdono cristiano, ma arriverà sicuramente anche chi perdona per conto terzi con la coscienza degli altri.  Il perdono non va confuso con il perdonismo a buon mercato per mostrare una generosità che non si possiede.

In nome di Carlo Casalegno e di Francesco  Coco, tanto per citare due nomi a noi molto cari, noi non ci riteniamo soddisfatti, ma siamo, al contrario, indignati come lo fummo, quando vennero ammazzate le loro vittime  Le operazioni di facciata che servono a fare propaganda, sono orribili e mostrano solo cinismo. Quello è un passato che non passa. Solo la nuova ministra della Giustizia italiana merita il nostro grazie, ma la sua opera rischia di naufragare già il giorno dopo. Tutti i suoi predecessori si rivelarono dei debosciati , salvo chi riporto‘ in tempi brevi l’infame Cesare Battisti dopo anni di protezione del dittatore Lula che forse confondeva Battisti con l’eroe della Grande Guerra.

Qui c’è gente condannata all’ergastolo che ha mai scontato un giorno di galera. I sostenitori di questi assassini sono gli stessi che applicano il garantismo a corrente alternata e diventano truci giacobini pronti a mozzare le teste solo degli avversari, anzi dei nemici politici. Questi 7 terroristi cercarono di minare alle radici la democrazia in Italia ed ebbero la protezione di un Presidente socialista che aveva militato nella Repubblica filonazista di Vichi.  L’umanitarismo socialista e’ un’altra cosa e non c’entra nulla con la complicità a favore di gente che non ha mai fatto cenno per pentirsi e per risarcire le famiglie delle proprie vittime. Queste sono le due condizioni per richiedere il perdono, i signorotti del crimine protetti dalla Francia sono persino orgogliosi del proprio passato criminale.

Appare indecente e persino ridicolo il solito manifesto di quattro intellettualoidi francesi che definiscono i sette latitanti come degli “esuli” e chiedono a Macron di mantenere i privilegi loro accordati da Mitterand. Ed appare ancora più incredibile che la cultura italiana, sempre disposta a firmare qualcosa, taccia su quanto sta accadendo.Di cultura vera e’ rimasto molto poco ed è quasi naturale che il culturame stile Murgia, taccia. Magari invece sta già preparando un corposo appello con Erri De Luca sull’ esempio francese a sostegno degli “esuli”. Craxi venne considerato un latitante e non un esule, ma per Bompressi e compagni che hanno ucciso,  tutto diventa lecito e possibile.

Maurizio Corgnati, il Pigmalione di Milva

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

I mille articoli che hanno esaltato Milva Biolcati in occasione della sua scomparsa, collegandola alla sua militanza nell’estrema sinistra e alla canzone “ bella ciao” hanno relegato nel dimenticatoio il registra Maurizio Corgnati che ha costruito dal nulla la ragazzotta di Goro, molto ruspante e per nulla intellettuale.

Se Milva è diventata una cantante nota,  ciò è dovuto alla sua voce e a Corgnati che viveva a Maglione in Provincia di Torino dopo essere stato apprezzato regista in Rai. Era un uomo colto e popolare ad un tempo, amico di Mario Soldati, Francesco Tabusso, Fruttero, Nespolo, Testa; con Soldati condivideva la passione per lo Scopone. Amava il vecchio Piemonte, amava Cavour e il Risorgimento e Manzoni. Io stesso mi intrattenni a volte a parlare con lui del Gran Conte a cui aveva dedicato un bel libro non privo di interesse. Ci vedavamo anche a cena del mitico “Da Giuseppe” in via Mazzini a Torino. Era anche un abile cuoco insieme a Gualtiero Marchesi e si presto’ persino a pubblicizzare in una televisione privata la carne di una macelleria di Leini’. Creo’ all’aria aperta il museo d’arte contemporanea di Maglione dove invito’i suoi amici a dipingere sulle case. Un museo con murales di pregio che ancora oggi rappresenta un’attrattiva non solo turistica. Milva crebbe alla sua scuola che la trasformo’ radicalmente. Poi la pantera di Goro abbandono’ il marito e si appoggio’ alla corte di Strehler. Da allora divenne un idolo della sinistra, rossa come i suoi capelli.  Corgnati si risenti molto e soffri’ per questo volta faccia.  Ma sicuramente aveva sbagliato anche lui ad innamorarsi di una donna tanto più giovane di lui. Credo che sia comunque doveroso non dimenticare in questi giorni anche lui che la stessa figlia Martina, avuta da Milva, ricorda con parole positive. E davvero era un uomo fuori ordinanza.

I due Carando, ma Ettore è dimenticato

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

I  fratelli Carando furono due partigiani che vennero trucidati nel 1945 a Villafranca Sabauda, ora Piemonte.

Ennio Carando era un professore liceale di filosofia di convinzioni comuniste molto radicate  che si buttò con passione  nella Resistenz , diventando ispettore delle divisioni Garibaldi del Cuneese.

E’ stato  anche  ricordato a Savona dove insegnò e dove l’egemonia dell’Anpi è soffocante e totalizzante. Il prof. Ennio Carando venne insignito di Medaglia d’oro al Valor Militare. Subì la stessa terribile  sorte il fratello Ettore, capitano di Artiglieria in Spe , che venne invece  decorato solo di Medaglia d’Argento al Valor Militare. L’eroismo dei due fratelli fu identico. Subirono atroci torture e non parlarono , affrontando  la morte con dignità, onore  e coraggio.

Io conobbi la vedova di Ettore che mi fece leggere l’ultima, affettuosa  lettera del marito a lei dedicata  in cui si faceva esplicito riferimento al suo giuramento di fedeltà  alla Patria e al Re  che l’aveva mosso a diventare un resistente. Anche Vittorio Prunas Tola mi disse dei due fratelli Carando. Prunas con i suoi figli era stato anche lui un  eroico patriota nella zona di Villafranca e negli anni Sessanta sottolineava il differente trattamento avuto dai due fratelli. Anche Valdo Fusi era indignato per la differenza di trattamento che penalizzò anche il suo amico Silvio Geuna che si offrì  al plotone di esecuzione del Martinetto al posto del Generale Giuseppe Perotti.  L’ufficiale  Carando venne presto dimenticato, mentre il professore di filosofia fu esaltato persino da Ludovico Geymonat  che vide in lui un esempio socratico. La sua opera di saggista ,mera divulgazione, appare anche oggi molto modesta, propria di un professore liceale troppo  distratto dalla politica e dal fanatismo ideologico. Un episodio che la dice lunga su certa cultura ideologizzata. Conobbi la vedova di Ettore che era una professoressa ancor giovane e avvenente , ma con sorriso triste: non aveva voluto risposarsi ed    era umiliata e indignata per il modo in cui era stato trattato il marito Già allora anche le Medaglie erano distribuite con criteri politici .L’Anpi era decisiva .  E la cosa è andata avanti così negli anni. Il capitano del R .Esercito Ettore Carando attende ancora giustizia, senza nulla togliere al fratello comunista. E il comune di Villafranca forse dovrebbe onorare Ettore. Solo Torino ha dedicato una via periferica ai due eroici fratelli  in  base ad un mio personale e discreto interessamento, volto a ricordare anche  il nome di Ettore. L’idea iniziale era quella di ricordare il solo Ennio.

 

Difendo Piero Fassino

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni  C’è chi nel Pd, pur di  caldeggiare e giustificare l’assurda alleanza con i grillini, critica il quinquennio della sindacatura di Fassino che io non votai nel 2011 esclusivamente per le persone da cui era circondato

Fassino lo avrei  votato per stima personale  (ci conosciamo dal 1984) ma era troppo attorniato da gente che invece  disprezzavo. Io mi astenni dal voto, come avevo già fatto altre volte  alle amministrative, quando mi proposero Chiamparino, Buttiglione, Costa, Rosso e l’ultima volta persino  il ragioniere on. Napoli e la ragazza giuliva grillina che al ballottaggio vinse con il voto delle destre impazzite e rancorose.  Nel 2016 votai  invece senza alcun dubbio per Fassino  al ballottaggio purtroppo inutilmente.
Lo incontrai alla vigilia del voto all’associazione degli esuli Giuliano – Dalmati, era più triste del solito ed aveva capito che il giorno dopo avrebbe perso. In effetti il “Sistema Torino“ aveva stancato, ma pochi capirono che l’Appendino lo avrebbe mantenuto in vita. In ogni caso quel sistema si identificò in Chiamparino e non in Fassino. Ma torniamo al dunque. Piero Fassino, consigliere comunale di lungo corso, deputato, due volte Ministro, era il meglio che la città potesse avere. La prima volta non  lo votai a causa dei  Moderati voltagabbana che si portava dietro e altri politicanti destinati a ricomparire a Palazzo Civico come eminenze grigie. Fassino sarebbe stato votabile anche nel 2011 perché aveva  comunque saputo  pensionare  i vari Alfieri e le varie Tessore passata  dalla corte di Alessio alla corte di Sergio , il Sindaco per eccellenza, eletto nel 2001 perché era morto all’improvviso  il bravissimo e onesto Carpanini, naturaliter successore del grande Castellani. Adesso per la sinistra del Pd, a cui va bene l’alleanza con i grillini e anche con il Sindaco uscente (che rappresenta una vergogna nella storia di Torino), Fassino ha amministrato in modo non adeguato  la città’ . Questi signori  che non sono in buona fede rimpiangono il vecchio Chiamparino e dimenticano, vogliono dimenticare il perché Piero Fassino nel suo quinquennio poté fare non tutto ciò che si era proposto: il buco di bilancio abissale lasciato da Chiamparino a cui nessuno ha chiesto conto di questo, tutti ubriacati dalle Olimpiadi invernali che durarono lo spazio di un mattino e servirono a lanciare il nuovo astro della Christillin, intima degli  Agnelli, che fino da un po’ di tempo fa aspirava anche lei  a palazzo civico, stando a  quanto scrivevano  certi gazzettieri  un po’ troppo cortigiani. Fassino si impegnò a tappare le falle create dal suo  predecessore che venne premiato con la Presidenza della Fondazione San Paolo e poi della Regione dove continuò a rivelare  i suoi limiti. Fassino avrà pure un brutto carattere, secondo alcuni suoi detrattori e’  persino irascibile,  ma è un politico serio, un uomo colto,   un amministratore a 24 carati, a cui gli attuali che ambiscono al posto di Sindaco, non assomigliano  Forse l’unico che ha rivelato qualche dote in proposito e’  l’ ex assessore di Fassino e professore universitario  Stefano  Lo Russo che ha guidato in modo forse un po’ troppo blando l’opposizione ad Appendino , ma ha almeno una esperienza alle spalle degna di attenzione.
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Lettera aperta al prof. Gastone Cottino sulla Resistenza liberale

Di Pier Franco Quaglieni

Caro Cottino, sono molti anni che non ci vediamo e, al di là della tua gentilezza personale, c’è davvero molto poco a giustificare un nostro rapporto personale. Tu sei un maestro del diritto commerciale ed io mi occupo di storia, ma soprattutto tu sei un esponente di spicco di un’ideologia politica che io non posso condividere, ma al massimo rispettare perché la tua buona fede è fuori discussione.

Tu hai scoperto la buona novella del marxismo, abbandonando il liberalismo della tua giovinezza e della tua famiglia borghese. Il comune amico Gian Vittorio Gabri  mi parlava del tuo entusiasmo liberale giovanile e mi diede la raccolta del giornale liberale con i tuoi articoli, un giornale che facevi insieme a Gabri ed altri che liberali erano a vent’anni e sono rimasti tali fino alla fine. Ti scrivo perché ho letto una tua bella e storicamente equilibrata  intervista sulla tua partecipazione alla Resistenza liberale in cui scrivi di Edgardo Sogno che trasformò la casa di via Donati in un deposito d’armi che tu andasti a prendere con un carretto. Hai parlato con onestà di Sogno ,ma questo mi ricorda un episodio non bello del 1996 quando venisti al Centro “Pannunzio” a sentir parlare di Paolo Greco e dei liberali nella Resistenza. Tra gli oratori c’erano Valerio Zanone ed Edgardo Sogno. Sbagliai a non chiederti di parlare del tuo  maestro Paolo Greco, ma in effetti neppure il genero di Greco con cui concordammo h gli oratori  ,ritenne di coinvolgerti per le tue scelte politiche di quei tempi molto marcate. Tu nella tua intervista invece rivendichi con un qualche orgoglio la tua Resistenza liberale e questo mi fa molto piacere. Ma non posso non ricordare che nel 1996,appena Zanone chiese a Sogno di parlare, tu ti alzasti in modo clamoroso, dicendo qualche parola di troppo, ed uscisti dalla sala. Sogno era indigesto e fazioso e poteva infastidire non soltanto te. Ma tu quella sera esagerasti con quella protesta. Oggi vedo che riconosci a Sogno il ruolo fondamentale che egli ebbe nella Resistenza. Si circondò di amici che ancora oggi creano attorno a lui un’ intercapedine di livore che ha ulteriormente danneggiato la sua figura.
Tu sei, oltre che un uomo appassionato, anche un uomo onesto intellettualmente e una delle glorie del nostro Ateneo. Che ti  sia comportato con Sogno, andando oltre le vecchie ostilità, è cosa degna di menzione e ti fa molto onore. Un cordiale saluto.

Maggio, un mese di preghiera

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Papa Francesco ha indetto in 30 santuari sparsi per il mondo un mese di preghiere per invocare l’aiuto di Dio per uscire dalla pandemia. Il vecchio e dimenticato mese Mariano del mese di maggio ritorna, finalizzato ad uno scopo molto importante 

Impetrare l’aiuto della Madonna in tutte le circostanze della vita e’ una cosa importante. Io nei momenti difficili della mia esistenza , sono stato a pregare alla Consolata di Torino, confortato dalle parole di mons – Franco Peradotto, un grande amico della mia vita . Sono sempre stato devoto di Maria Ausiliatrice e ricordo che da allievo salesiano e anche da ex allievo in compagnia di Giovanni Ramella andavo alla processione il 24 maggio, partendo da Valdocco, un altro dei luoghi- cardine della mia vita. Per anni sono andato durante la scuola elementare e media alla celebrazione del Mese Mariano e ricordo ancora il senso delle prediche di un frate cappuccino che veniva dal Monte. Poi per deprecabile trascuratezza avevo smarrito per decine d’anni la pratica religiosa, anche se nel mio intimo mi sono sempre sentito cristiano. Credente e laico, come uno dei miei maestri più cari, Alessandro Passerin d’Entreves. Ho sempre vissuto con fastidio l’ateismo ostentato di certi “capanei“ alla Luigi Firpo, mentre ho sempre rispettato l’agnosticismo perché la fede è un dono di Dio che nessuno può avere la presunzione di possedere perché la fede è anche accompagnata da dubbi e da momenti di sconforto. Anche Gesù in croce si sentì abbandonato dal Padre. Pur nella mia modestissima e insignificante posizione di chi, pur peccatore, ha ritrovato l’aiuto della fede e la pratica della preghiera quotidiana, ritengo che non si sia pregato abbastanza in questo anno terribile. Una società scristianizzata, non laica, ma volgarmente profana ha avuto la prevalenza e ci ha allontanato anche dal timor di Dio, una grande virtù. Ieri in teleconferenza su zoom con Roma, dove ricordavamo Vittorio Badini Confalonieri, siamo stati interrotti da intrusi che hanno proferito una serie bestemmie. Un altro segno dell’empietà dei tempi che viviamo. Si doveva pregare di più anche a prescindere dal fatto di chiedere un intervento divino. La preghiera che precede ogni sera il mio sonno è un conforto dell’anima e mi riporta a quando ero bambino e la mia mamma pregava con me. E prego per tutti i miei morti quasi con un’ intensità pascoliana. Ho sentito che Vito Mancuso, questo strano teologo “eretico”, ha bacchettato il Papa, ritenendo “imbarazzante “ la preghiera voluta dal Pontefice e frutto di una spiritualità superata. Avevo ascoltato ad Andora Mancuso che non è professore, anche se alcuni lo chiamano maestro e rimasi interdetto per le sue frasi ad effetto del tutto vuote di significato religioso e persino umano perché frutto di una supponenza egocentrica esasperata. Non a caso la gente lo applaudi’ molto calorosamente perché invece di esprimere un pensiero religioso manifestava la mentalità plebea della miscredenza in nome di una laicità che Mancuso non sa neppure cosa sia. La laicità presuppone una moralità severa e non contempla il relativismo etico oggi di moda che copre l’assenza di ogni moralità,laica o non laica che sia,avrebbe detto Croce. Al contrario, io credo che un’Ave Maria sia, come diceva don Bosco, un preludio al sonno che potrebbe anche coincidere con la nostra morte improvvisa durante la notte. Invitare a pregare come ci hanno insegnato i grandi Santi, è un dovere etico elementare e un motivo di speranza per non affogare nella pandemia. Non e’ bigottismo.Solo gli ignorantoni che non hanno mai letto una pagina del Manzoni, possono essere indifferenti alla religione in questi momenti terribili. Anche Napoleone alla fine della sua vita si piegò, or sono duecento anni, “al disonor del Golgota”, alla croce di Cristo. Altro che Vito Mancuso.

L’accusa di stupro al figlio di Grillo

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Non voglio dare giudizi di natura giuridica sul figlio di Grillo e sui suoi amici accusati da una ragazza di stupro dopo essere stata drogata e ubriacata

Non sono stati neppure rinviati a giudizio e per me vale sempre la presunzione di innocenza e inoltre detesto i massacri mediatici che sono sempre più spesso un segno della barbarie in cui siamo caduti e di cui proprio Grillo è da anni uno strumento carico di livore, violenza e volgarità’.

Voglio dare invece un giudizio morale, non moralistico, su questi giovani ventenni che praticano il sesso, mescolandolo ad alcool e a droghe. La mia generazione non ha mai conosciuto certe depravazioni ed ha praticato il sesso giovanile nella sua solarità e nella sua gioiosa naruralezza. Amare per noi non era solo fare sesso, ma era – per noi liceali del classico – il “bene velle “ catulliano, accompagnato da bigliettini furtivi e da baci scambiati nel buio delle sale cinematografiche. E poi al mare vedere le ragazze in bikini era un piacere visivo che precedeva qualche volta, rara e indimenticabile, l’amore di notte sulle spiagge deserte o nelle scomodissime 500. Io ebbi il privilegio di avere una Fulvia coupe’ in dono ed ero un privilegiato.

Non avevamo le villone sarde del figlio di Grillo e non ci sarebbe mai venuto in mente di ottenere i favori di una ragazza facendola bere. Il sesso per noi non era uno sfogo dei bassi istinti . Le droghe, ai miei tempi, erano sconosciute, anche se già si leggevano sui giornali i primi scandali di certi ambienti altolocati, ma si trattava di eccezioni che suscitavano profonda riprovazione sociale.  Per alcuni di noi c’era anche la fede religiosa a trattenerci o farci vivere il piacere del sesso senza la dovuta serenità. Era prima del ‘68 e le ragazze non erano facilmente disponibili come poi accadde dopo. Ciascuno di noi, come direbbe con espressione obsoleta Montanelli, poi “pecco’ gagliardamente” e la libertà sessuale divenne naturale, una liberazione per la donna, ma anche per noi ragazzi. Ho ricordato questi fatti perché non riesco ad accettare i comportamenti di cui è accusato il figlio di Grillo, al di là persino degli ovvi ragionamenti circa la violazione della libertà e della dignità della donna che Grillo figlio e padre trascurano del tutto.

A maggior ragione non posso accettare l’arrogante difesa d’ufficio del figlio da parte di Grillo padre che attacca anche i magistrati inquirenti, cosa davvero infrequente da parte di un giustizialista incallito come lui. Finora non ho sentito nessuna femminista denunciare questo fatto che è rimasto silenziosamente ovattato sui media per circa due anni e condannare le parole dissennate del comico divenuto capo politico. Hanno offeso il generale Figiuolo, ma su Grillo hanno taciuto.

Malagodi, il più grande liberale del secondo ‘900

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni 

Il 17 aprile di trent’anni  fa moriva Giovanni Malagodi.

A ricordarlo  in modo diretto è rimasta solo la rivista “Libro aperto” da lui fondata e diretta da Antonio Patuelli,  parlamentare liberale ed attuale presidente dell’ABI, a sua volta l’unica figura di matrice liberale che ricopra  oggi un’importante carica istituzionale. Malagodi pare sia scomparso dal dibattito storico – politico, anche se fu Ministro, Presidente del Senato e leader incontrastato del PLI per vent’anni. Era un uomo coltissimo, aveva un’esperienza internazionale di rilievo che lo portò anche a presiedere l’Internazionale liberale, era corazzato di cultura economica acquisita sul campo come banchiere ed era un oratore sobrio, ironico, efficace che parlava più alla ragione che al cuore. Queste qualità oggi sono quasi introvabili in una stessa persona, escludendo a priori i politici alla ribalta. Malagodi veniva da lontano, in certo senso era figlio d’arte perché suo padre Olindo era stato deputato e stretto collaboratore di Giovanni Giolitti. Fino al 1953 non si era occupato direttamente  di politica, solo in quell’anno si candidò, su invito di Enzo Storoni, eminenza grigia liberale, alla Camera nel Collegio di Milano e venne eletto.  Già nel 1954 divenne Segretario Generale del PLI , una carriera ancora più rapida di Spadolini, che dovette attendere la morte di La Malfa per diventare leader. Il PLI del dopo guerra era in affanno perché mancava di un vero leader. Le figure carismatiche di Benedetto Croce e di Luigi Einaudi non bastavano,specie dopo l’elezione del secondo alla presidenza della Repubblica. Gli altri liberali, da Cassandro a Villabruna, erano personalità oggettivamente  fragili. Il vero leader che avrebbe potuto traghettare il Partito dal pre fascismo al post fascismo era morto appena  sessantenne nel 1945 ed era il Ministro del Tesoro Marcello Soleri,  grande piemontese ,unico erede di Giolitti,  ma  anche politico che andava oltre il giolittismo.  Addirittura il PLI cadde nelle mani di Roberto Lucifero che lo fece alleare con i qualunquisti di Guglielmo Giannini, suscitando il dissenso e l’uscita dal Partito di una sinistra liberale che –       come scrisse Croce – non rappresentava un granché. I vari Carandini e Cattani erano molto ambiziosi, osservo’ il filosofo, ma non altrettanto capaci in termini politici. In quella sinistra liberale l’unica figura di spicco era Mario Pannunzio che però – bisogna essere obiettivi dopo tanti anni – era un intellettuale di prim’ordine , ma non certo un possibile segretario, non foss’altro per la sua mitica indolenza che si contrapponeva alla sua vivacità intellettuale.
Malagodi, che veniva dal Nord produttivo e finanziario, diventò naturaliter il nuovo capo, mandando Villabruna a fare il Ministro. La sinistra liberale lo accusò quasi subito, per bocca di Carandini – grande proprietario terriero come lo stesso Malagodi e la sua famiglia – di aver “affittato“ il partito all’ Assolombarda, se non alla Confindustria.  Dopo poco ci fu la scissione radicale nel 1955 che non riuscì nel suo intento perché i gruppi parlamentari restarono con Malagodi ,se si esclude il solo  Villabruna.  Nelle elezioni del 1956 , del 1958 e del 1960 il PLI incrementò i suoi voti, i Radicali, alleati prima con il PRI e poi con il
PSI, raggiunsero percentuali, come si disse successivamente per scherno  , da prefisso telefonico ante litteram. Malagodi venne spesso accusato di autoritarismo nella conduzione del partito, mentre i Radicali finirono per  sciogliersi nel 1962 per beghe personali  e politiche che giunsero persino in tribunale.  La storia, non le opinioni personali,  diede ragione a Malagodi, la cui unica colpa fu quella di non lasciar crescere  a fianco a se’ nuovi leader liberali, anche se la sua attenzione ai giovani della GLI fu sempre molto viva e attenta : Patuelli fu segretario nazionale della GLI che ebbe un notevole consenso soprattutto nel mondo universitario. E’ quasi un paradosso che il Segretario liberale forse più attento al movimento giovanile non sia riuscito a scegliersi un successore che andasse oltre ad una figura spenta come Agostino Bignardi.
Dopo il centrismo nel quale il PLIfu protagonista, venne la stagione del centro- sinistra che trovò i liberali all’opposizione.  I socialisti, secondo Malagodi, erano immaturi per un’esperienza di Governo e la sinistra democristiana dei Moro e dei Fanfani si era già rivelata profondamente illiberale. Il disegno perseguito da Giolitti di un Governo tra liberali, cattolici e socialisti, naufragato esattamente cent’anni fa nel 1921 , non era fattibile nel 1963 . E Malagodi condusse con rigore e fermezza un’opposizione senza sconti contro le nazionalizzazioni e contro l’istituzione delle Regioni a statuto ordinario  che avrebberomassacrato le finanze statali e compromesso l’unità nazionale.
Questa seconda battaglia oggi rivela la lungimiranza quasi profetica  del leader liberale che vide nel regionalismo divisivo – aggravato oggi dalla riforma del titolo V della Costituzione – un grave errore. L’esperienza dimostra che aveva ragione. Questa posizione isolò Malagodi al centro,  non volendo egli  un rapporto con i monarchici che in parte finirono di passare nel PLI – non ben accolti – un po’  alla chetichella .       Nel 1963 Malagodi portò il Partito al 7 per cento dei voti, ma anche la crescita parlamentare non genero’ nuovi leader qualificati , ma quasi sempre si trattò’ di assessori locali eletti deputati e senatori con l’unica eccezione di Durand de la Penne e del vecchio Fossombroni. Non si creò una classe dirigente attorno al leader . Forse gli  unici politici  di calibro adeguato furono  Gaetano Martino ,ministro degli Esteri,Vittorio Badini Confalonieri presidente del partito  e Aldo Bozzi che fu un autorevole giurista e Francesco Cocco Ortu che in parte fu anche oppositore di Malagodi. Dopo quel successo iniziò il declino liberale, ma esso non è attribuibile ad errori suoi  bensì ad un centro – sinistra diventato regime clientelare ed anche corrotto che creo’ attorno a se’ un facile consenso.
L’onesto  Mario Pannunzio (che non aveva le ambizioni politiche  frustrate di Carandini ) si rese conto che le politiche illiberali del centro – sinistra non avevano dato i frutti sognati per cui si era battuto nei famosi convegni del “Mondo“ e nel 1966 chiuse il suo giornale che nessuno riuscì più a risuscitare perché legato ad un’epoca storica definita ed uno stile inimitabile. Fu proprio  la delusione subìta a portarlo ad abbandonare l’impresa, come anni dopo mi disse Arrigo Olivetti che fu editore del giornale e ultimo Segretario del Partito radicale. Dopo le elezioni del 1968 che segnarono un arretramento del PLI e dopo i successi del Movimento Sociale nel 1971 /72, ci fu un effimero governo Andreotti – Malagodi che la DC volle strumentalmente per coprirsi le spalle  a destra. Restò in carica neppure un anno tra il 1972 e il 1973 e non è passato alla storia per qualcosa di significativo . Già l’accoppiata Andreotti – Malagodi che fu ministro del Tesoro, aveva un che di stonato  e di contraddittorio.
Il governo cadde per iniziativa dei Repubblicani e lasciò spazio a nuovi Governi di centro – sinistra. All’interno del PLI per la prima volta si costituì una consistente  corrente di sinistra capeggiata da Altissimo e Zanone che nel 1976 divenne Segretario e portò il Partito al suo minimo storico alle elezioni politiche di quel medesimo anno. Lo stesso Altissimo non venne rieletto deputato. Incominciò così l’inizio del ritorno dei liberali al Governo nel pentapartito auspicato da Pertini. La presenza liberale al governo fu quasi irrilevante e non poteva che essere così per lo scarso numero di eletti. Zanone svecchio’  il partito, ma non riuscì ad incidere politicamente. Ma questa  è una vicenda troppo recente perché si possa storicizzarla , anche se gran parte dei suoi principali  protagonisti sono morti.  Resta però un fatto indiscutibile. Nella sua storia quasi centenaria ( il Partito liberale si costituì nel 1922 alla viglia della marcia su Roma ), il solo Malagodi spicca su tutti i leader  in modo inequivocabile. Nessuno è stato come lui,  neppure il mio amico Valerio Zanone che finì la sua carriera politica come senatore del PD.