SOMMARIO: I capponi di Renzo – Violenze settimanali – Lettere

I capponi di Renzo
Quello dei capponi di Renzo è un episodio notissimo descritto dal Manzoni nei “Promessi Sposi”. Portati da Renzo all’Azzeccagarbugli per ripagarlo del servizio che gli chiederà per risolvere il problema delle sue nozze con Lucia, non fanno che beccarsi l’un l’altro forsennatamente mentre sono tenuti per le zampe a testa in giù. Questa potrebbe essere la raffigurazione di certi candidati alle prossime elezioni di giugno: invece di fare fronte comune, si dividono trasformando una possibile vittoria in una più probabile disfatta… Penso, ad esempio, alle tre candidate alla Regione, tutte consigliere e assessore del Comune di Moncalieri. Anche in altri partiti la rivalità porta ad uno scadimento etico morale. Il microcosmo liberale, ma non troppo, continua la sua piccola battaglia di retroguardia. D’altra parte, i personaggi di tutti i partiti sono quelli che sono…
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L’incontro del G7 alla Venaria Reale mi è sembrato un buon meeting internazionale, ma non possiamo essere succubi delle violenze dei Palestinesi che sono venuti qua non per lavorare, ma per motivi politici e, a maggior ragione, di quelle di Askatasuna che hanno bloccato una città intera nella circolazione viaria e pedonale con danni ingenti. Non possiamo continuare con atti di violenza quasi settimanale. Se lo Stato c’è deve farsi sentire.
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La tessera del Pd della segretaria Schlein con la faccia di Berlinguer rivela una scelta che non sa guardare avanti ma all’amarcord del Pci e a non ai partiti nati dopo o a qualche simbolo alto e nobile come Matteotti o Buozzi.

Ho cercato una risposta ragionevole, ma non l’ho trovata. Credo che i dipendenti della Luxemburg abbiano ragione, ma ci sarà la Christillin, stia certo, a salvare anche questa volta magari con Chiambretti. Certo che se il proprietario ricordasse le origini di socialista rivoluzionaria di Rosa Luxemburg, forse terrebbe piu’ a conto quell’icona libraria sventagliata per decine di anni.
C’è da augurarsi che il G 7 non crei i problemi del passato. Io non dimentico Genova letteralmente devastata. Mi auguro anzi che il G7 sia politicamente fruttuoso e non motivo di violenze, anche se le notizie che arrivano, mi inducono, molto allarmato, a scrivere a letto dove sono ammalato da giorni, vincendo il dolore perché la preoccupazione è superiore al dolore fisico. L’ ospitalità dei protagonisti con il loro seguito è prevista infatti in pieno centro della città, mentre i lavori sono a Venaria Reale.
Non c’è da stupirsi se i Palestinesi manifestano con violenza contro Israele. Il gran mufti di Gerusalemme fu alleato di Mussolini e di Hitler durante la seconda guerra mondiale e sostenne la Germania nazista. Fu successivamente sostenitore dell’esercito filo palestinese. Solo l’ignoranza storica di cosa accadde può portare i palestinesi a considerarsi delle vittime, ma oggi la confusione regna sovrana e gli ebrei sono accusati di genocidio, un falso assurdo.
LETTERE
come si diceva un tempo, non li cagano perché il dibattito ha toni alti quando c’erano i grandi Gawronski e Pininfarina. Alcuni tra loro sono rozzi e incolti, quasi sempre oltre le righe, compreso il generale autore di due libri che hanno lasciato il tempo che trovano perché scrivere libri non è da tutti, come si crede. A sinistra sono dei Santoro che strillano. Omosessualità, persone con disabilità e immigrati richiedono conoscenze che il generale non possiede. E anche altri credono di possedere, ma non è così.
Speravo che l’era Lagioia del Salone del libro fosse stata archiviata all’arrivo di Annalena Benini che leggo e stimo da tanti anni, moglie di quel Mattia Feltri di cui mi reputo amico anche se non sempre condivido la sua rubrica quotidiana. Da quello che vedo, Benini sta andando verso un Salone molto vicino a quello di Lagioia. Chi la voleva direttrice, auspicava un’inversione di tendenza e un maggiore pluralismo. Salvo per un breve firmacopia per l’amico Pedrini, ho disdetto gli impegni al Salone che non è cambiato. Sono convinto che molte cose siano eredità di Lagioia che ha ipotecato in modo non adeguato anche il futuro del Salone. Occorrerà una netta discontinuità con i Saloni precedenti, anche quelli del buon Ferrero, persona molto in gamba, ma sempre piuttosto di parte. Il meglio fu Picchioni, ma oggi la sua idea di Salone non sarebbe più adeguata. Quella dei fondatori sarebbe addirittura antidiluviana. L’inventiva e la creatività di Benini sono certo di ritrovarla nel Salone 2025, con la speranza che si liberi totalmente dalle remore negative del Circolo dei Lettori che va ridimensionato come già è avvenuto nella realtà: ci sono stato di recente per assistere ad una inadeguata presentazione di un ottimo libro di Gianni Oliva – condotta in modo pessimo da persona non adatta- e per partecipare in prima persona ad un evento a favore di Israele, ho notato un Circolo ripiegato su se stesso che alle 22,30 doveva chiudere i battenti e che non aveva frequentatori come in passato. Forse la direzione un po’ “napoleonica” di Antonella Parigi ha ceduto il passo ad una gestione non casualmente un po’ troppo notarile.
Da sempre sono un liberale sionista e filo israeliano e tale resto. Tante volte ne ho spiegato le ragioni in articoli e discorsi. È anche una posizione ereditata da Pannunzio che tengo alta da decenni con coerenza e anche con difficoltà. Odio le interferenze di +Europa, mentre ho amato Pannella sostenitore coraggioso di Israele. Mi piace anche Fassino fermissimo amico di Israele. L’idea di accusarla di genocidio è pura follia, come pura demagogia è sostenere l’idea irrealizzabile dei due Stati. La faziosità ha perfino travolto a Siena David Parenzo, cacciato dal rettore Montanari dall’Università per stranieri di Siena perché ebreo coerente. Forse Montanari non doveva ammettere ad insegnare Parenzo per carenza di requisiti scientifici, ma il discorso si farebbe lungo. Montanari è forse anche peggio di Canfora con l’ aggravante che è giovane ed ha ancora una carriera davanti a sè.
Avevo una qualche ragione a risentirmi quando, sbagliando numero, il compianto Genio Bozzello, il sindaco che cancellò da Castellamonte la piazza intitolata alle foibe, chiamava me, credendo di parlare con Giancarlo Quagliotti con cui aveva molta famigliarità. La mia risposta imbarazzata -dato l’inizio della chiamata che entrava subito in medias res – troncava il discorso di Bozzello che poi evitò di telefonarmi, avendo colto che io non ero Quagliotti che oggi ha rilasciato una coraggiosa intervista in quasi totale difesa del suo “sodale autostradale” Sasà Gallo nel corso della quale banalizza un po’ troppo il clientelismo, considerato dagli inquirenti, corruttivo del quasi suo coetaneo che si sarebbe limitato a telefonare agli elettori per convincerli a votare Pd sull’esempio citato da Quagliotti: Giancarlo Pajetta. Il voto di scambio, verrebbe da dire, è altra cosa dal fanatismo propagandistico di Pajetta e di Novelli che incitava addirittura ad andare a suonare i “ciuchin” delle case per indurre al voto comunista: senza saperlo Salvini è stato un allievo di San Diego, il sindaco forse più discutibile della Torino post bellica perché bloccò per dieci anni la metro, ritenendola non necessaria. Ma certo Sasà non può essere considerato un allievo di Pajetta, il ragazzo rosso che non era mai cresciuto e, facendosi tanti anni di carcere durante il fascismo, si era conquistato un fascino unico e forse irripetibile. Quagliotti fu travolto dallo scandalo Zampini nel 1983, dal quale però uscì assolto, ma poi venne condannato a soli sei mesi per un’altra vicenda poco limpida insieme al famoso “compagno G” quel Primo Greganti che salvò il pci con il suo ostinato silenzio dalle grinfie di Tangentopoli. Conobbi anche Greganti che appariva persona simpatica anche se molto disinvolta negli affari di partito.
A Carcare dopo il convegno di ieri, tenuto nei locali della scuola media, su chi scrisse per davvero l’Inno nazionale (Mameli o padre Cannata) il Comune corre ai ripari e affida ad una borsa di studio offerta agli studenti dell’Università di Genova la ricerca relativa all’autore dell’inno nazionale. Il relatore unico del convegno, l’ottuagenario e prestigioso prof. Aldo Alessandro Mola di Torre San Giorgio, accademico e senatore del regno, non deve aver molto convinto con la sua tesi, vecchia di trent’anni, su padre Cannata, lo scolopo che sarebbe stato il vero autore dei versi (per altro orribili) dell’inno musicato da Novar . Si tratta di una tesi senza reali prove, fondata sul pettegolezzo di paese, che non ha mai trovato riscontri e che offende la memoria di Mameli morto eroicamente nella disperata difesa della Repubblica romana. L’esito della tesi esposta a Carcare ha portato il Comune ad affidarsi a degli studenti. Un esito incredibile, anche se forse abbastanza prevedibile. Per evitare di infierire non riporto cosa mi disse il pro . Umberto Levra ordinario di Storia del Risorgimento a Torino e presidente del Museo nazionale del Risorgimento su quella tesi bizzarra.