SOMMARIO: 25 aprile 80 anni dopo – Referendum – Lettere


Guai a mettere in conflitto il voto referendario con il voto politico a cui ci si oppone con le elezioni e con referendum politicizzati. Dopo il referendum sul divorzio (tema che doveva restare estraneo dal contesto politico contingente) ci furono forze politiche che tentarono la spallata e in parte ci riuscirono , approfittando del voto referendario, a governare tutte le principali città l’anno dopo nel 1975 attraverso giunte rosse che si ressero anche sul voto di trasformisti che passarono in cambio di assessorati al fronte. Chi non è favorevole a queste conseguenze che Landini evoca parlando persino di fronte popolare, vota contro o si astiene. Con l’astensione puo ‘rendere nullo il referendum come prescrive la legge. E qui si pone un altro problema: sperperare tanti soldi per un referendum che non raggiunge il quorum può significare secondo alcuni giuristi un danno erariale. Facilitare la raccolta delle firme per via informatica senza alzare il numero dei firmatari proponenti si rivela un errore grossolano di bassa demagogia. Il numero dei richiedenti va innalzato in base al cambiamento dei tempi e alle nuove tecnologie comunicative. Gli appelli di don Ciotti non meritano di essere considerati in termini politici. Sono le solite, trite esternazioni che si ripetono da decine d’anni quasi sempre inascoltate.
LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

Una delle più importanti e storicamente significative istituzioni culturali di Torino, voluta da Carlo Alberto nel suo slancio riformatore, ha da oggi in Giovanni Quaglia il suo nuovo, autorevole presidente. Bisogna andare indietro alla presidenza del pittore Enrico Paulucci per trovare un Presidente dell’Accademiadella statura di Quaglia, laureato in Lettere, medaglia d’oro di benemerito della scuola, della cultura e dell’arte, docente universitario. Quaglia venne anche insignito della massima onorificenza dello Stato, il cavalierato di gran croce al merito della Repubblica .





La cosa più curiosa è la vicenda della laurea che non è stata considerata dirimente come avviene in tutti i pubblici concorsi. Sembra quasi che sia stato inconsciamente applicato il principio einaudiano che nega il valore legale dei titoli di studio, una annosa questione di cui si è discusso per decine d’anni. In questo caso avere o non avere una laurea è stato considerato indifferente. La cultura, d’altra parte, anche quella fatta da libri e da lettori (e ovviamente lettrici !, come ha voluto sottolineare il neo direttore) non può basarsi su un banale pezzo di carta.














In un’aula del Collegio Romano sede del Mic è stato ricordato il cinquantennale della fondazione da parte di Giovanni Spadolini del ministero dei beni culturali e ambientali nel 1975. L’attuale ministro ha ricordato i trascorsi repubblichini e fascisti di Spadolini senza che il suo uomo di fiducia Cosimo Ceccuti abbia replicato al Ministro qualcosa. Ceccuti che deve tutto a Spadolini, anche la casa, ha fatto un discorso retorico dal quale emergerebbe uno Spadolini Salvatore dei beni culturali in sfacelo che non corrisponde al vero. Lo stesso Spadolini preferì occupare altri ministeri più prestigiosi , abbandonando il ministero per la cultura. Spadolini avrebbe compiuto cent’anni nel 2025 e già sono iniziate le celebrazioni per il centenario la cui regia è affidata a Ceccuti che Spadolini trattava come un tutto -fare, appellandolo familiarmente Cosimo, non certo pensando a De Medici. Non ha avuto il coraggio di affidare il centenario a studiosi che potessero parlare con il distacco critico necessario del suo benefattore . Lo conobbi bene per il centenario di Pannunzio quando tentò di cancellare il Centro Pannunzio, avendo in cambio la vice presidenza del Comitato , ma sbaglio ‘ pesantemente perché il comitato venne annullato dal ministero su mia istanza. Un piccolo personaggino anche fisicamente rispetto al corpulento Spadolini disegnato da Forattini .Gente da dimenticare, non certo destinata a entrare nella storia italiana. Malgrado i soldi delle banche, in primis quella un po’ chiacchierata di Verdini. Questo è il caso di un ossequioso tirapiedi che involontariamente ha distrutto o almeno molto ridimensionato l’immagine di un uomo che forse meritava altri ricordi.
Essa appare una sorta di giocattolo in mano all’esimio prof. Gustavo Zagrebelski, studioso di fama e amabile e garbata persona. Anche lui all’apparenza un mite giacobino. La biennale accoglie solo studiosi di una sola parte politica, creando uno strano pluralismo tra sinistra – sinistra ed estrema sinistra. Gli altri non vengono neppure considerati: un razzismo politico assai poco democratico. Edmondo Bertaina ha avuto il coraggio di chiedere quanto costa la Biennale e da chi sia finanziata. Ha inoltre evidenziato la tendenziosità dell’insieme della baracca affidata a studiosi di un solo colore che va dal rosso acceso al rosso accecante. E’ una Biennale che va cambiata.
Oggi bisogna muoversi per una nuova Europa davvero unita anche militarmente ed economicamente capace di interloquire e di resistere a Trump , a Putin , alla Cina . Un ‘Europa protagonista di una Nato di cui non sia un alleato di serie B. L’Europa burocratica di Bruxelles non mi ha mai convinto . L’Europa dei 27 che deve decidere solo all’unanimità; ma dà spazio alle evasioni fiscali e alle delocalizzazioni non mi è mai piaciuta. Non mi piacque inizialmente neppure quella dell’Euro da cui l’Italia uscì fortemente penalizzata, ma ritengo oggi che senza l’Euro saremmo al disastro assoluto . Fu preziosa lungimiranza quella di Ciampi in modo particolare. Oggi quasi nessuno solleverebbe dubbi sulla moneta unica europea capace di tenere testa al dollaro. Ma bisogna anche riprendere l’Europa delle radici storiche giudaico – cristiane che vennero rifiutate. L’Europa vera è fatta da secoli di storia, non solo dai Lumi settecenteschi. Bisogna tornare a credere ad un’Europa antidoto alle guerre come pensavano Einaudi e De Gasperi, l’Europa delineata magistralmente da Benedetto Croce nel suo grande libro dedicato alla storia europea. Per questa Europa vale più che mai la pena di combattere. Essa non è una bandiera blu con tante stelline , ma un patrimonio di valori che noi italiani vediamo rappresentati da Cavour e da Cattaneo, da Mazzini e Garibaldi insieme a tanti patrioti che dal 1943 al 1945 combatterono contro l’Europa barbara di Hitler. Se fosse, ad esempi, Valdo Fusi a chiamarmi in piazza il 15 marzo , non avrei esitazioni. Ma al di là della piazza occorrono le idee e su questo piano il contributo del Centro “Pannunzio” non potrà mai mancare. Siamo e saremo in prima linea per l’Europa.



Di fronte a due guerre che possono portare alla terza mondiale il mondo ha a sua disposizione funzionari di partito che non hanno la benché minima preparazione sui temi della geopolitica e parlano di riarmo come se stessero sbucciando le patate in cucina. Ci sono anche gli ometti che vogliono imitare De Gaulle e la sua force de trappe che impedì all’Europa un esercito unico, ma non creò altri danni anche se la situazione era molto diversa e con il generale c’erano statisti che mitigarono le pretese senili del Presidente francese. Macron e la presidente tedesca della Unione Europa che si nota solo per un vecchio titolo nobiliare che non ha neppure una storia, sono gli esempi di gente che occupa posti a loro non adatti e sta giocando con il fuoco. La mediocrità della classe politica italiana brilla in tutta la sua inadeguatezza confusionaria che divide anche i partiti. Questo è un momento in cui i nominati immeritatamente in posti di responsabilità rivelano tutta la loro fragilita’ e pericolosità. Essi fanno pensare agli “statisti” europei che non sbarrarono la strada ad Hitler e e consentirono perfino a Mussolini di recitare la parte di “salvatore della pace” a Monaco. In questo contesto i diversi commentatori televisivi e della carta stampata, abituati da sempre alle vulgate da ripetere, diventano davvero ridicoli. Chiedere un’ opinione ad una deputata cinque stelle che stenta ad usare la lingua italiana , appare una delle tante stupidità che annebbiano i nostri cervelli.




Tutta la storia dimostra che uomini come lui sono dei potenziali disastri per i governati, dei disastri che si rivelano una rovina anche per tutti i popoli coinvolti: la globalizzazione infatti abbatte i confini soprattutto del male e rende ogni malattia politica una epidemia. Pensiamo al presidente Reagan, un liberale, liberista capace di tenere alto il nome degli USA a livello internazionale dopo i fallimenti democratici da Kennedy in poi, partendo dalla guerra in Viet Nam. Trump è anni luce diverso da Reagan. I conservatori non hanno nulla da spartire con le megalomanie le arroganze, la sregolatezza, la totale mancanza di quella “discrezione” che Guicciardini riteneva la virtù necessaria ad un politico. Governare significa saper dimostrare senso della misura, equilibrio, diplomazia, realismo politico. Questo arricchito secondo modalità poco limpide, che si ritiene unto da Dio, non ha mai letto nulla. Non sa chi siano stati i padri fondatori degli Stati Uniti, Tocqueville e Popper, per non parlare di Dahrendorf, studioso acuto della crisi della democrazia. Non sa neppure chi siano i liberisti della Scuola Austriaca. Nicola Matteucci e Lorenzo Infantino che li introdussero in Italia , sarebbero stupefatti da questo avventuriero a cui l’età non dà neppure un quid di saggezza in più, ma induce anzi un velleitarismo visionario proprio dei vecchi che hanno perso il senno. La regola del mondo libero è quella fondata sul libero scambio da opporre al bieco protezionismo. Dove circolano le merci liberamente circolano anche liberamente le idee. I dazi danneggiano tutti e impoveriscono anche chi si illude di poterli imporre per trarne vantaggi. La politica delle sanzioni e dei dazi ha solo creato danni e tensioni.



