EDITORIALE
Di Adolfo Spezzaferro direttore de “L’identità”
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“Com’era facilmente prevedibile, chi si riconosce nei valori, nella tradizione e nella politica centrista, non può che stare con la lista civica di Alberto Cirio. E questo non per un’auto investitura ma per la semplice ragione che l’alleanza di sinistra per come si va configurando in Piemonte, per non parlare dei populisti dei 5 stelle, sono sostanzialmente estranei ed esterni a qualsiasi richiamo al Centro e a ciò che storicamente e politicamente rappresenta. Ovvero, al suo elettorato e ai mondi sociali e culturali di riferimento che in Piemonte continuano a rappresentare un segmento importante se non addirittura decisivo dell’intero corpo elettorale.
E la lista civica di Cirio, espressione degli amministratori locali dei piccoli e medi Comuni – che rappresentano la spina dorsale del sistema istituzionale piemontese – e dei territori è il luogo politico più pertinente e più coerente per il vasto, articolato e composito elettorato centrista.
Una scelta politica, questa della lista civica del Presidente Cirio, che permette anche di riaggregare le culture, le tradizioni e il pensiero delle varie sensibilità centriste. A cominciare dal mondo e dall’area cattolico popolare, sociale e democratica che sono estranei rispetto all’attuale sinistra massimalista e radicale del PD ed alleati da un un lato e dei populisti pentastellati dall’altro”.
Giorgio Merlo, Dirigente Nazionale Tempi Nuovi-Popolari uniti.
La linea moderata, europeista e liberale che Forza Italia ha abbracciato sotto la guida di Antonio Tajani pare stia dando buoni frutti, almeno a giudicare dalle ultime competizioni elettorali e dai sondaggi che danno gli “azzurri” in recupero, con un possibile sorpasso rispetto alla Lega.
Una caratteristica che ha sempre connotato e “premiato” il movimento fondato da Silvio Berlusconi è poi quella di far scendere in campo esponenti della società civile, del mondo delle imprese e delle professioni, in grado di mettere al servizio delle istituzioni e dei cittadini le proprie competenze. In questo senso è da interpretare la decisione dei coordinatori regionale e provinciale di Forza Italia, il ministro Zangrillo e il senatore Rosso, di candidare il notaio torinese Gustavo Gili alle prossime elezioni europee.
La candidatura di Gili, che due anni fa è stato eletto revisore dei conti nel Consiglio Nazionale del Notariato, è stata presentata nella sede torinese del partito in via Barbaroux, insieme a quella della commercialista chivassese Clara Marta, già candidata a sindaco di Chivasso per il centrodestra. Gili ha spiegato di avere accettato la candidatura alle elezioni europee, nel collegio nord-ovest, per la lista di Forza Italia proprio perché si tratta di “Un’opportunità per me di portare le istanze di un’intera categoria, il Notariato, davanti a tutta l’Europa: sarebbe la prima volta in assoluto. Il peso delle decisioni prese dall’alto, a Bruxelles, influenza pesantemente la nostra vita professionale”.
Gili afferma di sentire “il bisogno di contribuire in prima persona a scelte importanti: farlo “a monte” è l’unico modo per cambiare le cose. E sono pronto – aggiunge – a mettere al servizio della politica attiva la stessa passione, lealtà e serietà che hanno guidato per oltre 20 anni il mio lavoro”. Tra i temi che il candidato, forte del suo “bagaglio” professionale di notaio, intende approfondire nel suo programma: la concorrenza, il contrasto a criminalità e riciclaggio, le politiche di transizione energetica, E ancora: una parità reale tra donne e uomini, data dallo sviluppo di una nuova mentalità e cultura, il recupero del patrimonio edilizio esistente, l’introduzione di una soglia di compenso minima inderogabile e davvero equa per tutti i professionisti.
“Farò di tutto – conclude Gili – per portare incentivi europei nella nostra meravigliosa nazione: solo innescando un volano economico virtuoso si potrà generare benessere per tutti”.
Il capogruppo Pd in Consiglio regionale, Raffaele Gallo, si dimette dal suo incarico e annuncia che non si ricandiderà alle prossime elezioni. Il padre, Salvatore, 83enne, è rimasto coinvolto nell’inchiesta che riguarda il presunto scambio di voti e di favori legato a candidati dem alle elezioni comunali di Torino del 2021.
“In merito all’indagine Echidna della DDA di Torino sottolineo con forza la mia totale estraneità a comportamenti e fatti anche solo lontanamente assimilabili a vicinanza all’Ndrangheta”, commenta Raffaele Gallo in una nota.
“Sul secondo filone di indagine non legato a rapporti con l’Ndrangheta che coinvolge su alcuni fatti mio padre Salvatore Gallo, sono fiducioso che lui potrà chiarire tutti gli aspetti contestati dagli inquirenti in tempi rapidi. Riguardo al dibattito sulla mia candidatura e sulla mia figura, a cui ho assistito in questi giorni, ribadisco di aver sempre cercato di svolgere la mia attività al meglio e per il bene del Piemonte, lavorando sui temi con proposte e idee, studiando e approfondendo, con la massima onestà e trasparenza”, aggiunge il consigliere dem.
“Oggi però a tutela dei miei figli e di mia moglie e con senso di responsabilità e rispetto verso il Partito democratico, – conclude Gallo – ritiro la mia candidatura per le elezioni di giugno. Prima di essere un uomo pubblico con responsabilità politica sono un padre e un marito. Mi dimetto da Presidente del Gruppo consiliare a Palazzo Lascaris lasciando il mandato nelle mani del segretario Mimmo Rossi e del gruppo stesso per identificare il nuovo capogruppo in queste ultime settimane di legislatura, connesse con gli adempimenti formali per le liste da presentare. Alla candidata Presidente Gianna Pentenero e alle candidate e ai candidati che correranno in lista l’8 e il 9 giugno va il mio personale in bocca al lupo”.
Raffaele Gallo non è indagato nell’ambito dell’inchiesta.
LO SCENARIO POLITICO Di Giorgio Merlo
Lo stile conta in politica? Sì, eccome se conta. Perchè lo stile non è solo forma ma è anche, e soprattutto, sostanza. Certo, se confrontiamo lo stile dei populisti con tutti quelli che sono estranei ed esterni a qualsiasi deriva populista e anti politica, non è necessario neanche un supplemento di riflessione per coglierne la differenza strutturale. La realtà evidenzia, in modo persin plastico, la diversità quasi antropologica tra i due campi.
Ora, per non rifugiarsi nel genericismo, è abbastanza evidente che c’è uno stile che caratterizza la buona politica. O meglio, una politica che non ama gli attacchi personali, la criminalizzazione politica degli avversari/nemici, la delegittimazione morale, gli insulti e ogni sorta di contumelie nei confronti di chi non la pensa come te. Uno stile che, come ovvio a tutti, non appartiene a coloro che praticano quotidianamente la radicalizzazione della lotta politica da un lato e la scientifica demolizione personale e morale degli avversari/nemici dall’altro. E, al riguardo, c’è una categoria di persone – come cifra politica e culturale – che erano e restano alternativi e sostanzialmente estranei a quello stile. Ed è lo stile che comunemente viene definito come “democristiano”. Che dagli storici detrattori della sinistra ex e post comunista e da tutto il circo mediatico e giornalistico che storicamente li sostiene, viene interpretato come un comportamento alla ricerca della sola mediazione al ribasso, un po’ tartufesco e un po’ ipocrita, nonchè viscido. Insomma, secondo questi incalliti e strutturali detrattori, lo stile democristiano non è altro che una versione macchiettistica o vagamente goliardica da rispettare, oggi che non c’è più la Dc, ma nulla più.
Eppure, al di là di questa categoria ideologica e moralistica, cresce la domanda trasversale nella pubblica opinione di chi vuole una classe dirigente politica che si caratterizzi anche attraverso lo stile. Che non va confuso, come ovvio, con un tratto moralistico o perbenista ma, semmai, con un modo d’essere che restituisce serietà, credibilità e trasparenza alla politica, anche attraverso quella che un tempo un grande storico cattolico, Pietro Scoppola, definiva come “cultura del comportamento”.
Penso, per fare due soli esempi concreti e al di là anche delle riflessioni che di volta in volta vengono avanzate, allo stile di Dario Franceschini e di Pier Ferdinando Casini. Due esponenti politici che, ieri come oggi, sono stimati e rispettati – per citarne solo due, come ovvio – per come espongono le loro argomentazioni, per il comportamento concreto con cui declinano il confronto con gli altri interlocutori politici amici e avversari e, in ultimo, per una concezione della politica che non è mai ispirata e caratterizzata da massimalismi, radicalismi, radicalizzazione, giudizi morali e men che meno attacchi personali.
Insomma, quando si parla della rimpianta e sempre più evocata classe dirigente del passato – soprattutto e specificatamente quella democristiana – non c’è solo il ricordo di una cultura politica ma anche, e soprattutto, di un modo d’essere in politica che è destinato a restare sempre attuale contro ogni forma di maldestra e presunta modernità. Perchè, appunto, lo stile non è mai solo forma ma è sempre vera e propria sostanza. Politica e culturale.
Oggi a Torino il ministro Salvini, leader della Lega. “La Lega e centrodestra il vinceranno in Piemonte non per le inchieste sul Pd ma perché hanno governato bene”. Salvini ha parlato al convegno “Autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario” svoltosi al Museo dell’Automobile di Torino.
Sotto la mole i governatori del nord, ministri parlamentari, assessori e consiglieri regionali illustrano ad amministratori e società civile a che punto è il disegno di legge sull’autonomia differenziata che arriverà a breve alla Camera dei Deputati.
Sicuramente un argomento che incuriosisce molti perché l’auditorium del museo dell’Automobile non era abbastanza capiente da accoglierli tutti. Tanto che è stato necessario aprire una seconda sala e non tutti hanno potuto accedervi. Due ministri 4 Governatori, 5 regioni rappresentate dal massimo della cariche per fare il punto. Voluto dal capogruppo della Lega alla Camera un incontro in cui si è fatto il punto dell’autonomia nella discussione politica,dopo il licenziamento al Senato entro fine mese approderà alla Camera.”Salvini, l’Autonomia è un passo avanti per l’Italia
Leader leghista: ‘Ci siamo quasi, grande opportunità per tutte le regioni italiane” Ha commentato Matteo Salvini, che ha portato il suo contributo a Torino prima di partire per Bari a presentare i candidati pugliesi.
GD
È stata scelta oggi dal Movimento 5 Stelle: Sarah Disabato sarà candidata alla presidenza della Regione Piemonte e sfiderà Cirio del Centrodestra e Pentenero del Centrosinistra. La capogruppo pentastellata in Consiglio regionale e coordinatrice piemontese del Movimento è sempre stata contraria all’alleanza con il Pd. L’annuncio della candidatura è arrivato durante una conferenza stampa alla quale è presente anche la vicepresidente nazionale M5s, l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino. (foto Facebook)
L’inchiesta sull’ infiltrazione della ‘Ndrangheta negli appalti di manutenzione delle autostrade torinesi che ha portato a nove arresti nel capoluogo e a Brandizzo sta scuotendo la politica torinese.
Agli arresti domiciliari c’è anche l’ex dirigente della società autostradale Sitalfa Roberto Fantini, eletto in quota PD nell’Orecol, l’ente del Consiglio regionale cui spetta la vigilanza sulla trasparenza e legalità negli appalti.
Gli stessi segretari provinciali e regionale del Pd Marcello Mazzù e Domenico Rossi hanno chiesto la revoca della nomina di Fantini. Revoca accolta dal presidente della Giunta Alberto Cirio e da quello dell’Assemblea regionale Stefano Allasia. Martedì è convocato il Consiglio Regionale e all’ordine del giorno è già stata inserita la “disdetta” dell’incarico.
Ad imbarazzare i dem torinesi è anche il coinvolgimento nell’inchiesta di Salvatore Gallo, 83enne ex esponente del Psi da anni vicino al Pd e in passato manager di Sitaf, l’autostrada Torino -Bardonecchia, indagato per peculato per presunti indebiti rimborsi spese da parte dell’azienda e per presunte pressioni e favori a conoscenti al fine di votare candidati Pd alle ultime Comunali di Torino. Da precisare che non è indagato per mafia.
Ma l’imbarazzo è legato soprattutto al figlio di Gallo, Raffaele, estraneo all’inchiesta, però capogruppo regionale dem e fino ad oggi probabile capolista alle Regionali. Mettono le mani avanti Mazzù e Rossi: “verificheremo con rigore le situazioni che stanno emergendo e le carte processuali, acquisendo ogni informazione disponibile”.
La Lega, che oggi attende Salvini a Torino per una manifestazione elettorale va all’attacco con una nota del Gruppo regionale: “Siamo garantisti, non ci ergiamo a giudici del componente dell’Orecol, di nomina Pd, che è agli arresti domiciliari con l’accusa di aver agevolato le cosche mafiose nell’ottenimento di appalti milionari. Si tratta tuttavia di una fattispecie molto grave”.
“Per questo motivo ci pare surreale la presa di posizione del Pd del Piemonte, – aggiungono i leghisti – che si definisce come forza politica che conosce molto bene le infiltrazioni mafiose nel nostro territorio e paladina della lotta alla mafia. Forse, questa volta, sarebbe stato il caso di scusarsi con i piemontesi assumendosi la responsabilità per il possibile errore commesso”.
I consiglieri regionali Alberto Avetta e Monica Canalis (Pd): “Si accolga l’appello UNCEM e si tutelino le aree periferiche con fatti e non solo a parole: anche la Regione Piemonte deve incrementare le risorse”.
La Regione Piemonte deve attivarsi nei confronti del Governo nazionale e del Parlamento, affinché siano ripristinate le risorse per i piccoli Comuni sotto i 1.000 abitanti, tagliate di quarantaquattro milioni dalla legge di Bilancio, e a prevedere nel prossimo assestamento di bilancio regionale un adeguato incremento di risorse finanziarie a compensazione e/o in aggiunta a quelle nazionali: è quanto previsto dall’Ordine del giorno presentato dal Partito democratico (prima firmataria la consigliera Monica Canalis) e approvato dal Consiglio regionale del Piemonte nella sua ultima seduta. Commentano i consiglieri Alberto Avetta e Monica Canalis (Pd): «L’ultima legge di Bilancio ha ridotto le risorse destinate ai piccoli Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti di 44 milioni di euro per l’anno 2024 (e di 14 milioni di euro sul 2025 e di 26 milioni di euro sul 2027). Si tratta di risorse importanti perché destinate a investimenti che riguardano la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, nonché per gli interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile. Sui piccoli Comuni e sull’importanza di salvaguardarli si fanno tante parole, poi smentite dai fatti. La decisione del Governo Meloni è grave, e lo è ancor di più per una Regione come il Piemonte che ha caratteristiche peculiari, essendo quella che conta in Italia il maggior numero di piccoli Comuni con meno di mille abitanti (595 su 1180 Comuni). Ringraziamo il Consiglio regionale del Piemonte che in modo bi-partisan ha accolto l’allarme lanciato dai territori e dall’UNCEM, chiedendo al Governo Meloni il ripristino delle risorse tagliate e alla Giunta regionale un incremento nel prossimo assestamento di bilancio. Le aree montane e collinari e i territori periferici meritano ben altro trattamento, se si vuole davvero contrastare lo spopolamento e renderli attrattivi anche e soprattutto per le nuove generazioni».
Alberto AVETTA, Consigliere regionale Pd
Monica CANALIS, Consigliera regionale Pd