Tornano le culture politiche?
Con il progressivo esaurirsi del populismo demagogico, anti politico, giustizialista e manettaro del partito dei 5 stelle – sperando che sia il più rapido possibile – forse ritornano le culture politiche.
Il che sarebbe una novità quasi rivoluzionaria nel nostro paese perchè non possiamo dimenticare
che una delle ragioni costitutive del populismo qualunquista è stata proprio l’azzeramento
radicale di tutte le culture politiche. Cioè di quei filoni ideali che sono stati centrali e decisivi per la
costruzione e il consolidamento della nostra democrazia. E, soprattutto, per orientare e
condizionare quelle culture di governo che hanno scandito e modulato le varie stagioni politiche
del nostro paese dal secondo dopoguerra in poi. Non a caso, il populismo nasce e si alimenta di
una feroce e costante anti politica che individua proprio nella cancellazione delle diversità
politiche e cultuali la sua ragion d’essere. E la naturale conseguenza di questa deriva anti politica
e qualunquista prevede anche la soppressione della naturale e persin strutturale distinzione tra la
destra, il centro e la sinistra. Del resto, quando prevale la sub cultura dell’”anno zero” e
dell’azzeramento di tutte le culture politiche è del tutto naturale che la storica distinzione tra i
progressisti e i conservatori, tra i riformisti e i liberisti e via discorrendo giunge al capolinea e viene
del tutto azzerata. E così è stato in questi anni nella confusa, complessa, grigia e spenta politica
italiana.
Ora, almeno così pare anche se è sempre bene diffidare delle conversioni politiche improvvise,
misteriose e soprattutto collettive, pare che quel populismo non sia più così raggiante e vincente.
Anche se, lo ripeto, quando la cifra distintiva di un partito era ed è sempre stato il populismo, è
difficile, molto difficile, che da un giorno all’altro tutto muta, tutto cambia. Compreso l’intero
orientamento dell’elettorato che per svariati lustri si è abbeverato a quella predicazione dogmatica
martellante ed inesistente. Ma, al di là del futuro del partito populista per eccellenza, cioè il partito
di Conte e di Grillo, è indubbio che la politica può ritornare protagonista e centrale nel nostro
paese solo se le singole culture politiche faranno nuovamente capolino nella cittadella politica
italiana. Certo, adeguandole alla stagione contemporanea senza regressioni nostalgiche o
passatiste. E riproponendole come chiave di svolta per reintrodurre categorie politiche, culturali e
ricette di governo che non nascono solo dalla violenza verbale, dalla voglia di demolizione del
passato e dalla sola volontà della conquista del potere demonizzando gli avversari e demolendoli
sul versante personale e politico. Serve, cioè, una netta inversione di rotta anche solo rispetto ad
un passato recente.
Per fare un solo esempio concreto, è possibile che una cultura politica che è stata sempre
decisiva in tutti gli snodi più delicati della storia italiana dal secondo dopoguerra in poi, sia oggi
del tutto assente dal dibattito pubblico e dalla concreta dialettica politica del nostro paese? Parlo
della tradizione del cattolicesimo politico, popolare, sociale democratico che nel corso di vari
decenni non solo ha prodotto una classe dirigente di grande levatura politico e di governo ma che
ha contribuito anche a sciogliere nodi politici apparentemente inestricabili. Come può un filone
ideale come quello che ho citato ridursi ad una sorta di sub cultura utile solo per rivendicare seggi
e candidature in alcuni partiti? Come è possibile, pur di accontentare la deriva populista,
demagogica e anti politica della moda passeggera del momento, evitare di parlare in pubblico per
non apparire antimoderni e nostalgici? Perchè, alla fine, di questo si tratta.
Ecco perchè la fase politica che si sta aprendo nel nostro paese e che culminerà con le prossime
elezioni politiche nazionali, non potrà più fare a meno di quei valori, di quelle prassi, di quei
pensieri e di quelle culture che hanno costruito la cornice democratica, costituzionale e riformista
del nostro paese. Ne va della qualità della nostra democrazia e del futuro delle nostre istituzioni.
Altrochè non disturbare i dogmi del populismo nostrano per evitare di essere retrogradi e fuori
moda e fuori tempo!
Giorgio Merlo
“Con la morte di Angelo Zegna il nostro paese perde un imprenditore lungimirante che è riuscito a traghettare l’impresa di famiglia verso i mercati mondiali costruendo un brand italiano tra i più importanti al mondo nel campo della moda: una figura straordinaria che ha saputo coniugare crescita economica con la promozione di progetti sociali, culturali ed ambientali”: è quanto dichiara Silvia Fregolent, deputata di Italia Viva.
Afghanistan: “Chieri farà la sua parte”
Il Sindaco di Chieri Alessandro Sicchiero: “Ci muoveremo d’intesa con Prefettura ed Anci. Illumineremo il campanile di San Giorgio.”
«Anche Chieri è pronta a fare la sua parte, accogliendo le famiglie in fuga dall’Afghanistan, in accordo con le Prefetture, l’Anci e le istituzioni coinvolte. Condivido appieno le parole del Presidente dell’Europarlamento, David Sassoli: l’Europa ha il dovere di accogliere i profughi afghani e tutti coloro che rischiano di essere esposti alla vendetta talebana. Attendiamo che venga fatta chiarezza e definito un piano operativo, nell’ambito del quale anche Chieri darà un proprio contributo, coinvolgendo le realtà dell’associazionismo locale e del Terzo settore, le parrocchie e le famiglie chieresi. Sono certo che non mancherà una forte risposta di solidarietà ed accoglienza da parte della nostra comunità. Inoltre, penseremo ad un atto simbolico di vicinanza al popolo afghano, in particolare alle donne, e ringrazio il consigliere Tommaso Varaldo per la sua sollecitazione in tal senso. Non le bandiere a mezz’asta, usate per ricorrenze ed eventi istituzionali e coordinati, bensì l’illuminazione del campanile di San Giorgio, ancora più visibile, magari in occasione dell’inizio del Settembre Chierese».
Il Sindaco di Chieri Alessandro Sicchiero
“Tra i pochi elementi incoraggianti e positivi che stanno emergendo dalla campagna elettorale per
il rinnovo del Consiglio Comunale di Pinerolo e la scelta del futuro Sindaco, c’è la volontà esplicita
e concreta dei candidati di porre Pinerolo al centro delle politiche che riguardano lo sviluppo e la
prospettiva dell’intero pinerolese. Certo, poi esistono sensibilità diverse e ricette specifiche –
anche se la progettualità politica ed amministrativa non è così esplicita e marcata – ma il tentativo
di uscire dal localismo e dal campanilismo per ragionare in termini più vasti e di area è, comunque
sia, un elemento positivo da non sottovalutare.
Del resto, superata la stessa dicitura di “città capofila” la scommessa politica vera per il futuro di
questo territorio resta quello di elaborare politiche comuni ed omogenee – su più versanti: dai
servizi al turismo, dalle zone industriali alla sanità, dal sistema scolastico ai trasporti – e, di
conseguenza, il ruolo di Pinerolo e di chi la amministra, non potrà che essere centrale. Una sorta,
per dirla con un uno slogan efficace che proprio nel pinerolese negli anni ‘80 e ‘90 era stato al
centro del dibattito politico dei partiti e degli stessi organi di informazione, di rinnovata ed
originale ‘Provincia di Pinerolo’. Ora, archiviate da tempo le Province, la prospettiva, il ruolo e la
stessa funzione di questo territorio, passano attraverso la capacità di elaborare uno sviluppo
comune dell’intera area interessata. E la scelta del futuro Sindaco, al di là delle valutazioni dei
singoli partiti e delle varie liste civiche, dipenderà probabilmente anche da chi riuscirà a
convincere meglio la maggioranza dell’elettorato della città sulla bontà e sull’efficacia della propria
ricetta programmatica. Che non potrà che essere rivolta all’interno territorio pinerolese”.
Giorgio Merlo, Sindaco Pragelato, Consigliere Nazionale Anci.
L’intervento di Igor Boni (Presidente di Radicali Italiani): “Chi dà le concessioni e chi le riceve”
“Il Sindaco di Torino sarà anche il Sindaco della Città metropolitana. Uno dei contendenti della prossima competizione elettorale, Paolo Damilano, ha sulle spalle un conflitto di interesse che è una incudine pesantissima, che purtroppo continua a rimanere nell’oblio dell’informazione.
L’imprenditore Damilano, della Famiglia Damilano che è a capo della Società Pontevecchio srl, proprietaria di ben 7 marchi di acque minerali (tra cui la nota Valmora), vuole diventare sindaco della nostra città. Il Piemonte è la regione italiana che ha il maggior numero di concessioni attive per l’imbottigliamento delle acque minerali; le concessioni attive sono 46, 26 quelle effettivamente utilizzate, 4 fanno riferimento a Fonti di Vinadio, 4 a San Bernardo e 6 a Pontevecchio srl. Si tratta per la società Pontevecchio di un businnes assai redditizio (oltre 50 milioni di fatturato per oltre 4 milioni di utili) a fronte di concessioni dal prezzo irrisorio. Nulla di illegale s’intende, anzi: viva gli imprenditori capaci di creare lavoro e reddito.
Tuttavia la nota dolente c’è quando Damilano da imprenditore delle acque vuole diventare Sindaco. Delle concessioni una componente fissa calcolata sull’estensione della superficie dell’area oggetto di concessione viene introitata dalla città metropolitana, una parte variabile rapportata ai quantitativi di acqua minerale imbottigliata va alla Regione Piemonte, che gestisce anche il rinnovo delle concessioni. Le acque minerali sono soggette alle disposizioni della L.R. 25/1994. Il loro utilizzo è in regime di concessione che viene rilasciata dalla Città metropolitana. Il rilascio della concessione presume un permesso di ricerca, che ha durata di 3+2 anni mentre la concessione ha durata 20 anni.
Quindi se Damilano dovesse divenire sindaco sarà a capo dell’ente che fornisce permessi e concessioni alla Pontevecchio srl dove lui oggi risulta essere parte del consiglio di amministrazione (fino a poco fa Amministratore delegato) e suo fratello Presidente.
Credo che di questo ci si debba occupare e che Damilano sarebbe utile non si trincerasse dietro al solito no-comment. Io, come ho già detto e scritto, sono pronto a confrontarmi pubblicamente con lui per chiedergli come potrebbe essere libero con questi due ruoli sulle spalle e come potrebbe trattare liberamente e duramente con la regione Piemonte con questo conflitto di interesse. Damilano farebbe tutte le parti in commedia: chi dà le concessioni e chi le riceve. A mio modesto avviso si tratta di una questione dirimente”.
Al via la nuova campagna di Paolo Damilano, candidato sindaco di Torino Bellissima e del centrodestra, con il nuovo slogan C’È DA CAMBIARE e nuovo messaggio in vista del voto.
Il lancio oggi tramite i canali social e i manifesti affissi in questi giorni in città. Qui il link al post su Facebook
«C’è moltissimo da fare. C’è da ricostruire il lavoro, la sicurezza, il senso stesso di una città che deve tornare Bellissima. Ma per farlo davvero, occorre un cambiamento vero, non retorico, un cambiamento nelle priorità: Torino e i torinesi prima degli apparati e delle logiche di potere.
Un cambiamento che può garantire solo un progetto che nasce civico e si è aperto alle energie migliori della città. Il nostro progetto, il vostro progetto. Il 3 e 4 ottobre cambiamo tutti insieme e riportiamo Torino all’altezza di sé!»
#CèDaFare #CèDaCambiare #DamilanoSindaco #TorinoBellissima #Torino