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Ruffino (Azione): “Avanti con il Green New Deal”

“Proseguire nell’attuazione del Green New Deal, sulla scorta degli impegni assunti dall’Unione Europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, per riuscire ad individuare un piano industriale impiantistico nel nostro Paese. Dopo il voto della risoluzione al Def, la coerenza dei programmi di Azione sull’ambiente è ancora più evidente”. Lo ha dichiarato in una nota la deputata di Azione Daniela Ruffino.“Considerato il particolare momento in cui viviamo, l’Italia non può più fare a meno di iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate alla transizione ecologica ed energetica. Il nostro Paese ha bisogno di semplificare e accelerare i passaggi per le autorizzazioni per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili. Solo procedendo in questa direzione – ha concluso la deputata di Azione – raggiungeremo gli obiettivi nazionali di decarbonizzazione, fissati dal Piano Nazionale integrato di energia e clima”.

Approvato il bilancio di previsione del Consiglio regionale

Con 37 voti favorevoli e 2 non votanti il Consiglio regionale ha approvato il suo Bilancio di previsione finanziario 2022–2024. Come ha ricordato il presidente dell’Assemblea, si conferma il trend di spesa complessiva degli ultimi anni, drasticamente ridotto rispetto al decennio precedente. Quanto stanziato per gli investimenti, infatti, è ottenuto con l’utilizzo di avanzi di amministrazione e risparmi nelle spese correnti.

La principale voce di entrata iscritta a bilancio è quella prevista per le spese di funzionamento del Consiglio regionale, che per l’annualità 2022, ammontano a circa 49,7 milioni, con un incremento di 930.000 euro per l’adeguamento in previsione dei nuovi contratti di lavoro e per alcuni accantonamenti. In generale, l’importo complessivo per titoli al netto delle partite di giro, avanzo e Fvp entrata, per il 2022 è di 50,1 milioni (era 66,6 milioni nel 2012 e 49,2 nel 2021).

Il Bilancio del Consiglio è in linea con quello delle Regioni più virtuose d’Italia e, a differenza di alcune, comprende tutti i costi del personale e dei servizi che in altri casi sono invece a carico del Bilancio della Giunta. Nel 2021 a fronte di 12 pensionamenti, sono stati assunti 6 nuovi dipendenti. Nel 2022 i pensionamenti saranno in tutto 17, 9 nel 2023 e 15 nel 2024.

6,8 milioni saranno destinati ad altre voci di investimento tra cui i lavori di ammodernamento dell’immobile di via Arsenale, di Palazzo Lascaris, dell’ex Banco Di Sicilia, della Palazzina Tournon (in piazza Solferino) e per il Piano Di Sviluppo 2021-2023 Servizi Informativi/Csi. In generale le spese di investimento previste per il 2022 sono di circa 13,7 milioni.

Tra i costi sostenuti l’Assemblea legislativa, quelli derivanti dagli adeguamenti strutturali alle norme di tutela dal Covid della sede e dall’acquisto di Dpi, che ha rappresentato per il Consiglio regionale una spesa superiore a 60 mila euro (nel biennio). A questo proposito il capogruppo Luv ha dichiarato il suo apprezzamento per la gestione della pandemia da parte del Consiglio, che anche con le sedute da remoto e il telelavoro, non ha mai perso la sua operatività. Dal gruppo Pd è stato sottolineato che il Consiglio del Piemonte è l’assemblea regionale italiana che spende meno per i consiglieri.

Il bilancio di previsione troverà articolazione nel Documento tecnico di accompagnamento al bilancio e nel Bilancio finanziario gestionale, consistente nella ripartizione in capitoli e articoli assegnati alle Direzioni competenti per la corretta gestione del ciclo entrate/spese, approvati dall’Ufficio di Presidenza.

Non autosufficienza e psichiatria, Pd: No ai tagli

“Partecipando al flash-mob, promosso dalle Associazioni del Terzo Settore questa mattina davanti a Palazzo Lascaris, il Gruppo consiliare del Partito Democratico ha voluto, ancora una volta, ribadire con forza il proprio no ai tagli previsti nel Bilancio alla non autosufficienza e alla psichiatria, battaglia che porteremo avanti in Aula durante la discussione del provvedimento” spiega il Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Raffaele Gallo.

“Negli ultimi tre anni – prosegue l’esponente dem – gli stanziamenti per non autosufficienza e psichiatria sono passati da 55 a 45 milioni di euro, proprio in un momento in cui avrebbero dovuto essere aumentati perché la pandemia ha reso ancora più allarmanti le situazioni già difficili e complicate di queste persone e delle loro famiglie. Chiediamo al Presidente e alla sua Giunta: chi darà assistenza agli 11.121 piemontesi non autosufficienti in lista d’attesa per un progetto domiciliare? Chi darà sollievo alle famiglie che, ogni giorno, si prendono cura di una persona con problemi di salute mentale, senza borse lavoro, assegni terapeutici, o gruppi appartamento? Ci aspettiamo risposte e non il silenzio al quale il centrodestra ci ha abituati in questi tre anni!”.

“Solitudine, abbandono e una società sempre meno inclusiva: è questo che il centrodestra sta realizzando in Piemonte attraverso i tagli sconsiderati. E’ questo che il Presidente della Giunta regionale aveva in mente? Un Piemonte che si caratterizza per mancanza di assistenza, protezione e tutela delle fasce più vulnerabili della popolazione” conclude il Presidente Pd.

Montaruli (Fdi): “Orlando dia risposte su Stellantis”

“Oggi a Torino arriverà il ministro del lavoro Orlando, mi auguro che abbia delle indicazioni precise su come il Governo vuole muoversi nei confronti di Stellantis a favore di questa città.

L’impegno generale nei confronti dell’automotive, pur necessario, non è sufficiente per le esigenze della città torinese. Il presidente Cirio e il sindaco Lo Russo stanno già facendo un grande lavoro di concertazione nei confronti dell’azienda, manca il Governo.

Il silenzio del Governo, ancora di più oggi con la presenza del ministro Orlando sarebbe davvero incomprensibile” così in una nota il deputato di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli.

Costanzo (Alt): “appoggio petizione detenuti per utilizzo frigo”

“L’UFFICIO COMANDO CARCERE SI PRONUNCI”
“Appoggio la richiesta di alcuni detenuti del carcere Torino, che hanno firmato una petizione per chiedere di utilizzare il frigorifero per conservare beni commestibili e deperibili visto l’avvicinarsi del periodo estivo e la necessità di utilizzare i propri cibi freschi, senza doverli consumare di fretta per paura che gli stessi vadano a male. Avevo già ascoltato questa richiesta nel corso di una visita al carcere qualche giorno fa. La appoggio e chiedo all’ufficio comando e all’ispettorato del Blocco B della casa circondariale di esprimersi in merito”. Così in una nota la deputata Jessica Costanzo, di Alternativa.

Merlo e Zambon: Pinerolo, i 5 stelle appartengono al passato

“Non vogliamo entrare nel merito della polemica che ha portato il Sindaco di Pinerolo, il grillino
Salvai, a protocollare le sue dimissioni per la vicenda legata al futuro del Volley pinerolese
femminile dopo la sua straordinaria promozione in serie A.

Ora, al di là della disputa tecnica, logistica e regolamentare sul palazzetto che dovrebbe ospitare
le gare sportive ed agonistiche della squadra, quello che emerge da questa singolare e grottesca
vicenda è che il modello politico di governo dei 5 stelle sta franando in tutta Italia. A livello locale
come a livello nazionale. Oltre alla sostanziale scomparsa da quasi tutti i comuni italiani, ad oggi
restano solo 6 i sindaci grillini di comuni oltre i 15 mila abitanti in tutta Italia. E tra questi Pinerolo
che, come l’ultima vicenda del Volley femminile dimostra, conferma platealmente l’incapacità di
governo di questa formazione politica che nell’arco di pochi anni ha sistematicamente rinnegato
tutto ciò che ha predicato per svariati lustri in tutte le piazze italiane.

E la vicenda di Pinerolo non è che l’ultimo esempio di questo decadimento politico, culturale,
programmatico e forse anche etico. Forse è giunto il momento di archiviare definitivamente la
stagione del populismo demagogico, anti politico, qualunquista e legato all’improvvisazione al
potere con l’ormai famoso slogan di “uno vale uno”. Una stagione che ha contribuito ad
impoverire la politica, a fiaccare l’azione di governo e ad incrinare la stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche.

Oltre, com’è evidente anche ai sassi, a creare una classe dirigente del
tutto improvvisata e casuale.
E anche se la vicenda di Pinerolo finirà, com’è chiaro a tutti, a tarallucci e vino, è del tutto
evidente che il modello politico e di governo dei 5 stelle è franato. E non bastano le continue e
frenetiche giravolte del suo gruppo dirigente nazionale, figlio di una concezione che ha fatto del
trasformismo la sua bussola di riferimento, a salvare la situazione. È giunto veramente il momento
di voltare definitivamente pagina. A livello locale come a livello nazionale”.

Giorgio Merlo, Presidente Nazionale ‘Noi Di Centro – Mastella’.
Renato Zambon, Segretario Regionale ‘Noi Di Centro – Mastella’.

Flores d’Arcais e la pazzia della guerra

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Il prof. Pier Franco Quaglieni

L’ex parlamentare Pagliarulo come presidente dell’Anpi dice un’ovvietà storica: che la Resistenza italiana non è paragonabile con quella ucraina. La storia non si ripete mai e le condizioni storiche non sono confrontabili. E crea scandalo tra i suoi adepti. Non la penso come Pagliarulo su tante cose, forse egli  è in cerca di visibilità, dimenticando che non tutti nella sua associazione condividono le sue idee rifondarole proprie di chi votò, ad esempio,  contro il 10 febbraio giorno del ricordo. Ma almeno su questo sono concorde con lui e quindi non può poi curvare sui temi della guerra Ucraina il prossimo 25 aprile. I Partigiani non furono pacifisti, usarono le armi, in alcuni casi esagerarono anche. E il 25 aprile tutte le bandiere devono avere diritto di sventolare, in primis il Tricolore. Anche la CGIL ha detto sciocchezze sul tema della guerra, ma questi sindacalisti non conoscono la storia e parlano per slogan preconfezionati. Ma chi appare più stucchevole di lui è il “giacobino tagliateste” Paolo Flores d’Arcais, radical chic per antonomasia, rivelatosi acceso patriota filoucraino e guerrafondaio che sostiene la tesi secondo cui  la resistenza italiana fu come quella Ucraina. L’uomo che da molti è visto come sostenitore del giustizialismo illiberale e del potere assoluto dei giudici e creatore  dei ridicoli girotondi che rafforzarono il consenso a Berlusconi, adesso attacca l’Anpi ed esalta Biden suo quasi  coetaneo. Da non crederci. La guerra sta sconvolgendo le menti di molti , è umano e comprensibile perché il pericolo di un conflitto nucleare non è mai stato così vicino, ma gli effetti che ha prodotto su Flores sono davvero devastanti . Gli consiglierei di fare qualche girotondo attorno a casa, magari di corsa. A volte serve a schiarire le idee e a smaltire le sbornie ideologiche. Patriota  verso  tutti, ma naturalmente mai verso l’Italia. Mai una volta un pensiero verso gli eroi italiani dal Risorgimento in poi, un Risorgimento naturalmente  fallito come, ipse dixit, ha insegnato  l’oracolo Gramsci. Un vero “anti italiano” diventato ardente  partigiano ucraino.

scrivere a quaglieni@gmail.com

La difficoltà dei riformisti. L’esempio di Donat-Cattin

In un recente libro pubblicato sul magistero politico e istituzionale di Carlo Donat-Cattin, Un riformista al governo.

Ministro del centro sinistra dal 1963 al 1978di Marcello Reggiani emerge in tutta la sua difficoltà la scelta di essere riformistinella politica italiana. Certo, le stagioni politiche che hanno visto in Donat-Cattin un significativo protagonista dello scenario pubblico italiano sono profondamente diverse rispetto al contesto contemporaneo. Ma è indubbio che c’è un filo rosso che lega le diverse stagioni politiche e le difficoltà, concrete e tangibili, nel declinare un riformismo politico e di governo. Perchè il riformismo, di norma, cozza contro il pensiero unico, il politicamente correttoe la vulgata conformista del momento. Un solo esempio concreto riferito  agli anni e allesperienza concreta, politica, culturale e di governo di Donat-Cattin. Cercare di rappresentare i ceti popolari e, soprattutto, i lavoratori e gli operai nelle fabbriche come esponente della sinistra sociale della Dc dopo e come sindacalista Cisl prima era pressochè impossibile, perchè inconcepibile dalla narrativa dellepoca dove solo i comunisti e la sinistra storica potevano assolvere a quel ruolo. In altre parole, non era tollerabile che un democratico cristiano di sinistra, la famosa sinistra socialedi ispirazione cristiana denominata Forze Nuove, potesse contendere la rappresentanza sociale e politica di quei ceti che storicamente, secondo la vulgata dominante, doveva essere di appartenenzadel Pci e della sinistra. Certo, i tempi sono cambiati e ormai da tempo la sinistra  storica, come recitano quasi tutti i sondaggi, non rappresenta più i ceti popolari e quel pezzo di società e del mondo delle professioni che per moltissimi anni era di sua pertinenza. Altri soggetti politici e partitici si fanno ormai carico di quelle domande e di quelle istanze sociali e politiche. E quindi anche della loro rappresentanza elettorale.

Ma, al di là della sinistra e della sua rappresentanza sociale, è indubbio che essere riformisti nella politica italiana resta un compito difficile, ieri come oggi. E questo per due ragioni di fondo.

Innanzitutto il riformismo era e resta incompatibile con ogni forma di populismo. Quel populismo che in Italia ha fatto irruzione nel 1994 e che poi si è progressivamente impadronito della dialettica politica nostrana sino al 2018 quando ha travolto e sconvolto i connotati storici della stessa democrazia nel nostro paese. E il partito di Grillo, sotto questo versante, rappresenta tuttoggi il culmine di questo decadimento etico, politico, culturale ed istituzionale. Stupisce, al riguardo, che un partito di potere e governista per eccellenza come il Partito democratico possa individuare nel partito cardine del populismo lalleato strategico e storico per governare saldamente, e democraticamente, il futuro del nostro paese. Perchè il riformismo, alla fin fine, si pone lobiettivo di trasformare la società senza assecondare le spinte massimaliste, estremiste e populiste. E cioè, la cultura e la prassi riformiste hanno la cultura di governo come bussola di riferimento senza, però, rinunciare ai propri obiettivi programmatici per inseguire e accattivarsi le mode correnti. Sotto questo aspetto, come descrive nel libro lo stesso Reggiani, il magistero politico e istituzionale di un esponente della prima repubblica come Carlo Donat-Cattin è quantomai calzante per il ruolo concreto che ha giocato nel suo partito di riferimento, la Dc appunto, e nella società nel suo complesso. Il rifiuto del populismo, quindi, è il cuore della cultura e della funzione riformista soprattutto nellazione di governo.

In secondo luogo si è autenticamente riformisti solo quando si è espressione di una cultura politica. Qualunque essa sia. Perchè il riformismo, di norma, risponde ad una visione della società e lazione di governo conseguente ha come obiettivo ultimo, attraverso una necessaria ed indispensabile cultura della mediazione e del confronto, quello di tradurre quella cultura in atti di governo e in provvedimenti legislativi. Anche qui, per fare un solo esempio del passato, lapprovazione di una legge che ancora oggi resta uno dei caposaldi dello Stato di diritto e della civiltà democratica, ovvero lo Statuto dei lavoratori, fu merito di un esponente politico come Donat-Cattin allora titolare del dicastero del Lavoro e della Previdenza sociale. Una legge che, non a caso, registrò la bocciatura da parte del Pci e di altre formazioni allepoca estremistiche o massimaliste. Il riformismo, quindi, esige e richiede cultura di governo, disponibilità allascolto e al dialogo con gli avversari, non pretendere di possedere la verità in tasca, avere una visione laica della società e, soprattutto, il coraggio di andare controcorrente. Cioè contro il politicamente correttodellepoca di riferimento. Che, ieri come oggi, ha quasi sempre il consenso dellinformazione dominante e dei grandi gruppi di potere.

Ecco perchè il recupero di credibilità della politica non passa attraverso lesaltazione del populismo, del massimalismo e di ogni forma di estremismo. Al contrario, la cultura e la prassi riformiste sono necessari ed indispensabili se non si vuole consegnare il paese o nelle mani dei populisti di turno da un lato o dei tecnocrati o dei cosiddetti espertidallaltro. Che, puntualmente, seguono quasi sempre le rovine e i disastri provocati dai populisti di governo. Come puntualmente è capitato nel nostro paese in questi ultimi anni. E questa, al di là di molte chiacchiere, sarà la vera sfida politica, culturale e programmatica per chi cerca di invertire la rotta rispetto al predominio populista di questi ultimi tempi. Il resto appartiene solo alla propaganda e al chiacchiericcio. E, in ultimo ma non per ordine di importanza, si può ritornare ad essere politicamente riformisti solo se il coraggio della politicae delle scelte politiche tornerà al centro dellattenzione. E lesempio di Carlo Donat-Cattin uomo di governo, al riguardo, è quantomai esemplare e significativo.

Giorgio Merlo                                

“No alla fusione Piemonte-Liguria, si’ al federalismo”

Oscar Farinetti, fondatore di Eataly dal palco dell’Auditorium San Francesco di Chiavari (Genova) ha rilanciato l’idea dell’accorpamento della regione Piemonte e Liguria.  


Secondo Farinetti con quest accorpamento si otterrebbe una macroregione dal grande potenziale turisticoUna macroregione che avrebbe il mare, le colline, le montagne e la maggior parte delle eccellenze enogastronomiche italiane

La proposta ha fatto molto discutere. Secondo taluni sarebbe una riforma che porterebbe benefici amministrativi, burocratici ed un miglioramento qualitativo di efficacia ed efficienza della spesa pubblica in territori con problematiche simili e infrastrutture condivise.

La proposta ha attirato inoltre come mosche pletore di centralisti dalla mentalità arretrata che hanno subito colto la palla al balzo per attaccare il ‘regionalismofallito’.

Noi, come Liberi Elettori Piemonte, riteniamo che questa proposta sia del tutto irragionevole; non crediamo sia affatto proficuo ai fini di un rilancio turistico fondere le due regioni cancellando nomi ancestrali che sigillano proprio la specificità di queste terre. Liguria infatti deriva dal nome delle antiche popolazioni liguri, mentre Piemonte è un toponimo millenario, che compare già nel 1075 come ‘Ad Pedem Montium’ (ai piedi delle montagne). Che nome avrebbe la nuova ‘macroregione’? Magari un anonimo ‘Regione Alpina’ oppure ‘Alpi- Nord Ovest’?Associamo vini conosciuti in tutto il mondo come il barolo e il moscato d’asti a un grigio ente amministrativo dell’italia nord occidentale? E poi come mai unire Piemont e Liguria e non Piemont e Vda che hanno effettivamente un continuum territoriale e problematiche simili?

Forse Sarebbe più opportuno impegnarsi per una maggiore collaborazione fra regioni, sia nella gestione comune di infrastrutture e servizi che in proposte turistiche condivise piuttosto che creare affrettati accorpamenti.

Inoltre non ha senso parlare di macroregioni se prima non si definiscono con chiarezza le competenze degli enti territoriali. Qualche anno orsono il prof. Antonini pubblicò il libro ‘federalismo all’italiana in cui mostrava il grande caos nell’intreccio delle competenze tra stato, regioni, enti locali. Bisognerebbe prima fare chiarezza e suddividere in modo chiaro le competenze tra vari livelli di potere, ripartendo dall’etica dell’autogoverno e della sovranità dei territori, come capita per i cantoni della federazione svizzera, che è uno dei modelli più efficienti ed evoluti al mondo.

Accorpare le regioni all’interno di uno stato centralista come l’italia non ha alcuna logica, nemmeno per risparmiare risorse. Infatti qualche anno fa lo stato centralista francese accorpò le regioni ma in seguito un rapporto de la ‘Cour de comptes’ (24.09.19) certificò che non vi era stata alcuna diminuzione della spesa, ma anzi un aumento.

Insomma la proposta di Farinetti non è una proposta, è una boutade che va liquidata come tale…

La Segreteria di Liberi Elettori Piemonte

“Il 25 aprile con lo striscione Putin all’Aja”

“Noi non ci stiamo. Dobbiamo sottrarre all’Anpi la proprietà morale della manifestazione del 25 aprile, rimandare al mittente i suoi diktat, e riportare il tema della Resistanza ad un piano di realtà” così dichiarano in una nota Andrea TuriPatrizia De GraziaDaniele Degiorgis, coordinatori dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta, e Beatrice Pizzini, coordinatrice di +Europa Torino. Proseguono: “Per questo motivo sfileremo in occasione del 25 aprile con lo striscione “Putin all’Aja” perchè riteniamo che non ci sia pace senza giustizia e che la Corte Penale Internazionale debba giudicare il criminale di Mosca per i crimini che ha commesso e che continua a commettere; con le bandiere ucraine per schierarci dalla parte dell’oppresso e sostenere la Resistenza Ucraina; con le bandiere dell’Unione Europea, per manifestare che solo un Europa Unita può porre fine all’invasione russa ed infine anche con le bandiere della NATO, perché il desiderio di autodeterminazione dei paesi baltici sia drammaticamente preso in considerazione”. Da ultimo aggiungono: “In Piemonte il vero scandalo è chi fino a ieri sosteneva vicinanza all’oppressore aprendo addirittura un consolato della sedicente repubblica di Donetsk”