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Occupazione femminile, Pd: “Trionfalismo ingiustificato”

“Mistificazione sul concetto di “contratti stabili” e omissione dei contratti interrotti o cessati e della scarsa qualità del lavoro”

11.3.2025 – Ancora una volta assistiamo con stupore al tentativo della Giunta Cirio di ammantare di propaganda e di occultare le reali dimensioni occupazionali del Piemonte.

Una narrazione fuorviante, a livello nazionale come a quello regionale.

I dati numerici dovrebbero infatti essere sempre accompagnati da valutazioni qualitative.

Ad esempio, quando si dice che gli occupati in Italia aumentano numericamente, si tende a tacere che tra i 24 milioni di lavoratori, una quota pari al 10,0% versa in condizioni di povertà lavorativa.

Così quando l’8 marzo l’assessore Chiorino faceva riferimento per il 2024 a 589.034 contratti femminili “stabili”, cioè senza limiti di tempo, taceva il fatto che in realtà in Piemonte i contratti a tempo indeterminato rappresentano il 15,5 % del totale.

Impieghi che offrono maggiore sicurezza e continuità lavorativa rispetto a contratti temporanei o a progetto: questo è il lavoro stabile piemontese.

Con l’attuale paradigma economico che si basa sulla compressione del costo del lavoro, generando un sistema che inevitabilmente determina bassi salari e condizioni occupazionali precarie, la percentuale è diventata strutturale, qualche decimale in più o in meno.

Come è possibile immaginare un numero consistente di impieghi duraturi in una realtà nazionale che conta ben 40 differenti forme di contratti?

Si parli piuttosto della presenza di un lavoro “parcellizzato”.

Si discute poi dei contratti avviati, ma raramente si approfondisce l’aspetto opposto, ovvero i contratti che vengono interrotti o conclusi. Questo dato numerico rimane costantemente molto alto in Piemonte, come si evince dall’analisi delle serie storiche.

Proprio le donne interrompono il rapporto di lavoro più frequentemente degli uomini, nonostante stipulino più contratti, siano più attive nel mercato del lavoro e abbiano un livello di istruzione più elevato.

Anche il dato sull’apparente incremento del tasso di attività femminile in Piemonte (65,8%) non considera adeguatamente le criticità del mercato del lavoro femminile, che si contraddistingue per contrattualistica instabile, ricorso diffuso a part time involontario e assenza di concrete prospettive di sviluppo professionale. La condizione di disagio economico legata al lavoro colpisce in misura più significativa il genere femminile, dal momento che le donne tendono a essere occupate proprio con tipologie contrattuali instabili e a bassa protezione. I dati dell’INAPP mostrano che nella prima metà del 2024, le donne in Italia hanno ottenuto nuovi impieghi prevalentemente con contratti a termine: il 40,4% delle assunzioni femminili risultavano a tempo determinato, contro un più limitato 13,5% a tempo indeterminato. Inoltre, mentre per gli uomini il lavoro part-time si attestava al 27,3%, per le donne la percentuale raggiungeva quasi la metà dei contratti, precisamente il 49,2%.

In Italia il tasso di occupazione femminile secondo i dati Istat è 53,0% contro un 71,0% maschile, un gap rilevante di quasi 18 punti percentuali. Questa è l’autentica realtà dell’impiego delle donne nel mondo del lavoro, da considerare qualitativamente e in comparazione con l’occupazione maschile.

L’assessore oltre ad esultare per i numeri, dovrebbe scendere un po’ più in profondità e presentare i dati con più trasparenza.

La realtà piemontese è fatta da un’occupazione femminile decisamente inferiore a quella maschile, da contratti molto parcellizzati e precari, da minor retribuzione e stabilità.

Monica CANALIS, vice presidente commissione lavoro del Consiglio regionale

Maria Grazia GRIPPO, responsabile lavoro PD Piemonte

Massimo TAMIATTI, responsabile lavoro PD Torino

Commemorazione di De Gasperi a Moncalieri: “make Europe think again!”

“Nonostante l’intensità e la tenacia con cui ha vissuto la sua esistenza, molti dei  progetti di De Gasperi restano ancora oggi incompiuti. Sta a chi si riconosce nei suoi  valori farsi carico di questa eredità”: in questo passaggio del saluto scritto inviato dalla direttrice della Fondazione De Gasperi di Roma, Martina Bacicalupi, si può cogliere una parte della forte valenza della commemorazione di livello europeo del grande statista democristiano tenutasi a Moncalieri e organizzata dal Centro Culturale San Francesco del Carlo Alberto presso Palazzo Mombello del Real Collegio dei Padri Barnabiti. La straordinaria ed appassionata relazione dell’ex Vice Presidente del Parlamento europeo e Ministro degli Esteri Mario Mauro, insieme agli interventi puntuali del Presidente dei Giovani Democratici Cristiani di San Marino, Marco Mularoni, del Vice Presidente del giovanile dell’Internazionale Democratica centrista Lorenzo Bugli e del Presidente del più grande movimento di studenti dell’Ue, l’Eds del PPE Francesco Sismondini (che ha comunicato a Sofia in Bulgaria, davanti alle 27 delegazioni intervenute alla Winter School, l’evento e la storicità del luogo politico popolare), coordinati dal prof. Markus Krienke, che è anche membro dei comitati scientifici delle Fondazioni Adenauer e De Gasperi, sono stati occasione di riflessione sull’attualità alla luce della lezione e del metodo di De Gasperi per ritrovare e rimettersi a costruire la “Comune Patria Europa” anche sollecitando l’impegno unitario di chi si rifà al miglior pensiero politico di cattolici (utile il riferimento al messaggio di Papa Francesco al PPE). La sfida europea chiara, dunque, è “Make Europe think again”! La presenza dei relatori introdotti dal Presidente Giancarlo Chiapello, in continuità con l’incontro di Lugano del 2023 tra le presenze popolari e democratico cristiane europee di lingua italiana tra cui la più antica sezione sturziana operativa d’Italia dal 30 aprile 1919, la “Alfredo Rista” di Moncalieri, dal cui archivio è uscito eccezionalmente il gonfalone scudocrociato del 1946/48 cucito dalle militanti moncalieresi,  è stata occasione della consegna a loro, a nome della direzione, dell’esclusivo tesseramento onorario che si richiama proprio a De Gasperi e che sta avendo questa fondamentale proiezione politico culturale europea. Un ringraziamento va infine fatto per i saluti istituzionali al consigliere regionale Silvio Magliano

Pompeo (PD): “Aeroporto di Caselle, un patrimonio da tutelare”

 “Ho presentato un’interrogazione in Consiglio regionale per sapere dall’Assessore ai Trasporti, se, a seguito della recente decisione del Ministero dei Trasporti di declassare la categoria antincendio dell’aeroporto Sandro Pertini di Caselle,  la Regione intenda impegnarsi per tutelare questo scalo importante per il nostro territorio, se sia stato valutato l’impatto di questa decisione sulla qualità e sulla sicurezza del trasporto aeronautico civile per i viaggiatori e, inoltre, sulle ricadute economiche e sul turismo” spiega la Consigliera regionale del Partito Democratico Laura Pompeo.

“Questo scalo non è solo una porta d’accesso per il Piemonte, ma è cruciale per il trasporto civile e il turismo e accoglie, ogni anno, milioni di visitatori attratti dalle bellezze di Torino e della regione – prosegue la Consigliera regionale PD – Ricordo che, negli ultimi 20 anni, l’aeroporto ha ottenuto il prestigioso riconoscimento ACI Europe Best Airport Award per ben quattro volte, fatto che testimonia il suo status di eccellenza a livello europeo. Le misure di sicurezza, in particolare quelle antincendio, hanno svolto un ruolo fondamentale in questo successo. L’aumento costante del numero di passeggeri, che nel 2024 ha superato i 4,6 milioni, è la prova tangibile dell’importanza di questo scalo per la nostra economia e per il settore turistico. Credo che sia fondamentale potenziare, in tutti i modi possibili, l’aeroporto di Caselle che rappresenta un collegamento importante per le attività produttive della nostra Regione e per lo sviluppo del territorio”.

“È fondamentale, quindi, che la Regione Piemonte si impegni a tutelare l’aeroporto Sandro Pertini. La sicurezza del personale e dei passeggeri deve rimanere al centro delle priorità, e una riduzione della categoria antincendio minerebbe questi principi fondamentali. Inoltre, il servizio ferroviario metropolitano ha sempre riconosciuto l’importanza strategica di questo scalo, e un declassamento non farebbe altro che compromettere gli investimenti fatti per valorizzarlo. Il sostegno al turismo e lo sviluppo delle nostre infrastrutture sono essenziali per garantire opportunità lavorative e per attrarre eventi di rilevanza internazionale, come sono state le Olimpiadi invernali del 2006, l’Eurovision Song Contest e le ATP Finals e come potranno essere le Olimpiadi invernali del 2030 che, ospitate dalle Alpi francesi, interesseranno anche Torino e il Piemonte con alcune gare” conclude Laura Pompeo.

Giachino scrive a Salvini: “Non si penalizzi Bardonecchia”

Lettera aperta al Ministro Matteo Salvini

 
Bardonecchia merita una medaglia al merito  non la penalizzazione delle Ferrovie sulla fermata del treno Torino Parigi.
 
Caro Ministro,
Mentre da anni troviamo opposizione anche sé minoritaria alla TAV da gruppi violenti e da una parte della cittadinanza valsusina c’è’ un Comune come Bardonecchia che ospita ben tre Tunnel molto importanti per il collegamento con la Francia , quello storico ferroviario voluto  da Cavour e due tunnel autostradali che anche con la chiusura annuale del Traforo del Bianco svolgono un ruolo strategico per l’Italia e per l’Europa visto che sulla A4 la Autostrada che arriva da Trieste a Torino e prosegue sulla A32 passano tre milioni di TIR.
Un Comune che meriterebbe una medaglia al merito da parte dello Stato cosa fanno le Ferrovie? Nel momento in cui riapre il tunnel ferroviario e riprende il collegamento ferroviario di Trenitalia Torino Parigi z, si dimentica Bardonecchia che oltre tutto ospita la sede delle Forze dell’ordine che controllano le frontiere.
Ma questi manager iperpagati e nominati dal Governo hanno un’anima o no?
La gratitudine per Bardonecchia è dovuto Caro Ministro.
Te  lo dico  così perché quando si è trattato della TAV dopo la nostra grande Manifestazione di Torino Tu avesti il coraggio di votare in Senato contro la Mozione Notav dei Cinque stelle .
Ti ringrazio molto della attenzione,
 
Mino GIACHINO 
SITAV SILAVORO 

Ma Sala federa chi?

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

C’è una specialità che appartiene di diritto al cosiddetto ‘campo largo’. Si tratta del numero dei
‘federatori’ della fantomatica area centrista. Ad essere sinceri, abbiamo anche perso il numero
delle sigle centriste che affollano quel campo. A naso sono una dozzina. Ma non è questo
l’elemento che conta. Semmai impressiona la cosiddetta ‘disponibilità’ crescente a federare
quell’area. Veramente. Cresce di mese in mese e la loro disponibilità è pari, se non addirittura
superiore, ad essere anche e semplicemente il federatore dell’intero campo largo. Che, come
sanno anche i sassi, si regge sul peso determinante e decisivo delle tre sinistre. Quella radicale e
massimalista della Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle e quella estremista del trio
Fratoianni/Bonelli/Salis. I nomi dei federatori ormai si sprecano. Dal simpatico Ruffini a Gentiloni,
da Renzi – che non lo dice ma lo auspica, come ovvio – a Calenda, da Guerini all’ultimo arrivato, il
Sindaco di Milano Sala. Senza contare gli esponenti della società civile che, se dovessimo
enumerarli tutti, non basterebbe un articolo di cinquemila battute.
Ora, al di là di questa positiva e concreta disponibilità a federare tutto ciò che si può federare,
restano due punti irrisolti. Il primo è che nessuno ha ancora spiegato con la necessaria chiarezza
e franchezza perchè la segretaria del principale partito della coalizione non dovrebbe essere il
candidato a Premier. Una regola che non è un dogma ma che, comunque sia, va spiegato –
possibilmente con argomentazioni politiche – alla segretaria del Pd Elly Schlein che, non a caso,
non ha ancora mai commentato questi ripetuti atti di generosità cristiana e laica dei vari
federatori.
In secondo luogo, cresce la sensazione che un Centro riformista, democratico e di governo ha
poco spazio da quelle parti. E questo non per sostenere la tesi che nella coalizione alternativa il
Centro è l’assoluto protagonista. Ma è di tutta evidenza che quando ci sono molti federatori,
molteplici partiti, svariate sigle e tutti insieme non riescono ad elaborare un progetto politico
sufficientemente condiviso ed unitario, la conclusione è persin troppo facile da trarre. Manca,
cioè, quella intuizione e quel progetto che in un’altra stagione si poteva chiamare tranquillamente
Margherita e, addirittura, mancano anche le concrete condizioni per far decollare un semplice
Partito Popolare Italiano. E questo perchè? Molto semplice, anzi addirittura banale. Perchè sono
cambiati, e profondamente, il profilo, la natura, la sostanza e lo stesso progetto politico, culturale
e di governo della coalizione di riferimento. Cioè, appunto, il cosiddetto ‘campo largo’.
Ecco perchè l’ennesima disponibilità in ordine di tempo, quella del sindaco di Milano Sala, corre il
rischio di andare ad aggiungersi a tutte le altre. Con la certezza, non profetica ma realistica, che le
singole disponibilità a federare il campo centrista continueranno a crescere in modo esponenziale
e, con loro, anche le sigle e i partitini di riferimento. Con l’auspicio, e lo dico senza alcuna malizia
o preveggenza, che alla fine della giostra ci sia un posto in Parlamento per i rispettivi federatori e i
“propri cari”, per mutuare una ormai celebre espressione andreottiana.

Ravello: “C’è chi parla di inclusione di genere e chi crea inclusione di genere”

Fdi, Piemonte, Dati occupazione femminile lusinghieri

I dati sull’occupazione femminile elaborati e diffusi dall’Osservatorio Mercato del Lavoro sono lusinghieri e certificano l’ottimo lavoro della Giunta e, in particolare, del Vicepresidente e Assessore al Lavoro Elena Chiorino. Si conferma una dicotomia sempre più evidente: c’è chi parla di inclusione e di divario di genere e chi, di contro, crea inclusione e lavora concretamente per colmare quel divario. Il pragmatismo politico, in particolare su temi così attuali e sensibili, è per noi un motivo di orgoglio e una spinta per fare ancora meglio”. Ad affermarlo Roberto Ravello, vice-Capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Piemonte.

I numeri – continua Ravellosono in crescita anche in provincia di Torino, dove calano i contratti a tempo determinato in favore dell’indeterminato: il 2024, rispetto all’anno precedente, registra oltre 9.800 contratti a tempo indeterminato in più, con una crescita del 3,3% a quota 307.979. Arriva all’87,6%, dal precedente 87,1%, la percentuale di incidenza degli indeterminati sul totale. Significa maggiore stabilità e maggiore possibilità di programmazione per le famiglie, un’ottima notizia”.

Da record – chiude Ravelloanche i tassi di occupazione e di attività, sensibilmente superiori alla media nazionale. Si tratta di indicatori importanti perché ci permettono di certificare la bontà della nostra azione e delle nostre politiche, un’iniezione di fiducia per guardare al futuro con ottimismo e voglia di confermare il trend positivo in corso”.

Napoli, marzo 1978. Avventure semiserie alla settima conferenza operaia del PCI

La Settima Conferenza operaia del PCI si svolse a Napoli dal 3 al 5 marzo 1978. Il sindaco della città partenopea, una delle “capitali della crisi”, era a quel tempo Maurizio Valenzi. La relazione introduttiva venne tenuta da Giorgio Napolitano. Tra i tanti intervennero Luciano Lama, Sergio Garavini, Gerardo Chiaromonte e, ovviamente, Enrico Berlinguer.

La nostra delegazione era piuttosto composita e partecipata: una ventina di delegati dei quali ero responsabile, nonostante i miei vent’anni. Il viaggio verso Napoli fu alquanto avventuroso. Saliti sul treno in due gruppi, tra Domodossola e Fondotoce, raggiungemmo la stazione Centrale di Milano dove era previsto il cambio di convoglio. Uno dei nostri, ferroviere che lavorava in dogana, disse: “Tutti con me! So ben io dove bisogna andare!”. E noi, fiduciosi, lo seguimmo, salendo sui vagoni di un treno fermo tre binari più avanti. Meno male che era “del mestiere”: per un pelo non rischiammo di finire al Brennero. Fortunatamente, a scanso di equivoci, per toglierci ogni residuo di dubbio, chiedemmo informazioni a un controllore. In fretta la “truppa”, avvertita del tragico errore, si spostò sul binario giusto, accomodandosi nei posti prenotati sulla Freccia del Sud, il direttissimo 590/591 che collegava il capoluogo lombardo con la Sicilia. Ognuno si era portato le sue cose in valigia o in borsa. Restammo a bocca aperta quando il segretario della cellula comunista della Rumianca di Pieve Vergonte mostrò il suo bagaglio: un semplice tascapane conteneva il minimo indispensabile  per i cambi di calze e mutande, un fiasco di vino, un salame felino lungo quasi mezzo metro e un largo filone di pane. Tenne a precisare che i viveri erano la dotazione di base, ridotta all’essenziale per il viaggio d’andata. Partimmo e molti manifestarono i primi segnali di stanchezza. Durante il viaggio notturno accadde un episodio incredibile. Messi in guardia dal capotreno sui frequenti furti ad opera di lesti borseggiatori, ci si attrezzò per assicurare un’adeguata chiusura degli scompartimenti che ospitavano le cuccette. Quattro dei nostri, operai alla Montefibre di Pallanza e alla Cartiera di Possaccio, legarono attorno alle maniglie della porta una cintura dei pantaloni. A notte fonda, transitando sull’Appennino qualcuno tentò di aprire il loro scompartimento incontrando però la resistenza della striscia di cuoio. Contrariato lanciò un’invettiva che, stando a quanto udirono, pareva si trattasse di un piccato “Maiali!”. Solo Roberto Spadini, sfoggiando un’invidiabile e britannica flemma, intuì la cosa come un annuncio. “Ho sentito bene. Hanno detto giornali!”, e con quell’idea fissa in testa, infilate le ciabatte, andò in lungo e in largo per il treno a cercare quel signore che vendeva i quotidiani. Non trovandolo, sostando il treno alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze, scese – sempre in ciabatte – e cercò l’edicola che, a quell’ora, aveva ancora la serranda abbassata. Deluso e dubbioso, scuotendo la testa, risalì. Il resto della nottata trascorse tranquillo e ci lasciammo alle spalle anche la capitale. Dopo l’alba, più o meno tutti svegli,  scostate le tende scure, si guardava dai finestrini il panorama agreste che scorreva davanti agli occhi ancora assonnati. Un delegato sindacale della Montefibre d’origine campana assicurò che entro un’ora abbondante saremmo giunti alla meta. Dieci minuti dopo il treno iniziò a rallentare fino a fermarsi. Il cartello della stazione annunciava “Napoli Campi Flegrei”. Il panico si diffuse all’istante: eravamo a destinazione! Il buon Arturo aveva toppato alla grande e ora tutti cercavano di scendere il più in fretta possibile. Chicco scese in mutande, altri vestiti in fretta e furia, trascinandosi borse e valigie. Spadini scese in ciabatte e quando il treno ripartì si accorse che verso Salerno se ne andavano anche le sue scarpe che, liberatesi dei piedi del povero Roberto, proseguirono orfane e mute verso un ignoto futuro. L’inizio dell’avventura era stato poco promettente ma il seguito non fu da meno. La destinazione della prenotazione alberghiera, per ragioni strettamente economiche motivate dall’inflessibile senso del risparmio di Bruno, il nostro amministratore, ci portò a Torre del Greco, a trenta chilometri da Napoli. Camere dignitose, pulite. Vitto da dimenticare. Tutta la delegazione fuggiva ogni sera verso pizzerie, trattorie, ristorantini nei pressi del luogo dove eravamo confinati, evitando di consumare la cena che faceva parte dell’accordo stipulato. Solo il capodelegazione, vale a dire chi scrive, venne precettato una sera dal maître che l’obbligò a sorbirsi una sciapa minestrina, due fette di spalla cotta che non faceva onore alla parte anteriore della zampa del suino al quale era appartenuta, un formaggino Mio e una mela cotta che, in origine, doveva essere già avvizzita. Dalla sera successiva e dalla seguente l’esperienza venne evitata grazie ad abili sotterfugi. La Conferenza fu un’esperienza per certi versi indimenticabile. Per la qualità del dibattito e per l’intervento che il nostro delegato fece dalla tribuna parlando dell’impegno dei lavoratori chimici del nord a sostegno delle rivendicazioni dei loro compagni del sud. Per il clima che si respirava nel Palasport gremito da oltre quattromila delegati, per le parole di molti e soprattutto di Enrico Berlinguer che riassunse nel suo intervento il senso della scritta che campeggiava alle spalle del palco: “Occupati e disoccupati uniti nella lotta per lo sviluppo civile e produttivo di Napoli e del Mezzogiorno”.

 

Ma fu indimenticabile anche le avventure di alcuni di noi che si persero sui mezzi dell’ Atan, l’Azienda Tranvie Autofilovie Napoli, sui bisogni idrici fatti controvento da un delegato in crisi prostatica nel fossato del Maschio Angioino, dalla valutazione della consistenza della sabbia dell’arenile di Torre del Greco da parte del medesimo che, a causa del buio di una notte senza luna  e di una persistente sfortuna , si rivelò il prodotto di una deiezione canina, dello scontro fisico tra il capodelegazione e Luciano Lama che incocciarono in una svolta tra i corridoi del Palasport e della rissa che venne sfiorata tra la nostra delegazione e quella di Cremona. Su quest’ultimo episodio è utile aprire una parentesi, per specificare bene l’accaduto e le ragioni che portarono la tensione a un passo dallo scontro. Due delegati della Montefibre di Pallanza (dei quali, per eccesso caritatevole, ometteremo le generalità) ogni mattina tardavano tra i venti e trenta minuti la partenza del pullman a causa del ritardo cronico nello sbarbarsi, lavarsi e vestirsi. Il mezzo che doveva portare le due delegazioni, quella del Vco e i cremonesi, a Napoli non poteva muoversi in loro assenza. Se il primo giorno vi furono solo dei brontolii, il secondo la protesta fu più vivace e la terza e ultima mattina scoppiò una vera e propria rivolta che solo la paziente opera di mediazione dei due capidelegazione riuscì a sedare, non senza qualche difficoltà. Terminata la Conferenza il viaggio di ritorno non riservò sorprese se non uno strascico che si potrebbe definire “a scoppio ritardato”. Infatti, tre settimane dopo, ad una assemblea dei delegati chimici che si tenne a Vercelli dove i lavoratori lottavano come tutti quelli del gruppo Montefibre per salvaguardare il processo produttivo e i posti di lavoro, un esponente del Consiglio di Fabbrica di Pallanza ( lo stesso che era intervenuto a Napoli) pronunciò lo stesso discorso, calcando la mano sul fatto che anche in Piemonte c’era la massima disponibilità a discutere il futuro di realtà come quella della provincia del riso a vantaggio di quelle collocate nelle regioni meridionali del Paese. Apriti cielo! Si dovettero sudare le proverbiali sette camicie per assicurare i vercellesi che nessuno voleva vendere la loro pelle ma che si trattava solo di una interpretazione un poco troppo enfatica del concetto solidaristico che univa il nord al sud nella stessa lotta per lo sviluppo. A riprova che non sempre i buoni concetti, alla prova pratica, vengono condivisi con lo stesso entusiasmo.

Marco Travaglini