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Il Grifo e il Leone, Genova e Venezia in guerra nel Mediterraneo

Fu l’abile mediazione di Amedeo VI di Savoia, il Conte Verde, a far tacere le armi tra Genova e Venezia. La pace, che concluse la guerra di Chioggia, fu siglata a Torino l’8 agosto 1381. A fare il padrone di casa nell’attuale Palazzo Madama fu proprio il Conte Verde che ricevette le numerose delegazioni per la firma del trattato di pace che poneva fine a quattro anni di ostilità tra le due città, super potenze navali e commerciali del Mediterraneo, rivali da almeno due secoli.

Entrambe uscirono sfinite dalla guerra di Chioggia che fu uno dei numerosi conflitti che scoppiarono tra le due Repubbliche marinare. Alla lunga lotta tra Genova e Venezia per l’egemonia nel Mediterraneo orientale è dedicato il libro “Il Grifo e il Leone” di Antonio Musarra, editori Laterza.
Passano le epoche, trascorrono i secoli ma le caratteristiche geopolitiche di quell’angolo di mare non mutano. Anche oggi il Mediterraneo è un luogo di incontri, di scambi culturali e commerciali ma anche di violenti scontri tra potenze rivali. Accadeva nel pieno Medioevo tra Genova e Venezia che per controllare le rotte marine nel Mediterraneo orientale si sono combattute per due secoli e accade oggi tra turchi e greci, con le cannoniere del sultano di Ankara schierate contro le navi ateniesi in una sfida senza respiro per assicurarsi le ricchezze energetiche sottomarine. Una contesa che infiamma l’intero Mediterraneo dell’est coinvolgendo anche Cipro, Israele, il Libano e l’Egitto. Sette-otto secoli fa il commercio era fiorente tra un porto e l’altro dove attraccavano galee e imbarcazioni cariche di merci e prodotti ma poi improvvisamente il Mediterraneo si incendiava e gli scambi lasciavano il posto alla guerra. Genova e Venezia furono protagoniste di una lotta furiosa e feroce per assicurarsi il controllo delle vie marittime. Per imporre la propria egemonia sulle principali rotte commerciali “Genova e Venezia, scrive l’autore, ricorrevano a ogni mezzo, lecito o illecito, pur di sopravanzare l’avversario e dimostrare al mondo la propria superiorità”. Un po’ come oggi la lotta nelle stesse acque tra turchi, greci e ciprioti per controllare gas e petrolio nascosti nei fondali del Mediterraneo orientale affollando quel tratto di mare con navi da esplorazione e da guerra. A convincere veneziani e genovesi a deporre le armi fu, come detto, la mediazione del Conte Verde. Il conflitto nell’Adriatico tra Genova e Venezia, che con “la pace di Torino” si chiuse definitivamente, sancì l’inizio della fine dell’influenza genovese sul Mediterraneo orientale lasciando alla Serenissima il dominio delle rotte commerciali marittime. Fin dalla fine dell’XI secolo le due potenze moltiplicarono i propri insediamenti guardando in modo particolare all’Egitto e alla costa siro-palestinese. La conquista di Costantinopoli nel 1204 ad opera dei crociati veneziani sconvolse il contesto politico e mise Genova e Venezia una contro l’altra. Il primo scontro armato fu la “guerra di San Saba”, combattuta tra la Repubblica di Venezia e la Repubblica di Genova nella seconda metà del XIII secolo per il controllo del commercio nel Vicino Oriente. Scoppiò per il possesso del monastero di San Saba nella città di Acri (oggi l’israeliana Akko) diventato il nuovo centro politico e religioso della regione dopo la caduta di Gerusalemme nel 1187. Si concluse con la sconfitta e l’espulsione dei genovesi da Acri e “da questo momento, annota Musarra, il Grifo e il Leone esprimeranno un’accesa rivalità, scandita da innumerevoli battaglie navali che si protrarrà per oltre un secolo e mezzo”. All’interno della lunga guerra di San Saba, il 14 agosto 1264, si svolse la battaglia di Saseno, attorno all’isola omonima, di fronte alla costa albanese, tra la flotta genovese e un convoglio commerciale veneziano. La prima delle quattro guerre veneto-genovesi fu vinta dalla Repubblica marinara di Genova. Il momento cruciale della seconda guerra fu la battaglia di Curzola, al largo della Dalmazia, l’8 settembre 1298. Anche qui vinsero i genovesi e Marco Polo fu fatto prigioniero. La terza guerra vide la conquista genovese dell’isola di Chio nel Mar Egeo e la guerra per il controllo degli Stretti sul Bosforo nel 1352, uno dei più grandi e sanguinosi scontri navali del tardo Medioevo. La quarta e ultima guerra veneto-genovese si concluse con la pace di Torino.
Filippo Re

A passi andanti. In viaggio con Matteo Vinzoni, cartografo della Serenissima Repubblica di Genova

LIBRI/ A passi andanti (Sagep Editori,2021) è il titolo del libro bello e importante che Clara Cipollina – scrittice nata a Gavi e residente a Novara – ha dedicato a Matteo Vinzoni, cartografo della Serenissima Repubblica di Genova.

Il volume è la realizzazione di un progetto che l’autrice coltivava da tempo, riprendendo il filo delle ricerche negli archivi storici e gli incontri con il geografo Massimo Quaini che fu suo professore all’Università di Genova. Scorrendo le pagine del libro si ripercorre la storia di questo ligure – nato a Montaretto, frazione di Bonassola (La Spezia) il 6 dicembre 1690 e deceduto a Levanto nel 1773 – che rivoluzionò la storia della cartografia, rendendola meno arida e asettica. Lo studio dell’attività di Matteo Vinzoni cartografo proposta da Clara Cipollina si intreccia alla riflessione sulla sua esperienza del mondo e della vita come uomo del suo tempo, si focalizza sui percorsi del viaggiatore impegnato a mappare i territori della Serenissima, percorrendo nel corso della sua lunga vita, con la minuziosità di un agrimensore, il dominio genovese, prendendo misure di notte, in incognito, per anticipare le mosse avversarie, spostandosi tra terra e mare, interfacciandosi con una folla di personaggi minori e con gli abitanti dei territori stessi, validissimi confidenti. Cartografo ufficiale della Repubblica di Genova il Vinzoni realizzò non solo carte geografiche dello stato ligure (che comprendeva parte del basso Piemonte e altri possedimenti) ma anche cartine di molte città. Un attività minuziosa, incredibilmente precisa e sorprendente per la qualità delle raffigurazioni considerando i pochissimi mezzi di cui poteva disporre a quell’epoca. La repubblica della Lanterna contando sulle sue innate qualità, gli affidò gli incarichi più svariati: dirimere controversie sui confini di Stato, come quello con il Regno di Sardegna, o interni con i Feudi Imperiali, progettare i restauri delle fortezze, individuare percorsi di strade senza dazi, predisporre i lavori per l’arginamento dei corsi d’acqua, controllare mulini e un’infinità di altre missioni che lo tennero sempre lontano dalla sua casa di Levanto. Matteo Vinzoni, con le sue innovative riproduzioni, influenzò le basi della cartografia moderna, utilizzando anche gli acquarelli per colorare le sue precise  e artistiche mappe. Nell’introduzione a A passi andanti la geografa spezzina Luisa Rossi scrive che quella di Clara Cipollina non è solo interessante sotto i profilo scientifico-culturale ma ripropone in chiave odierna lo studio su Vinzoni che significa “offrire la possibilità di scoprire il legame diretto fra paesaggi del passato e paesaggi contemporanei”.  Un testo quindi molto importante per riscoprire l’enorme contributo del grande cartografo nel quale Massimo Quaini vedeva incarnati” aspetti del Barone rampante di Calvino”: come quel personaggio, pur partecipando agli avvenimenti e alle criticità della collettività, sapeva vedere la realtà dall’alto, operando scelte audaci, fuori dagli schemi e dalle consuetudini nelle quali era spesso obbligato a rientrare, con il vantaggio di aver scelto autonomamente le procedure e con il rischio di vivere momenti di separatezza e persino di isolamento. Clara Cipollina, con una scrittura al tempo stesso lieve e profonda, ha idealmente percorso a passi andanti con il Vinzoni molta strada, concentrandosi soprattutto sui territori interni, su di un paesaggio, quello ligure, in cui è ancora facile ravvisare l’armonia cromatica delle tavole dell’Atlante dei Domini della Serenissima Repubblica di Genova e Terraferma, forse il più importante lavoro che Vinzoni approntò con il figlio Panfilo.

Marco Travaglini

“L’ultimo lenzuolo bianco”, viaggio interiore in Afghanistan

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Vi riproponiamo questa recensione che torna di stretta attualità per le drammatiche vicende afghane

LIBRI / L’AFGHANISTAN E IL VIAGGIO INTERIORE DI FARHAD BITANI

Dice di non essere uno scrittore Farhad Bitani, ma un militare che la vissuto la paura, un essere umano che porta i segni indelebili della guerra, visibili e invisibili, che hanno condizionato, facendolo tuttora,  il suo modo di guardare la vita. Figlio di un generale e mujaheddin, appartenente ad una delle famiglie più ricche e fortunate dell’Afghanistan, Bitani ha vissuto nella guerra, assuefatto dalla normalità del conflitto, proprio come, purtroppo, tutte le ultime generazioni della popolazione afghana.

Da vincitore prima, il padre contribuì alla sconfitta del potere sovietico,  e da perseguitato in un secondo momento, a causa della presa di potere da parte dei talebani, ha egli stesso partecipato alla guerra che ha significato assisterne agli orrori, vivendoinevitabilmente una vita che non ha mai conosciuto la pace.

Nel 2011, durante una vacanza che lo riporta dall’Italia, dove studiava presso l’Accademia Militare,  al suo paese d’origine  accade un terribile episodio, un attentato, che cambia la sua esistenza per sempre: “la strada era piena di dossi, ho rallentato, dai boschi arriva uno sparo, poi una grandinata di colpi, cinque o sei sparano coi kalasnikov, corriamo come pazzi in mezzo ai colpi”. Bitani si salva, ma rimane ferito. “Non sono morto, ci ripenso e non so spiegarmi perché”.

Il libro racconta la vita dell’autore, un afghano di Kabul, ci porta in un disperato scenario di guerra cronica, in una realtà scandita da un indottrinamento radicato contro l’occidente, da una cultura opprimente. Si narra di una quotidianità che cambia drammaticamente sotto il potere talebano, vessazioni giornaliere, interrogazioni sulla dottrina seguite da terribili punizioni, burqa per le donne e barba per gli uomini con obbligo inappellabile di osservanza.

Quella di Bitani è una testimonianza importante, una critica robusta ai fondamentalismi, una presa di consapevolezza sulle falsità raccontate a proposito della “guerra santa”,  complice il ruolo dell’ignoranza, che ha portato ad utilizzare “il nome dell’Islam per il potere”.

Il lavoro dello scrittore è un racconto consapevole, vissuto sulla propria pelle, del dramma di tutte quelle persone che fuggono dalla guerra con una speranza, carichi di una tragedia inimmaginabile, avvolti da quella disperazione a volte incompresa.

 

Maria La Barbera

Storia di una giovane insegnante e dei suoi ragazzi delle Vallette

LIBRI / NON SAPEVAMO DI ESSERE GIRASOLI

Maria Luisa Mosele pp. 280 – 16,00 €

Il libro d’esordio dell’autrice Maria Luisa Mosele che racconta l’appassionante storia di una giovane insegnante degli anni ‘80 che sceglie di insegnare in una scuola delle Vallette, zona di periferia della città di Torino. Marilena prova a cercare il vero spirito della scuola nei segni lasciati nell’anima di coloro che
crescono in quella piccola parte di mondo che è un istituto scolastico. E così s’affacciano alla memoria i suoi ragazzi: Vito, Cosimo, Filomena, Martina, Anna… tante storie segnate da violenza, paura, miseria. I numerosi figli del “treno del sole”. Un biglietto di sola andata e una valigia di cartone piena di speranza nel futuro e di amara nostalgia per la terra natia. Un popolo di emigranti. A Torino, ad attenderli, le Vallette, una sorta di paese a sé, senza servizi, ai margini della città dei piemontesi. Palazzine grigie e “case bianche” riservate agli indigenti. Desolazione e aria marcia intorno alle vie dai nomi profumati. La strada, teatro di vite bruciate, è dove si trova la “roba”. E poi il carcere che ha preso il nome di quel posto, quasi a connotarlo. E così Marilena si ritrova in una scuola media di quel quartiere nel 1983. Intorno a lei adolescenti allo sbando che collezionano botte, fallimenti e pluribocciature. Emozioni forti abitano i loro giovani corpi che parlano ad adulti assenti: il loro unico rifugio è il branco. Annaspano cercando di non affondare nel mare di malessere e di solitudine nel quale navigano senza rotta. Ma non tutti ci riescono. Le loro storie si intrecciano con quella di Marilena: il suo vissuto doloroso di bambina umiliata e denigrata, poi adolescente sciatta e tormentata, le fa ritrovare se stessa nello sguardo di quei ragazzi. Fili invisibili li uniscono. Ma la sua determinazione la conduce per una strada in salita, molto faticosa, dove la aspettano i suoi ragazzi che gridano senza voce: vogliono uscire dal buio del loro assordante silenzio per esistere agli occhi di coloro che sono ciechi e sordi.

Per maggiori informazioni o richiedere una copia: buckfastedizioni@yahoo.it

“Cronaca di un amore non corrisposto”

LIBRI / A Sauze d’Oulx, splendida cornice montana, viene presentato il romanzo di Carlo Buonerba “Cronaca di un amore non corrisposto”

 

Il romanzo “Cronaca di un amore non corrisposto”, opera prima del giornalista e scrittore Carlo Buonerba, verrà presentato dall’autore nella splendida cornice montana di Sauze d’Oulx, in Val di Susa, lunedì 23 agosto prossimo alle 21, presso la sala ATL, in viale Genevris 7.

A moderare la serata sarà il giornalista Marco Gregoretti, scrittore e autore tv (Panorama/Mondadori)

Per l’autore, che ha vissuto diversi anni della sua vita in questa ridente località montana, si tratterà di un vero e proprio ritorno a casa.

Nel titolo e nella scrittura questo romanzo si richiama ad una delle tecniche tanto care al giornalismo,  anche se quest’opera, trattando sentimenti, assume, nella forma diaristica, dei tratti intimistici e psicologici. Si tratta di un romanzo infatti, fortemente autobiografico, narrato in prima persona dal protagonista, Federico Spes, che assume le vesti di un ingegnere delle telecomunicazioni e insegnante precario in un istituto milanese. Egli racconta la storia maledetta di un amore impossibile, in cui ha dato tutto se stesso, nei confronti di una collega, con la quale era riuscito ad avviare un rapporto contraddistinto da una strana sintonia emozionale, una sorta di affinità elettiva. Si tratta di un rapporto di continua ricerca, quasi ossessiva, che porterà il protagonista a scavare, nel tempo successivo della scrittura, nella memoria di questo dialogo, costituito di lunghe telefonate, incontri, pranzi e messaggi WhatsApp.

Mara Martellotta 

Le città che leggono di più secondo Amazon.it: Torino al terzo posto

Milano conquista l’oro per il nono anno consecutivo, mentre Roma è sempre medaglia d’argento. Napoli continua a scalare la classifica, aggiudicandosi la settima posizione. Palermo – al quarantatreesimo posto due anni fa – arriva all’undicesimo posto.

 

Amazon.it  stila la classifica delle città italiane che hanno acquistato più libri nell’ultimo anno pro capite.

Milano continua ad essere la regina indiscussa della classifica, questo è infatti il suo nono anno consecutivo in prima posizioneRoma la riconcorre e si aggiudica il secondo posto, la competizione è davvero serrata. Entrambe le città si confermano appassionate di libri sia in formato digitale sia cartaceo. Al terzo posto, per il secondo anno consecutivo, si conferma Torino.

Bologna mantiene il quarto postoesattamente come l’anno precedente, mentre Genova, che nel 2020 per la prima volta era entrata in Top 10, quest’anno fa un ulteriore balzo in avanti e si guadagna il quinto posto. Firenze scende al sesto, mentre Napoli continua a scalare vertiginosamente la classifica raggiungendo la settima posizione. La seguono Padova e Verona, quest’ultima perdendo una posizione rispetto all’anno precedente. Trieste si conferma stazionaria alla decima postazione. Palermo lascia sbalorditi anche nel 2021, con una crescita continua e incalzante: raggiunge l’undicesimo posto non rientrando per pochissimo nella classifica delle prime dieci. Soltanto l’anno scorso si trovava al tredicesimo posto e ancora prima al quarantatreesimo.

Notevole è l’incremento della lettura in formato digitale: la città in cui i clienti hanno acquistato il maggior numero di eBook è Roma che supera, seppur di poco, Milano. Un segnale positivo per i lettori di tutta Italia che percepiscono sempre più il valore aggiunto dei libri digitali: è grazie a questi strumenti che è possibile avere a disposizione un’intera libreria ovunque ci si trovi, sia in viaggio sia in vacanza, e allo stesso tempo sono un’occasione per limitare l’uso della carta, tematica che sta a cuore in particolar modo ai giovani italiani come conferma la recente Ricerca sulla lettura, commissionata da Amazon ad Ipsos nel 2021.

Ecco la Top 10 completa delle città italiane che amano avere sempre un libro sul comodino:

  1. Milano
  2. Roma
  3. Torino
  4. Bologna
  5. Genova
  6. Firenze
  7. Napoli
  8. Padova
  9. Verona
  10. Trieste

Dai libri per bambini ai manuali di sociologia ed economia, i generi di lettura preferiti dai clienti in Italia

Al primo posto i libri per bambini e ragazzi, seguiti dai classici della letteratura. Medaglia di bronzo ai sempre più amati e popolari fumetti e manga, a seguire storie d’amore e thriller, rispettivamente al quarto e quinto posto.  Infine, tantissmi i libri acquistati per conoscere e approfondire il mondo contemporaneo, i manuali di scienze sociali e sociologia, economia e finanza, sviluppo personale, arte, viaggi e cucina.

Ad ogni città il suo genere letterario

Milano e Roma si attestano le città in cui si scelgono libri di tutte le categorie. Nella Capitale, oltre ai libri per bambini e ragazzi, al top della classifica si posizionano manuali di tecnologia, salute, sviluppo personale e fumetti, mentre i classici della letteratura, musica e arte conquistano il capoluogo lombardo. Anche a Torino, Napoli, Genova e Palermo si prediligono i libri per bambini e giovani adulti.

I dieci titoli più amati, dalla cucina alle storie del mistero

Per quanto riguarda i libri cartacei scelti dagli italiani, ai primi tre posti della classifica si trova Insieme in cucina. Divertirsi in cucina con le ricette di «Fatto in casa da Benedetta» di Benedetta Rossi, un libro che riesce a trasmettere l’amore per la cucina e per la condivisione in tutte le sue forme, Le storie del mistero di Lyon Gamer, che dopo aver conquistato bambini e adulti con Le storie del mistero, li riaccompagna nel suo mondo fatto di personaggi bizzarri, sfide impossibili e segreti da svelare e – al terzo posto – Il sistema. Potere, politica affari: storia segreta della magistratura italiana, il libro intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara, ex membro del Csm.

I dieci titoli che hanno saputo conquistare e fare esplorare nuovi mondi delle menti dei lettori in Italia:

  1. Insieme in cucina. Divertirsi in cucina con le ricette di «Fatto in casa da Benedetta» di Benedetta Rossi
  2. Le storie del quartiere di Lyon Gamer
  3. 3.       Il sistema. Potere, politica affari: storia segreta della magistratura italiana di Alessandro Sallusti e Luca Palamara
  4. Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin
  5. Cucina Botanica di Carlotta Perego
  6. Fu sera e fu mattina di Ken Follet
  7. La canzone di Achille di Madeline Miller
  8. Harry Potter e la pietra filosofale di J.K Rowling
  9. Una terra promessa di Barack Obama
  10. Finché il caffè è caldo di Toshikazu Kawaguchi e Claudia Marseguerra

Opere di autori indipendenti, un’occasione da non perdere per scoprire nuove storie grazie ad Amazon Storyteller.

Il potere dei libri, cartacei o digitali, riesce a guidare e indirizzare la vite di tantissime persone, da nord a sud.  Tra i bestseller di Amazon.it si possono trovare anche tanti libri indipendenti e autopubblicati. Inoltre, per far conoscere l’eccezionale creatività degli autori a sempre più utenti, Amazon ha scelto ancora una volta di proporre il premio letterario Amazon Storyteller 2021. Tutti i libri partecipanti al premio, sono disponibili in versione cartacea e digitale al link www.amazon.it/premioletterario, e sono anche inclusi in Kindle Unlimited, servizio in abbonamento che offre un accesso illimitato a oltre 1 milione di eBook. Gli aspiranti scrittori avranno la possibilità di inviare nuove opere fino al 31 agosto 2021, in palio, un premio in denaro e una campagna marketing dedicata. Un’occasione da non perdere.

L’isola del Libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Richard Ford “Scusate il disturbo” -Feltrinelli-

Richard Ford, nato a Jackson nel Mississippi nel 1944, -profondo osservatore dell’americano medio- è considerato uno dei grandi maestri del minimalismo americano contemporaneo. In questo libro, scandito in 10 racconti, c’è tutta la sua maestria di scrittore universale.
Compaiono i suoi luoghi. New Orleans, dove ha vissuto per anni; il Maine dove si è trasferito successivamente per iniziare una vita nuova, a East Boothbay, in quell’affascinante New England spesso al centro della sua narrativa. Il Canada (di cui ha ampiamente scritto nell’omonimo romanzo del 2012), altro luogo legato alla sua esistenza.
Elemento nuovo è invece l’Irlanda, in cui ambienta 2 racconti, ma presente sullo sfondo anche di altri, legata alle sue origini dal lato paterno (irlandesi erano gli antenati di Ford, ma in famiglia non se ne parlava).

Protagonisti sono per lo più uomini di mezza età, mediamente ricchi, spesso avvocati o agenti immobiliari, alle prese con le pastoie della vita. Ford indaga il loro modo di affrontare unioni e rotture, e come si destreggiano da divorziati o vedovi, mettendo a fuoco anche i loro rapporti con figli, parenti e amici. Sempre scandagliando le loro anime e menti con una maestria che è il suo marchio di fabbrica.

Sono 8 racconti brevi e 2 più lunghi, come “Mantenere il controllo” in cui il maturo agente immobiliare Peter Boyle, che da anni trascorreva le vacanze estive nel Maine con la moglie Mae, ora rimasto vedovo decide di affittare la casa limitrofa a quella in cui erano soliti villeggiare, e nella quale lei si era tolta la vita.
Tra gli altri brani, “Andando su”, in cui protagonista è Ricky Grace che fugge dalla leva di guerra ai tempi del Vietnam, quando si sorteggiavano gli anni di nascita dei giovani da mandare al fronte.

Chiude la raccolta il racconto “Seconda lingua” intesa come nuova possibilità rappresentata da un secondo matrimonio. Ford esplora le vicende matrimoniali di Jonathan e Charlotte, entrambi alle loro seconde nozze. Questo dopo che il primo marito di lei aveva preso letteralmente il largo verso l’Irlanda e oltre, alla ricerca di stesso; mentre Jonathan continua a rimpiangere la prima moglie Mary Linn, improvvisamente stramazzata davanti a lui e passata nell’al di là.
Inizialmente il secondo matrimonio di Jonathan e Charlotte sembra veleggiare felice, poi qualcosa succede…

 

Valeria Usala “La rinnegata” -Garzanti- euro 16,00

E’ stato decisamente un gran successo questo romanzo di esordio della giovane cagliaritana Valeria Usala, perché ha saputo raccontare una società arcaica, ancorata a vecchi valori e consuetudini, e ha dato vita a un personaggio indimenticabile. Una sorta di eroina che si erge contro il pregiudizio dilagante in un mondo di vedute assai ristrette.
E’ anche una storia di coraggio, in parte realmente accaduta, tramandata di generazione in generazione, ambientata in una Sardegna rurale e tradizionale, tuttavia anche straordinariamente contemporanea.
Protagonista è l’eroina tragica Teresa, cresciuta con la nonna che era a servizio presso una famiglia di ricchi proprietari terrieri, che le lasciano un’eredità. E’ una ribelle, crede nel suo diritto a libertà, indipendenza ed emancipazione. Però è schiacciata dalle maldicenze e dagli ignoranti sospetti degli abitanti del paese di Lolai; una sorta di coro malevolo ma molto potente col quale deve fare i conti.
Teresa è bella, e già questo non l’aiuta con le altre donne divorate dall’invidia che erigono un muro di falsa cordialità; mentre gli uomini sparlano di lei senza nascondersi e le gettano occhiate che la fanno sentire violata.
E’ sposata con Bruno, uomo mite e gentile, dal genio imprenditoriale, che accumula successi, e perciò sospettato di fare affari loschi, perché «Se vivi di semina e raccolto non puoi avere grandi sogni, solo grandi speranze».
Fin dalle prime pagine, in cui Teresa ha dato alla luce il terzo figlio da sola, (mentre il marito è via per lavoro), diventa cosa quasi scandalosa per le altre donne del borgo che dai consorti sono molto più dipendenti. Il lettore entra subito nel clima del romanzo, avverte immediatamente il fondo di cattiveria, pettegolezzo, e maldicenza di piccolo cabotaggio, che anima il paesino dall’orizzonte angusto.
Nel libro c’è anche la storia difficile di un’altra figura femminile che ci incanta: è Maria figlia di due umili servitori spesso in trasferta da una famiglia all’altra per lavoro. Quando vanno a servizio presso i ricchi Collu il destino di Maria si compie.
Lei ha l’ingenuità e il fuoco dei 15 anni, si innamora perdutamente del rampollo dei Collu, Vincenzo, che ha due anni meno di lei, ma le promette il matrimonio e la vita insieme. Rimane incinta e il giovane farà una virata a 360°. E’ così che Maria viene ostracizzata da tutti e prende la grande decisione di andarsene per non tornare più indietro, e dare alla luce la sua bambina “Bastarda”.
Maria diventa la “Bruja”, che in Sardegna sta per strega, una donna istintiva e vista come pericolosa, ostracizzata dalla società.

 

Elizabeth Hardwick “Notti insonni” – Blackie Edizioni- euro 19,00

La Hardwick è stata la critica letteraria americana di maggior peso per quasi mezzo secolo e questo suo libro fu pubblicato la prima volta nel 1979, quando lei aveva 63 anni.
Nata in Kentuchy nel 1916 e morta nel 2007, insieme al marito, il poeta Robert Lowell, fece parte del pool di intellettuali che nel 1963 fondò la “New York Review of Books”.
I due si conobbero nel 1946 al Greenwich Village, si sposarono 3 anni dopo creando un sodalizio affettivo e intellettuale che li condusse in giro per il mondo. Fu amica di scrittori della levatura di Mary McCarthy e Philip Roth e di altri grandi personaggi dell’editoria e della crema culturale della sua epoca.
“Notti insonni” è definito romanzo, ma in realtà è un caleidoscopio di più cose. Un misto di memoir, collage di ricordi e pensieri, persone incontrate e più o meno famose, episodi familiari, stralci di lettere, frammenti di conversazioni e fantasmi della sua vita passata. Ma anche saggio, taccuino di appunti sparsi, risultato di notti insonni in cui rielaborò esperienze ed impressioni fino a comporre una sorta di meditazione sulla vita.

Fuggita dalla provincia giovanissima, plana a New York dove per anni vive nelle residenze per sole donne e apre gli occhi su un’umanità variegata e complessa. Dapprima si immerge nella Big Apple come città luminosa e carica di promesse, salvo scoprire poi anche un sottofondo di solitudine, tristezza e delusioni.
E’ un’acuta osservatrice delle persone e delle loro dinamiche che mette a nudo con una profondità notevole. Soprattutto delle donne che in “Notti insonni” compaiono spesso, a partire dalla figura di sua madre: vincenti o perdenti, appartenenti un po’ a tutte le classi sociali, con mestieri diversi e differenti modi di relazionarsi con gli uomini e le difficoltà della vita.
E tra gli argomenti toccati, anche sessismo e razzismo, su sfondi non solo newyorkesi, ma a spasso per il mondo che ha scoperto strada facendo: da Boston a Montreal, da Honolulu alla Russia, passando per tante altre mete, compresa Amsterdam dove visse per un anno.

 

Muriel Barbery “Una rosa sola” -Edizioni e/o- euro 16,50

L’autrice del best seller “L’eleganza del riccio” questa volta compie un viaggio intimo nell’animo di una botanica 40enne che parte per il Giappone dove è appena morto il padre che non ha mai conosciuto. Ma è anche un tuffo nelle affascinanti radici della cultura nipponica.

Rosa, capelli rossi e occhi verdi, vive a Parigi, ma in realtà “quasi non aveva vissuto”.
La madre aveva abbandonato il ricco padre, e ancora incinta era tornata in Europa. Alla figlia aveva trasmesso malinconia e doloroso senso di abbandono ed è così che Rosa è cresciuta infelice, anche perché attanagliata dal vuoto dell’assenza della figura paterna.
La sua giovinezza è stata triste, e non è andata meglio negli anni a seguire. E’ diventata botanica, ma senza convinzione, e si trascina da un uomo all’altro senza coinvolgimento perché a nessuno si affeziona ed è ricambiata con la stessa moneta
.
A stravolgere questa traiettoria insoddisfacente di vita è la notizia che il padre, stimato mercante di arte contemporanea, le ha lasciato un testamento.
L’arrivo a Kyoto la catapulta in una realtà totalmente diversa da quella fino ad ora conosciuta. Aiutata dal giovane assistente del padre, Haru (belga trapiantato in Giappone), Rosa compie una sorta di viaggio iniziatico tra antiche leggende, fascinazione di templi, incontri con personaggi che l’aiutano a capire molte verità sul paese in cui è planata, sul padre e soprattutto su se stessa.

Possiamo dire che l’altra grande protagonista del romanzo è proprio l’antica capitale imperiale del Giappone, nella quale coesistono due realtà diverse. Da un lato povertà e squallore, urbanizzazione selvaggia che ruba spazio ad alberi e uomini, aree inospitali, affollate e disumanizzate.
Però c’è anche la profonda e diffusa bellezza dei giardini di Kyoto, carichi di spiritualità, dove la protagonista compie una sorta di pellegrinaggio culturale.

Un libro di poesie-preghiere dedicate all’amata nonna

LIBRI / “Nei cinque sensi e nell’alloro”, il libro di Strinati dedicato all’amata nonna, passando per i luoghi spirituali della città di Torino, a cui è strettamente legato tanto da dedicarle numerose poesie.

Dopo un lungo viaggio intrapreso nella regione Piemonte, Fabio Strinati sceglie la spiritualità come sentiero da percorrere, e lo fa, partendo da alcuni luoghi spirituali della città di Torino, come la Chiesa di Santa Barbara, la Chiesa di Sant’Agostino e la Chiesa della Salute.

Parole essenziali ma dai tratti suggestivi. Poesie spirituali che narrano una vicenda intima e profonda. Nei cinque sensi e nell’alloro è una raccolta poetica che nasce da un bisogno irrefrenabile di raccontare un dolore forte vissuto con il cuore in mano e la penna come compagna di un viaggio, a tratti sterminato; brevi poesie-preghiere che portano in superficie il dono della parola come testimonianza rara di una storia eterna.

Strinati, disegna versi partendo da un pensiero colto e raffinato; spontaneità e naturalezza, fanno da cornice a un grido che parte da lontano, portando in dono una dedica toccante, che recita: “Dedico alla mia amata nonna questa raccolta che tanto assomiglia al suo volto luminoso; al suo cuore rosso, radioso, riposto nel fiore profumato d’una culla, lassù nel Paradiso che porta il nome di Teresa”. Parole pregne di significato. Versi che portano il peso di un dolore interminabile. Come fosse un lungo percorso illuminato dai fari d’una rinascita figlia della Vita, ogni poesia è pregna d’una Fede rara, che si manifesta con sincerità assoluta.

“Si tratta del libro più giusto che io abbia mai fatto: poter donare a mia nonna un’eternità più longeva ed ampia attraverso un percorso poetico e spirituale che tanto mi riempie il cuore”.

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Edith Bruck “Il pane perduto” -La nave di Teseo- euro 16,00

Non bisogna mai smettere di ricordare l’orrore dello sterminio degli ebrei, soprattutto oggi che xenofobia e razzismo tendono ad rialzare la testa. E’ questo il valore aggiunto delle pagine autobiografiche in cui la scrittrice ungherese Edith Bruck -nata nel 1931, ultima di 6 fratelli di una modesta famiglia ebrea- nel 1944, poco più che una bambina sprofonda nell’inferno della persecuzione.
Dapprima sperimenta l’ostracismo riservato alla sua stirpe: lei bravissima a scuola è relegata al fondo della classe con altre 2 allieve ebree. Ma è solo l’anticamera dell’atrocità che irrompe con i gendarmi nella sua casa: arrivano e li portano via tutti con la forza, per caricarli sui treni della morte.
E’ l’inizio di un viaggio crudele in cui sono ammassati come bestiame e destinati ai campi di concentramento.
Lei è piccola, spaventata e non sa a cosa sta andando incontro. Dopo 4 giorni il treno frena bruscamente e ad accoglierli ci sono cani feroci e nazisti spietati che operano la prima selezione. Loro non lo sanno, ma la differenza tra essere ammassati a destra o a sinistra sancisce l’immediata morte nelle camere a gas o l’indicibile orrore delle baracche, con fame, freddo, pidocchi, malattia e morte.

Quello che segue è il racconto di una bambina che, separata dai genitori (struggente la scoperta del destino della madre nel campo in cui si cammina sulla cenere eruttata dai camini dei forni crematori), si ritrova a tentare di sopravvivere insieme alla sorella Judit.
Vengono spostate in vari inferni, tra le tappe ci sono Anschwitz, Dacauh e Bergen-Belsen, la macabra toponomastica dello sterminio. Riescono a sopravvivere ma si porteranno sempre dentro il ricordo degli stenti, delle pile di cadaveri che sono state obbligate a trascinare nella piramide umana del Todzelt, ovvero la tenda della morte e dell’infamia nazista.

Quando vengono liberate sprofondano nello spaesamento, nella disperazione e nel senso di abbandono. Ritrovano due sorelle, ma l’accoglienza non è quella sperata. Dilaniante è il senso di estraneità rispetto agli altri ebrei che non hanno conosciuto la mostruosità dei lager; è impossibile che capiscano quello che hanno vissuto Edith e Judit. Va meglio con il fratello che era stato internato col padre e che, come loro, ha attraversato la tragedia.

Judit cercherà il futuro in Israele, mentre Edith realizza di voler scrivere. E’ la genesi della sua lunga e straordinaria carriera di scrittrice di romanzi, poesie e traduzioni, grande testimone della Shoah.
Ed eleggerà l’Italia come paese di adozione, accanto all’uomo della sua vita, il regista Nelo Risi, scomparso nel 2015, col quale aveva costruito un lungo sodalizio artistico oltre che sentimentale.

 

Susan Allott “Una vita migliore” -HarperCollins- euro 18,00

E’ strepitoso l’esordio letterario della scrittrice inglese Susan Allot, che ha vissuto e lavorato negli anni 90 in Australia, salvo poi avvertire la nostalgia di casa e tornare in patria dove ha incontrato e sposato un australiano. Ora vivono a Londra con i loro figli, ma il paese dei canguri le è rimasto nel cuore.
Questo romanzo noir è in qualche modo un omaggio a quella terra e affronta temi corposi come i rapporti matrimoniali, tradimenti, derive di disperazione, alcolismo e violenza domestica, nostalgia per la patria di origine e l’argomento scottante dei bambini aborigeni sottratti arbitrariamente alle loro famiglie.
Una vergogna a lungo taciuta che riguarda la “stolen generation” (la generazione rubata), ovvero i bambini isolani dello Stretto di Torres allontanati con l’inganno e la forza dai genitori, in ottemperanza alla spietata legge dei governi federali australiani in vigore dal 1869 al 1970.
Secondo alcune stime ha coinvolto almeno 100.000 piccoli aborigeni. L’idea era quella di fornire loro un futuro migliore; venivano affidati alle missioni religiose che avrebbero dovuto educarli secondo “lo stile di vita bianco”. Ma in realtà, molti finivano in un buco nero.
Su tutto poi imperversano segreti accuratamente custoditi e la misteriosa scomparsa da 30 anni di una delle protagoniste, della quale non è stato ritrovato neanche il corpo.
Al centro ci sono due coppie che abitano vicine in un tranquillo sobborgo di Sydney, fatto di villette e giardini curati affacciati sul mare e destinati ad aumentare di valore negli anni.
Nel 1967 lì comprano casa gli immigrati inglesi Joe e Louisa con la loro bambina di 4 anni, Isla; e la coppia formata da Mandy e Steve, che di mestiere fa il poliziotto. Agli inizi sembrano giovani, belli e spensierati; ma sotto la superficie albergano inquietudini e insoddisfazione.

Louisa è attanagliata dalla nostalgia di Londra, Joe non la capisce e lei a un certo punto decide per uno strappo doloroso che getta il marito nella disperazione.
Le cose non vanno meglio per l’altra coppia con la quale fanno amicizia. Mandy che fa un po’da baby sitter a Isla, è terrorizzata dalla prospettiva di una gravidanza. Cosa che invece renderebbe felice Steve, il quale a sua volta è dilaniato dal suo lavoro “sporco”; perché è lui che ha lo sgradevole compito di strappare dalle loro famiglie i piccoli aborigeni per relegarli in case di accoglienza ed assistenza minorile.

La storia corre di pagina in pagina su due piani temporali diversi: nel 1967 quando improvvisamente si perdono le tracce di Mandy e poi nel 1997 quando Isla Green, 35enne in lotta contro l’alcolismo e residente a Londra, torna in Australia perché il padre è accusato di essere stato l’ultimo a vedere Mandy ed è il principale sospettato.
Isla deve confrontarsi con il passato, e continui colpi di scena vi indicheranno la strada verso la soluzione del mistero.

 

Linn Ullmann “Gli inquieti” -Guanda- euro 20,00

Ingmar Bergman, nato nel 1918 e morto nel 2007, è stato uno dei registi più geniali e famosi a livello mondiale del 900: autore di opere di profonda introspezione psicologica, sommo maestro nel raccontare drammi interiori, angosce e senso della morte. Sceneggiatore, drammaturgo, scrittore e produttore cinematografico svedese ha lasciato all’umanità pellicole della caratura de “Il settimo sigillo”, “Il posto delle fragole”, “Scene da un matrimonio” ed altre perle della storia del cinema.

Linn Ullman è la figlia del regista e dell’attrice Liv Ullmann, che ebbe ruoli importanti in alcuni film di Bergman e nella sua vita privata. Si innamorarono sul set nel 1964 e dalla loro relazione nacque nel 1966 la loro unica figlia.
Liv capitò tra un matrimonio e l’altro. Per stare con lei, il regista lasciò la sua quarta moglie; i due vissero insieme ma non si sposarono mai e le loro strade presero tangenziali diverse quando Linn aveva 5 anni. La bambina crebbe con la madre, attrice tra le più intense e talentuose della sua epoca, sempre in viaggio tra Europa e America, tra un set e l’altro. Una madre «capace di piegare una sbarra di ferro con uno sguardo» facendo sentire la figlia compresa e amata.
Oggi Linn è un’affermata scrittrice e questo libro è il suo portentoso tributo al padre.
Quasi 400 pagine che ci portano dentro la vita incredibile del genio, dalla vita sentimentale parecchio intensa: sposato 5 volte ebbe in tutto 9 figli da 6 donne diverse.
Un’ incredibile famiglia allargata in cui la prole legò allegramente, soprattutto durante le spensierate vacanze sulla piccola isola svedese di Fårö nel Mar Baltico. Lì, nel villaggio di Hammars, il regista costruì una casa in pietra, con vista sul mare, che negli anni ampliò sempre e solo orizzontalmente, nido del via vai dei numerosi figli.
E’ lì che Bergman scelse di ritirarsi nel tempo del declino, fino alla sua morte a 89 anni il 30 luglio del 2007.

Quando è alla soglie degli 80 anni, e avverte che la memoria sta scemando, Ingmar Bergam è alla figlia più piccola, Linn, che affida il racconto della sua vita, tutto metodicamente registrato e trascritto dalla scrittrice. Nel libro, a metà strada tra opera autobiografica e biografia romanzata, l’autrice mischia ricordi personalissimi alle parole del padre; a volte stentate o sconclusionate, soprattutto quando la memoria stava per arrendersi all’impietoso incedere degli anni.

E’ soffuso di affetto figliale il ritratto di un genio che nella vita privata ha pasticciato tra amori, tradimenti e tratti da Peter Pan; salvo poi venire schiantato dal dolore per la morte dell’ultima moglie, Ingrid, consumata dal cancro.
Emergono anche le debolezze di un padre “monumento”: forte, impeccabile, capace di pensare e creare in grande, ma anche con qualche mania, come la fissazione per la puntualità.

C’è poi l’ultimo tratto di stentata vita del regista, sempre più debole, depresso e relegato alla sedia a rotelle; accudito da uno stuolo di donne governate con piglio dittatoriale da Cecilia, che manda avanti la casa, protegge ogni istante il malato e spesso sgrida anche Linn perché disturba “Pappa” desideroso di pace e silenzio.
Ingmar Bergam fa i conti con l’avvicinarsi di quella morte di cui erano intrisi i suoi film. E fu regista fino all’ultimo, dando le disposizioni da seguire rigorosamente alla sua morte. Pianificò puntigliosamente ogni frame del suo funerale, scrisse e modificò il testamento, decise il luogo in cui voleva essere sepolto e diede anche disposizioni per esumare la salma di Ingrid e farla riposare accanto a lui.

 

Se poi volete leggere altre opere di Linn Ulmann vi consiglio il romanzo “Prima che tu dorma”
-Mondadori-

Anche qui l’autrice racconta la storia di una famiglia norvegese attraverso le vicende di tre generazioni. Voce narrante è quella di Karin che una sera racconta una storia al nipotino Sander, figlio della sorella Julie.
E’ l’avvio di ricordi e pensieri che imbastiscono i rapporti della sua famiglia.
Più che una saga familiare è la narrazione delle tante difficoltà e differenze caratteriali che possono rendere difficile la convivenza tra le pareti domestiche e non solo. Linn Ulmann scava a fondo nell’animo dei personaggi e ci regala un romanzo che, per tematica e modo di affrontare questioni e sentimenti profondissimi, ci rimanda a famosi film del padre, come “Scene da un matrimonio” o “Fanny e Alexander”
A partire dal nonno emigrato in America negli anni 30 e il suo matrimonio con la nonna June; poi la madre Anni, irresistibile ma infelice e alcolizzata, con punte di pazzia. Dotata di una bellezza mozzafiato, ma anche egocentrica e decisamente balzana.
Vivere con lei è difficile se non impossibile, tant’è che il marito abbandona la famiglia quando Karin è ancora piccola; ma continua il legame forte con le figlie -suoi “cuori gemelli”- anche se in modo sporadico.

Poi c’è la sorella maggiore Julie che ha paura dei sentimenti e si relega in un matrimonio stentato, nella falsa speranza di trovarvi la sicurezza che va cercando.
Non manca anche una zia sui generis: è l’ultraottantenne Selma (sorella minore della nonna June), perennemente arrabbiata con la vita e con tutti quelli che le capitano a tiro, a partire dai parenti. Fuma 40 sigarette al giorno, beve come una spugna e sembra che a tenerla in vita sia un’ insondabile e profondissima ira. Tanto per darvi un’idea del personaggio, quando morì la sorella June, lei festeggiò con una bottiglia di cognac. Le due si detestavano dopo un episodio sgradevole capitato quando erano giovani e vivevano ancora in America.
Karin scava nei complessi rapporti di amore ed affetto della sua famiglia, intrecciando ricordi e fantasia; ma parla anche molto di se stessa, dei suoi sogni e delle aspettative deluse, della sua irrequietezza e le difficoltà nel costruire legami solidi.

La passione per la libertà. Ricordi e riflessioni

LIBRI / Pier Franco Quaglieni, noto storico e giornalista, fondatore nel 1968 del Centro Pannunzio con Arrigo Olivetti e Mario Soldati, ha fatto propria e portato avanti per una vita la battaglia per la libertà e per la tolleranza (che altro non è se non il rispetto della libertà altrui).

Definito da Gramellini un «liberale del Risorgimento nato nel secolo sbagliato. Per nostra fortuna.», da alcuni anni presenta al pubblico una panoramica di insigni personaggi italiani del ‘900, con il duplice obiettivo di riconoscere loro meriti troppo spesso taciuti e di indicarli ad esempio per le nuove generazioni. Lascito che diventa necessità impellente con il progressivo scadere del dibattito politico, l’aumento della veemenza e dell’intolleranza nei social, la riduzione progressiva degli spazi dedicati alla libera cultura.

Nel primo capitolo di questa panoramica, Figure dell’Italia civile(2016) l’autore tratteggia i maestri e gli amici che hanno costituito i pilastri del pensiero liberale, e non solo, del ‘900, in parte per averli studiati, in parte per averli conosciuti o averne condiviso le battaglie. Einaudi, Calamandrei, Rossi, Bobbio, Montanelli, Ciampi, Spadolini, Pannella, solo per citarne alcuni, emergono non solo come pensatori, ma nella loro piena umanità, con le loro passioni, le loro incertezze, le loro battaglie che hanno fatto dell’Italia il paese che è oggi. Nel 2018, con Grand’Italia, questa Antologia di Spoon River si arricchisce di altri insigni personaggi, anche non strettamente legati all’idea liberale: Saragat, Gramsci, Eco si affiancano a Guareschi, Martini Mauri, Sartori, Zanone e tanti altri. Nella varietà delle posizioni, si ricostruiscono i contesti politici, i dibattiti, le polemiche, anche molto accese, dei decenni passati. Il dar voce a posizioni anche contrastanti è scelta imprescindibile, non solo per amore di verità storica, ma anche perché, ricordando Gobetti, solo attraverso il confronto le idee poterono e possono proseguire.

Oggi viene alla luce un terzo capitolo La passione per la libertà. Ricordi e riflessioni che, se da un lato integra i lavori precedenti, dall’altro apre a nuove tematiche. Sempre nella duplice accezione di dar loro un riconoscimento e di indicarli quale esempio alle nuove generazioni, trovano spazio personaggi più vicini ai nostri giorni quali Daverio, Biondi, Ostellino o Pansa di cui tutti ricordiamo le opere ed in alcuni casi i forti dibattiti che hanno suscitato (e suscitano). Si arricchisce così questa poliedrica storia del ‘900, rivista con le prese di posizione di molti dei suoi protagonisti, spesso in aperta antitesi tra loro. Solo la profonda conoscenza, unita all’onestà intellettuale ed al rigore storico di Quaglieni, poteva presentare i passaggi fondamentali del secolo, non in modo lineare come un qualsiasi manuale scolastico, ma attraverso le scelte dei suoi artefici. Ritroviamo i dibattiti sull’intervento in Libia nel 1911 o nella Grande Guerra, le posizioni sull’avvento del fascismo e sulla sua caduta, con la conseguente guerra civile, ma anche l’esodo giuliano-dalmata e le foibe. Più recentemente il brigatismo, i dibattiti sulla scuola, i temi sempre divisivi dell’aborto e del divorzio. Tra le tante tematiche ne cito una, illuminante per l’equilibrato modo di porla. Riprendendo la strage delle Fosse Ardeatine, l’autore ricorda una delle vittime, Giuseppe Lanza Cordero di Montezemolo, capo del Fronte Militare clandestino, arrestato per delazione, torturato in modo disumano, che mai parlò tradendo i suoi compagni, insignito di medaglia d’oro della Resistenza. Tacque eroicamente, nonostante fosse stato contrario ad atti terroristici, quale quello di via Rasella che causò la rappresaglia, a cui per poco scampò Pannunzio. Chi invece compì l’attentato, non si consegnò per evitare la strage e, dopo la guerra, ottenne onori e riconoscimenti, sotto la protezione di Amendola. L’aspetto più interessante di questo racconto, è il ritratto che l’autore delinea, alcune pagine dopo, dello stesso Amendola. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, nonostante le responsabilità per via Rasella, il giudizio su Amendola è distaccato e complessivamente positivo. Questo esempio è significativo della personalità e dell’opera di Quaglieni, la capacità, più unica che rara, di mantenere un giudizio equilibrato, scevro di preconcetta faziosità o di umana emotività: storico nel senso più puro del termine. Una perla rarissima, rispetto all’involgarimento cui siamo purtroppo abituati.

Ne La passione per la libertà, l’autore va oltre al ruolo di storico e docente che caratterizzava i primi libri, affiancando quello del giornalista che interviene e partecipa a dibattiti attuali: non a caso è anche una delle firme più autorevoli de il Torinese. Trovano così posto nel volume alcune prese di posizione, anche fortemente polemiche, su temi odierni come l’esclusione di Casa Pound dal Salone del Libro, la lapide sui disertori al Vittoriano, il negazionismo sulle foibe, il revisionismo sul Risorgimento. Anche quando entra nel dibattito, però, ha la capacità di ascoltare e vagliare le tesi opposte, prendendo seccamente le distanze da chi dimostra un’intolleranza o una faziosità che non gli sono mai appartenute.

In quest’ultimo lavoro poi, sono presenti (e colpiscono chi lo conosce e ne apprezza da tempo le opere) alcuni tratti spiccatamente personali, da ricordi di infanzia, ad album di famiglia ad aneddoti personali di alcuni dei personaggi ricordatiche svelano un aspetto più intimo del professor Quaglieni. Conclude il volume Riflessioni sulla laicità tra Cristianesimo edIslam e il magistero del Cardinal Ravasi, più che un capitolo, di fatto è un breve saggio che ripercorre in modo esaustivo, tra Matteucci, Bobbio, Croce, Abbagnano, Pera la difficile convivenza tra liberalismo e religione, nelle varie declinazioni tra anticlericalismo, laicismo e laicità. Argomento di grande rilevanza, sia perché il Cristianesimo è alla base della cultura occidentale ed i rapporti con esso sono stati fondamentali tanto per il Risorgimento, quanto per l’antifascismo; sia perché lascia trapelare un avvicinamento dell’autore, in età matura, ad un sentimento religioso che in passato, forse, non sentiva così vicino. Questo, al di là di titoli e riconoscimenti formali, rende l’autore ancora più umano ed il libro ancora più interessante.

Paolo Vieta