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Le verità nascoste

LIBRI / Con i diciotto racconti che formano “Le verità nascoste” (Aletti editore,2021) Wilma Minotti Cerini – poetessa, scrittrice e saggista – offre ai lettori un’altra interessante prova del suo talento.

Le storie narrate hanno sempre un fondo di verità, prendendo spunto da fatti reali e dalle esperienze d vita dell’autrice come “La valigia pronta”, “La venditrice di sogni impossibili”, “Somiglianze casuali?” o “La barbona dei mazzolini di fiori”. Alcuni sono molti aspri e drammatici come “L’orco e Siri” dove ci si basa sui viaggi della vergogna di chi sfrutta le ragazzine costrette a prostituirsi in Thailandia mentre altri sono più lievi, con una carica d’ironia in grado di strappare sorrisi come ne “L’eredità” e “La ribollita”. Una lunga trama di vicende si snoda tra una storia e l’altra per finire con una sorta di redenzione finale nell’ultimo capitolo intitolato “L’albero della Croce”. Nata a Milano nel 1940, Wilma Minotti Cerini vive attualmente a Pallanza, sulla sponda piemontese del lago Maggiore e vanta molte pubblicazioni di sillogi poetiche, saggistica ( “Caro Gozzano”), teatrali (“Una questione di dosaggio”) e di narrativa come i romanzi “Rajana” e  “Ci vediamo al Jamaica”. Quest’ultimo, in particolare, è un omaggio a un pezzo di storia della cultura italiana degli anni Sessanta. Noto come caffè degli artisti, poiché prossimo a Brera, il Jamaica di fu il punto d’incontro di esperienze intellettuali e umane, dove si ritrovavano personaggi già molto noti nel mondo dell’avanguardia artistica, letteraria e cinematografica del “bel Paese”.

Marco Travaglini

Prosegue LibrInValle, il “salone del libro” valcerrinese

Prosegue sabato 17 luglio ‘LibrInValle’ rassegna letteraria a cura dell’Unione dei Comuni Valcerrina in collaborazione con le Amministrazioni Comunali e le associazioni

 

Sabato 17 luglio, alle ore 18.30, nel piazzale antistante la chiesa parrocchiale di Piancerreto, frazione di Cerrina Monferrato si terrà il terzoappuntamento della rassegna lettera itinerante LibrInValle, con la presentazione del libro Il misterioso caso del ‘Benjamin Button’ da Torino a Hollywood di Patrizia Deabate. L’evento è organizzato dall’Unione dei Comuni della Valcerrina – Area Cultura in collaborazione con il Comune di Cerrina Monferrato e la Pro Loco Piancerreto

. I lavori verranno introdotti da Marco Cornaglia, assessore al Comune d Cerrina e da Valentina Bocchino, presidente della Pro Loco Piancerreto. A moderare sarà invece Massimo Iaretti, consigliere dell’Unione delegato alla Cultura. Nel suo libro, edito per il Centro Studi Piemontesi – Ca de Studi Piemonteis, Patrizia Deabate coglie il sottile filo rosso che collega i ruggenti anni Venti, epoca in cui gli Stati Uniti vivevano l’età del jazz, ben descritta da Francis Scott Fitzgerald e l’Italia (ed in particolare il Piemonte) degli anni Dieci del Novecento ed il suo mondo letterario, poetico e cinematografico, poi spazzati via dall’”inutile strage’ rappresentata dalla prima guerra mondiale. Il libro dell’autrice albese è risultato vincitore dell’Acqui Inedito del Premio Acqui Storia.

“L’incontro di sabato – dice Massimo Iaretti, consigliere dell’Unione con delega alla Cultura – sarà un’occasione per esplorare il mondo poco conosciuto, ma affascinante, del cinema, della poesia, della letteratura degli anni Dieci del Novecento che ebbe molto dei suoi protagonisti a Torino ed in Piemonte”.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Caterina Soffici “Quello che possiedi” -Feltrinelli- euro 17,00

Quanti e quali segreti sono racchiusi tra le mura della splendida villa nobiliare che dalla sommità di un poggio domina la vista di Firenze? ,E’ la sontuosa Villa del Grifo, 4000 mq con 500 anni di storia blasonata.

Qui ha trascorso la sua lunga vita l’algida contessa Clotilde Brunori Princi; da giovane di una bellezza eccezionale «…magnifici occhi d’oro, screziati di pagliuzze che cambiavano colore a seconda dell’ora del giorno, della stagione e dell’umore…».
Ora ha 82 anni, si oppone con tenacia alla malattia che la sta consumando, ed è sempre, comunque, impeccabile ed elegante, eccentrica e snob.
E’ lei l’anima della casa e domina sottilmente la sua unica figlia Olivia che, a quasi 50 anni, vive in un lussuoso appartamento della villa, sopra quello dell’anziana madre, alla quale resta poco da vivere.

I rapporti tra loro sono sempre stati tesi. La loro conflittualità ha veleggiato tra “non detti” e buone maniere, ma distanza siderale.
Ora sono adulte e l’ostilità è meno esplicita che nell’adolescenza di Olivia, ma continuano a scrutarsi e giudicarsi, senza mai parlarsi veramente per capirsi più a fondo.
In più, Clotilde non sopporta Giacomo, il genero rampante a arrampicatore che si è assestato in un comodo tran tran matrimoniale, dove è riuscito a ritagliarsi agevolmente ampi spazi di manovre libertine.
Olivia invece sta affondando nelle sabbie mobili della crisi di mezza età: i due figli sono ormai lontani e conducono le loro vite, il marito è spesso assente e lei combatte l’infelicità inseguendo una perfetta forma fisica, è vegetariana e corre per stemperare il malumore.
Su tutto aleggia un segreto terribile e scopriamo che la perfetta e bellissima vita esteriore di Clotilde è stata parecchio più difficile di quanto emerga in superficie.
Clotilde, fin da giovane e poi da sposata, era solita sparire per giorni a bordo della sua amata lancia Aurelia. Nessuno sapeva dove andasse e cosa facesse, ma la cosa ormai era stata accettata.
Ora, anziana e malata, una mattina di autunno scompare gettando nel panico la casa, e il lettore incomincia a conoscere la storia vera. Quella nascosta dietro l’impenetrabilità di questa ricca e nobile famiglia, abituata a feste sontuose, matrimoni di facciata, convenzioni…solitudine e vuoto cosmico.

Un magnifico romanzo in cui Caterina Soffici non smentisce la sua abilità nel tracciare storie di grande spessore e pathos.

 

Questa può essere l’occasione per rileggere anche il precedente romanzo dell’autrice, “Nessuno può fermarmi” -Feltrinelli- euro 16,00, del 2017.

Intrigante storia che narra come il giovane studente di filosofia, Bartolomeo, ritrova una lettera destinata alla nonna, in cui il nonno Bart viene ufficialmente dichiarato « Disperso, presunto annegato». E’ l’inizio della sua ricerca sulla vera sorte dell’antenato (del quale porta il nome), che in famiglia si diceva fosse morto al fronte.

La nonna non può svelargli nulla perché è morta da poco, mentre suo padre non l’ha mai conosciuto e la cosa non sembra interessarlo più di tanto.
Bartolomeo arriva a conoscere l’affascinante anziana signora inglese Florence che era stata amica dei suoi nonni, nel quartiere degli immigrati italiani a Londra, Little Italy. Dal suo racconto emergono appigli importanti che rimandano alla tragedia del 2 luglio 1940 -realmente accaduta- quando un siluro tedesco causò il naufragio della nave Arandora Star.
Aveva a bordo moltissimi internati italiani, civili innocenti deportati dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini all’Inghilterra, e vittime della xenofobia e del sospetto. Una tragedia in cui il mare inghiottì per sempre 446 passeggeri. Una morte orribile, ma ci furono anche alcuni superstiti che sopravvissero alle acque gelide, aggrappati a brandelli di relitti della nave.

Per molto tempo dopo il mare scaraventò a terra i corpi degli affogati, a centinaia, sulle coste dell’Irlanda del Nord e della Scozia; dove la pietà degli abitanti del luogo recuperò i cadaveri senza nome, dando loro almeno una sepoltura.
Bartolomeo riesce a rintracciare uno dei sopravvissuti. Un burbero anziano che forse aveva afferrato le mani del nonno nelle acque di ghiaccio, prima che la morte per assideramento lo inghiottisse per sempre.

Un romanzo in cui l’autrice tocca più temi; come la memoria, l’amicizia, l’emigrazione, la speranza, la guerra, il lutto…..in un crescendo che vi avvilupperà alle pagine tenendovi sulla corda fino alla fine.

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Bernhard Schlink “Donna sulle scale” – Neri Pozza- euro 18,00
Schlink è uno dei maggiori scrittori tedeschi contemporanei. E’ nato a Bielefeld nel 1944, e nel corso della sua vita è stato anche giudice presso la Corte Costituzionale della Renania Settentrionale Vestfalia fino al 2006, anno in cui è diventato professore universitario di Filosofia del diritto. Al suo attivo ha numerosi romanzi e racconti.
“Donna sulle scale” è ambientato tra Germania e Australia, e ruota intorno al quadro che ritrae una donna bionda e nuda, che scende lentamente delle scale: pallida, eterea, inafferrabile, bellissima ed enigmatica,
Dopo anni in cui se ne erano perse le tracce, ora il dipinto ricompare all’Art Gallery del Teatro dell’Opera di Sidney. E dietro c’è una storia intrigante.

La modella è Irene, e intorno a lei gravitano le vicende e i destini di tre uomini, incantati dal suo fascino. Sono il marito Gundlach, manager ricco e di successo, che ha incaricato il pittore Karl Schwind di ritrarre la moglie, senza aver previsto che l’artista se ne sarebbe innamorato perdutamente.
La gelosia spinge Gundlach a danneggiare ripetutamente il dipinto, che il pittore tenta ogni volta di restaurare. Ed ecco che la terza vittima dell’incanto di Irene è il giovane avvocato che ha l’incarico di stilare un contratto tra i due litiganti.

Irene è forte, autonoma, contesa tra il marito che vorrebbe esibirla come un trofeo e l’artista a cui fa da Musa ispiratrice; una sorta di merce di scambio tra i due contendenti. Poi arriva l’avvocato che se ne innamora in modo infantile e sprovveduto.
La storia si avvolge intorno al possesso, alla perdita, al disinganno e alla decisione della protagonista di inseguire la libertà, lasciandosi indietro tutti i contendenti. Scompare e con lei anche la tela.
La ritroviamo molti anni dopo, diventata una sorta di Robinson Crusoe al femminile, che vive in una baia solitaria sulla costa a nord di Sidney, dividendo le sue stagioni tra due ripari assai precari sulla spiaggia.
Si fa chiamare Irene Adler, ormai è un’anziana debole che ha dedicato la sua vita ad accogliere ed aiutare ragazzi sbandati ed ora, quando può e le forze glielo consentono, assiste la povera gente del luogo.
Il finale di partita con i suoi 3 contendenti si svolge in quell’anfratto di vita costiera, con un epilogo che scoprirete voi stessi.
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Andrea Maia “Torino la città e gli scrittori” -Graphot Editrice- euro 15,00

Questo è un libro che potete portarvi dietro come prezioso vademecum per scoprire quanta storia e cultura trasudino palazzi, caffè, vie e scorci vari di Torino, che sono stati testimoni del passaggio di personaggi di spicco.
L’autore è stato docente di Italiano e Latino in un importante liceo cittadino ed era solito portare i suoi studenti a fare visite di tipo letterario. Dunque una grande passione per Torino e la cultura.
Ora, 10 anni dopo il precedente “Torino strade e pagine”, ci guida lungo 8 nuovi percorsi letterari nel capoluogo subalpino, scanditi da varie tappe tra strade, palazzi, autori e scritti. E riannoda i fili che hanno legato non solo scrittori, ma anche altri intellettuali e artisti di peso, alla città nella quale hanno transitato, oppure vissuto per periodi più o meno lunghi.
Ed ecco una sorta di guida e un’antologia, in prosa e versi, di scrittori che alla città hanno dedicato intere pagine delle loro opere. Torino vissuta e raccontata attraverso poesie, confessioni, lettere e scritti vari di autori di epoche e paesi diversi, a partire dal 700 fino ad oggi.
Una piacevole e dotta carrellata tra le vie torinesi che inizia con il primo percorso dedicato alle rime di Francesco Pastonchi, poeta, professore e torinese d’elezione che rende omaggio alla storica via Po.
Seguono –tra gli altri- Jean –Jacques Rousseau che arriva 16enne a Torino; Mozart; quello di un’antenata di Oriana Fallaci che lei racconta nel suo romanzo postumo “Un cappello pieno di ciliegie”; e Gramsci che dalla Sardegna giunse in città nel 1911 per studiare all’Università.

I percorsi che seguono sono altrettanto dotti e affascinanti per chi vuole approfondire tappe che rimandano ad autori italiani dal 700 al 900 e includono nomi della levatura di Silvio Pellico, Edmondo De Amicis.
Per arrivare all’oggi, con le pagine che Giuseppe Culicchia ha dedicato al Caffè Torino in Piazza San Carlo, e passando anche per Via Biancamano e l’avventura editoriale dell’Einaudi che lì fu fondata.

Tra gli altri percorsi, ci sono scrittrici e scrittori del 900, con pagine della Guglielminetti, Guido Gozzano, Montale, Calvino, Natalia Ginzburg e altri autori.
Poi poesia, teatro e politica nel secondo Ottocento. La città visitata e rappresentata da scrittori italiani come Tommaseo, Mameli, Tommasi di Lampedusa; e da stranieri, tra i quali De Maistre e il russo Dobroljubov.
Seguono tappe dedicate agli ospiti dal 600 all’800, con Manzoni, Melville, Twain e Dumas padre; per arrivare a percorsi che rimandano a teatro, critica e poesia dialettale e finire con un iter sulle orme di Vittorio Alfieri e Massimo D’Azeglio.
Insomma un modo colto e accattivante per scoprire anche dati inediti o poco noti che ammantano Torino di un fascino in più. Pagine che vi fanno da guida nella storia, nei locali, nei palazzi nelle strade e nelle grandi e famose vite che hanno transitato in città.

Ai nastri di partenza l’Independent Grand Tour

Iniziativa del Salone Internazionale del Libro di Torino e Hangar del Libro-Regione Piemonte

Dal 10 luglio al 14 ottobre 2021
ad Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Verbania, Vercelli, Torino
viaggio alla scoperta dell’editoria indipendente piemontese

e delle prime novità del Salone del Libro 2021

www.salonelibro.itwww.hangardellibro.it

Un viaggio nei capoluoghi di provincia del Piemonte per raccontare l’editoria indipendente della Regione e cominciare a far scoprire la nuova edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino. È lo spirito del nuovo progetto culturale diffuso Independent Grand Tour, ideato dal team di Hangar del Libro (progetto di Regione Piemonte) e dal Salone Internazionale del Libro di Torino.

Le otto tappe nei capoluoghi piemontesi prendono il via il 10 luglio a Cuneo e il 17 luglio ad Alessandria e proseguiranno nei mesi di settembre e ottobre, coinvolgendo le città di Asti, Biella, Novara, Verbania, Vercelli, Torino. Un viaggio per far conoscere la grande ricchezza delle realtà editoriali e librarie piemontesi, eccellenza a livello nazionale. Un modo per contribuire a dare impulso alla diffusione e promozione della filiera del libro, sostenendo il lavoro di molti piccoli imprenditori e commercianti, soprattutto dopo un anno che ha visto il comparto culturale in grave difficoltà a causa della pandemia. Circa trenta gli editori piemontesi che si metteranno in vetrina, proponendo le ultime uscite o i titoli in catalogo a cui sono più affezionati.

Independent Grand Tour animerà le vie e le piazze delle città ospiti e si snoderà in due momenti. A ogni tappa attori e “strilloni” chiameranno a raccolta il pubblico con azioni teatrali in giro per la città. Momento clou della giornata sarà l’incontro pubblico, in cui si alterneranno le presentazioni di otto libri di case editrici indipendenti piemontesi, saranno poco per volta svelate le novità della prossima edizione delSalone Internazionale del Libro di Torino, in compagnia dei suoi organizzatori e promotori, e sarà dato spazio alle librerie cittadine per raccontarsi ai propri lettori.

Independent Grand Tour sarà accompagnato da una vetrina virtuale online su www.hangardellibro.it che illustrerà tutti i titoli delle case editrici indipendenti che saranno via via presentate nel viaggio letterario, per aiutare i lettori nella scelta dei libri che più incontrano i loro interessi, le loro passioni, i loro gusti. Una vetrina che, in occasione di ogni tappa, si farà anche reale, per sfogliare “in presenza” romanzi, saggi, raccolte di poesie, graphic novel, albi illustrati e libri per bambini che fanno parte del variegato catalogo dell’editoria indipendente piemontese.

«Dopo la pandemia, che ha visto il comparto culturale in grave difficoltà – spiega Vittoria Poggio, assessore Cultura, Turismo, Commercio Regione Piemonte –, creare momenti e iniziative come Independent Grand Tour, che hanno come obiettivo la diffusione e la promozione della filiera del libro, diventa davvero un’azione importante e necessaria per salvaguardare e supportare il lavoro di molti piccoli imprenditori e commercianti.»

La città di Cuneo ospiterà la prima tappa del tour sabato 10 luglio alle ore 16 a Open Baladin (Piazza Foro Boario), per un appuntamento con gli editori piemontesi e con Marco Pautasso del Salone Internazionale del Libro di Torino e Valeria Dinamo di Hangar del Libro-Regione Piemonte. L’incontro, in collaborazione con la Biblioteca civica di Cuneo, Scrittorincittà e Open Baladin, sarà un momento in cui il cuore della provincia “Granda” darà spazio all’editoria indipendente piemontese e rivelerà alcune novità del prossimo Salone del Libro in programma dal 10 al 14 ottobre. Araba Fenicepresenterà False Apparenze di Claudio Streri; Associazione Primalpe racconterà Non mi parlar d’amore. La giovinezza di Alice Schanzer Galimbert di Daniela Bernagozzi; Fusta Editore sarà presente con Pedalando fra le aquile di Giovanni Panzera e Ermanno Giraudo; Diabolo Edizioni illustreràPistillo di Marco Paschetta; Edizioni del Capricorno porterà Borghi fortificati del Piemonte di Gian Vittorio Avondo e Claudio Rolando; Espress Edizioni presenterà Il bosco che vive di Matteo Garbarino e Jacopo Sacquegno; MiraggiEdizioni racconterà Il bambino intermittente di Luca Ragagnin; Neos Edizioni proporrà Sotto il pelo dell’acqua, AA.VV., a cura di Ernesto Chiabotto.
Seguirà alle ore 18 un’anteprima di Scrittorincittà con il cantante e musicista Jack Jaselli che presenta il suo libro Torno a casa a piedi (De Agostini).
L’ingresso è libero fino a esaurimento posti (senza prenotazione).

Le tappe di Independent Grand Tour:
10 luglio, ore 16: Cuneo, Open Baladin
17 luglio, ore 17: Alessandria
11 settembre, ore 17: Verbania
18 settembre, ore 17: Asti
25 settembre, ore 17: Biella
2 ottobre, ore 17: Vercelli
9 ottobre, ore 17: Novara
14-18 ottobre: Torino (Salone Internazionale del Libro)

Gli editori di Independent Grand Tour

Cuneo: ARABA FENICE, ASSOCIAZIONE PRIMALPE, FUSTA EDITORE
Novara: EDIZIONI ASTRAGALO, IL BABI EDITORE
Torino: ATENE DEL CANAVESE, BUCKFAST EDIZIONI, BUENDIA BOOKS, DIABOLO EDIZIONI, EDITRICE LA PICCOLINA, EDIZIONI DEL CAPRICORNO, EDIZIONI SUIGENERIS, EFFATA’ EDITRICE, ESPRESS EDIZIONI, GOLEM EDIZIONI, IL LEONE VERDE EDIZIONI, IMPREMIX, INK LINE EDIZIONI, LAReditore, MIRAGGI EDIZIONI, NEOS EDIZIONI, ROBIN EDIZIONI, ROSENBERG&SELLIER, VOGLINO EDITRICE
Vercelli: EDIZIONI EFFEDI’

Independent Grand Tour è un progetto di Hangar del Libro e Salone Internazionale del Libro di Torino. Media Partner: Radio G.R.P. Giornale Radio Piemonte.

Hangar del Libro è un progetto di Regione Piemonte, realizzato da Fondazione Circolo dei lettori con il contributo di Camera di Commercio di Torino attraverso il suo Punto Impresa Digitale.

www.hangardellibro.it www.salonelibro.it

(Foto Claudio Benedetto)

Il pensiero ha fatto esplodere la Bastiglia

Sapete chi ha abbattuto la Bastiglia, Gilbert?”. “Il popolo”. “Voi non mi capite, scambiate l’effetto per la causa.

Per cinquecento anni, amico mio, sono stati incarcerati nella Bastiglia conti, signori,principi, e la Bastiglia è rimasta in piedi. Un giorno, un re insensato ebbe l’idea di incarcerare il pensiero, il pensiero a cui è necessario lo spazio, l’estensione, l’infinito! Il pensiero ha fatto esplodere la Bastiglia e il popolo è entrato attraverso la breccia”.Alexandre Dumas, grande interprete del romanzo storico e del teatro romantico, è sepolto al Pantheon di Parigi, nel Quartiere Latino, dove sorge il primo grande monumento della capitale francese. Un sonno eterno, accanto alle salme di altri  personaggi illustri come Voltaire, Rousseau, Victor Hugo. In queste poche frasi tratte da “La Contessa di Charny”, uno dei suoi romanzi più avvincenti, si coglie l’essenza della prosa, la potenza e il fascino della sua scrittura. Le vicende narrate dallo scrittore francese più popolare dell’Ottocento ( chi non ha letto “I tre moschettieri” e “Il conte di Montecristo”?) si svolgono in un momento cruciale per la storia della Francia e dell’Europa (dalle giornate del 5 e 6 ottobre 1789 fino al processo e all’esecuzione di Luigi XVI il 21 gennaio 1793). Nel racconto dettagliatissimo e appassionato dell’avventura collettiva della Rivoluzione francese ritroviamo personaggi famosi come Cagliostro, Mirabeau, Marat, Danton, Robespierre, Saint-Just, ma anche tantissimi altri personaggi le cui storie individuali si intrecciano con la Storia, quella dalla “esse” maiuscola. Ma quello che conta, più di ogni altra cosa, è la capacità di far intendere l’esprit du temps, l’intelligenza creativa, l’abilità di affascinare il lettore. Il romanzo è il quarto volume del ciclo di Maria Antonietta e della Rivoluzione e venne scritto nel 1855. Più di un secolo e mezzo ci separa da allora ma è quell’idea del pensiero che fa esplodere la Bastiglia, in tempi di grigio conformismo e di ragionamenti troppo “corti”, a riempire il cuore e tener viva una speranza.

Marco Travaglini

Lo stendardo di Giove

LIBRI / EMANUELE RIZZARDI CI RACCONTA LA STORIA DI ROMA E DEGLI ULTIMI PAGANI

Un testo profondo e drammatico che illustra le complesse dinamiche della caduta dell’Impero Romano, delle grandi invasioni barbariche, ma soprattutto della fine del mondo pagano a vantaggio dell’unica religione cristiana

Lo storico e bizantinista Emanuele Rizzardi ha pubblicato nel 2021 la sua nuova opera letteraria.

Il giovane scrittore legnanese, già ospite su queste pagine per le sue pubblicazioni meno recenti, “L’ultimo Paleologo” e “L’usurpatore”, vive nella cittadina lombarda di Legnano e propone romanzi storici non brevi, in contesti poco conosciuti.

Partiamo subito con le domande:

Nei tuoi precedenti testi ti sei occupato di terre lontane: Anatolia, Georgia, Grecia. Oggi ci proponi un’ambientazione tutta italiana, come mai?

Perché proprio in Italia assistiamo alle gesta, alle parole e ai pensieri degli ultimi pagani di Roma, ormai in piena decadenza e vicini alla scomparsa totale a causa delle persecuzioni dell’imperatore Teodosio e all’imporsi del Cristianesimo, la religione che tutti noi conosciamo, ma che per una parte dell’Occidente era solamente un culto monoteista orientale, alieno, estraneo alle radice e alle tradizioni dei padri e della patria. E proprio in nome della difesa delle loro idee, gli ultimi pagani tentarono un’ultima, vivace resistenza che culmina con la battaglia del fiume Frigido. Una storia drammatica e già segnata, intrisa di mistica e spiritualità, che è affasciante proprio per questi aspetti.

Un Impero Romano quindi molto lontano dai fasti di Augusto o Traiano; chi sono i suoi protagonisti? Hai deciso di inserirli nella tua Opera?

Naturalmente, ogni mio romanzo fino ad ora è basato sulla realtà e su quanto fatto da personaggi realmente esistiti.

Il cuore di quella che noi chiamiamo, un po’ ingenuamente “rivolta dei pagani”, ha tre protagonisti principali.

Il magister Arbogaste, comandante supremo delle legioni, che costituisce la massima autorità militare di tutto l’impero e ha il compito di difenderlo dai barbari di Germania ma anche, secondo il suo punto di vista, dalla crescente influenza del cristianesimo e della corte orientale di Costantinopoli.

Flavio Eugenio, l’imperatore che si contrappone a Teodosio e che viene supportato dai pagani. Si tratta di un uomo mite e di fede cristiana, ma di posizioni tolleranti e di buona famiglia… e proprio per questo costituisce una figura assolutamente straordinaria; un cristiano nominato in Occidente imperatore da un gruppo di pagani, per sfidare un imperatore in Oriente, a sua volta cristiano.

Infine, Nicomaco Flaviano, ricchissimo e potentissimo senatore pagano che ha previsto la caduta del cristianesimo attraverso gli oracoli…

Una lettura alla portata di tutti, ma che invita a riflettere. Quale messaggio vuoi lanciare con questo tuo testo?

L’epoca tardoantica è un vero e proprio vivaio di eventi che toccano i giorni nostri: le grandi migrazioni, i conflitti religiosi, la corruzione, il ruolo delle istituzioni, l’eterna lotta delle periferie contro il potere centrale, i movimenti separatisti… insomma, c’è proprio tutto. Con questo libro voglio lasciare aperti importanti spunti di riflessione, tra un momento di intrattenimento e l’altro.

Di certo, il messaggio più palese e l’eterno cambiamento delle cose e il fatto che tutti noi, in un tempo remoto, siamo stati qualcos’altro.

Che luoghi andiamo ad esplorare con questa narrazione? I lettori troveranno città e villaggi a loro noti?

Per la maggior parte direi che è così. Se escludiamo alcune zone delle moderne Germania e Francia, l’ambientazione è tutta italiana e le città di oggi sono le stesse del 394, grossomodo.

Milano, Roma, Ravenna, Aquileia, Torino, Vercelli, Trento, ma anche luoghi meno noti per i fatti storici del tempo come Altino, Como, Lecco, Bergamo, Castelseprio e tanti altri.

Per conoscerti, oltre a leggere i tuoi testi, come possiamo fare? Vuoi condividere qualcuno dei tuoi contatti?

La pagina del libro è su Facebook e Instagram per chi vuole essere in contatto con me: https://www.facebook.com/UltimoPaleologo

https://www.instagram.com/ultimopaleologoemanuelerizz/

Questa intervista è concessa per esclusiva autorizzazione di Associazione Culturale Byzantion a cura di L. S.

La rassegna dei libri del mese

Consueto appuntamento con la rassegna dedicata al mondo dei libri a cura della redazione del sito Il passaparola dei libri – Notizie, appuntamenti e curiosità per ogni tipo di lettore!

In questo mese hanno tenuto banco sul gruppo Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri  le discussioni legate alla rosa dei finalisti del Premio Strega: i cinque romanzi finalisti sono Due Vite (Neri Pozza) , di E. Trevi, Il pane perduto (La Nave di Teseo) di E. Bruck,  Borgo Sud (Einaudi) di D. Di Pietrantonio,  L’Acqua Del Lago Non E’ Mai Dolce (Bompiani) di G. Caminito e  Il Libro Delle Case (Feltrinelli) di A. Bajani. Leggete il nostro approfondimento e partecipate al sondaggio per votare il vostro preferito, sul nostro gruppo FB.

Incontri con gli autori

 

Prosegue la nostra collaborazione con il sito  Novità in libreria.it che questo mese pubblica le interviste con alcuni dei nuovi nomi del panorama narrativo italiano. Questo mese abbiamo incontrato: Riccardo Piana, emergente autore di Janina (Youcanprint), Domenico Corna, che torna in libreria con Nuvole Al Tramonto (Robin Edizioni) e Vincenzo Corrado, nota penna de La Gazzetta di Mantova, che racconta la sua città di adozione nel suo ultimo libro: Un’Altra Mantova (Editoriale Sometti).

 

Andar per libri (e non solo)

 Ripartono alcune iniziative legate al mondo dei libri, come  la sesta edizione di Trovautore  in programma a Fiuggi dal 16 al 18 luglio. Dedicata alla piccola e media editoria, la rassegna letteraria ospiterà gli stand di tante case editrici indipendenti che presenteranno le loro novità. Il programma, che prevede incontri con gli scrittori, letture e laboratori sono disponibili sui canali dell’Associazione Culturale Trovautore.

Dal 15 al 18 luglio torna anche Riminicomix, rassegna dedicata al mondo de fumetto e dell’illustrazione. Informazioni e programma sul sito della manifestazione.

 

Per questo mese è tutto, iscrivetevi al nostro sito per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

L’isola del libro

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Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Speciale desaparecidos argentini e dittatura militare

 

Marco Bechis “La solitudine del sovversivo” -Guanda- euro 18,00

Ci sarebbero innumerevoli pagine da scrivere su questo libro, sull’esperienza di Mario Bechis e sui film che ha fatto; pietre miliari per capire cosa hanno vissuto i desaparecidos durante la dittatura militare in Argentina dal 1976 al 1982. E potete anche ascoltare la lunga intervista che ha concesso a Benedetta Pallavidino, che trovate su You Tube.

Marco Bechis, nato a Santiago del Cile da madre cilena e padre italiano, profondo conoscitore dell’America Latina, ha 20 anni quando viene catturato a Buenos Aires, nel 1977, all’uscita dalla scuola che frequenta per diventare maestro con il sogno di andare a insegnare nel nord del paese ai bambini indigeni.
Condivideva un appartamento con alcuni compagni coinvolti nella guerriglia contro i militari; ma aveva preso le distanze dalla loro strategia suicida, fatta di lotta armata e attentati. A denunciarlo era stata la giovane Muñeca catturata prima di lui e torturata. E’ l’inizio di un’atroce prigionia, bendato, incatenato e seviziato con le scariche elettriche della “picana”.

Nei sotterranei del Club Atlético diventa il detenuto AO1, bloccato dai lucchetti alle caviglie numeri 190 e 191, rinchiuso nella cella 16 (un asfittico buco sotto terra) e perennemente bendato.
Nel libro racconta tutto l’orrore vissuto in pagine che lasciano il segno e spingono ad approfondire uno dei capitoli più crudeli della storia dell’umanità. Non per niente i luoghi in cui venivano rinchiusi e ammazzati i prigionieri erano chiamati campi di concentramento. Metodi di eliminazione diversi da quelli nazisti, ma identico scopo: sterminare l’altro, in questo caso gli oppositori al regime.
Negli anni della dittatura almeno 30.000 persone sono scomparse nel nulla. Sedate e gettate in mare ancora vive; o comunque uccise, sotterrate chissà dove, oppure bruciate. Cancellate dalla faccia della terra, senza che le loro famiglie avessero un luogo dove piangere i familiari perduti.

Nelle pagine di Bechis c’è la cronaca della sua prigionia, le torture che non hanno lasciato segni visibili sul corpo, ma cicatrici immense nell’anima; riassumerle non renderebbe appieno la portata di ciò che ha subito. Lui è un “sopravvissuto” attanagliato dal senso di colpa per essere stato salvato e aver avuto quella possibilità di vita e futuro, strappata invece alle migliaia di desaparecidos.
Ha impiegato anni per arrivare a riconoscersi nel ruolo di “vittima”; ed è stato un percorso impervio che 44 anni dopo lo ha portato a scrivere questo libro, una sorta di catarsi all’alba dei 65 anni.

C’è anche il racconto della sua complicata liberazione, il ritorno in Italia e la sua vita, dopo quella tragedia, dedicata a denunciare le atrocità della dittatura. C’è l’accusa verso un sistema perverso che dopo la deposizione dei militari ha comunque consentito ai tanti aguzzini di vivere liberi a fianco delle loro vittime sopravvissute e sempre dilaniate da una paura e un’ incertezza che stravolgevano la vita.
E c’è la sua deposizione contro i torturatori che non hanno mai mostrato un’oncia di pentimento. Anzi si sono fatti scudo di un’arroganza smisurata, complice l’amnistia di cui godettero per un certo tempo. E, ad aggiungere infamia, c’è il fatto che non hanno mai rivelato che fine avessero fatto i desaparecidos, né dove li avevano sepolti e fatti sparire.

 

Marco Bechis è diventato sceneggiatore, regista e produttore, punto di riferimento per chi vuole capire più a fondo queste tragiche vicende.
Vi consiglio la visione del suo film “Garage Olimpo” ( lo trovate su Prime Video), presentato nel 1999 al Festival di Cannes. Un potente pugno nello stomaco perché le immagini, i suoni, le parole e le dinamiche di questa pellicola esprimono appieno il clima che si respirava nei sotterranei in cui i prigionieri venivano ingoiati.
Protagonista è la giovane attivista Maria che si oppone alla dittatura e insegna nelle baraccopoli. Vive con la madre Diane (un’intensa Dominique Sanda) che per le difficoltà economiche ha affittato alcune stanze della magnifica villa in cui vive. Maria viene catturata e sprofonda nel buio della prigionia e delle scariche elettriche. Non avrà speranze e alla fine sarà sedata e caricata con altri prigionieri sui camion che li portano fuori dal Garage maledetto…destinazione i voli della morte.
C’è anche la descrizione di quanto i militari si ritenessero autorizzati a qualsiasi nefandezza, come derubare della propria casa la mamma di Maria in cambio dell’ingannevole e spregevole promessa di farle rivedere la figlia.

Un film che, quando uscì nelle sale cinematografiche in Argentina, fu visto da poche persone, perché all’epoca gli aguzzini vivevano tranquillamente graziati dall’amnistia ed era troppa la paura che appesantiva l’aria. Poi quando sono usciti i VHS le vendite sono balzate alle stelle e almeno 30.000 hanno visto questo film che oggi è punto di riferimento. Ogni 24 marzo, anniversario del giorno del Colpo di Stato dei militari,
viene proiettato nelle scuole e Marco Bechis apre a tutti la possibilità di vederlo su Vimeo.

Horacio Vertbitsky “Il volo” -Feltrinelli- euro 30,00

Altro libro imprescindibile sull’argomento è questo racconto delle rivelazioni agghiaccianti fatte dal militare pentito Adolfo Scilingo, raccolte dal giornalista argentino Horacio Verbitsky.
Scilingo era stato capitano di corvetta e membro dell’apparato repressivo che detenne il potere in Argentina dal 1976 al 1983. Fu processato insieme ad un centinaio di altri aguzzini e condannato, nel 2005, da un tribunale spagnolo a 640 anni di carcere.

Nel 1995 l’ex militare -che aveva prestato servizio nel principale campo di concentramento clandestino, l’EMA, ovvero la Scuola di meccanica della Marina- contatta Vertbitsky e inizia a raccontare l’orrore della dittatura e la “guerra sporca” contro gli oppositori o presunti tali. E quello che tutti già sapevano, raccontato da chi aveva perpetrato l’orrore, ebbe l’impatto di un uragano.

Fu una caccia ai “sovversivi” spietata e senza quartiere. Gli squadroni li braccavano per strada, nelle case, ovunque e poi li facevano sparire.
E’ la tragedia dei 30.000 desaparecidos che durante la prigionia venivano torturati con le scariche elettriche della “picana”, e poi, stupri, mutilazioni e barbarie varie, infine giustiziati con le armi, cremati o sedati con potenti sonniferi, caricati sugli aerei e gettati vivi e intontiti nel mare.

Due i metodi di eliminazione privilegiati: il volo e la griglia. Al riguardo Scilingo racconta «Nel deposito di costruzioni vidi una vasca lunga 2 metri e alta 30 centimetri, con sopra una griglia. Su un bordo c’era un tubo con un imbuto rialzato. Mettevano lì i corpi e attraverso l’imbuto facevano passare il gasolio. Era così che scomparivano».

Racconta come i prigionieri venivano ingannati dicendo loro che sarebbero stati trasferiti in luoghi di detenzione migliori, poi una prima dose di sonniferi spacciata per vaccino necessario per il trasferimento. Secondo Scilingo nessuno di loro sospettò che quella in realtà era la condanna a morte.
Per lo più perdevano le forze poco dopo essere saliti sui camion che li portavano alla pista dell’aeroporto militare. Lì ormai semicoscienti venivano caricati a forza sull’aereo, dove un altro medico faceva in volo una seconda iniezione sedante; poi si ritirava in cabina, mentre i corpi venivano denudati e scaraventati in mare.

Una macchina di morte ben organizzata che prevedeva voli fissi ogni mercoledì, ma anche altri nel corso della settimana,.
Scilingo partecipò a due trasferimenti aerei. Durante il primo, con 13 prigionieri a bordo, rischiò di scivolare dallo sportellone aperto insieme a un corpo nudo; questo shock contribuì a incrinare dentro di lui il perverso meccanismo militare di spersonalizzazione e a fargli vedere per la prima volta le vittime come esseri umani.

Racconta anche un’onta che macchia la storia ecclesiastica argentina dell’epoca: dal punto di vista religioso tutto ciò era accettato.
I cappellani militari approvavano i voli della morte, giustificavano gli assassini affermando che quella era una morte cristiana «…perché non soffrivano, non era traumatica». Scilingo riporta che il prete diceva che dovevano essere eliminati e che «anche la Bibbia prevedeva l’eliminazione dell’erba cattiva dai campi di grano».

 

C’è poi un’altra pagina nera nella storia della dittatura. Il sistema efficiente e perverso con cui gli aguzzini rubavano alla nascita i bambini delle prigioniere per darli a famiglie delle alte sfere e dei militari. Una doppia morte per le madri, che dopo il parto venivano immancabilmente uccise, mentre i neonati crescevano proprio con chi le aveva eliminate.

Ne ha parlato anche Marco Bechis nel suo film “Figli”; mentre io vi segnalo il libro scritto da

Elsa Osorio – “Doppio fondo”, che l’autrice venne a presentare al Salone del Libro di Torino nel 2017.
La Osorio e’ anche l’autrice di quello che in America latina è ormai un classico, “I 20 anni di Luz”, sui “desaparecidos con vida”, una delle pagine più aberranti della follia.

In “Doppio fondo”, a distanza di 30 anni, si incrociano due storie.
Anno 2004, in un tranquillo villaggio di pescatori bretoni viene ripescato il cadavere di Marie, riservatissima dottoressa di origine argentina. Ha le ossa spappolate dall’impatto con l’acqua e tracce di Pentonaval (l’anestetico usato per sedare i prigionieri prima di scaraventarli, vivi, in mare). Suicidio o altro?
Buenos Aires 1977, nel pieno della dittatura, la giovane militante dei Montoneros, Juana, è catturata insieme al figlio di 3 anni. Per metterlo in salvo e sfuggire ai “voli della morte” finge di pentirsi, diventa ostaggio dell’Esma -l’abisso della tortura- e di Rulo, l’aguzzino che la manda in Francia come spia con l’incarico di scoprire le mosse degli esuli sovversivi. A trovare il filo che lega le due vicende sarà la giornalista Muriel Le Bris, la cui carriera riprenderà slancio.

Vi ripropongo alcuni stralci dell’intervista che le feci al Salone del Libro.
Quanto l’ha toccata da vicino la dittatura argentina? E perché torna spesso sui figli dei desaparecidos?
«La dittatura ha spezzato in due la nostra vita…e lo ha fatto nel periodo in cui iniziavamo ad avere figli e una vita lavorativa. Io ho vissuto un esilio interno, nascosta per un po’ in Argentina con il mio ex marito; poi in Francia ed infine siamo ritornati. Ma non potevo lavorare perché vigeva la legge di sicurezza nazionale ed ero stata licenziata. Non ho mai fatto parte di gruppi armati; semplicemente ho sempre pensato con la mia testa e al massimo ho avuto rapporti con il sindacato».
Quanto le è costato scrivere di quel periodo ?
«Per molto tempo non sono stata in grado di farlo; non perché qualcuno me lo impedisse, ma per una sorta di mia evoluzione interiore. Ci sono riuscita solo dopo 20 anni dal golpe».
Il confine tra fatti storici realmente accaduti e finzione narrativa?
«Mi interessa il metodo narrativo della composizione. Invento liberamente, ma sempre basandomi su fatti reali. Prendo elementi e caratteristiche di una persona o di un’altra, li metto insieme e costruisco un personaggio di finzione che faccio interagire con personaggi che hanno una realtà storica. Per esempio, in “Doppio fondo” Rulo è inventato, ma sono realmente esistiti i suoi compagni torturatori che cito».
La letteratura cosa e quanto può fare?
«Scrivere significa mettere in parole questi fatti e credo sia importante soprattutto per il recupero della memoria storica. Sono convinta che i popoli debbano tornare al loro passato per poter vivere il presente. Scrivendo riesco anche a capire meglio quello che nella vita mi sfugge: come quando cerco di mettermi nei panni di personaggi che trovo ripugnanti, e riesco ad afferrare di più anche il loro lato di esseri umani con determinati sentimenti».
Torture, furti di neonati e voli della morte. Che spiegazione si è data di tanta crudeltà?
«E’ una domanda che mi faccio spesso e continuo a non trovare risposta. E non solo nei confronti della dittatura: in genere non riesco a capire come l’uomo possa arrivare a certi livelli di atrocità».
In “Doppio fondo” uno dei personaggi si chiede perché, visto che i militari disprezzavano tanto i prigionieri, prendevano e crescevano i loro bambini. Effettivamente sembra un controsenso.
«Me lo spiego considerandolo una sorta di esperimento che hanno voluto fare. Allevare e crescere i figli del nemico, cercando di convertirli alla loro ideologia, renderli ostili ai genitori naturali. Come dire: sterminare un’ideologia dalle radici».
La storia è piena di tragedie ,dai lager nazisti al genocidio attuato dai Khmer rossi di Pol Pot in Cambogia: la repressione argentina ha avuto connotati unici ?
«Caratteristico è stato il furto dei bambini per farli crescere dagli oppressori. Poi… ed è un tema centrale di “Doppio fondo”… ad un certo punto la persecuzione ha smesso di essere ideologica ed è diventata di stampo mafioso. Venivano sequestrate persone con grandi patrimoni, e costrette a firmare documenti con cui passavano tutti i loro beni ai torturatori».
Madri e poi abuelas, le nonne di Plaza de Mayo, quanto hanno fatto la differenza?
«Sono state l’unica vera resistenza alla dittatura. 40 anni fa ci fu la loro prima uscita in Plaza de Mayo; quando iniziarono a chiedere cosa fosse successo a figli e nipoti. In quel momento c’era uno stato di assedio ed erano proibiti gli assembramenti di qualsiasi tipo. E cosa fecero? Al centro della piazza c’è un albero e loro, a 2 a 2, gli girarono intorno, continuando a manifestare in questo modo ogni giovedì».
A che punto è la ricerca dei neonati desaparecidos con vida?
«Si scava ancora in quel periodo; c’è un lavoro incredibile e si continuano a trovare quei bambini. Ora sono uomini e donne di circa 40 anni che credevano di essere figli di una certa coppia, e così non è».
E’ vero, come ha scritto, che qualcuno nella gerarchia della chiesa argentina suggerì che era più cristiano mettere i prigionieri su un aereo che non sarebbe mai arrivato a destinazione”?
«Si e non lo dico io, è un fatto storico. La chiesa ha avuto sicuramente una responsabilità molto forte perché è stata complice. Il Nunzio Apostolico disse alle abuelas che non dovevano preoccuparsi: i nipoti sarebbero cresciuti meglio nelle famiglie abbienti a cui erano stati dati, più che con i genitori e i nonni biologici».

Filantropia e Credito: 500 anni dalla Compagnia all’istituto San Paolo

LIBRI / Presentato il nuovo volume della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura che mette in luce la centralità del ruolo della Compagnia di San Paolo nella storia economica e finanziaria dell’Italia e d’Europa tra credito e beneficenza. Filantropia e credito. Atlante dei documenti contabili, dalla Compagnia all’Istituto bancario San Paolo di Torino (secoli XVI-XX)

Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo ha presentato il volume Filantropia e credito. Atlante dei documenti contabili, dalla Compagnia all’Istituto bancario San Paolo di Torino (secoli XVI-XX) di Claudio Bermond e Fausto Piola Caselli, con la collaborazione di Anna Cantaluppi. Si tratta del terzo volume della collana della Fondazione Quaderni dell’Archivio Storico-II Serie, edita da Leo S. Olschki (Firenze, XII 2020).

La storia della Fondazione Compagnia di San Paolo è un esempio del legame strettissimo tra filantropia e credito, come rileva l’intervento del Segretario Generale della Fondazione Compagnia di San Paolo, Alberto Anfossi, che ripercorre le tappe dei suoi cinquecento anni di storia e il rapporto con l’attualità. L’incontro è stato introdotto da Piero Gastaldo, Presidente della Fondazione 1563, e Francesco Profumo, Presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo, e moderato da Blythe Alice Raviola, Università degli Studi di Milano. In presenza degli autori hanno illustrato il volume Paola Avallone dell’Istituto di Studi sul Mediterraneo, CNR, Napoli, Andrea Maria Locatelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Anna Cantaluppi, storica e archivista.

La Fondazione 1563, con le proprie ricerche e con gli strumenti di consultazione del patrimonio archivistico, messi a disposizione della comunità, intende evidenziare la continuità di intenti e la profondità storica delle azioni che la Fondazione Compagnia di San Paolo, oggi come ieri, mette in campo per lo sviluppo sociale, economico e culturale della sua comunità di riferimento. La genesi di Filantropia e Credito è indissolubilmente legata alla mission della Fondazione 1563, ente strumentale della Compagnia di San Paolo, che tra i suoi compiti principali ha la conservazione e la valorizzazione culturale dell’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo, un patrimonio che abbraccia quattro secoli e mezzo di storia dell’ente, articolato in oltre due chilometri lineari di documentazione.
In particolare, l’Atlante è uno degli esiti del progetto di Brand Heritage, a cui la Fondazione 1563 lavora per tutelare il patrimonio documentale della storia della Compagnia di San Paolo con l’obiettivo di far emergere e valorizzare la storia dell’ente, legandola ai suoi obiettivi e missioni contemporanei.

“La Fondazione 1563 favorisce l’ampliamento della fruizione dell’Archivio storico della Compagnia di San Paolo nella consapevolezza del suo valore scientifico e civile. L’attenzione alle fonti contabili, da cui prende avvio la pubblicazione Filantropia e Credito nella collana dei Quaderni dell’Archivio, per la prima volta propone l’edizione di documenti esemplari posti a confronto con scritture di altre istituzioni, con una puntuale descrizione archivistica nel contesto storico di riferimento. – sottolinea Piero Gastaldo, Presidente della Fondazione 1563 – Grazie alla continuità plurisecolare delle serie documentarie, gli autori hanno potuto fare emergere una innovativa ricostruzione della storia economica e finanziaria della Compagnia, e poi dell’Istituto bancario San Paolo di Torino, nelle sue varie trasformazioni. Il nesso tra credito e beneficenza, tra banca e filantropia è assolutamente centrale nella storia economica e sociale d’Italia e d’Europa, in un percorso che va dai Monti di pietà medievali fino alle attuali fondazioni.”

Partendo dallo studio delle carte dell’Archivio storico della Compagnia, costituito in gran parte da fonti contabili, il volume Filantropia e Credito propone una selezione significativa di cento documenti amministrativi, commentati dagli autori da un punto di vista tecnico e contenutistico. Attraverso la collazione dei documenti, è emersa una struttura dell’antica Compagnia di San Paolo prevalentemente orientata in età moderna alla beneficenza, con la presenza al suo interno – tra le molteplici istituzioni caritative – di un “monte di pietà” dedito al piccolo prestito gratuito di denaro contro pegno di oggetti ad uso personale e familiare.
In età contemporanea, a partire dall’occupazione francese, l’istituto del monte di pietà assume un ruolo sempre più importante, divenendo dapprima una sorta di cassa di risparmio, che raccoglie e tutela i piccoli depositi, e poi, dal 1932, dopo aver assorbito la Banca Agricola Italiana di Riccardo Gualino, un istituto di credito di diritto pubblico. Negli anni del miracolo economico, l’istituto, assunto il nuovo nome di Istituto Bancario San Paolo di Torino, sostiene il rilevante sviluppo industriale del Nord Ovest del paese, senza comunque mai tralasciare le sue tradizionali funzioni assistenziali
Nel 1992, in attuazione della riforma bancaria Amato-Carli, l’istituto torinese origina una fondazione, che prende nome dall’antica Compagnia di San Paolo e che assume il controllo dell’ente creditizio Istituto Bancario San Paolo di Torino s.p.a. Questi, dopo aver acquisito la proprietà di alcune banche nazionali ed essersi poi fuso con Imi, il 1° gennaio 2007 si è unito con Banca Intesa, originando il Gruppo Intesa Sanpaolo s.p.a., attualmente il più importante ente creditizio del paese.

Nel suo intervento Alberto Anfossi, Segretario Generale della Fondazione Compagnia di San Paolo ha focalizzato l’attenzione su come “La Compagnia di San Paolo, attraverso la sua storia plurisecolare e la sua attività filantropica che prosegue ancora oggi, offre spunti, metodi e strumenti per riflettere sullo strettissimo legame tra credito e filantropia. Estendere lo sguardo al passato, e ai quasi 500 anni di storia della Compagnia, permette di capire quanto siano longeve – e perché – quelle istituzioni, oggi bancarie, che nella loro evoluzione hanno avuto uno stretto legame con l’attività filantropica e con la funzione sociale del credito, favorendo la circolazione del denaro a beneficio dell’intera collettività. Risiedono in questo percorso, tracciato nei secoli, molte delle azioni delle odierne Fondazioni bancarie, che da enti erogatori stanno maturando il ruolo di attori di sviluppo territoriale, rendendo l’antica filantropia uno strumento capace di mettere al centro le persone, la cultura e il pianeta.”

www.fondazione1563.it

Silvia Padulazzi e “La manutenzione dell’Eugenio” 

LIBRI / Dall’idraulico Eugenio e il suo strano modo di accomiatarsi al missionario Casaciock e la sua vodka siberiana, dalla mitica Orchidea Nera, vera e propria regina dell’amore, a Teresa Bocca di rosa, fino al  signor Müller, la bella Carlina e il suo mangiadischi Fonette, l’ippopotamo Willy e il ballerino Mauro, copia perfetta del Tony Manero reso famoso da “Giontravolta”:

i personaggi delle quindici storie narrate da Silvia Padulazzi nel suo “La manutenzione dell’Eugenio e altre cose” sono incredibilmente vivi e simpaticamente sfrontati. L’ambiente dove si svolgono questi racconti spazia tra i laghi d’Orta e Maggiore, nei paesi di confine tra l’Italia e la Svizzera ticinese. Ogni capitolo è illustrato dai disegni di Giorgio Rava, poeta e pittore omegnese, narratore e gourmet molto noto. Silvia Padulazzi  nella vita si occupa di pubbliche relazioni e comunicazione ed è – oltre che un artista poliedrica – anche counselor life coach con una grande esperienza su questi temi. Conduce laboratori di crescita personale, di autobiografia musicale, linguistici, creativi, di prevenzione al bullismo nelle scuole, per adulti e giovani. Ma è anche, come ama definirsi, una “frivola perdigiorno e cantante”, autrice di canzoni, poesie, testi di teatro civile e narrativa, ha tradotto per Casa Editrice Nord e nel 2020 ha pubblicato il manuale “La zampa che cura. La relazione mediata da Napo e Zoe” per Morphema Editrice. Ha viaggiato molto e ascoltato molte storie: vite vissute, immaginate o desiderate, aneddoti, problemi, perfino quelle che lei chiama “balle colossali”. Poi un bel giorno si è messa a scrivere, andando ad attingere in quell’enorme archivio della memoria. Così, pagina dopo pagina, si sono materializzati di questi racconti che, è quasi scontato, non sono che i primi di una lunga serie.

Marco Travaglini